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1. IN T R O DU ZI O N E
Il 2009 è stato per i mercati dei capitali un anno ricco di tensioni e paure, in
Borsa il minimo assoluto è stato riscontrato il 9 marzo del 2009, da lì è cominciata la
ripresa delle quotazioni ma non senza timori. Le opinioni degli economisti e degli
operatori finanziari si sono spaccate tra chi sosteneva che la ripresa fosse solo
apparente e chi invece asseriva che ormai il peggio fosse passato e che la ripresa, nei
mercati dei capitali, fosse ormai iniziata. Su una previsione invece tutti erano più o
i salvataggi di alcuni istituti di credito, specialmente nordamericani, in un contesto di
crisi prevalentemente dei mercati finanziari, cui la crisi finanziaria è approdata irruentemente nel mercato reale, andando a
colpire, talvolta a sconvolgere, economie nazionali, trend valutari, equilibri
macroeconomici e regole finanziarie internazionali ma soprattutto la gestione
quotidiana di ogni singola impresa. Ogni azienda ha dovuto fare i conti con problemi
più o meno insidiosi, come le ristrettezze sulla concessione di scoperti di conto
corrente, difficoltà nel farsi pagare dai clienti, minori probabilità di vedersi
concedere prestiti per investire, se non a fronte di garanzie altissime, a volte anche
personali. Nonostante nella trattazione verranno fatte riflessioni sullo stato generale
o, per le grandi
imprese, un anno così vivace nel tentativo di ristrutturare le proprie situazioni
finanziarie, accumulando mezzi consolidati attraverso emissioni obbligazionarie e
pitale e si
approfondirà un caso eclatante come quello di SEAT PG. Verranno condotte
nelle imprese indebitate, quindi la rilevanza della congiuntura economica e la
er poter affrontare
situazioni di alta instabilità.
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1.1. La struttura patrimoniale delle aziende (situazione italiana e mondiale)
Se è vero che una buona gestione patrimoniale è condizione da rispettare per
avere un Conto Economico brillante con dei buoni profitti, è vero anche che, con una
situazione patrimoniale malandata, difficilmente si potranno conseguire profitti
elevati. In un contesto di bassa domanda, che si traduce in volumi di fatturato leggeri,
i margini economici si restringono e quindi è importante avere una struttura dei costi
il più esile possibile. Affrontare la crisi del 2008 è stato l'impegno principale di tutte
le imprese europee ma le statistiche ci dicono che le situazioni nei vari paesi erano
differenti e, nel periodo che va dal 2004 al 2007, è possibile evidenziare delle
differenze sostanziali tra la situazione economico-finanziaria delle imprese italiane e
quella delle concorrenti europee. Le principali debolezze delle imprese italiane che
emergono dallo studio dei bilanci dell'archivio AMADEUS sono
1
:
- La minore capacità di generare reddito dalla gestione operativa. Infatti
anche a fronte di una crescita del fatturato del 6% nel periodo considerato (2004-
2007) contro una media dei paesi europei del 5,8%, il rapporto tra Margine Operativo
Lordo e il totale dell'attivo è pari al 3,8%, decisamente il più basso tra tutti i big
europei, che si attestano ad un 4,4% con in vetta la Germania (5,5%). La spiegazione
di questi dati è la bassa produttività, e non il costo del lavoro. Infatti la produttività
italiana, secondo le stime dell'Ocse, è cresciuta meno dello 0,5% nel quinquennio
2001-2006, a fronte di una crescita dell'Europa a 15 dell'1,7%
2
.
- La minore capacità di generare profitti. Questa triste caratteristica è spiegata
in parte da quanto esposto nel punto precedente, ovvero dai bassi margini operativi
lordi, e in parte dall'elevato peso degli oneri finanziari. Il risultato è che il ROE
medio italiano è del 5,6%, mentre quello medio degli altri paesi europei è del 10,5%.
- Un elevato indebitamento, infatti il leverage (debiti
finanziari+accantonamenti ai fondi / debiti finanziari+accantonamenti ai
fondi+Patrimonio Netto) italiano è il più elevato di tutti e 13 i paesi europei su cui
sono state effettuate le rilevazioni , ovvero il 57,8%, contro una media del 47,4%. Il
1 Le elaborazioni che seguono sono tratte da De Socio A., La situazione economico-finanziaria delle
imprese italiane nel confronto internazionale, 2008-2010, Banca d'Italia, Questioni di Economia e
Finanza (occasional papers) n. 66, Aprile 2010. I valori riportati sono "mediani" e quando si indica
"Europa" si intende l'Europa a 13 paesi.
2 Cfr. OCED, Factbook 2008: Economic, Enviroment and Social Statistics, 2009.
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motivo di ciò è la minore patrimonializzazione delle imprese italiane dovuta alla
cultura bancocentrica del nostro sistema finanziario e ad un assetto proprietario
principalmente chiuso, a carattere familiare, ragioni per cui c'è una maggiore
propensione a indebitarsi piuttosto che a mettere il capitale in azienda. Inoltre in
Italia, fiscalmente, è per tradizione più conveniente indebitarsi perché la tassazione
dei redditi è elevatissima mentre gli interessi passivi sono deducibili. Non c'è invece
un differenziale rilevante nel costo dell'indebitamento, quindi il peso sul Conto
Economico degli oneri finanziari è dovuto interamente alla ragguardevole
dimensione del debito.
- Un'ingente massa dei debiti a breve, che però rientra nella normalità, con un
valore del 34,7% sul totale dei debiti rispetto ad una media europea del 33,5%.
Invece più problematica è la bassa disponibilità di attività liquide, che in un periodo
di crisi rischia letteralmente di paralizzare il sistema dei pagamenti. In Italia la cassa
è pari al 2,5% dell'attivo totale, mentre in Europa il rapporto medio è più elevato
(4%) ma Francia, Spagna e UK si attestano quasi al 5%. Inoltre la cassa, in caso di
bassi indici di copertura degli oneri finanziari (MOL/Oneri finanziari) rischia di
diventare molto volatile.
1.2. Attualità della solidità finanziaria a fronte della crisi del 2008
E' chiaro che i focus sopra analizzati possono essere veramente critici in
situazioni di crollo del fatturato e di peggioramento delle condizioni di accesso al
credito. La crisi del 2008 si è manifestata in primis come crisi di liquidità: i depositi
overnight - che sono un particolare tipo di deposito interbancario, con cui le banche
che hanno eccesso di liquidità effettuano un investimento a brevissima scadenza
(massimo 24 ore) ad un certo tasso d'interesse detto overnight - calarono
drasticamente e di conseguenza il tasso overnight cominciò a salire. E' proprio
quest'ultimo ad essere un ottimo indicatore di liquidità, infatti se è alto siamo in
presenza di scarsità. Successivamente, col trasferimento della crisi all'economia
reale, le imprese hanno anche dovuto affrontare cali di fatturato, che si sarebbero
potuti trasformare in perdite e quindi peggioramenti della cassa, infatti è quanto
accaduto nella maggior parte dei casi. Inoltre, sebbene alcune imprese siano riuscite
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a rimanere in utile, sono state effettuate politiche dei dividendi poco generose nei
confronti degli azionisti al fine di garantire alla società un autofinanziamento
sufficiente.
In questa situazione così delicata le Banche Centrali sono riuscite a contenere
gli effetti della crisi finanziaria abbastanza bene. Liberando notevoli quantità di
moneta sono riuscite ad abbassare il costo del denaro, portando i tassi d'interesse in
molti casi anche in prossimità dello 0-0,25%, come nel caso della Federal Reserve
che tutt'ora ritiene giusto tenere il tasso dei Fed Funds tra lo 0-0,25%.
Con un miglioramento della situazione monetaria mondiale ed una liquidità
accertata nella sua abbondanza, sebbene ancora restia ad essere investita per timori di
acquistare titoli spazzatura, con un Mercato che aveva perso buona parte
dell'irrazionalità dei mesi precedenti e riusciva a giudicare in modo più oggettivo le
varie opportunità presenti, poiché le borse valori ormai avevano perso dal 2007 più
del 50% e i tassi d'interesse erano divenuti molto bassi, le società quotate hanno
ritenuto giusto ricorrere ad un aggiustamento delle condizione finanziarie aziendali
elencate in precedenza. In particolare gli obiettivi erano:
- Ottenere la liquidità sufficiente a continuare la gestione operativa senza
correre il rischio di essere tacciati di illiquidità e di dover continuare a ricorrere a
tagli dei dividendi, la cui pratica, se prolungata, rischia di far perdere l'interesse per
un'azione anche al più paziente degli investitori.
- Alleggerire il peso degli oneri finanziari, ricontrattando il debito a tassi
d'interesse inferiori.
- Migliorare il leverage per poter navigare in una situazione economica
incerta con maggiore sicurezza di non vedere il valore dei titoli della propria società
essere trascinato al ribasso a causa di possibili nuovi crolli del Mercato sulla scia di
incertezza, sfiducia, speculazione o per motivi più reali come nuove contrazioni del
fatturato.
- Cercare di ristabilire un buon equilibrio finanziario, ovvero finanziare le
attività a lungo termine con gli appositi mezzi qualora queste in precedenza fossero
state coperte con debiti a breve termine.
- Consentire all'impresa avveduta, la quale, durante la crisi, era stata in grado
di ristrutturare i costi di gestione e di adeguare le dimensioni aziendali all'andamento
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depresso della congiuntura economica, mantenendosi così al di sopra del rosso in
Conto Economico, di poter acquisire ingenti risorse finanziarie che avrebbero potuto
renderle più facile la risalita ed il recupero delle dimensioni aziendali precedenti alla
crisi, in caso si fossero verificati aumenti della domanda, indotti magari dallo Stato.
In poche parole ottenere risorse da investire vantaggiosamente. Inoltre queste risorse
potevano servire per compiere veri e propri affari, come, ad esempio, integrazioni
orizzontali o verticali, acquisendo società sull'orlo del fallimento o già dichiarate
insolventi.
- Poter iniziare a rimborsare gli aiuti di Stato ricevuti sul finire dell'anno
precedente, evitando così rischi di interferenze statali nell'amministrazione delle
aziende.
Per tutti questi motivi nel 2009 le società quotate si sono dedicate al lancio di
aumenti di capitale e di prestiti obbligazionari. Si è ritenuto interessante studiare
questo fenomeno perché è in situazioni di crisi che si manifesta l'importanza di una
corretta gestione finanziaria dell'azienda, la quale deve sempre affrontare - come
problema principale - il fatturato ma, senza una gestione finanziaria sana e
lungimirante, può incorrere in rischi di instabilità ai primi scricchiolii della
congiuntura economica.
Anche lo Stato ha incentivato in qualche modo l'entrata di nuove risorse
finanziarie nelle imprese con diversi provvedimenti. Di grande importanza, almeno a
livello concettuale, la manovra estiva del 2009 (Decreto Legge 78/2009 poi
convertito in Legge 102/2009 il 3 agosto)
3
dove tra le tante norme ne individuiamo
tre di particolare interesse:
- l'articolo 13bis prevede il cosiddetto "Scudo fiscale", con cui è stata
consentita la regolarizzazione ovvero il rimpatrio delle attività finanziarie e
patrimoniali esportate o detenute al 31 dicembre 2008, in violazione delle
disposizioni sul monitoraggio fiscale. La disciplina prevedeva il pagamento di
un'imposta straordinaria fissata in misura pari al 50% da applicare su un rendimento
presunto determinato in misura corrispondente al 2% annuo per un periodo di cinque
anni, in pratica la tassa da pagare era pari al 5% della cifra che si desiderava
3 Cfr. Legge 3 Agosto 2009, n.102 in materia di Conversione in Legge, con modificazioni, del decreto-
legge 1° Luglio 2009, n. 78, recante provvedimenti anticrisi, nonché proroga di termini e della
partecipazione italiana a missioni internazionali.
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rimpatriare e, naturalmente, sarebbero stati fatti salvi gli effetti relativi ai reati di
omessa e infedele dichiarazione dei redditi. Con questa norma il Governo ha sempre
dichiarato pubblicamente di voler agevolare l'iniezione di capitale nelle imprese.
Poiché non c'è stata alcuna norma che abbia vincolato le somme rimpatriate ad essere
conferite nelle società, è lecito pensare che questa sia servita, più che altro, a fornire
gettito per le casse erariali, tuttavia ritengo che sia stata una buona opportunità per
chi avesse voluto patrimonializzare la propria azienda.
- l'articolo 5 comma 3ter prevedeva invece un regime di detassazione
quinquennale in favore degli aumenti di capitale delle società fino a 500mila
euro sottoscritti da persone fisiche. Nella Legge è scritto che "si presume un
rendimento del 3 per cento annuo che viene escluso da imposizione fiscale per il
periodo di imposta in corso alla data di perfezionamento dell'aumento di capitale e
per i quattro periodi di imposta successivi" .
- l'articolo 5 nei commi 1, 2, 3, 3bis con cui è stata stabilita l'esclusione
dall'imposizione sul reddito di impresa del 50% del valore degli investimenti in
macchinari e apparecchiature, compresi nella divisione 28 della tabella Ateco
4
, fatti a
decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto e fino al 30 giugno 2010.
Per cui la logica vuole che in questo modo era auspicato dallo Stato il
rimpatrio di somme situate all'estero, il versamento di queste, in virtù di
dell'agevolazione fiscale, nelle società e con quei soldi investire. Questa logica ha
senso dal momento che erano presenti delle scadenze e sarebbe stato auspicabile
sfruttare le tre norme in contemporanea poiché queste scadenze erano assai brevi.
4
Cfr. Tabella Ateco, divisione 28. Questa divisione include la fabbricazione di macchinari ed
apparecchiature comprese le rispettive parti meccaniche che intervengono meccanicamente o
termicamente sui materiali o sui processi di lavorazione. Inoltre è inclusa in questa divisione la
fabbricazione di alcune apparecchiature speciali, per trasporto di passeggeri o merci entro strutture
delimitate.
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1.3. Analisi della crisi economico-finanziaria
1.3.1. Cause storiche
5
Il principio di tutto ha i suoi natali negli Stati Uniti. La crisi dei mutui
subprime negli USA, prima causa del generale contesto di crisi, è solo una parte del
1975.
Il 30 aprile del 1975 si concludeva quella che è stata una delle più
controverse, discusse e disastrose pagine della storia americana: la guerra in
Vietnam. Ma ciò che allora preoccupava ancor di più i vertici della più grande
potenza mondiale era che quel disastro rischiava di ripetersi altrove, più
le Filippine, ovvero dove esistevano guerriglieri che applicavano le stesse tecniche,
già una volta rivelatesi vittoriose, dei vietcong. Se gli USA avessero continuato ad
, sarebbe stato possibile che
fluenza occidentale in quella zona cruciale potesse svanire, soprattutto in un
momento come quello, in cui il blocco comunista era ancora molto solido. È allora
paesi accesso mantenere i dazi protettivi e un tasso di cambio che rendeva competitive le loro
merci. Ciò, unito al basso costo del lavoro, ebbe i suoi effetti positivi nel sopire le
tentazioni rivoluzionarie, preferendo a queste delle migliori, seppur di poco,
condizioni di vita. Gli ultimi a mollare furono i guerriglieri comunisti malaysiani nel
ovvero la Cina. Nell impegnavano ad investire fortemente in queste aree portando con loro la tecnologia.
5
Cfr. Deaglio M., Arfaras G., Caffarena A., Frankel G., Russi G., Alla scuola della crisi. XIV
rapporto sull'Economia globale e l'Italia, Guerini e Associati, Milano, 2009. In particolare il
paragrafo 1.2, pagg. 19-25.
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di ingenti risorse che Pechino detiene prevalentemente in dollari, imitando la politica
giapponese. Tuttavia la Cina con questi dollari ha cominciato ad investire
prevalentemente in titoli di stato americani, contribuendo a ridurre strutturalmente il
bbassamento del costo del denaro negli USA venne
favorito il boom edilizio, dei consumi privati, finanziati ormai sempre più con varie
forme di credito al consumo, e della B lungo periodo di questi sbilanci si fece strada tra il 2005-06 e allora i paesi con saldi
positivi iniziarono a chiedere un aumento del risparmio agli USA mentre questi
chiedevano ai primi maggiori consumi interni. Fu allora però che, in concomitanza,
si cominciò ad incrinare la fiducia nel dollaro. Aumentando la sfiducia nel dollaro le
riserve asiatiche cominciarono ad essere spese in euro, era finito il tempo del denaro
a buon mercato. Il circolo virtuoso era diventato vizioso. Questo era il quadro
che è sicuramente il responsabile della
crisi del 2008.
1.3.2. Cause strutturali
Analizziamo brevemente la crisi dei mutui subprime.
Questa crisi, come tutte le crisi che derivano da precedenti "bolle", ha alle sue
spalle due agenti: uno di natura tecnica, che rende ogni crisi, seguente una bolla,
specifica e unica. In questo caso è il sistema mutuo ad alto rischio-cartolarizzazione,
che di per sé potrebbe non essere dannoso ma, purtroppo, perché un sistema funzioni
è necessario che ogni singola variabile svolga il suo ruolo, ed in questo frangente non
ha funzionato il sistema di controllo dei rischi a causa di chi li avrebbe dovuti
valutare, in particolare le agenzie di rating. L'altro agente è, invece, di natura
anche in atri libri precedenti - ad esempio "Irrational Exuberance" -, visto che
realtà
esistono altre innumerevoli cause che possono essere ricercate in molti ambiti, tra cui
la responsabilità personale dei manager, le business schools, ed altro. Tuttavia non è