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INTRODUZIONE
Attualmente i soggetti che svolgono qualsiasi tipo di attività economica sono
consapevoli di come questa possa comportare conseguenze economico-sociali per tutti i
soggetti che entrano in contatto con essa e soprattutto sono consapevoli di come
comportamenti socialmente responsabili siano fondamentali da un punto di vista
strategico per contribuire in maniera significativa a consolidare la legittimazione
dell‟azienda, soprattutto in conseguenza del mutamento dei valori del consumatore.
Quest‟ultimo ha infatti preso sempre più le distanze dal ruolo di consumatore-cliente
per rivestire quella del consumatore-cittadino, che non si accontenta più del rapporto
qualità-prezzo, ma vuole sapere come quel certo bene è stato prodotto e se nel corso
della sua produzione l‟impresa ha violato ad esempio i diritti fondamentali della persona
che lavora, oppure ha inquinato l'ambiente in modo inaccettabile, e così via.
In questo contesto emerge l‟interesse delle imprese all‟adozione di strategie sociali che
possono permetter loro di ottenere legittimazione e consenso degli stakeholder, mai
mettendo in discussione l‟economicità, condizione necessaria per la durata dell‟azienda
nel tempo.
Questo lavoro si pone l‟obiettivo di analizzare il ruolo del Commercio Equo e Solidale
nell‟economia moderna, evidenziando come uno strumento dell‟economia tradizionale
possa essere efficacemente utilizzato dalla società civile per segnalare, attraverso
l‟azione di consumo, la propria responsabilità sociale, originando così una
collaborazione tra etica ed economia.
Infatti, le aziende che hanno deciso di far parte della catena del Commercio Equo e
Solidale non hanno semplicemente deciso di adottare una strategia sociale, ma hanno
acconsentito consapevolmente a cooperare con i paesi del Sud del mondo nel tentativo
di rimuovere alcune delle condizioni per le quali le forze del mercato producono
risultati iniqui.
Di solito quando si effettua una valutazione economica del benessere sociale di una data
situazione rispetto ad un‟altra, ci si riferisce unicamente al valore dell‟efficienza
nell‟allocazione di risorse scarse, il solo in grado di guidare le scelte per aumentare il
benessere di tutti, o almeno di qualcuno, senza che questo diminuisca il benessere di un
altro. Non sembra, invece, esserci spazio per una discussione su altri valori, come quelli
tradizionalmente legati all‟etica, perché su di essi c‟è discordanza di interpretazioni e
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l‟economista, che deve basarsi solo su fatti e riscontri oggettivi, non può al riguardo
pronunciarsi.
Questo, però, non vuol dire che gli economisti siano del tutto indifferenti nei confronti
di valori come il bene e il giusto, dal momento che il benessere dei singoli e la regola di
scelta collettiva che ne deriva non possono essere scissi da essi, ma significa soltanto
che l‟economista non possiede gli strumenti per stabilire la supremazia di un certo
valore su un altro. Soltanto l‟etica può occuparsi di questo.
Da tutto ciò deriva una rigida separazione di competenze tra economia ed etica che
sembra escludere qualsiasi ipotesi di interazione. Ma quali conseguenze comporta
questa incomunicabilità? Escludere la possibilità che l‟economista si interessi anche
delle ragioni dell‟etica implica inevitabilmente un‟incompletezza della valutazione
economica che, risultando priva di importanti informazioni circa le preferenze
individuali, rischia di condurre a scelte arbitrarie e insostenibili da un punto di vista
etico. Non solo. La sottovalutazione di importanti valori come l‟equità, l‟uguaglianza, la
solidarietà ed altro ancora, può compromettere anche il raggiungimento di risultati
ottimali rispetto agli stessi obiettivi dell‟efficienza.
Il Commercio Equo e Solidale è un‟esperienza che si colloca nell‟ambito della
cooperazione internazionale, a partire dalla più vasta area dell‟economia sociale, nei
suoi aspetti relativi alla solidarietà e alla sperimentazione di forme di economia
“alternativa”, cioè basata su principi differenti dal puro calcolo utilitaristico.
Il Commercio Equo e Solidale (CEeS) è un movimento internazionale formato da
diverse organizzazioni che si occupano dei processi di produzione, intermediazione e
consumo a livello mondiale, non secondo il sistema tradizionale di mercato, ma secondo
delle regole alternative con lo scopo di promuovere e intensificare lo sviluppo delle
piccole aziende di produzione del Terzo Mondo. Il principio fondamentale attorno a cui
ruotano gli operatori coinvolti nel CEeS è quello di dare a tali aziende una possibilità di
accesso ai mercati occidentali a condizioni "eque", creando cioè nuovi canali per la
commercializzazione dei prodotti (fondamentalmente alimentari e artigianali) che,
sostituendosi agli speculatori locali, rompano con la logica del profitto a tutti i costi e
assicurino il giusto compenso ai produttori. Inoltre il CEeS cerca di favorire il
trasferimento, verso i paesi del Terzo Mondo, del maggior numero possibile delle fasi di
lavorazione dei prodotti esportati in modo da incrementare anche le possibilità di
lavoro, in particolare per la parte più povera della popolazione locale.
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In generale, possiamo dire che l‟aspetto caratterizzante del CEeS consiste
fondamentalmente nella scelta del modus operandi in quanto esso si propone come un
intervento tutt‟altro che assistenzialistico. L‟impegno del CEeS, infatti, non consiste
semplicemente in elargizione di denaro, come avviene invece nella maggior parte dei
progetti redatti dagli organismi internazionali per promuovere la crescita dei paesi
poveri, ma si concretizza nella proposta di un percorso di sviluppo sostenibile di queste
imprese che offra altresì la possibilità di effettuare investimenti anche in altri progetti,
non solo tecnologici ma anche sociali.
I prodotti del commercio equo e solidale si differenziano quindi da quelli del
commercio tradizionale non per la qualità del prodotto, ma per la natura e le
caratteristiche del processo produttivo.
Infatti, affinché il prodotto possa ottenere l‟etichetta CEeS deve essere compatibile sia
dal punto di vista sociale che ambientale e soprattutto, il prezzo corrisposto ai paesi in
via di sviluppo deve garantire loro il trasferimento di una quota parte del valore
complessivo del prodotto maggiore di quella che altrimenti si determinerebbe sui
prodotti venduti nei circuiti tradizionali.
Il CEeS, inteso come organizzazione, realizza tale scopo accorciando la catena del
valore mediante il ricorso all‟importazione e alla distribuzione diretta dei prodotti; per
far ciò adotta una rete di distributiva interna, gestita da personale dipendente o
volontario, che consente ai produttori dei paesi in via di sviluppo di ottenere guadagni
che, in contesti commerciale di tipo tradizionale, non sarebbero realizzabili.
Attualmente i prodotti vengono distribuiti anche tramite la grande distribuzione,
incontrando non poche difficoltà.
Inoltre, la forte attenzione del CEeS al principio di trasparenza impone che il prodotto
presenti un‟etichetta contenente tutta l‟informazione che sia reperibile relativamente ai
costi di produzione, al prezzo di vendita all‟ingrosso e alle caratteristiche nutrizionali.
I progetti che entrano nella rete del CEeS prevedono infine il prefinanziamento degli
investimenti agricoli per i produttori dei paesi in via di sviluppo e la destinazione del
surplus ricavato dai produttori locali (grazie ai maggiori introiti derivanti dallo scambio
equo e solidale) a progetti che rinforzino la fornitura di beni pubblici alle comunità
locali (ad esempio sanità, educazione).
Il CEeS si propone, in sostanza, di dare una risposta ai fallimenti del mercato
riequilibrando le forze contrattuali in gioco (produttori/acquirenti).
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Si pensi al prezzo stabilito dal CEeS come quello che dovrebbe prevalere se le due parti
avessero lo stesso potere di contrattazione.
È chiaro il movimento del CEeS è possibile grazie al mutamento dei valori della società
civile in seguito ai quali è emersa l‟esigenza di contenuto etico nel comportamento di
un consumatore.
In linea generale è il mercato, quello perfettamente competitivo e in particolare quello
“imperfettamente” competitivo, cioè quello all‟interno del quale hanno luogo
meccanismi di equilibrio spesso perversi, che tende a frustrare l‟esigenza etica del
consumatore per diverse ragioni.
Un consumatore vorrebbe, pertanto, compiere una scelta di consumo che in parte è
anche etica, cioè vuole acquistare qualcosa che non crei meccanismi perversi, che non
crei una qualche forma di sfruttamento.
La diffusione del movimento del CEeS negli ultimi anni è testimonianza del crescente
interesse del consumatore verso l‟eticità dei prodotti: la società è sempre più
consapevole che compiere un atto di acquisto può significare “votare” con il proprio
portafoglio.
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CAPITOLO 1
L’IMPRESA E L’ETICA
“La sopravvivenza fisica della specie umana dipende dalla radicale trasformazione
del cuore umano, ma questa è possibile solo a patto che si verifichino mutamenti
economici e sociali di drastica entità, tali da offrire al cuore umano l’occasione per
mutare e il coraggio e l’ampiezza di prospettive necessari per farlo.”
(Erich Fromm (1995), AVERE O ESSERE?)
1.1 Che cos’è l’etica aziendale?
Il termine etica deriva dal vocabolo greco éthos che significa “sede abituale”, da cui è
derivato l‟uso astratto del vocabolo nel senso di “abitudine”,”consuetudine”, “usanza” e
infine “costume morale”.
Così il termine éthos ha assunto il significato di comportamento costumato che segue
quanto nella propria abitazione e nella sfera della propria vita, per abitudine, tradizione
e convenzione è divenuto norma e legge (1).
L‟etica si riferisce quindi a tutte quelle norme di comportamento che le persone, in
quanto membri di una società o di un gruppo sociale dovrebbero seguire per tendere
verso ciò che è considerato corretto sotto l‟aspetto morale.
E‟ necessario a tal proposito distinguere l‟etica dalla morale.
Tale distinzione trova il suo culmine nel pensiero di Hegel, , il quale attribuisce alla
moralità l‟aspetto soggettivo e interiore di chi agisce e all‟eticità l‟insieme dei valori che
si realizzano nella storia attraverso la famiglia, la società civile, lo Stato (2).
Questa precisazione è fondamentale per comprendere che, quando si parla di problemi
dell‟etica della vita economica, il concetto di etica non va confuso con il
comportamento morale, soggettivo dei singoli che si attengono o meno, all‟osservanza
della legge. In altri termini, una cosa è dire che i singoli soggetti non rispettano il
(
1
) Rich (1993), pag. 13
(
2
) La distinzione è introdotta da Hegel nella “Filosofia del diritto” (par.106, sgg.; par.142 sgg.). Moralità
ed eticità sono visti come due momenti dello sviluppo dialettico dello Spirito, cammino in cui la moralità
è vista come movente soggettivo dell‟azione e l‟eticità è posta come la sintesi di diritto e moralità, in vista
di una interiorizzazione del diritto che porta come effetto alla nascita dello stato.