INTRODUZIONE
Questa tesi nasce come tentativo di esplorare e, per quanto possibile,
approfondire, un tema oggi più che mai attuale ma ancora fin troppo poco discusso:
l’integrazione e la (ri)costruzione identitaria degli emigrati, in particolare degli italiani
in Francia. Mi interesserò dunque più specificamente ai fenomeni culturali legati
all’emigrazione, senza concentrarmi troppo sugli aspetti storici. Infatti la maggioranza
della letteratura presente sull’argomento mostra tutti i suoi limiti nell’adozione di una
visione prevalentemente quantitativa: l’emigrazione invece implica anche una serie di
difficoltà legate all’integrazione nel paese ospitante e delle profonde ripercussioni
sull’identità culturale stessa dell’individuo. Lo scopo di questa tesi è dunque quello di
capire il percorso dell’emigrato oltre lo spostamento fisico e di evidenziare la doppia
appartenenza che lo caratterizza. Inoltre essendo io stessa figlia di un emigrato italiano
in Francia, questo tema mi sta particolarmente a cuore e per questo motivo ho deciso di
riunire la mia esperienza personale con il mio percorso universitario in Italia.
Al fine di appoggiare le mie osservazioni, ho deciso di impostare questo lavoro
sulle esperienze dirette di persone italiane emigrate in Francia. Grazie alla
collaborazione dell’associazione di italiani “Sole d’Italia” con sede a Clermont-Ferrand
ho potuto rintracciare alcuni dei suoi membri al fine di condividere il loro racconto di
vita. Abbiamo affrontato vari temi, cercando di ricordare emozioni, difficoltà,
sentimento di distacco con il paese di origine, al fine di capire se ad oggi la loro
integrazione è completata e quale legame mantengono invece con l’Italia, paese di
origine.
Per raggiungere l’obiettivo prefissato ho ritenuto opportuno dividere il lavoro in
quattro sezioni. Il capitolo primo mostrerà l’evoluzione del fenomeno dell’emigrazione
italiana in Francia da un punto di vista strettamente storico, partendo dal 1876 fino al
1976. In particolare in questo capitolo si cerca di ricostruire il contesto, evidenziando la
dimensione dei flussi, i motivi della partenza, i tipi di lavori svolti, le opportunità che
offriva il territorio francese.
5
Nel capitolo secondo verrano individuate le varie tappe della scelta migratoria e
cioè la costruzione del progetto migratorio: le motivazioni della partenza, la
destinazione francese, il viaggio e il primo contatto con il nuovo contesto. Inoltre in
questo capitolo spiegheremo le metodologie usate per quanto riguarda le interviste
condotte.
Nel capitolo terzo, andiamo ad analizzare il percorso di integrazione, tra fattori
integrativi e ostacoli. In primo luogo introdurremo i concetti sociologici di integrazione
ed assimilazione da un punto di vista teorico, definendo poi la politica francese al
riguardo. Affronteremo poi il tema del lavoro in quanto primo contatto con la società di
accoglienza, soprattutto per gli uomini, sottolineando come possa essere un forte fattore
di inserimento. Successivamente ci occuperemo dell’apprendimento della lingua
francese che permette la comunicazione con gli autoctoni, le istituzioni; analizzeremo la
situazione di biliguismo/plurilinguismo che si creano in ambito domestico tra francese,
italiano e talvolta anche dialetto d’origine. La famiglia è un altro fattore integrativo da
non trascurare. Infatti i matrimoni misti e l’arrivo delle seconde generazioni modificano
quasi sempre il progetto migratorio di base, favorendo l’inserimento definitivo nella
società francese. Infine vedremo quali sono state le difficoltà degli italiani nei rapporti
con gli autoctoni, in particolare le manifestazioni xenofobe legate a vecchi pregiudizi,
che hanno ostacolato la loro apertura nei confronti del contesto ospitante.
Le conseguenze di una tale integrazione vengono discusse nel capitolo quarto
che introduce il complesso tema della doppia appartenenza culturale. Infatti
integrazione non vuol dire rinnegare le proprie origini e a questo proposito parleremo
della nazionalità, del legame mantenuto con l’Italia attraverso la rete associativa, dei
ritorni regolari nel paese di origine. Il nostro lavoro si concluderà con una riflessione
sull’identità culturale dell’individuo migrante, diviso tra due paesi, due lingue, due
culture.
6
CAPITOLO PRIMO
STORIA DELL’EMIGRAZIONE ITALIANA IN FRANCIA
1.1 PREMESSA
Anche se oggi la situazione si è invertita, l’Italia è da sempre considerata,
nell’immaginario collettivo, un paese di forte emigrazione. La storia dell’emigrazione
italiana ha alle spalle un lungo passato: risale al secolo XIII quando artisti, intellettuali,
musicisti, uomini d’affari ma anche agricoltori attraversavano le Alpi per partecipare a
fiere mercantili, lavori stagionali o varie manifestazioni culturali. Questo fenomeno è
tuttavia diventato particolarmente significativo nei secoli XIX e XX grazie ad una
maggiore facilità dei trasporti, ma soprattutto ad un ritardo nell’avvio della cosiddetta
rivoluzione industriale e ad un sovrapopolamento nelle zone rurali nell’Italia di quel
periodo. Nella comprensione dell’importanza quantitativa dei flussi ci aiuta, inoltre, la
1
prima rilevazione statistica ufficiale del movimento migratorio italiano datata 1876 ed
effettuata dalla Direzione Generale di Statistica. Sappiamo oggi che tra questa data e il
1970 sono espatriati oltre 26 milioni di italiani nel mondo: in quest’arco di tempo gli
2
italiani hanno rappresentato quasi un terzo della popolazione straniera in Francia. Oggi,
dopo numerosi rientri, le persone di origine italiana nel territorio francese sono circa 5
milioni e occupano il quarto posto dopo gli algerini, i portoghesi e i marocchini. Si tratta
quindi un fenomeno di lunga durata, ampio e diffuso, che merita un’analisi globale della
storia delle partenze per permetterci di capire la situazione attuale degli italiani
all’estero e più in particolare la situazione in Francia.
Naturalmente i flussi migratori verso la Francia non hanno avuto un andamento
lineare: sono aumentati quasi costantemente fino al 1936 ma, successivamente, si sono
1
Bevilacqua P., De Clementi A., Franzina E. (a cura di), Storia dell'emigrazione italiana [Vol. 1],
Partenze, Donzelli, Roma, 2001, p. 48
2
Milza P., Amar M., L’immigration en France au XXème siècle, Armand Colin, Paris 1990, p. 179
7
verificati cali e regressi dovuti a diversi motivi legati sia al contesto francese che a
quello italiano (guerre, congiuntura economica, politica, ecc...).
In questo capitolo cercheremo quindi di individuare le diverse fasi di questi
flussi migratori verso la Francia; il perché della scelta transalpina; le caratteristiche di
un tale movimento e la sua evoluzione.
Gli studiosi hanno diviso molto spesso la storia dell’emigrazione italiana in
quattro periodi che riprenderemo anche noi per comodità.
1.2 PRIMA FASE: 1876-FINE OTTOCENTO
Gli italiani dimostrano di essere predisposti all’emigrazione che, infatti, non è
una novità in quella fine Ottocento perché migravano stagionalmente già da secoli: la
migrazione fa parte dei loro costumi. Tuttavia a partire dagli anni Settanta del XIX
secolo questi spostamenti aumentano e la permanenza diventa sempre più estesa nel
tempo.
All’interno del territorio europeo l’Italia è il paese a più elevato tasso
3
migratorio: questa prima fase, in effetti, si caratterizza per il crescente numero di
cittadini italiani che lasciano il loro paese. È importante sottolineare come le aree di
destinazione siano molteplici e ripartite in maniera sostanzialmente equilibrata: tra il
1876 e il 1900, gli espatriati italiani nei paesi europei sono circa 254.400 mentre nei
4
paesi extraeuropei se ne contano 272.300. Si parte per gli Stati Uniti, per l’America del
Sud (Argentina e Brasile) ma anche per la Francia, la Germania e la Svizzera. È proprio
nell’ultimo quarto dell’Ottocento che il movimento assume una dimensione massiccia
anche se si tratta di un’emigrazione pressoché spontanea e ancora poco conosciuta dai
governi.
La prima grande depressione europea che ebbe luogo tra il 1873 e il 1879 fu
decisiva per l’avvio dei consistenti flussi migratori. Di fatto la crisi economico-agraria
portò ad un abbassamento radicale dei prezzi alimentari (soprattutto del grano) e delle
esportazioni colpendo con particolare durezza l’Italia. Occorre inoltre ricordare che, in
3
Corti P., Storia delle migrazioni internazionali, Laterza, Roma-Bari, 2003, p. 33
4
Bevilacqua P., De Clementi A., Franzina E. (a cura di), Storia dell'emigrazione italiana [Vol. 1],
Partenze, cit, p. 30
8
quel periodo, la maggior parte degli italiani lavorava nel settore agricolo mentre in altri
paesi l’industrializzazione aveva già fatto i suoi primi passi. Migliaia di persone si
trovarono allora senza lavoro e senza possibilità di mantenere la famiglia. L’unica
alternativa era dunque quella di lasciare il paese per poter sopravvivere altrove. La
Francia in questo contesto risultava essere una buona opportunità sia per la vicinanza
geografica, linguistica e culturale sia per le sue politiche di accoglienza e la forte
necessità di manodopera. Nel 1876 sono 163.000 gli italiani che decidono di recarsi in
5
Francia. Nel 1881 il numero cresce fino a 240.000 ma in questo decennio, a causa di
eventi di diversa natura, il flusso non sarà regolare. Nello stesso anno a Marsiglia si
manifestarono i primi attacchi xenofobi contro gli italiani da parte di cittadini francesi e
queste manifestazioni ebbero ripercussioni nei rapporti tra i due governi. Nel 1884, a
causa di una crisi economica congiunturale dell’economia francese e l’ulteriore
peggioramento delle relazioni franco-italiane per la questione tunisina, i flussi
continuarono a rallentare. Riassumiamo nel seguente istogramma l’andamento dei flussi
nella seconda metà dell’Ottocento.
in migliaia
350330
300
240
250
200
163
150
110
100
72
63
50
0
185118611872187618811900
Italiani residenti in Francia tra il 1851 e il 1900
Il governo italiano, temendo che il fenomeno si tramutasse in un esodo di massa,
6
cercò di limitare le partenze imponendo restrizioni legislative. La legge Crispi del 1888
fissò per la prima volta alcune regole sui flussi migratori senza però garantire nessun
5
Bevilacqua P., De Clementi A., Franzina E. (a cura di), Storia dell'emigrazione italiana [Vol. 2], Arrivi,
Donzelli, Roma, 2002, p. 134
6
Legge del 30 dicembre 1888 n.5866 sull’emigrazione. Art. 1: L’emigrazione è libera, salvo gli obblighi
imposti ai cittadini dalle leggi. I militari di prima e seconda categoria in congedo illimitato, appartenenti
all’esercito permanente ed alla milizia mobile, non possono recarsi all’estero, se non abbiano ottenuta
licenza dal ministro della guerra.
9
tipo di tutela (lo scopo ultimo era quello di controllare l’emigrazione affinché non
diventasse un metodo per evitare la leva militare).
La scelta della Francia si sviluppava, come abbiamo visto, lungo il corso di una
profonda tradizione. I motivi sono vari: la rivoluzione industriale avviata in Francia ha
degli effetti contradditori perché da un lato modifica pronfondamente l’organizzazione
del lavoro richiedendo una manopera numerosa e non qualificata e dall’altro,
contrariamente ad altri paesi europei, la natalità in Francia è in forte diminuzione da
qualche decennio. Questi lavori, inoltre, sono spesso durissimi e mal retribuiti, per
questo molti francesi si rifiutono di farli. Tutto ciò porta ad una forte insufficienza di
manodopera sia nell’agricoltura che nel settore industriale che impedisce alla Francia di
proseguire nella sua crescita economica. A tutti coloro che cercavano di frenare
7
l’immigrazione, la Società di geografia commerciale di Parigi nel 1889 rispondeva con
il principio della libertà di emigrare: “exercice du droit de l’individu à disposer de sa
personne et de ses destinées”. Perciò per favorire l’emigrazione, nello stesso anno
vennero semplificate le procedure di naturalizzazione.
Per sintetizzare possiamo dire che la mancanza di lavoro in Italia e
l’insufficienza di manodopera in Francia offrono una possibile mobilità per i cittadini
italiani che possiedono risorse pressoché complementari ai bisogni francesi. La mobilità
di cui parliamo però non è solo quella da Italia a Francia; è una mobilità in senso più
ampio in quanto gli italiani si spostavano da regione a regione anche dopo l’arrivo in
Francia, cambiando così oltre al lavoro anche il domicilio. Questa disponibilità
permetteva loro di lavorare sia nel settore agricolo che nel settore industriale.
In questa prima fase di emigrazione di massa, erano gli italiani delle regioni
settentrionali a dominare la scena: piemontesi (con il 28 %), toscani, lombardi, emiliani
8
e veneti prevalentemente. Erano per lo più giovani maschi provenienti dal mondo
rurale. Generalmente partivano da soli lasciando genitori, mogli, fratelli ed eventuali
figli in patria per cercare di migliorare le condizioni di vita non solo per loro ma per
tutta la famiglia. Molto spesso sceglievano di stabilirsi nelle regioni di frontiera (Alpes
Maritimes, Var, Bouches-du-Rhône, Savoie, Isère). Grazie anche al fenomeno delle
7
La Società di geografia commerciale, creata nel 1878, era una società culturale formata da eruditi che si
incontrano per scambiare idee, pubblicazioni e progetti.
8
Gervereau L., Milza P., Temime E., Histoire de l’immigration en France au XXème siècle, BOIC, Paris,
1998, p. 45
10
9
catene migratorie, in linea generale gli italiani si trasferirono principalmente nella parte
sud-est della Francia, seguendo in particolare gli assi ferroviari Parigi-Lione-Marsiglia.
Non possiamo però non ricordare anche il fenomeno dell’emigrazione minorile
di questo periodo. I bambini, a partire dai dieci anni, lasciavano il paese nativo per
andare altrove a lavorare come suonatori ambulanti o spazzacammini ed erano spesso
sfruttati come schiavi sotto il severo controllo di un adulto.
Il flusso di migranti tra il 1876 e il 1900 riscontrò maggiori difficoltà nel
processo di integrazione rispetto ai gruppi precedenti perché giunse in Francia entro un
periodo di tempo limitato e in modo massiccio contribuendo alla nascita del mito dell’
10
“invasione”. A questo va aggiunto il fatto che gli italiani accettavano bassi salari e per
questo i datori di lavoro davano loro una certa priorità rispetto ai lavoratori francesi che,
contemporaneamente, stavano organizzando scioperi allo scopo di migliorare le loro
condizioni lavorative. Fu questa la situazione che innescò le forti tensioni tra francesi e
11
italiani sfociata poi in gravi aggressioni, risse e addirittura omicidi.
1.3 SECONDA FASE: 1900-1914
L’inizio del Novecento in Italia corrisponde con l’inizio dell’industrializzazione
del paese. Anche se in ritardo rispetto agli altri paesi europei, l’Italia avviava dunque la
trasformazione da un’economia rurale ad un’economia di carattere industriale. Questa
lenta modernizzazione del paese coincise tuttavia con il periodo della “grande
emigrazione”. Gli italiani che sceglievano la partenza erano sempre più numerosi ma
non sono i soli a farlo: le statistiche ci dicono che circa 600.000 persone all’anno
lasciavano la propria terra per un totale di 9 milioni di migranti nel mondo in questo
9
Molto spesso gli italiani si raggruppavano sia perché provenienti dalla stessa regione sia perché
lavoravano nello stesso posto; si costituivano così delle vere e proprie reti di conoscenze. Attraverso i
legami instaurati in questo modo queste reti permettevano agli emigranti successivi di informarsi sul
trasporto, sul lavoro e sulle condizioni di vita. La partenza e il viaggio si organizzavano sulla base di
conoscenze concrete sul paese di arrivo.
10
Ricordiamo il famoso slogan del Front National « Produisons français avec des français ».
11
Ricordiamo velocemente il massacro di Aigues-Mortes nel 1893 in cui morirono decine di italiani: in
Vegliante J.C., Gli italiani all’estero, Autres passages, Presses Sorbonne, Paris, 1995, p.45
11
periodo. Il 1913 è l’anno in cui le partenze sono più consistenti: gli espatri furono
12
870.000. È la fase che potremmo definire di “maturità” del fenomeno di migrazione.
In questo periodo l’emigrazione transoceanica diventa la scelta privilegiata.
L’Italia con il 16 % è il secondo paese con il maggiore numero di emigranti verso le
13
Americhe, subito dopo la Gran Bretagna (con il 40 %). Il 45 % dell’emigrazione
italiana parte per gli Stati Uniti (517.600 italiani) ma le destinazioni europee non
spariscono affatto: la Francia, la Svizzera e la Germania sono ancora i paesi continentali
14
preferiti (359.300 italiani).
Le ragioni che spingono la popolazione italiana a migrare sono le stesse della
fine Ottocento: la mancanza di lavoro in Italia è ancora forte e decisiva nella scelta.
D’altra parte in Francia le grandi industrie non riescono a coinvolgere la manodopera
rurale francese che rimarebbe comunque sempre insufficiente rispetto ai nuovi bisogni.
Il padronato industriale sceglie perciò di far ricorso alla popolazione immigrata, che in
quel momento è prevalentemente belga ed italiana. È proprio per questo motivo che le
politiche di naturalizzazione vengono semplificate sin dal 1889 come abbiamo visto in
precedenza: il governo, appoggiando le industrie e la crescita economica, cerca di
incoraggiare un’emigrazione definitiva attraverso politiche di integrazione. Nonostante
questo, anche se l’emigrazione di lungo periodo si impone maggiormente,
l’emigrazione tradizionale preindustriale di carattere stagionale rimane presente. Sono
sempre di più gli artigiani e i commercianti italiani (sarti, calzolai, ecc...) che vanno a
vendere i loro prodotti al di fuori dei confini nazionali. A differenza di chi parte per
destinazioni transoceaniche coloro che scelgono come destinazione la Francia partono
con l’idea di poter tornare nel paese d’origine. In maniera generale l’emigrazione
diventa sempre più durevole: la gente in fuga dalla miseria cerca di ricostruire la propria
esistenza in un altro paese e per questo la mobilità non può più ridursi a qualche mese;
ci vuole tempo per riuscire a mettere da parte il denaro per assicurarsi un futuro
migliore ed un eventuale ritorno in Italia.
Si tratta di uomini giovani ancora, e non qualificati, provenienti dalle zone rurali
e abituati sin da piccoli a lavorare duramente nei campi. Dal loro arrivo in Francia gli
12
Bevilacqua P., De Clementi A., Franzina E. (a cura di), Storia dell'emigrazione italiana [Vol. 1],
Partenze, cit, p. 50
13
Corti P., Storia delle migrazioni internazionali, cit, p. 29
14
Bevilacqua P., De Clementi A., Franzina E. (a cura di), Storia dell'emigrazione italiana [Vol. 1],
Partenze, cit, p. 50
12
italiani sono considerati dai datori di lavoro come grandi lavoratori: affrontano giornate
lavorative di più di dodici ore, anche di notte se è necessario; svolgono i lavori che più
duramente mettono alla prova il fisico; la forte motivazione permette loro di imparare
diversi lavori, da quello nelle miniere agli impieghi nel settore siderurgico e
nell’edilizia. Coloro che sono invece dotati di una minore resistenza fisica vanno a
lavorare nei porti, nelle saline, nei cantieri di lavori pubblici o partecipano ai grandi
lavori stradali e ferroviari.
15
Nel 1900, con 330.000 presenze, gli italiani diventano il gruppo di immigrati
più numeroso nel territorio francese superando per la prima volta gli immigrati belgi. La
Francia, da sempre considerata grande terra di accoglienza, diventa allora la prima
destinazione degli italiani in Europa e la terza nel mondo dietro gli Stati Uniti e
l’Argentina. Il numero di immigrati italiani continua a crescere arrivando nel 1911 a
420.000 unità e rappresentando così il 36 % della popolazione straniera stabilita in
16
Francia e addirittura l’1 per % della popolazione totale francese.
In questo contesto è importante segnalare come nel 1901, proprio all’inizio di
questa seconda fase, venne approvata dal governo italiano una normativa con lo scopo
di tutelare l’emigrazione. La legge del 31 gennaio 1901 n° 23, appunto, oltre a
riconoscere per la prima volta il diritto di emigrare, creava un organismo amministrativo
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relativo all’emigrazione: il Commissariato generale dell’emigrazione. Lo Stato
italiano diventava consapevole della necessità di gestire un tale fenomeno e
l’emigrazione veniva regolamentata con maggior disciplina e controllo. La sensazione
per i cittadini italiani che emigravano era che la loro patria non li avesse abbandonati.
Le regioni di provenienza, in quegli anni, sono ancora quelle settentrionali: la
18
prossimità geografica prevale. Lo storico francese Eric Vial riporta che nel 1914 gli
italiani in Francia sono per il 28 % piemontesi, per il 22 % toscani, per il 12 % lombardi
e per il 10 % emiliani. .
15
Corti P., L’emigrazione italiana in Francia: un fenomeno di lunga durata, Altreitalie 26, Università di
Torino, gennaio-giugno 2003 p. 2
16
Milza P., Amar M., op cit, p. 181
17
Corti P., Storia delle migrazioni internazionali, cit, p. 35
18
in Bevilacqua P., De Clementi A., Franzina E. (a cura di), Storia dell'emigrazione italiana [Vol. 2],
Arrivi, cit, p. 134
13