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Introduzione
L’immagine che più frequentemente ha rappresentato la
“messicanit|” è la figura del charro, questa immagine ha fatto il
giro del mondo ed è riconosciuta ovunque come propria del
Messico, nonostante la pluralità culturale ed etnica che
caratterizza questa nazione.
Molti turisti che visitano il Messico, nel tornare a casa,
comprano come souvenir un sombrero, ma pochi di essi sono a
conoscenza dei motivi per cui questo curioso cappello, insieme
agli altri elementi che compongono l’abito del charro, è stato scelto
come simbolo nazionale del paese. Se si prova a digitare la parola
charro, in un qualsiasi motore di ricerca su internet, i risultati delle
pagine provenienti dall’Italia saranno, per la maggior parte, dei
collegamenti a una famosa marca di abbigliamento, oppure a
ristoranti che propongono cucina messicana, piuttosto che locali
che ne ricreano l’atmosfera.
Con questo lavoro si vuole quindi esplorare una cultura
quasi del tutto sconosciuta a noi italiani, cercando di rispondere
alla domanda: chi è realmente il charro messicano e in che cosa
consiste l’universo che lo circonda?
Possiamo partire dall’affermazione che fa la Professoressa
Palomar Verea1 (2000, p. 10) nel suo studio sui charros: «la
charrerìa es un universo immaginario complejo, cuyos
significados parecen ligarse a una voluntad simbólica colectiva.
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Cristina Palomar Verea, nata a Guadalajara, Messico, nel 1959. Laureata in psicologia,
studi di psicoanalisi e ha conseguito il dottorato in antropologia sociale. Fondatrice e prima
Direttrice del Centro de Estudios de Género de la Universidad de Guadalajara. Direttrice della
rivista La Ventana. Attualmente è Professoressa nell’Universit| de Guadalajara.
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Tal voluntad está relacionada con el proceso de la construcción del
Estado nacional2».
È interessante analizzare le diverse maniere di vedere la
charrerìa. Nel pensiero comune della gente questo è il "più
messicano degli sport", che consiste nello svolgere prove di abilità
con il cavallo in un recinto, in cui la cornice di un ambiente
familiare include mariachis e tequila.
Da un punto di vista storico, la charrerìa è associata allo
sviluppo dell’allevamento, soprattutto equino e bovino, iniziato
nel Nuovo Mondo con l’arrivo degli spagnoli nel Sedicesimo
secolo e sviluppatosi attraverso le diverse tappe della formazione
della nazione messicana.
I charros, diedero origine alla leggenda del valoroso jinete
(fantino) dei campi, importante protagonista dei movimenti
armati in tutta la storia del popolo messicano. Diversi sono i
fattori che hanno contribuito alla realizzazione di questa leggenda
che in Messico è interpretata come “messicanit|”: il riscatto del
lavoratore a cavallo dei campi, con i suoi attributi di forza, amore
per la Patria, per il cavallo e per la donna come elementi
rappresentativi dell’orgoglio messicano; il leggendario charro
come difensore della sovranità nazionale, valoroso hombre de a
caballo di estrazione rurale; e infine l’aristocratico latifondista,
elegante nel portamento, gran conoscitore dell’equitazione alla
messicana e promotore della charrerìa come sport.
Come vedremo, la storia del charro e della charrerìa si è
formata nel Messico contadino dal XVI al XX secolo, dando
origine ai “nuovi” charros.
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«la charrerìa è un universo immaginario complesso, i cui significati sembrano legarsi a una
volontà simbolica collettiva relazionata con il processo di costruzione dello Stato nazionale»
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Prima della Rivoluzione del 1910, si parlava del charro per
riferirsi a chi, montando un cavallo, lavorava con il bestiame, e
non alla figura che oggigiorno conosciamo come rappresentativo
della Nazione. Nel Diciassettesimo secolo gli hombres de a caballo
nella Nuova Spagna erano identificati come charros, designazione
utilizzata per riferirsi a quegli individui che costituivano un
gruppo sociale impegnato nelle attività rurali e che utilizzavano il
cuoio per vestirsi. La parola «charro» -trasposta nella Colonia
dall’ambito salmantino, nel quale così si designavano gli uomini
della campagna di questa regione- più avanti, ebbe un’accezione
ancora diversa dall’attuale: faceva riferimento all’estetica popolare
che si stava conformando in questo gruppo di allevatori di
bestiame. In seguito nacque un’altra figura, che condensava le arti
che gli hombres de a caballo impiegavano con il bestiame utilizzando
il lazo, per sconfiggere i realisti e appropriarsi delle loro armi: i
charros combattenti della guerra di Indipendenza. In questo modo
andavano amalgamandosi i diversi elementi rappresentativi della
figura finale di questo processo: il cavallo, il cuoio, il sombrero, la
corda, l’arma da fuoco, un’estetica e anche un’etica.
L’interpretazione del charro come simbolo della
messicanità, quindi, ha a che vedere con gli avvenimenti generati
dalla rivoluzione armata iniziata nel 1910 e finita nel 1920. In
questo decennio, negli ambienti politico-culturali, ci fu l’interesse
di creare posizioni nazionaliste che giustificassero una
mobilitazione popolare. Uno dei risultati fu la rivolta della
maggioranza di quegli individui considerati espressione del
“messicano”. La Rivoluzione Messicana segnò la fine delle grandi
haciendas con la conseguente redistribuzione delle terre,
paradossalmente, questo che doveva essere il momento in cui si
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faceva più seria la minaccia di estinzione della charrerìa fu quello
che la consacrò come tradizione (seconda e terza decade del
Ventesimo secolo). Per comprendere questa trasformazione
analizzeremo i negoziati che ci sono stati fra i charros e il nascente
Stato postrivoluzionario. Si tratta di compromessi risolti in
maniera complicata, che garantirono la pace richiesta dal nuovo
ordine sociale, ma che, come in tutti i negoziati, implicavano
rinunce e conquiste da entrambe le parti.
Che cosa perdono e cosa guadagnano i charros?
Perdono la loro posizione di potere, il loro potenziale
politico come gruppo indebolito dalla Rivoluzione e dalla
redistribuzione delle terre, in poche parole il loro potenziale
antirivoluzionario; e conquistano un ruolo simbolico nel nuovo
ordine sociale e un riconoscimento come gruppo culturale,
compromesso che si sigilla con l’elezione della figura del charro a
emblema nazionalista. S’inizia un processo intensissimo di
costruzione dei simboli che produrranno e sosterranno le frontiere
della comunità charra: istituzioni, spazi fisici, linguaggio, abiti,
regolamenti e statuti, costumi e rituali. Cominciarono a nascere,
nei centri urbani, i lienzos e s’iniziò il processo
d’istituzionalizzazione dei charros in associazioni con regolamenti
e statuti che formalizzarono la loro pratica.
La prima associazione a nascere ufficialmente fu la
Asociación Nacional de Charros, fondata nel 1921 e che viene
considerata tradizionale e conservatrice. Questa fu seguita dalla
costituzione di altre associazioni locali che man mano stavano
nascendo in tutta la Repubblica. Nel 1933, con l’intento di riunire
tutte queste associazioni in una federazione dedicata a
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organizzare la pratica sportiva della charrerìa, fu costituita la
Federación Mexicana de Charrería.
Queste due associazioni sono tuttora le più importanti del
Messico e raggruppano due pensieri diversi sull’interpretazione
della charrería. La differenza sembra stare in un’apparente
separazione di classe. L’ala tradizionalista, che costituisce la
Asociación Nacional de Charros, è di stirpe charra e ha legami con
l’aristocrazia e con un passato legato alle haciendas. L’ala sportiva,
che vive nella Federación Mexicana de Charrería, sembra aver
raggruppato tutti quei personaggi legati ai primi, ma in una
posizione subordinata: caporali, vaqueros, peones e rancheros che
lavoravano a contratto e che appresero nelle haciendas l’arte
charra.
La charrerìa è anche un elemento sociologico e culturale
rilevante per l’importanza che gli si attribuisce a livello nazionale
e internazionale. Il charro è uno stereotipo che vuole essere
rappresentativo del messicano in un senso ampio, nonostante,
simultaneamente e paradossalmente, sia una figura associata a
regioni e settori sociali specifici.
Fra i charros, la charrerìa è interpretata come un forma di
vita, una maniera di intendere il mondo, una tradizione radicata
nelle sue antiche origini il cui senso è ancora vivo oggi ed è quello
che alimenta la passione con cui si vive la festa charra.
Come sport, la charrerìa ha una storia di poco meno di un
secolo, benché erediti una lunga tradizione coltivata durante secoli
da un settore della società rurale dedito alle attività del campo.
Con l’arrivo dei charros nelle grandi citt|, questo settore ha
convertito le sue attività produttive tradizionali in uno sport e una
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festa, riproducendo così i suoi rituali e le sue arti nell’ambito
urbano.
Abile, per la sua esperienza di lavoro nelle haciendas, nella
doma del cavallo e nel maneggio dei bovini, il charro acquisisce
maggiore destrezza mediante la pratica sportiva. La festa charra, o
charreada come viene chiamata in Messico, è uno spettacolo
folkloristico molto colorato, che offre ai partecipanti forti emozioni
dentro, fuori e intorno al lienzo, ma è anche il corollario di una
tradizione complessa in cui si mettono in gioco i diversi elementi
che hanno contribuito a creare il mondo charro.
Nonostante ci siano scuole per apprendere l’arte della
charrerìa, un charro diventa tale fin dalla sua infanzia. È nel seno
familiare che si assicura la futura permanenza della tradizione
charra. Il nascere in una famiglia charra assicura non soltanto
l’apprendimento di uno sport e l’appartenenza a un’associazione,
ma anche la socializzazione dentro una specie di etica, integrata
da una serie di comportamenti, valori, tradizioni che distinguono
il verdadero dai los otros charros. Fra i charros, la famiglia svolge la
funzione di un’istituzione che organizza la vita di tutti i giorni.
Durante la settimana le madri accompagnano i figli agli
allenamenti con i cavalli e insegnano loro i balli regionali. La
domenica la giornata inizia presto con la messa per proseguire con
l’approntamento dei cavalli per la competizione pomeridiana. In
questo modo la famiglia assicura la riproduzione dell’etica charra
che permette di conservare, attraverso l’esperienza, la sua identit|
in cui l’idea dell’onore ha un posto centrale.
In questo contesto la famiglia è l’elemento fondamentale
per l’organizzazione individuale e collettiva.