Introduzione
Introduzione
Il mercato dell’automobile si divide in due grandi categorie per quanto riguarda la tipologia
dei motori adottati: da una parte i motori ad accensione per compressione (o ad accensione
spontanea, AC) e dall’altra i motori ad accensione a scintilla (o ad accensione comandata,
AS).
Negli ultimi anni i primi sono stati soggetti a numerosi sviluppi che si sono conclusi con
l’adozione dell’iniezione diretta tramite sistemi common-rail: grazie a questo e ad altri
miglioramenti, grazie all’assenza della valvola a farfalla e grazie ad un più elevato rapporto di
compressione, i motori diesel hanno incrementato il loro rendimento distaccando
ulteriormente il rivale a ciclo otto.
In compenso, la recente disponibilità di raffinati sistemi di iniezione benzina a basso costo ha
rinnovato l’interesse, da parte di molte case automobilistiche, verso l’adozione dell’iniezione
diretta nei motori ad accensione comandata (GDI, Gasoline Direct Injecton).
Il principale obiettivo che si vuole raggiungere adottando il sistema GDI è di eliminare ai
carichi parziali l’uso della valvola a farfalla ed effettuare la regolazione del carico variando la
quantità di combustibile iniettata per ciclo.
Questo sviluppo, assieme ad un più efficace sfruttamento dell’aria aspirata e ad una più
elevata potenza specifica, permetterebbe al motore a ciclo otto di competere in termini di
rendimento termodinamico con il motore diesel.
L’adozione dei sistemi ad iniezione diretta introduce una notevole serie di vantaggi che si
traducono in una riduzione dei consumi e degli inquinanti il tutto grazie ad una maggiore
precisione nella dosatura del combustibile, ad un migliore riempimento dei cilindri e alla
possibilità di utilizzare molteplici strategie di iniezione.
Una possibilità offerta dai motori GDI, infatti, è proprio quella di adottare differenti strategie
in relazione al carico del motore.
L’adozione dell’iniezione diretta comporta dunque lo sviluppo di una tipologia di iniettori in
grado di soddisfare le richieste inerenti alle varie strategie di funzionamento.: l’iniettore deve
essere in grado di creare uno spray che, in tutte le condizioni di funzionamento, produca una
forte polverizzazione del combustibile per evitare la formazione di idrocarburi incombusti.
Il ridotto tempo a disposizione per l’evaporazione e la miscelazione richiede, infatti, un
diametro medio delle gocce del combustibile con un ordine di grandezza inferiore rispetto agli
iniettori tradizionali: da un valore di 200µm a uno di 20µm.
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Introduzione
La tipologia di iniettori più adatta si è rivelata quella che realizza una struttura a cono cavo
dello spray, con un grande angolo di apertura permettendo quindi di inglobare un’elevata
quantità d’aria al suo interno.
La guida dello spray, in genere, è affidata o a moti della carica che si realizzano grazie alla
conformazione dei condotti di aspirazione oppure attraverso una cavità ricavata sul cielo del
pistone.
Oggi, il progettista ha a disposizione strumenti di calcolo altamente evoluti che hanno
permesso un’analisi del dettaglio del processo di iniezione, il vero cuore del sistema GDI.
Grazie alla simulazione virtuale CFD (Computational Fluid Dynamics) e alla notevole massa
di informazioni che essa è in grado di produrre, si è ora in grado di riprodurre per via
numerica il fenomeno fisico in maniera anche molto dettagliata, permettendone una analisi
che in certi casi può dare spunto per successivi miglioramenti o nuove strategie.
Si consideri inoltre che la fase di progettazione di un motore si fonda sempre su modelli, dati
ed esperienze precedenti e quindi, in un’ottica di produzione aziendale, più che di
progettazione spesso si può parlare d’ottimizzazione.
In tal senso si può comprendere come le simulazioni CFD possono avere un ruolo
fondamentale nell’individuazione e nel confronto di nuove strategie senza che le aziende
debbano utilizzare importanti risorse nella realizzazione di modelli reali.
Se dunque l’iniettore può essere considerato la chiave di svolta per una riscoperta del motore
ad iniezione diretta, si rende allora necessario comprendere sempre meglio quelli che sono i
fenomeni che governano il processo stesso di iniezione.
La simulazione CFD al calcolatore sembra allora il metodo migliore per iniziare a
comprendere fisicamente il comportamento del sistema di iniezione e in questa tesi si cerca di
indagare appunto quale che sia la metodologia migliore per effettuare questo tipo di analisi.
Non si ha certo la pretesa di esaurire completamente l’argomento, ma piuttosto di fornire gli
spunti per ricerche e sviluppi futuri: una base di partenza per simulazioni più mirate allo
studio in differenti condizioni di iniezione data anche la quasi totale mancanza di letteratura a
riguardo.
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Capitolo 1 Introduzione: l’iniezione diretta di benzina
Capitolo 1
Introduzione: l’iniezione diretta di benzina
1.1 Breve storia dei sistemi di iniezione diretta
La storia dei sistemi di iniezione diretta di benzina comincia nella prima metà del secolo
scorso e viene sviluppata soprattutto a cavallo della seconda guerra mondiale.
Come spesso accade lo stimolo verso l’innovazione nasce da nuove esigenze, come la
possibilità di garantire una corretta alimentazione di carburante in tutte le condizioni di volo
nel campo dell’aviazione oppure per migliorare le prestazioni dei motori in campo
automobilistico aumentandone la potenza specifica.
Furono i tedeschi in collaborazione con la Bosch a sviluppare per primi i sistemi ad iniezione
diretta per velivoli militari mentre gli americani introdussero un sistema con carburatore a
iniezione indiretta: entrambi i sistemi garantivano la corretta alimentazione in tutti gli assetti
di volo e non presentavano rischio di formazione di ghiaccio in prossimità della valvola a
farfalla ma alcuni vantaggi erano propri solamente dell’alimentazione ad iniezione diretta: il
fenomeno della detonazione subiva una drastica riduzione e la distribuzione della carica nei
cilindri risultava più uniforme.
Nacquero così velivoli che hanno scritto la storia dell’aviazione come il Messerschmitt Me
(Bf) 109 G-6 equipaggiato con il motore Daimler Benz DB 605 A dotato di iniezione diretta
Bosch.
Fig. 1.1.1 – Motore Daimler Benz DB 605 A
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Capitolo 1 Introduzione: l’iniezione diretta di benzina
Fig. 1.1.2 – Motore Daaimler Benz DB 605 A
Sempre i tedeschi negli anni ’50 introdussero nelle competizioni automobilistiche l’iniezione
diretta di benzina, in particolare su una vettura da Formula 1, la Mercedes W196: nonostante
il sistema Bosch fosse ti tipo meccanico, dunque nemmeno lontanamente paragonabile ai
moderni sistemi di iniezione diretta, non v’è dubbio che esso contribuì in modo sostanziale a
rendere tali macchine vincenti.
Successivamente, come spesso anche oggi accade, dalle competizioni l’idea dell’iniezione
diretta di combustibile fu introdotta nel settore delle automobili di serie: nacque così nel 1956
la celeberrima Mercedes 300SL detta “ali di gabbiano” per l’apertura delle sue porte con un
meccanismo ad ala.
Per garantire l’elevato valore della pressione di iniezione necessario ad azionare gli iniettori il
sistema era dotato di una pompa in linea con sei pompanti simile a quella utilizzata nei
propulsori a ciclo Diesel con un rail comune a tutti gli iniettori (dettaglio in figura 1.1.4).
Fig. 1.1.3 – Mercedes 300SL del 1965
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Capitolo 1 Introduzione: l’iniezione diretta di benzina
Fig. 1.1.4 – Dettaglio del rail
L’iniezione diretta di benzina viene però presto abbandonata e sostituita da quella indiretta:
oltre ad essere per l’epoca estremamente costosa dava infatti luogo a diversi problemi.
Primo fra tutti la difficoltà di iniettare direttamente il combustibile nel cilindro raggiungendo
gli elevati valori di pressione necessari dovuto soprattutto alle scarse proprietà lubrificanti
della benzina (lo stesso problema non si presenta iniettando gasolio); inoltre tali sistemi erano
in grado di fornire elevate potenze ma avevano il difetto di rendere ruvido e poco elastico il
funzionamento del propulsore che poteva anche presentare problemi di lubrificazione .
Il getto di combustibile iniettato direttamente all’interno della camera di combustione
impattando contro le pareti del cilindro dilavava infatti il sottile film di lubrificante presente:
ciò portava ad una rapida usura dello stesso e a possibili grippaggi.
Negli ultimi anni, per via delle sempre più stringenti limitazioni sugli inquinanti emessi dalle
autovetture e per la ricerca di più elevati rendimenti dei propulsori a ciclo Otto, l’iniezione
diretta di benzina si è riaffacciata sul panorama dei moderni sistemi di alimentazione anche
grazie alle infinite possibilità di regolazione offerte dalla moderna elettronica di controllo.
Verso la fine degli anni ’90 la casa costruttrice giapponese Mitsubishi ha per prima messo a
punto un motore basato sul sistema di iniezione GDI (Gasoline Direct Injection) e montato su
fuoristrada di grande serie, ma le case costruttrici europee e non solo non hanno tardato a
seguire l’esempio e troviamo oggi in listino sempre più modelli di vetture equipaggiate con
l’iniezione diretta di benzina.
Vediamo ora un’analisi in dettaglio di quali sono i vantaggi e gli svantaggi di questo tipo di
iniezione per cercare di comprendere le ragioni della sua riscoperta.
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Capitolo 1 Introduzione: l’iniezione diretta di benzina
1.2 Vantaggi dei sistemi di iniezione diretta
Per comprendere quali siano i vantaggi dei sistemi GDI (Gasoline Direct Injection) è
necessario un confronto con i sistemi tradizionali d iniezione indiretta multipoint denominati
per brevità PFI (Port Fuel Injection); non sarebbe corretto un confronto con sistemi single
point in quanto caratterizzati da un unico iniettore posizionato a monte dei singoli condotti di
aspirazione dei cilindri e comunque ormai in disuso.
La sostanziale differenza fra le due soluzioni è il meccanismo che porta alla formazione della
miscela: nei tradizionali sistemi multipoint la miscelazione ha inizio nel condotto di
aspirazione nel quale si affaccia l’iniettore, continua poi nella sezione ristretta di passaggio
attraverso la valvola di aspirazione e si completa all’interno del cilindro dove si raggiungono,
durante la fase di compressione, le condizioni ottimali per l’accensione della carica.
Nei sistemi GDI, invece, l’iniettore si affaccia direttamente nella camera di combustione e lo
spray che si genera durante l’iniezione penetra nell’atmosfera circostante mescolandosi
all’aria attraverso complessi meccanismi di breakup e di evaporazione (un po’ come avviene
da sempre per i motori a ciclo Diesel).
Nella soluzione PFI l’iniettore ha il solo compito di dosare la giusta quantità di combustibile e
non quella di iniettare ad elevate pressioni, il percorso che il carburante dovrà affrontare ne
permetterà l’evaporazione.
Parte della benzina va a depositarsi sulle pareti fredde del condotto di aspirazione (fenomeno
del wall wetting) e pertanto gocce di combustibile si distaccano dalle pareti e vengono
trascinate all’interno del cilindro: questo fenomeno, specialmente nel funzionamento a freddo,
dà origine ad incombusti o richiede un apposito sistema in grado di riscaldare i condotti di
aspirazione all’avviamento
Inoltre, l’evaporazione del combustibile, avviene sottraendo il calore latente di evaporazione
necessario soprattutto dalla valvola di aspirazione e non dall’aria aspirata con conseguenze
negative per il coefficiente di riempimento del motore.
Infine, per il corretto funzionamento del catalizzatore trivalente e per ottenere una buona
accensione, il valore del titolo della miscela aspirata deve essere nell’ordine dello
stechiometrico, ovvero 14,7 parti di aria su parti di benzina aspirata.
Al contrario, nei sistemi GDI, l’iniettore ha un compito di primaria importanza per il controllo
della combustione: le gocce di combustibile penetrano ad elevata velocità nella camera di
combustione ed interagendo can l’aria aspirata si frantumano ed evaporano, la qualità dello
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Capitolo 1 Introduzione: l’iniezione diretta di benzina
spray generato è di fondamentale importanza per il controllo e lo sviluppo della fase di
combustione.
Il propulsore GDI è in grado di funzionare sia in regime di carica omogenea, come un classico
motore ad iniezione indiretta, sia in regime di carica stratificata e i vantaggi sono evidenti
anche nel funzionamento a carica omogenea: in questo caso l’evaporazione del combustibile
iniettato direttamente all’interno del cilindro avviene attraverso la sottrazione di calore all’aria
aspirata che vede dunque la propria densità aumentare.
Il coefficiente di riempimento aumenta con benefici effetti sul rendimento indicato η e
i
dunque sulla potenza termica: questo permette infatti di innalzare il rapporto di compressione
anche fino a 1,6 punti percentuali senza per questo incorrere nel fenomeno della detonazione.
La riduzione della temperatura della miscela comporta come già detto un aumento del
rendimento e della potenza del motore perché si riduce il fenomeno della dissociazione e
aumenta il rapporto γ tra i calori specifici a pressione e volume costante (si ricorda che il
1-γ
rendimento η del ciclo Otto ideale è: η=1-ρ, dove ρ rappresenta il rapporto di compressione
volumetrico).
Il fenomeno della dissociazione è causato dal fatto che alle elevate temperature i prodotti della
combustione, come l’anidride carbonica e l’acqua, non sono stabili, ma tendono a dissociarsi
mediante reazioni endotermiche che vanno a diminuire il calore trasformabile in lavoro
(assorbendolo).
Diminuendo la temperatura media a cui si svolge il ciclo, nel motore GDI, gli equilibri di
queste reazioni chimiche sono sempre più spostati verso i reagenti e di conseguenza la perdita
di rendimento associata alla dissociazione si riduce.
Oltre a questi vantaggi è possibile ridurre ulteriormente i consumi di combustibile e le
emissioni allo scarico facendo funzionare, ai carichi medio-bassi, il motore con carica
stratificata, cioè con una miscela globalmente povera o molto povera ma che risulta però ricca
nelle immediate vicinanze degli elettrodi della candela
Il risultato è rappresentato da una combustione stabile anche in presenza di elevati eccessi
d’aria e i consumi di carburante diminuiscono senza dover rinunciare alle prestazioni del
motore.
La carica risulta dunque concentrata nell’intorno degli elettrodi della candela e tutt’attorno si
ha un notevole eccesso di aria che funge come da isolante durante la combustione assorbendo
calore ed evitando dissipazioni verso l’esterno attraverso le pareti del cilindro.
Il controllo della carica stratificata è ancora in fase di studio e verrà probabilmente sviluppato
nei prossimi anni, sarà così possibile grazie ai moderni controllori elettronici e ad iniettori ad
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Capitolo 1 Introduzione: l’iniezione diretta di benzina
elevata pressione regolare il motore ciclo Otto per qualità (e non più per quantità) come
accade per i motori ciclo Diesel.
Si potrà ovvero arrivare all’eliminazione della valvola a farfalla nel condotto di aspirazione
che è causa di perdite fluidodinamiche ai bassi carichi e avvicinare così sempre più il
rendimento dei motori a ciclo Otto al più elevato rendimento dei motori ciclo Diesel.
1.3 Svantaggi dei sistemi di iniezione indiretta
La stessa strategia di funzionamento dei motori GDI lean burns (ovvero con miscele magre e
magrissime) è causa di un grande inconveniente: l’eccesso di aria produce dei gas di scarico
con più elevate concentrazioni di ossidi di azoto, comunemente detti NOx, perché viene
impedita la loro riduzione da parte del catalizzatore trivalente che per funzionare necessita
infatti di un titolo di ossigeno oscillante attorno al valore stechiometrico.
Il meccanismo di formazione degli ossidi di azoto nei motori a carica stratificata è semplice: il
titolo nell’intorno della candela è ricco e in questo punto si sviluppa dunque una combustione
ad elevate temperature che investe i margini della carica aventi un titolo molto più magro: è
questa la zona in cui avviene la formazione degli NOx.
Una soluzione ampiamente collaudata per ridurre le emissioni di ossidi di azoto consiste
nell’utilizzare l’EGR (Exaus Gas Recirculation): questa tecnica consiste nel ricircolare,
attraverso un apposito circuito o in modo naturale, una certa quantità di gas di scarico
all’interno del cilindro.
L’effetto che si ottiene è quello di ridurre la temperatura massima ottenibile in camera di
combustione e la pressione parziale dell’ossigeno, entrambe cause principali della formazione
degli NOx.
Questa soluzione è efficace fin quando il carico e il regime di rotazione del motore sono bassi
e conseguentemente la quantità di ossidi di azoto non è molto rilevante, ma all’aumentare del
carico e del numero di giri il solo EGR non è più sufficiente per abbattere le emissioni.
Per rientrare dunque nelle normative anche in queste condizioni di funzionamento si possono
allora adottare due differenti soluzioni: la prima è quella adottata da Alfa Romeo sul motore
denominato JTS (Jet Thrust Stoichiometric), appena al di sopra del minimo si rinuncia alla
carica povera passando ad un titolo complessivamente stechiometrico, in questo modo è
possibile ancora adottare un classico catalizzatore trivalente per trattare i fumi allo scarico.
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Capitolo 1 Introduzione: l’iniezione diretta di benzina
Se si vuole invece far funzionare il motore con carica complessivamente povera anche ad un
elevato numero di giri e ad un carico più elevati è necessario introdurre un particolare sistema
di trattamento dei fumi che sia in grado di ridurre gli NOx anche in presenza di abbondante
ossigeno libero: si tratta dei cosiddetti catalizzatori deNOx.
La catena di post trattamento dei gas è composta da un precatalizzatore e da un catalizzatore
che contengono metalli nobili quali platino, palladio e rodio e un composto a base di bario, in
figura si riporta un esempio adottato sui motori ad iniezione diretta del gruppo PSA.
Fig. 1.3.1 - Esempio di catalizzatore deNOx
montato sui propulsori del gruppo PSA
Un inconveniente del catalizzatore deNOx è il cattivo funzionamento in presenza di zolfo che
“avvelena” i metalli nobili presenti fissandoli rendendo il catalizzatore inservibile; purtroppo
le benzine normalmente in commercio in Europa hanno un elevato contenuto in zolfo (anche
maggiore di 50ppm).
È dunque questo il motivo che ha spinto Alfa Romeo a sviluppare il sistema JTS e Renault a
sviluppare il sistema IDE che non prevedono un trattamento con catalizzatore deNOx: per
contenere dunque le emissioni nel motore Alfa Romeo si rende necessario il passaggio ad un
funzionamento con carica complessivamente stechiometrica già dopo i 1500 giri/min mentre
nel motore Renault, per aggirare l’ostacolo del catalizzatore specifico, si è rinunciato
totalmente alla combustione magra.
Tuttavia, prima in paesi come la Germania e poi nel resto del continente europeo, si stanno
sempre più diffondendo benzine a basso tenore di zolfo (meno di 10ppm).
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Capitolo 1 Introduzione: l’iniezione diretta di benzina
L’obiettivo dunque degli studi sull’iniezione diretta di benzina è dunque quello di aumentare
il range di funzionamento del motore con miscela povera in modo da rendere definitivamente
competitiva la soluzione GDI.
È poi necessario garantire un passaggio graduale dal funzionamento con miscela povera a
quello con miscela complessivamente stechiometrica in modo da rendere gradevole la guida
delle vetture dotate di questi propulsori.
Negli ultimi anni sono stati fatti notevoli passi in avanti in questa direzione grazie soprattutto
all’elettronica di controllo ed alla tecnologia degli iniettori.
1.4 Le strategie di funzionamento: la stratificazione della carica
L’obiettivo che ci si pone a lungo termine è dunque quello di realizzare la regolazione del
propulsore benzina ad iniezione diretta controllando solamente la quantità di combustibile
iniettata per ciclo eliminando così la valvola a farfalla rappresenterebbe un notevole passo in
avanti per i motori ad accensione comandata: in questo modo le differenze fra motori GDI e
motori a ciclo Diesel tenderanno sempre più a ridursi da questo punto di vista.
Rispetto a questi ultimi però i motori GDI presentano una complicazione superiore.
Nel motore a ciclo Diesel è “sufficiente” iniettare la miscela e portarla nelle condizioni di
autoaccensione e la combustione ha inizio nella zona in cui si raggiungono le condizioni
necessarie, nei motori GDI, invece, se si vuole funzionare in condizioni di carica stratificata, è
necessario indirizzare la parte di miscela con rapporto stechiometrico nelle vicinanze della
candela.
La posizione fissa della candela richiede allora che la carica venga sempre adeguatamente
“guidata” verso di essa per evitare la non accensione.
Ciò richiede la possibilità di controllare la formazione della carica sia spazialmente che
temporalmente in modo che la combustione possa essere stabile ed affidabile; una corretta
stratificazione si ha soltanto controllando il campo di moto all’interno del cilindro nonché
l’evoluzione temporale dello spray per garantire una corretta combustione anche in presenza
di un grande eccesso di aria.
I regimi di funzionamento possibili sono dunque:
• ai carichi elevati o a pieno carico: si realizza l’iniezione anticipata in modo da
realizzare una miscela omogenea e complessivamente stechiometrica o ricca, la
regolazione fine avviene attraverso la valvola a farfalla;
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