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CAPITOLO 1:
INTRODUZIONE
1.1 GLI ADESIVI USATI NEL RESTAURO
Il problema dell‟adesione tra due tele nel campo del restauro si può dire sia nato con
l‟arte stessa. Infatti, molte opere hanno avuto bisogno nel tempo di un sostegno
sempre maggiore, in linea con l‟evoluzione della tecnica pittorica e, di conseguenza,
molto presto si sono iniziate a studiare delle miscele che fossero in grado di
mantenere una certa adesione tra due supporti diversi.
Pertanto ci sembra interessante cercare di riassumere brevemente le caratteristiche
degli adesivi naturali e sintetici maggiormente usati in modo da avere chiaro il quadro
della situazione per capire poi i motivi della scelta fatta in questa occasione.
1.2 GLI ADESIVI NATURALI
Gli adesivi che fanno parte di questa categoria sono stati i primi ad essere utilizzati in
quanto non c‟è stato bisogno di aspettare l‟avvento dell‟innovazione tecnologica per
produrli. Si tratta dunque di materiali che sono sempre stati reperibili in natura,
spesso miscelati tra loro al fine di ottenere le caratteristiche desiderate. Vediamo di
analizzare quelli che hanno avuto più successo.
Partiamo dalle colle, da quegli adesivi cioè costituiti da sostanze proteiche. Sia che
parliamo di colle animali sia che parliamo di colle vegetali, la caratteristica comune di
queste sostanze è l‟elevato potere legante. Quelle più utilizzate sono la colla
d‟amido, la colla di pesce e la colla di coniglio. Sono facili da ottenere e miscelate
con farine, melassa e altre sostanze sono da sempre state i materiali principali da
utilizzare in caso di restauro.
Un altro tipo di sostanze naturali sono le resine terpeniche. Si tratta di essudati di
varie piante e hanno sempre costituito la base per la produzione di vernici protettive
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grazie alla loro capacità di resistere agli attacchi igrometrici e biologici. Sono
idrorepellenti e insolubili in acqua. Tra quelle più famose possiamo ricordare la
mastice, l‟ambra, la colofonia, la dammar e la elemi. Inoltre possiamo includere
all‟interno di questa classe di materiali anche i balsami come il balsamo del perù; le
gommoresine come la gomma adragante e la gomma arabica; le cereoresine come
la gomma lacca; le oleoresine come la trementina e la trementina veneta.
Infine restano da citare tra i prodotti naturali le cere. Anch‟esse sono idrorepellenti e
in più insensibili all‟invecchiamento, tutte si ammorbidiscono intorno ai 40°C e
fondono a 65°C. La loro caratteristica principale è l‟inerzia chimica e tra le più
utilizzate possiamo ricordare la cera carnauba, la cera d‟api, la cera paraffina e la
cera microcristallina.
Questi prodotti sono sempre stati preferiti ai prodotti sintetici in quanto si vedevano in
loro diversi vantaggi. Prima fra tutti l‟ampia conoscenza che col passare del tempo si
è acquisita di questi materiali, infatti essendo gli unici ad essere utilizzati per secoli
sono anche gli unici che si conoscono realmente a fondo e di cui si conoscono tutti i
meccanismi di degrado. L‟accento è spesso stato posto anche sul fatto che questi
materiali siano simili ai supporti cellulosici o lignei e di conseguenza, in teoria,
maggiormente compatibili con essi sia a livello chimico-fisico sia a livello estetico.
Infine anche la conoscenza dei modi di interazione con gli altri materiali e della
possibilità di giocare sulle loro concentrazioni e miscele li ha portati ad essere
spesso preferiti.
Il problema è che spesso le cose nel mondo del restauro vanno avanti seguendo
delle “ricette” ed evitando di interrogarsi sui limiti dei materiali. Ed è anche per questo
che i materiali naturali, ben conosciuti in tutti i loro aspetti, non sono mai stati
abbandonati e non lo sono tuttora nonostante i numerosi studi fatti in proposito.
Questi ultimi hanno dimostrato che i materiali naturali hanno più svantaggi che
vantaggi. Certo il fattore compatibilità chimica è importante, ma non è detto che due
materiali siano perfettamente compatibili solo perché sono entrambi naturali. Inoltre è
stato più volte evidenziato che i prodotti naturali sono maggiormente soggetti agli
effetti dell‟invecchiamento quali variazioni termo-igrometriche, attacchi biologici,
cambiamenti di stato, ingiallimento, etc.
I motivi, dunque, che spingono la maggior parte dei restauratori a rimanere fedeli a
questi materiali sono da ricercare nell‟attaccamento alla tradizione, nella fiducia nei
materiali conosciuti rispetto a quelli nuovi, nella convinzione che questi prodotti siano
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realmente migliori degli altri e nell‟essere molto chiusi nei confronti delle nuove
sperimentazioni. Con questo non si vuole dire che i materiali naturali siano da evitare
a priori, ma si vuole solamente ritornare ancora una volta sul fatto che la scelta di un
prodotto dovrebbe essere dettata dall‟opera stessa e dalle sue esigenze piuttosto
che dalla “pigrizia” dell‟uomo.
1.3 GLI ADESIVI SINTETICI
I materiali sintetici hanno fatto la loro prima comparsa nel mercato dei prodotti per il
restauro nella seconda metà degli anni ‟50 con prodotti di tipo vinilico, acrilico,
chetonico e polivinilico. Fin da subito questi materiali hanno dimostrato di possedere
una maggiore stabilità chimica e una maggiore durata nel tempo. Si tratta di materiali
di tipo polimerico che possiedono una serie di qualità chimico-fisiche che sono
impossibili da trovare nei prodotti naturali e sulle quali si può “giocare” a seconda
delle esigenze.
Partiamo dalle resine poliviniliche. Queste sono dei derivati polimerizzati dell‟alcool
vinilico. Dallo stesso monomero di partenza possiamo ottenere il polivinil alcool
(PVAL), il polivinil acetato (PVAC) e il cloruro di polivinile (PVC). Sono delle resine
termoplastiche, delle resine cioè che possono passare da uno stato solido a uno
fluido, e viceversa, senza variare le loro caratteristiche chimiche. Possono essere
usati come consolidanti, adesivi e protettivi; i più famosi tra questi sono il Gelowal, il
Mowilith e il Vinnapas.
Le resine acriliche si dividono in derivati da esteri acrilici e in derivati da esteri
metacrilici che formano dei poliacrilati e dei polimetacrilati. Tra i primi quelli più usati
sono il metacrilato (MA), l‟etil acrilato (EA) e il butil acrilato (BA); mentre tra i secondi
il metil metacrilato (MMA), l‟etil metacrilato (EMA) e il butil metacrilato (BMA). Hanno
forti proprietà adesive, sono stabili agli agenti atmosferici, non ingialliscono e
possono essere utilizzati anche come consolidanti. I più famosi sono il Plextol B500,
il Plexisol P550 e il Bedacryl X122.
Altri tipi di resine che possiamo trovare nel mondo del restauro sono le resine
alchidiche, le resine poliuretaniche, le resine cellulosiche, le resine chetoniche, le
resine epossidiche e le resine poliammidiche.
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Questi materiali, dal momento in cui sono stati introdotti nel mondo del restauro,
sono stati ampiamente studiati in modo da valutarne a fondo vantaggi e svantaggi. Di
positivo hanno il fatto che sono molto meno soggetti agli agenti esterni, alle variazioni
termo-igrometriche e agli attacchi biologici; il loro possibile ingiallimento è quasi
impercettibile; sono compatibili con la maggior parte degli altri materiali; non creano
grossi impedimenti nel momento in cui vi si devono sovrapporre altri prodotti;
possono essere utilizzati in diverse modalità applicative e spesso non danno
problemi di compatibilità estetica. Gli aspetti negativi riguardano più che altro la loro
conoscenza, infatti questi materiali sono nati da poco e, benché lungamente studiati,
non se ne conoscono a fondo i meccanismi di invecchiamento in quanto i test
artificiali non sono in grado di riprodurre esattamente le condizioni reali. Certo si è
riscontrato che a parità di test risultano essere molto più duraturi rispetto ai materiali
naturali, ma anche questo alle volte spaventa i conservatori, soprattutto quelli legati
all‟abitudine di dover continuamente restaurare un‟ opera a cicli continui. Purtroppo
questi materiali hanno spesso spaventato i tradizionalisti in quanto risultano essere di
difficile applicazione; inoltre quando si danno delle indicazioni sulle loro modalità di
impiego, queste finiscono per diventare anch‟esse delle “formulazioni”. Di
conseguenza anche chi ha tentato un approccio e una sperimentazione di questi
nuovi materiali spesso ne è rimasto deluso e ha ottenuto risultati poco soddisfacenti,
ma non per il fatto che il materiale utilizzato non fosse quello corretto, piuttosto
invece a causa di una non corretta modalità di impiego. Sarebbe dunque auspicabile
fornire delle corrette indicazioni nel momento in cui si mette in commercio un nuovo
prodotto, e non fornire una modalità di impiego standard ma lasciare libero spazio
alla sperimentazione di ogni singolo restauratore.
1.4 GLI ADESIVI SINTETICI: ASPETTI FONDAMENTALI SULL’ADESIONE
Gli adesivi sono materiali in grado di mantenere unite le superfici di due materiali in
modo permanente e duraturo. Inoltre è necessario che l‟adesivo sia in grado di
riempire le imperfezioni (o vuoti) presenti su entrambe le superfici, in modo da
costruire un‟interfaccia omogenea tra i due materiali da incollare (aderendi). Le
caratteristiche principali che gli adesivi devono avere sono:
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essere sufficientemente liquidi da ricoprire e „bagnare‟ facilmente le superfici
degli aderendi in modo da creare un intimo contatto;
interagire in modo elettrostatico, chimico o meccanico con la superficie
dell‟aderendo;
dare luogo ad una reazione chimica, la quale porta alla formazione di un
materiale meccanicamente resistente (indurimento) per azione del calore o
delle radiazioni UV in presenza di un opportuno iniziatore;
riempire i difetti o le cavità presenti sulla superficie degli aderendi prima di
raggiungere l‟indurimento;
resistere alle condizioni ambientali in cui operano, quali elevata umidità
relativa, radiazione solare, fonti di calore ecc.
Gli adesivi sono di solito classificati in base alla forza massima (a trazione o a
tangenziale) di adesione che possono raggiungere quando applicati sulla superficie.
Generalmente gli adesivi si definiscono strutturali quando sono in grado di garantire
una forza tangenziale massima tra i due aderendi di 1.45 psi = 10 kN/m2. Adesivi con
queste caratteristiche sono le resine termo-indurenti come le epossidiche, le acriliche
e le poliuretaniche. In genere per gli adesivi strutturali si richiede un tempo di vita
medio pari a quello dei due aderendi.
Invece gli adesivi non strutturali hanno un tempo di resistenza e di permanenza sulla
superficie degli aderenti inferiori, come pure una forza di adesione tangenziale
massima ben inferiore a 10 kPa/m2 . Infatti sono utilizzati per creare una adesione
temporanea e debole all‟interfaccia tra i due aderendi, come per esempio nel caso
dei nastri adesivi applicati con la una leggera pressione sulla superficie (Pressure
Sensitive Adhesive).
Di solito con il termine adesione descriviamo una situazione in cui esiste
un‟attrazione tra due superfici di materiali diversi per la presenza di forze
intermolecolari, elettrostatiche o di Wan der Waals. Invece con il termine coesione
sono descritte le forze intermolecolari attrattive presenti nel materiale che costituisce
l‟aderendo (vedi Figura 1).
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Figura 1. Esempio di frattura adesiva e coesiva
Nella Figura 1A si può osservare che la superficie di frattura è coesiva, cioè è
l‟adesivo che subisce la frattura all‟interfaccia tra aderendo/adesivo, invece nella
Figura 1B la frattura è adesiva, poiché avviene il contrario, cioè il distacco avviene tra
adesivo/aderendo. Infine nella Figura 1C si hanno entrambe le situazioni con il 50%
di frattura adesiva e il 50% di quella coesiva.
Un'altra importante definizione può essere illustrata nella Figura 2, dove i due
materiali sono uniti da un adesivo. L‟area tra l‟adesivo e l‟aderendo è chiamata anche
regione interfacciale, che è formata da una regione di spessore molto sottile in cui
l‟adesivo si interpenetra nei primi strati dell‟aderendo. Infatti questa regione può
essere descritta come da tanti strati di diversi materiali con una composizione
intermedia. Di solito è usato un primer, cioè un agente chimico che è in grado di
migliorare la bagnabilità e quindi la dispersione nella regione interfacciale. Questo si
rende necessario quando la composizione chimica dell‟adesivo è abbastanza diversa
da quella dell‟aderendo oppure quando la superficie dell‟aderendo tende nel tempo a
modificarsi.
A B
C
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Figura 2. Composizione del giunto meccanico realizzato per applicazione dell‟adesivo tra le
due superfici dell‟aderendo.
Lo sviluppo degli adesivi sintetici è avvenuto in passato in modo analogo con quello
dei materiali polimerici. Nella tabella sottostante (Tabella 1) infatti sono riportati i
principali adesivi sviluppati nel corso degli ultimi 100 anni.
Tabella 1. Principali adesivi sviluppati negli ultimi 100 anni.
ANNO ADESIVO
1910
Resine fenolo-formaldeide
Colla animale
Resine vegetali
1920
Esteri della cellulosa
Gomma naturale (neoprene)
Resine da oli naturali
1930
Resine urea formaldeide
Polivinilacetato
Resine fenoliche
Nastri adesivi (PSA)
adesivo primer aderendo
Regione interfacciale
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1940
Resine melamina formaldeide
Acriliche
poliuretaniche
1950
Resine epossidiche
Ciano acrilati
Adesivi anaerobici
1960 Poliammidi
1970 Poliuretani strutturali
1980 Resine epossidiche in emulsione
1990
Hot melt (adesivi a caldo)
Adesivi foto-reticolabili
2000
Sistemi
polimerici interpenetrati (IPN)
In genere gli adesivi sono stati sviluppati negli anni passati in sostituzione della
saldatura o della rivettatura. Molti degli sforzi attuali nella produzione di adesivi
innovativi sono quelli di creare materiali compositi a matrice polimerica o miscele
polimeriche con resine che richiedono diversi trattamenti sia UV che termici. Gli
adesivi foto-polimerizzabili sono di solito ben accettati quando non è possibile
applicare trattamenti termici sui due aderendi o si richiede una velocità di
reticolazione elevata. Invece una limitazione di questi adesivi è che richiedono
aderenti trasparenti alla radiazioni UV o di spessore molto sottile per consentire la
trasmissione della radiazione necessaria a far avvenire la reazione di reticolazione.
La procedura ormai ampiamente accettata per ottenere una buona adesione è la
seguente :
1. pulizia della superficie dei due aderendi;
2. ottima bagnabilità dell‟adesivo sulla superficie dell‟aderendo. Questo è
necessario per raggiungere un intimo contatto tra i due componenti
dell‟interfaccia;