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INTRODUZIONE
Il progetto di questa tesi è nato dal mio interesse per il cinema contemporaneo e in
particolare della rappresentazione dello spazio nei film dei fratelli Coen. Dopo avere
individuato nel concetto di non luogo, formulato da Marc Augé in Nonlieux, un topos
centrale del cinema e della cultura angloamericana, ho deciso di scegliere proprio il non
luogo come il leit-motiv dell’analisi del Cyberpunk e di due film, Permanent Vacation di Jim
Jarmusch e Barton Fink dei fratelli Coen. Nell’analisi del non luogo, tuttavia, mi sono
gradualmente discostato da Augé, come si evincerà dalla tesi in generale e dalla
conclusione in particolare.
La tesi si sviluppa in tre capitoli, oltre all’introduzione, alla conclusione e ai
riassunti in italiano e in inglese.
Il primo capitolo, “Il non luogo nel Cyberpunk”, è composto da quattro
sottocapitoli. Nel primo, dopo un breve excursus introduttivo sulla cultura americana e
sul rapporto che questa cultura ha con lo spazio, contrappongo alla Wilderness del
Western la Darkness del Noir come due aspetti distinti della cultura americana. La prima
legata alla passata espansione spaziale verso ovest, la seconda alla cultura urbana che
contraddistingue l’attuale società.
Nel secondo sottocapitolo, dopo avere fatto una riflessione tra le culture che
vivono in “essere” e le culture in “divenire”, caratterizzando la cultura americana come
cultura in divenire, paragono il Noir al Cyberpunk, che rispettivamente sono lo specchio
della società del dopo guerra e della società dei consumi, la società cibernetica. Il
nichilismo, l’isolamento e l’incomunicabilità dell’uomo moderno si ritrovano nel
Cyberpunk ma anche nel Noir o in Hopper.
Nel terzo sottocapitolo dopo avere caratterizzato l’antieroe del Cyberpunk con la
sua amoralità e crudezza, e dopo averlo contestualizzato in un mondo costituito da non
luoghi, tratto anche il tema della ricerca nella memoria come sforzo incessante di
riempire il vuoto interiore dell’uomo moderno. Passo, poi, a una breve analisi di alcune
opere tra cui Neuromancer di William Gibson, il film Blade Runner di Ridley Scott e il film
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animato Waltz With Bashir di Ari Folman. Faccio, in seguito, una breve analisi del
fumetto e mi soffermo su La trilogie Nikopol, di Enki Bilal e A Contract With Good di Will
Eisner.
Il secondo capitolo “Permanent Vacation: il vuoto esteriore come riflesso del vuoto
interiore” è composto da due sottocapitoli. Nel primo faccio un breve excursus sul non
luogo come set hollywoodiano al di là del Cyberpunk, accennando al Neo-noir, allo
scrittore James Ellroy e al film Taxi Driver di Martin Scorsese.
Nel secondo sottocapitolo introduco Permanent Vacation con un accenno alla scena
indipendente newyorkese di fine anni settanta inizi anni ottanta e col concetto di Drifter.
L’analisi di questo film è tesa a sottolineare il rapporto tra vuoto interiore dei soggetti e
vuoto esteriore dei luoghi che li circondano, che sono il riflesso degli individui che li
vivono. Nell’analizzare questo film faccio anche un paragone con gli altri film di
Jarmusch.
Il terzo capitolo, “Barton Fink. Un hotel come casa: dall’anonimato all’inferno del
non luogo”, si divide in quattro sottocapitoli. Nel primo parlo del plot e della scena
finale del film, che riprende una foto della stanza di Barton.
Nel secondo sottocapitolo faccio una riflessione sul set. In quest’opera ai set en
plain air si sostituiscono gli interni di un hotel. Faccio una riflessione su come il concetto
abitativo di hotel con la sua precarietà si oppone a quello stabile e intimo di casa. In
Barton Fink all’estraniamento dato dalla “vita da hotel” si aggiunge l’esplicita volontà dei
registi di conferire a questo setting un carattere faustiano. L’infernale dimora sarà avvolta
dalle fiamme alla fine del film.
Nel terzo sottocapitolo continuo ad analizzare il personaggio di Barton
paragonandolo all’uomo Cartesiano. Riprendo l’analisi filosofica dei concetti di essere e
divenire analizzando la dimensione spazio temporale che dagli autori anglosassoni viene
definita Methaphisics of Precence, rifacendosi ad Aristotele; e nel Daisen in Heidegger. Infine,
accostandomi a Conard, interpreto i diversi nonsense presenti nel film come fenomeni
estranei alla realtà a cui non bisogna cercare di dare una spiegazione.
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Infine nel quarto sottocapitolo parlo della produzione, dello stile e dei diversi
generi che Barton Fink abborda, facendo anche un breve accenno agli altri film dei
Coen.
Concludo il capitolo su Barton Fink facendo una riflessione sul non luogo e sulla
società contemporanea che Augé chiama la società della surmodernità.
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In questa ricerca mi sono avvalso di diversi testi, tra i principali Nonlieux di Marc
Augé; Cœur de banlieue. Codes, rites et langages di David Lapoutre; Museo e cultura, curato da
Jean Cuisenier e Jean Vibeak; i testi in lingua inglese Jim Jarmusch di Juan Suarez e The
Philosophy Of The Coen Brothers curato da Mark T. Conard.
Parallelamente mi sono avvalso del web per ricercare informazioni su diverse
opere e tematiche, soprattutto concernenti la cultura Cyberpunk, che la rete tratta sotto
diversi profili. Fondamentale è stata anche la visione e lo studio dei film di Jarmusch, dei
Coen, dei noir (Out Of The Past, Sunset Blvd., The Maltese Falcon, L.A. confidential e The Black
Dahlia) e di altre opere come Taxi Driver, Blade Runner e Waltz With Bashir.
È stato un aiuto prezioso la lettura di romanzi come Neuromancer e fumetti come
La trigolie Nikopol di Enki Bilal e A Contract With God di Will Eisner.
L’obiettivo della mia tesi è discutere, attraverso l’analisi di queste opere, la crisi
dell’uomo contemporaneo, dimostrando come il non luogo non è semplicemente “un
luogo in cui si passa ma in cui non ci si ferma”, frutto dell’odierna società. Per me il non
luogo, che connoto soprattutto come luogo anonimo, vuoto e privo di identità
culturale, è il riflesso della crisi dell’uomo di fine millennio, che ha perso sia i riferimenti
personali che l’ancoraggio ai valori della cultura tradizionale. La mia tesi nell’analizzare il
cyberpunk e i due film, vede il trasformarsi del non luogo da luogo privo di riferimenti
al passato (soprattutto in termini di storia personale) nel cyberpunk; a riflesso del
mondo di un outsider in Permanent Vacation; all’hotel, che sostituendo l’intimità della casa,
diventa un inferno in Barton Fink.
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Augé, Marc, Non-lieux, Paris, Edition du Seuil, 1992.
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CAPITOLO PRIMO
Il non luogo nel Cyberpunk
1.1 Accenno introduttivo alla cultura americana
È il 4 luglio 1776, il Congresso adotta la Dichiarazione di Indipendenza, redatta
in gran parte da Thomas Jefferson. La Costituzione degli Stati Uniti viene
ratificata nel 1788, George Washington entra in carica nel 1789. L’America è
finalmente libera, non è più una colonia. Questa indipendenza si vuole sancire su
tutti i livelli, quello politico, quello economico e quello culturale. I tredici stati
costituiscono ora una nazione con nuovi valori e una nuova cultura.
A est l’oceano separa gli stati americani dalla tirannia inglese, ma a ovest,
cosa c’è a ovest? A ovest c’è la frontiera, il limite da valicare, un territorio in
continuo avanzamento, a ovest c’è l’America.
È il 1865, la fine della guerra di secessione vede l’Unione affermarsi con
l’abolizione della schiavitù,
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con il diritto di cittadinanza e il diritto di voto per
quattro milioni di cittadini afro-americani.
Il dio dei puritani che bruciava le streghe viene soppiantato dal dio che
costruisce la ferrovia. Si dice che ogni binario corrisponde a un uomo morto.
Non si lotta più contro una civiltà tiranna come quella inglese, ma si lotta contro
l’ignoto, lo spazio immenso da colmare, the wild West. Lo spirito con cui tutto
deve essere affrontato è quello del progresso, della volontà di andare oltre il
limite. Su queste basi si consolida la cultura americana, basata, appunto, sul
progresso e sulla praticità nella sfida contro il limite. Nasce così il sogno
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Secondo un censimento del 1860 del U.S. Census Bureau, il totale degli schiavi era di 3.953.760
persone.
http://www2.census.gov/prod2/decennial/documents/1860a-02.pdf. [10/06/2007].
5
americano e il mito del self made man. La corsa all’ovest è segnata dalla febbre
dell’oro, dalle guerre contro la nazione Sioux e tutti gli altri nativi americani.
Il Massacro di Wounded Knee
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nel 1890 è l'ultimo grande conflitto armato
delle Guerre Indiane. Negli ultimi giorni del dicembre 1890 la tribù di
Miniconjou, guidata da Piede Grosso, muove guerra alla notizia dell'assassinio di
Toro Seduto. Quattro squadroni di cavalleria, il Settimo Reggimento, uccidono
quasi trecento Sioux, soprattutto donne e bambini.
Tra il 1830 ed il 1860 gli immigrati sbarcati negli Stati Uniti sono 4,6
milioni; irlandesi (39%), tedeschi (30%), scandinavi (15%), anglo-americani
(16%). Questi ultimi restano tuttora l'elemento dirigente della nazione. Dal 1860
al 1914 la popolazione cresce da 31,9 a 91,9 milioni di abitanti, tra cui 21 milioni
di immigrati. Nel Nord, l'urbanizzazione e un afflusso senza precedenti di
immigrati, provenienti dagli stati meridionali e orientali dell’Europa, affretta il
processo di industrializzazione. L'ondata di immigrazione durò fino al 1929.
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Sia autori letterari sia compositori musicali hanno realizzato opere che, in qualche passaggio o
nella loro interezza, citano o trattano di questo massacro che è sicuramente uno dei maggiori
compiuti contro i nativi americani durante le guerre per la conquista dei loro territori. Si ricordano
qui:
Neihardt, John, Black Elk Speaks, William Morrow & Company, 1932.
Brown, Dee, Bury my heart at Wounded Knee, New York, Holt, Rinehart & Winston,1970.
Bury my heart at Wounded Knee regia di Yves Simoneau (2007).
L'album "Bury my heart at Wounded Knee" dei Gila (1973).
La canzone Avalanche di Prince, nell’album "One nite alone...(2002).
La canzone Big Foot, di Johnny Cash, nell'album America: A 200-Year Salute in Story and Song.
La canzone Dakota di Jacob de Haan.
La canzone We Were All Wounded at Wounded Knee, di RedBone.
La canzone Ghost dance, di Robbie Robertson e The Red Road Ensemble.
La canzone Hoka Hey, di Davide Van De Sfroos.
La canzone Gringo '91 e Gringo '94, di Luciano Ligabue.
La canzone Wounded Knee 1890, di Sköll.
La canzone All Are Equal For The Law della Banda Bassotti.
La canzone American Ghost Dance dei Red Hot Chili Peppers.
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Gli Stati Uniti diventano sempre più una potenza economica. Massicce
protezioni tariffarie, la costruzione di infrastrutture e nuovi regolamenti bancari
incoraggiano la crescita economica e i monopoli.
Nel 1914 sono in testa tra i paesi produttori di ferro, carbone, petrolio,
rame, argento. Il vapore è sostituito dall'elettricità che accelera la produzione
nazionale. Sorgono i trust e i giganteschi complessi industriali dei cosiddetti re del
big business. Famiglie come quelle degli Astor per le pellicce e le pelli, i Rockefeller
per la Standard Oil Company, i Carnegie per la Steel Corporation, i Morgan, i
Vanderbilt per le ferrovie, i Westinghouse per la Air Brake Company, i Fulton, gli
Eastman per la Kodak Company, i Ford, per la Ford Motor Company, i Du Pont
de Nemours per la Du Pont Company, dominano l'economia americana e
mondiale. Morgan e Rockefeller controllano da soli il 20% del patrimonio
nazionale (341 grandi aziende con un capitale di circa 22 miliardi di dollari).
In questo contesto di immensità e sconfinatezza si capisce come il rapporto
con lo spazio sia di fondamentale importanza per questo popolo. I primi anni del
novecento sono anche gli anni in cui comincia una nuova sfida spaziale. Alla
sfida spaziale “orizzontale” (quella verso ovest) si sostituisce, infatti, la sfida
spaziale in senso verticale (quella dei grattacieli che prolificano nelle nuove
metropoli americane).
Dopo la seconda guerra mondiale l’America ha ancora cambiato aspetto, è
diventata sempre più il colosso che oggi conosciamo. È l’America che a causa
delle persecuzioni naziste ha visto confluire i migliori artisti e intellettuali europei;
l’America che ha visto nascere Hollywood come il prolungamento del cinema
espressionista tedesco. L’America, che dopo il piano Marshall si è opposta
all’Unione Sovietica durante la guerra fredda; l’America che per paura della
minaccia rossa si è data alle frenetiche inchieste del Maccartismo che hanno reso
la vita impossibile a tantissimi artisti tra cui l’americanissimo Humphrey Bogart.
L’America che è passata per le lotte di Martin Luter King, Malcom X e le Black
Panters; che ha lottato contro il Ku Klux Klan e il mito del WASP (Wight Anglo-
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Saxon Protestant). L’America della Beat Generation. L’America di Bob Dylan e
Otis Redding. L’America di Superman e Paperino, l’America di Hollywood e
Broadway, della East Coast e della West Coast.
Nel 2008 lo US Census Bureau ha stimato che la popolazione del paese è di
310.233.000
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stima che include anche 11,2 milioni di immigrati clandestini. Dal
punto di vista etnico
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i bianchi rappresentano il 79,8% della popolazione, gli
afroamericani il 12,8%, i nativi americani (incluso i popoli dell’Alaska) l’1,0%, i
nativi hawaiani e gli abitanti delle isole del Pacifico lo 0,2%, le persone di origine
mista l’1,7% e gli ispanici (di diversa provenienza) sono il 15,4%.
Nel 2006, sempre secondo le statistiche del Census Bureau, ci sono 224,2
milioni di persone che in casa parlano esclusivamente l’inglese, 34 milioni di
parlanti spagnolo (creolo incluso), 2,5 milioni di parlanti cinese, 2 milioni di
parlanti francese (creolo incluso), 1,4 milioni di parlanti tagalog (una delle lingue
principali della repubblica delle Filippine), 1,2 milioni di parlanti vietnamita, 1,1
milioni di parlanti tedesco e 1,1 milioni di parlanti coreano.
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Oggi la recente immigrazione dall’Asia e soprattutto dall’America Latina ha
creato un mix culturale, che è stato descritto sia come un omogeneizzante melting
pot sia come un’eterogenea salad bowl, dove, cioè, gli immigranti e i loro
discendenti mantengono caratteristiche culturali distinte.
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Secondo l’Analisi delle dimensioni culturali di Greet Hofsted, gli Stati Uniti
hanno il più alto tasso di individualismo rispetto a qualsiasi altro paese studiato.
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Mentre il mainstream culture caratterizza gli Stati Uniti come una “classless
4
U.S. POPClock Projection. In U.S. Census Bureau.
http://www.census.gov/population/www/popclockus.html.[16/09/10].
5
Stima annuale della popolazione secondo sesso e razza, e stima della popolazione di origine
ispanica. I dati sono raccolti dall’1 aprile 2000 all’ 1 luglio 2008 in un censimento dell’U.S. Census
Bureau, Population Division.
http://www.census.gov/popest/national/asrh/NC-EST2008-srh.html. [18/09/10].
6
Statistiche dell’ U.S. Census Bureau sulle lingue parlate nel contesto domestico.
http://www.census.gov/prod/2008pubs/09statab/pop.pdf. [2009-10-11].
7
Adams, J. Q., and Pearlie Strother-Adams, Dealing with Diversity, Chicago, Kendall, Hunt, 2001.
8
Individualism. In Clearly Cultural.
http://www.clearlycultural.com/geert-hofstede-cultural-dimensions/individualism/. [18/09/10].