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organismo che si propone di armonizzare i requisiti tecnici per la registrazione
di prodotti farmaceutici fra tre paesi: U.E., Giappone, U.S.A.
Le “Guidelines” ICH forniscono i protocolli da seguire negli studi sulla
stabilità di una “New Chemical Entity”. Dai dati generati nel corso di tali studi
è possibile ricavare indicazioni sulle condizioni di conservazione, sul periodo
di “retest” per i principi attivi, sul periodo di validità (shelf-life) per i prodotti
farmaceutici, tali da garantirne le specifiche di qualità, efficacia e sicurezza. > ≅1
Obiettivo che uno studio di stabilità si prefigge è di fornire evidenza su come la
qualità di un principio attivo possa variare sotto l’influenza di fattori quali:
tempo, temperatura, umidità e luce, determinando la stabilità intrinseca della
molecola attraverso l’identificazione delle vie di formazione dei prodotti di
degradazione (ossidazione, idrolisi, racemizzazione, ecc.).
Il lavoro sviluppato e discusso in questa tesi si propone di illustrare
l’applicazione di un nuovo metodo di valutazione della stabilità dei farmaci e
delle forme farmaceutiche, con particolare riferimento ai fenomeni di
racemizzazione.
L’adrenalina è stata impiegata quale modello di studio al fine di valutare la
precisione, l’accuratezza e la robustezza del metodo.
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1.1 Stabilità dei farmaci
Partendo dal presupposto che non esistono farmaci (e conseguentemente
preparati farmaceutici) assolutamente stabili in quanto le condizioni
ambientali, i mezzi e le tecniche di produzione, la stessa natura della forma
farmaceutica utilizzata ne condizionano la stabilità nel tempo, si può definire
detta stabilità come il periodo che intercorre tra il momento della preparazione
del farmaco ed il momento in cui la sua potenza non appare ridotta di un valore
superiore al 10%.
Tale definizione presuppone però che i prodotti di degradazione siano
identificati e privi di qualsiasi effetto, in caso contrario bisognerà considerare
un farmaco stabile solo fintanto che esso non è soggetto ad alterazioni d’alcun
tipo. > ≅2
Secondo la Farmacopea Ufficiale Italiana, “la perdita d’attività di un
medicamento non è ammessa oltre i limiti in cui l’effetto biologico o
terapeutico si modifica, ovvero si ha un cambiamento della tossicità in
generale”. > ≅3
E’ ben noto infatti che l’instabilità di un principio attivo non soltanto può
alterarne le proprietà organolettiche ma, cosa ben più grave, anche inficiarne
l’attività farmacologica e determinare la comparsa di effetti non desiderati.
E’ quindi di vitale importanza garantire mediante dimostrazione che il
preparato medicinale, nella dose e forma utilizzate, sia sicuramente efficace ed
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innocuo per la salute del consumatore; ciò comporta la necessità di conoscere
le alterazioni che esso può subire, nonché di prevedere l’influenza che i diversi
fattori esercitano sul decorso di queste reazioni. I fattori che condizionano la
stabilità di un medicamento sono di natura fisica, chimica e biologica: il tempo
di conservazione, la temperatura, il pH, la luce, il veicolo, il contenitore,
l’umidità, l’ossidazione, la contaminazione biologica, le incompatibilità con
sostanze associate. > ≅4
Il tempo per il quale un prodotto si mantiene inalterato può variare
notevolmente: da pochi giorni per alcune soluzioni acquose idrolizzabili a
svariati anni per taluni farmaci in forma di compresse. E’ comunque
opportuno valutare il tempo in funzione delle condizioni di conservazione,
della temperatura, del pH, della concentrazione e di altri fattori.
E’ noto che gradienti di temperatura influenzano criticamente la stabilità fisica,
chimica e biologica dei farmaci e delle forme farmaceutiche finite; ad esempio
un aumento di temperatura può provocare il rammollimento o la fusione di
preparati solidi, mentre una sua diminuzione può provocare il congelamento di
fasi acquose (come ad esempio nelle emulsioni). > ≅5
Con l’aumento della temperatura la maggior parte delle reazioni aumenta di
velocità; in linea generale per qualunque sistema la velocità di reazione
aumenta da due a quattro volte per ogni incremento di temperatura di 10 °C,
5
rapporto che diventa minore a temperature via via maggiori (legge di
Van’t Hoff).
Molto importante dal punto di vista pratico è la conoscenza del “coefficiente di
temperatura per 10 °C” o “Q 10”, che indica in quanto meno tempo una
reazione decorre per un aumento di 10 °C di temperatura.
Questo coefficiente di temperatura è compreso per molti farmaci tra 2 e 3,
secondo il meccanismo fisico o chimico che è alla base del processo di
degradazione.
Il modo in cui la velocità di reazione dipende dalla temperatura ha conseguenze
di grande importanza ai fini della prevenzione di eventuali alterazioni.
E’ infatti possibile aumentare notevolmente la stabilità di talune preparazioni
farmaceutiche riducendo la temperatura di conservazione, per esempio
passando dalla temperatura ambiente a quella di un frigorifero.
Anche il pH è un fattore determinante agli effetti della stabilità di un
medicamento; ciò vale non soltanto per reazioni di tipo idrolitico (in genere
soggette ad una catalisi specifica acido-base), ma anche per quelle di tipo
ossidativo, di racemizzazione, ecc.
Ogni sostanza ha un pH ottimale al quale la sua stabilità è massima; così
quando il minimo di decomposizione, cioè il massimo di stabilità, per un dato
6
composto si raggiunge a pH = 7 significa che l’effetto degli ioni H
+
e OH
-
è
praticamente equivalente.
Quando invece il massimo di stabilità si trova a campi acidi (pH < 7) significa
che l’effetto degli ioni OH
-
è più nocivo (come per l’acido acetilsalicilico e per
la maggior parte dei farmaci soggetti a degradazioni idrolitiche), e viceversa.
E’ essenziale perciò assicurare, mediante l’impiego di soluzioni tampone
accuratamente scelte, il mantenimento dei limiti ottimali di pH che
garantiscano la maggiore stabilità e, nello stesso tempo, la migliore azione
biologica del farmaco.
Anche la scelta del veicolo condiziona notevolmente la stabilità di una
preparazione, ad esempio l’acqua è spesso causa di reazioni idrolitiche e, in
virtù dell’ossigeno atmosferico che contiene disciolto in quantità più o meno
apprezzabili, anche di fenomeni ossidativi.
Fondamentale è il tipo di contenitore utilizzato per la conservazione che deve
fornire garanzia di protezione del farmaco dagli agenti esterni quali l’umidità, i
gas, i solventi, gli aromi, la luce.
L’interazione del farmaco con l’ambiente può infatti provocare degradazioni
ossidative a causa dell’ossigeno atmosferico, fotolisi o polimerizzazione
innescate dalla luce, idrolisi per azione dell’umidità dell’aria.
Il materiale di confezionamento deve inoltre essere chimicamente e fisicamente
inerte nei confronti del farmaco onde evitare fenomeni di migrazione
7
contenitore-contenuto, adsorbimento di principi attivi o conservanti da parte
del contenitore, estrazione di particelle da parte del contenuto.
Un’altra possibile causa d’instabilità di un preparato medicinale va ricercata
nelle incompatibilità che possono aversi tra i diversi medicamenti associati in
una stessa forma farmaceutica o tra i medicamenti e gli eccipienti; tali
interazioni conducono a modificazioni imprevedibili in base alla natura delle
sostanze prese singolarmente e, ovviamente, indesiderate.
In definitiva l’instabilità rappresenta il fattore limitante la conservabilità di un
farmaco, che resterà quindi limitata a quel periodo entro il quale le
caratteristiche della particolare formulazione in termini di attività, tossicità,
uniformità, biodisponibilità ecc., restano immutate ovvero variano entro limiti
stabiliti.
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1.2 Alterazioni dei farmaci
Le formulazioni farmaceutiche possono considerarsi miscele di sostanze
fisicamente e chimicamente reattive, pertanto le loro caratteristiche possono
modificarsi sia per azione intrinseca dei componenti sia per interazione con
agenti esterni. Tali interazioni sono responsabili di modifiche fisiche, chimiche
e microbiologiche della forma farmaceutica.
1.2.1 Alterazioni fisiche
Le principali conseguenze dell’instabilità fisica di un farmaco consistono in:
variazioni organolettiche della preparazione; inadeguatezza della forma
farmaceutica a garantire uniformità di dosaggio; modifiche nella
biodisponibilità del farmaco.
Tra le alterazioni d’ordine fisico interessano soprattutto quelle che possono
instaurarsi in determinate forme farmaceutiche del prodotto finito, sia esso allo
stato solido, semisolido o liquido.
In forme farmaceutiche solide e semisolide può, ad esempio, verificarsi una
variazione dello stato di aggregazione e di dispersione delle particelle che
modifica la velocità di dissoluzione del preparato, oppure una variazione del
grado di durezza e di consistenza con conseguente modifica del tempo di
disaggregazione e/o della velocità di rilascio del principio attivo con ovvie
conseguenze sulla biodisponibilità di quest’ultimo.
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Nel caso di preparazioni farmaceutiche allo stato liquido o semiliquido, una
perdita d’acqua per evaporazione può causare l’allontanamento dei costituenti
volatili ed una variazione della solubilità dei componenti la preparazione, con
conseguenti fenomeni di precipitazione, variazione delle caratteristiche
reologiche, della consistenza e del titolo.
Di converso l’assorbimento d’acqua (igroscopicità) può provocare anch’esso
una variazione delle caratteristiche reologiche e della consistenza della
preparazione, ed anche esporre i componenti a fenomeni di degradazione nel
caso in cui questi sono incompatibili con l’acqua.
Nel caso di preparazioni bifasiche quali sospensioni, emulsioni e soluzioni
colloidali, possono aversi perdite d’omogeneità a causa di fenomeni di
flocculazione, smescolamento, sedimentazione, coalescenza. > ≅6
Fenomeni di crescita cristallina possono verificarsi in condizioni di
supersaturazione conseguenti a sbalzi termici oppure in presenza di forme
cristalline metastabili o di solidi dispersi in grado di adsorbirsi sulla superficie
dei cristalli e fungere da nuclei per la formazione di strutture più grossolane.
Va menzionata infine la possibile esistenza di modificazioni cristalline
differenti dello stesso composto, fenomeno noto come polimorfismo e comune
a molte sostanze.
E’ stato dimostrato che per ragioni termodinamiche la velocità di dissoluzione,
e conseguentemente la biodisponibilità, possono essere significativamente
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influenzate dalla particolare struttura polimorfa presente nella formulazione.
Pare, infatti, che le modificazioni polimorfe metastabili (con alta
energia d’attivazione) abbiano migliore solubilità rispetto alle forme stabili > ≅7
e questo è stato dimostrato per diversi composti provvisti d’attività
farmacologica, quali ad esempio il metilprednisolone > ≅8 > ≅9 , il
fenilbutazone > ≅10 , il cloramfenicolo. > ≅11
Tra le alterazioni di ordine fisico rientrano anche quelle provocate dalle
radiazioni elettromagnetiche, la cui azione è regolata da due leggi
fondamentali:
1. Legge di Grotthus (1818): l’irraggiamento può agire solo se le
radiazioni stesse sono assorbite da parte di gruppi cromofori.
2. Legge di Einstein (1908): l’alterazione considerata, corrispondente ad
una reazione chimica, necessita di un certo apporto di energia che deve
avere, al minimo, un certo valore limite.
1.2.2 Alterazioni chimiche
L’instabilità chimica di un prodotto farmaceutico ha indubbie ripercussioni su
efficacia e sicurezza della terapia, potendo essa comportare una diminuzione
del contenuto in principio attivo e/o modifiche della biodisponibilità. Può
verosimilmente verificarsi anche un incremento della tossicità del preparato a
seguito della formazione di prodotti di degradazione di diversa natura.