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Cenni storici sulle piante officinali
Le piante officinali nella Letteratura corrente sono tutte
quelle specie vegetali che forniscono droghe e spezie
utilizzabili in medicina, profumeria, liquoristica, culinaria e
per la produzione di coloranti, insetticidi, ecc. Tuttavia,
sarebbe più corretto fare una distinzione tra piante
aromatiche e piante medicinali. Le prime sono quelle
dotate di una o più sostanze che conferiscono particolari
odori e sapori e che vengono impiegate nella preparazione
di bevande, profumi, cosmetici e per condire alimenti. Le
piante medicinali, secondo la definizione della
Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), sono quelle
che contengono in uno o più dei loro organi sostanze che
possono essere utilizzate ai fini terapeutici o che sono
precursori di sintesi chemiofarmaceutica (Catizone et
al.,1986).
Le piante officinali sono conosciute sin dai tempi remoti.
Non esiste alcuna testimonianza storica della iniziale
alleanza fra l’uomo e le “erbe” e si è indotti a pensare che
essa sia cominciata molto, molto tempo fa, quando,
supponiamo, un nostro lontanissimo progenitore,
masticando una pianta od una bacca, si accorse che essa
gli aveva dato un senso di benessere e non solo di sazietà.
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L’istinto, l’esperienza quotidiana e l’osservazione
intelligente insegnarono presto all’uomo ad utilizzare,
quindi, le piante a scopo salutare e curativo, ossia
“medicinale”.
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Le piante officinali oggi
Sia nei paesi industrializzati che in quelli in via di
sviluppo si registra attualmente un aumento della richiesta
di piante medicinali, tanto che la domanda di tale merce
supera di gran lunga l’offerta. Le ragioni sono imputabili a:
1. aumento di estrazione di principi farmacologici attivi che
per un terzo provengono dalle piante;
2. aumento dell’impiego di piante medicinali da parte delle
popolazioni ancora sprovviste di prodotti farmaceutici
industrializzati (si tenga presente che la terapeutica
tradizionale cinese e ayurvedica è principalmente
basata sull’uso delle piante officinali e che queste
costituiscono il 96% del bagaglio terapeutico della
medicina africana);
3. aumento d’impiego di piante medicinali nei paesi
industrializzati dove il gran pubblico sempre più si sta
orientando verso il loro consumo (Penso, 1996).
Nei paesi dell’Europa orientale le piante officinali sono
abbastanza studiate e coltivate: tra di essi primeggia
l’Ungheria con 20.000 ettari; mentre, tra i paesi dell’Europa
occidentale, spicca la Francia.
In Italia la stragrande maggioranza delle piante officinali è
importata: le superfici destinate alla coltivazione di queste
piante, infatti, sono poche rispetto agli altri paesi europei.
(Bellardi et al.,1997).
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Si stima che il 30% di esse sia destinato all’industria
liquoristica e delle bevande, il 24% all’industria
farmaceutica, il 16% all’ industria della cosmesi, il 14%
all’erboristeria, il 12% all’industria alimentare, il 3%
all’omeopatia e l’1% all’industria dei coloranti (Pisi e
Bellardi, 1988).
Per quanto riguarda le specie botaniche considerate in
questa tesi (Datura stramonium L., Melilotus spp.) negli
ultimi anni si è registrato un incremento della coltivazione
del meliloto che è passata da 1,7 ettari nel 1980 a 5,0 ettari
nel 1988-’89 (Dipartimento Economia e Marketing, 1989).
Lo stramonio, invece, non ha una coltivazione significativa
perché c’è abbondanza del prodotto spontaneo che
abbassa il prezzo di quello coltivato (Lodi, 1957).
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Cenni storici su Datura stramonium e Melilotus
spp.
La patria d’origine dello stramonio (D. stramonium L.) è
molto discussa: c’è chi lo considera oriundo dell’Asia
occidentale (Mar Caspio o Mar Nero) ed introdotto
nell’Europa occidentale nel 1500. Alcune fonti asseriscono,
invece, che la pianta fosse conosciuta nel Vecchio
Continente fin dai tempi lontani, tanto che si avrebbero
notizie di un suo impiego antiepilettico ad opera dei Druidi
e delle popolazioni nomadi centro-europee (Poletti, 1996).
Altre fonti, infine, indicano che sia arrivato dall’America e
da qui sarebbe giunto in Europa nel XVI secolo per
iniziativa del medico personale del re di Spagna Filippo II,
Francesco Hernandez, che lo chiamava con l’antico
termine azteco tlapatl (Triska, 1976). Nei più antichi testi di
medicina della Nuova Spagna se ne parla già: il Codice
Barberini (sorta di erbario in cui ogni pianta è nominata con
il suo nome azteco ed è rappresentata in un disegno
colorato accompagnato da indicazioni terapeutiche)
contiene una tavola con tre piante: lo stramonio, la mimosa
(Mimosa pudica L.) ed una terza non interpretabile (fig. 1).
Nella spiegazione che accompagna la tavola è detto che
tali piante erano usate per provocare il “sonno”, ossia uno
stato di “transe” (Penso, 1986).
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Lo stramonio ha fatto parte del bagaglio terapeutico di
fattucchiere e maghi e le sue proprietà antispasmodiche,
sedative e narcotiche non sono state sempre usate per
alleviare le sofferenze umane, ma spesso a scopo
delittuoso. Solo verso la metà del 1700 si sono stabilite le
sue reali proprietà terapeutiche e si sono precisate le dosi
da usare contro le convulsioni, l’epilessia, i tremori senili, i
dolori reumatici e nevralgici, l’asma e vari altri disturbi del
sistema nervoso (Poletti, 1996).
Per quanto riguarda il meliloto (M. officinalis L. e M.
albus Desr.) non si hanno evidenti testimonianze storiche.
Il suo nome deriva dal greco méli che significa miele e
lotos che significa foraggio. E’ una pianta molto antica che
trova le proprie origini in Europa ed Asia occidentale; si è
poi naturalizzata in alcune zone a clima temperato del
continente americano: a sud degli Stati Uniti ed in
Argentina. Sappiamo, però, che M. officinalis è stato usato
per ricavare fibre tessili durante l’ultima guerra, ma con
risultati assai scarsi e che fino a qualche tempo fa era una
comunissima erba foraggera, oggi sostituita dal trifoglio
comune (Poletti, 1996).
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Note botaniche ed usi
Datura stramonium L.
Caratteri botanici. Famiglia: Solanaceae. Lo stramonio è
una pianta annua che nasce in primavera e produce fiori e
rami fino all’autunno, raggiungendo anche un metro di
altezza. Ha fusto eretto, robusto e ramificato
dicotomicamente (De Capite, 1977); le foglie sono grandi
anche fino a 20 cm., sinuoso-dentate e spesso
asimmetriche alla base. I fiori ermafroditi hanno il calice
tubuloso, lungo 4-5 cm. e la corolla bianca a forma di
tromba. Il frutto è una capsula ovale, tutta coperta di
grosse spine, lunghe circa mezzo cm. Il calice cade quasi
tutto: ne rimane solo la parte inferiore, a formare un disco
sotto la capsula. Lo stramonio è presente in Italia come
pianta spontanea.
Principi attivi ed usi. La pianta è ricca di principi attivi,
soprattutto alcaloidi il cui titolo nelle foglie secche oscilla tra
0,2-0,5%. Gli alcaloidi principali sono: josciamina,
scopolamina, atropina.
Studi eseguiti per stabilirne la localizzazione nella pianta
hanno dimostrato che sono identificabili in tutte le sue
parti, ma che vi è un maggiore contenuto nelle nervature e
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nel picciolo piuttosto che nelle lamine fogliari. Inoltre,
dall’analisi di piante tetraploidi di D. stramonium (ottenute
per trattamento con colchicina) si è rilevato un contenuto di
alcaloidi superiore di circa il 30% rispetto alle piante
normali (diploidi). Per quanto riguarda sia il contenuto di
alcaloidi totali che singoli, esistono delle variazioni nel
corso del ciclo vegetativo: la scopolamina è sintetizzata
soltanto nei primi stadi di crescita della pianta e predomina
nelle parti aeree; con la maturazione prevale la josciamina.
E’ stato, inoltre, notato che il più elevato titolo di alcaloidi si
ha nel periodo di fioritura e quando inizia la fruttificazione
o la maturazione del frutto. Da risultati di analisi eseguite a
distanza di 4 ore (nell’arco delle 24 ore), si è dedotto che
nelle foglie la quantità di alcaloidi totali diminuisce dalle ore
17 alle 23 ed aumenta durante le successive ore della
notte; mentre nelle radici aumenta durante le ore
giornaliere, raggiungendo un picco alle ore 19, e
diminuisce nelle ore notturne (Benigni et al.,1964).
Anche le condizioni climatiche possono contribuire alla
variazione del titolo degli alcaloidi: esperimenti condotti su
piante allevate all’ombra e in pieno sole, hanno fatto
registrare la presenza di scopolamina solo negli individui
sottoposti ad ombreggiamento (Catizone et al.,1986).
La composizione del fitocomplesso attivo contenuto in
questa solanacea è qualitativamente la stessa della
belladonna (Atropa bella-donna L.) e del giusquiamo
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(Hyoscyamus niger L.), ma differisce quantitativamente.
Dello stramonio si usano foglie, semi e fiori come
antispasmodici, sedativi e narcotici (Benigni et al., 1964).
Sono state scoperte anche proprietà inibitorie di estratti
fogliari di stramonio verso alcuni patogeni, quali il virus del
mosaico della canna da zucchero, Trypanosoma cruzi,
Xanthomonas campestris pv. malvacearum, Alternaria
macrospora (Molina et al., 1993; Cavin et al., 1987;
Bambawale et al., 1995). Ciò potrebbe far pensare ad un
futuro uso di questa pianta per controllare alcune patologie
vegetali.
Melilotus officinalis L.
Caratteri botanici. Famiglia: Leguminosae. Il nome
comune è “meliloto giallo”. E’ una pianta erbacea biennale
che si comporta come annuale se seminata all’inizio della
primavera; spontanea, cresce nei terreni incolti e calcarei,
particolarmente ricchi di azoto e ben drenati. E’ alta 20-140
cm. e fiorisce da giugno ad ottobre. Ha foglie trifogliate da
obovate a lanceolate; nella parte inferiore sono per lo più a
margine intero, altrimenti grossolanamente dentate ed
ottuse o leggermente smarginate all’apice (Lodi, 1957); la
fogliolina apicale ha il picciolo più lungo delle altre due.