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INTRODUZIONE:
“Sono sempre fisso nel pensiero che tutto quanto le generazioni italiane avevano da un
secolo in qua costruito politicamente, economicamente e moralmente, è distrutto.
Sopravvivono solo nei nostri cuori le forze ideali con le quali dobbiamo affrontare il
difficile avvenire, senza più guardare indietro, frenando il rimpianto.”
Benedetto Croce
Democrazia e opinione pubblica sono due facce della stessa medaglia.
L‟oggetto di questa dissertazione è dunque quello di mostrare come esse siano
correlate, evidenziando i rapporti di dipendenza e i nessi di causalità tra questi
due aspetti della vita politica di ogni stato liberal-democratico. Oggi, più che mai,
emerge un dibattito sul ruolo dell‟informazione nella nostra democrazia, su cos‟è
l‟opinione pubblica e su come la televisione condizioni o meno il nostro pensiero.
Il presente lavoro prende in esame due tra i massimi studiosi e politologi del „900
che hanno contribuito con le loro opere a delineare un quadro ricco e
coinvolgente sul tema del rapporto tra opinione pubblica e democrazia: Walter
Lippmann e Giovanni Sartori.
Walter Lippmann (New York 1889-1974) fu saggista e giornalista, occupò
numerose posizioni governative anche di rilievo, soprattutto nei primi decenni del
„900, e collaborò a numerosi giornali americani.
I suoi studi furono influenzati non solo dall‟esperienza politica e giornalistica ma
soprattutto dalla realtà della Grande Guerra, durante la quale la propaganda
interventista americana svolse un ruolo cruciale. Il suo approccio è quello tipico
dell‟elitismo democratico. Esso prevede che un gruppo di esperti, gli scienziati
della politica, svolga una funzione chiarificatrice e di guida in nome e per conto
del popolo. Ciò deve essere fatto in difesa della democrazia, in quanto la
propaganda e il flusso di emozioni della folla rappresentano la degenerazione
dell‟opinione pubblica e quindi un pericolo per il sistema politico. Per Lippmann
allora assunse un‟importanza centrale la ridiscussione del tema della democrazia
nella sua patria, dove pubblicità e società dei consumi stavano cambiando i
connotati dell‟opinione pubblica. Se la democrazia è quel sistema politico che
richiede partecipazione, controllo e consenso dei cittadini nei confronti delle
scelte dei governanti, la non conoscenza diretta o esatta delle questioni va a
incidere direttamente sul rapporto tra opinione pubblica e potere. L‟informazione
si rivela dunque il problema e la soluzione: problema in quanto manipolabile,
attraverso i mezzi e le risorse che il potere ha per costruire il consenso; soluzione
se il essa viene in qualche modo governata e prodotta dagli esperti. Infatti la
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questione centrale è creare un‟opinione pubblica in grado di esprimere giudizi
fondati su dati certi.
Il secondo autore di cui tratterò in questa tesina è Giovanni Sartori, uno dei
grandi esperti in tema di democrazia. Mi occuperò in particolare di due sue
opere: Democrazia Cosa è (1993) e Homo Videns (1997).
Per quanto attiene al primo testo, il lavoro si focalizza sulla parte inerente
all‟opinione pubblica, in cui l‟autore espone in modo chiaro le relazioni esistenti e
necessarie tra la democrazia e il pubblico. Come si forma e si diffonde l‟opinione
pubblica, quali sono le fonti e come si rapportano con il potere, sono alcuni dei
fenomeni che l‟autore spiega.
Il secondo testo ha come tema centrale la televisione. In particolare l‟autore
cerca di comprendere se e come la televisione e i new media influiscano sul
sistema politico, se la deriva cognitiva dell‟homo videns sia davvero una realtà e
se ci possano essere vie d‟uscita. L‟autore tratta argomenti “scottanti”
affrontandoli con uno stringente rigore logico e intende portare chiarezza e
concretezza in un dibattito inquinato dal relativismo e dagli schematismi del
“pensiero debole”.
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CAPITOLO I
Lippmann: l’opinione pubblica
“La libertà è sempre unicamente libertà di chi la pensa diversamente”
Rosa Luxemburg
1.1 Introduzione a Public Opinion
Il libro L’opinione pubblica è stato scritto nel 1921 e pubblicato l‟anno seguente.
Esso descrive i tratti distintivi che hanno trasformato l‟informazione e l‟opinione
pubblica nonché il ruolo del Governo nel primo dopoguerra, in America.
L‟esperienza bellica e soprattutto il dibattito interventista precedente avevano
influenzato fortemente aree significative della stampa e ne fecero scoprire
potenzialità inaspettate. In questo testo, Lippmann parla di “ambiente invisibile”,
di formazione della pubblica opinione, di propaganda, delle reazioni più o meno
razionali a cui l‟individuo è soggetto, di modelli e stereotipi con cui si
percepiscono e contestualizzano gli avvenimenti. È stato uno dei primi a cogliere
questi nessi tra informazione e potere e a richiamare l‟attenzione sulla necessità
di un‟organizzazione dei media indipendente e corretta.
La tradizione a cui l‟autore fa riferimento parte da Alexis de Tocqueville, che nel
suo La Democrazia in America (1835-40) analizzava la democrazia come governo
dell‟opinione pubblica e quindi potenziale veicolo della tirannide della
maggioranza. Egli infatti dubitava delle virtù assolutamente democratiche della
maggioranza stessa, che gli appariva anzi come forza potenzialmente volubile e
opprimente al tempo stesso. Lippmann trae dall‟autore francese sia gli
interrogativi sul ruolo crescente dell‟opinione pubblica sia la necessità del ruolo di
guida e di persuasione dei giornalisti. Egli, nel decostruire la concezione mitica
dell‟opinione pubblica e nel tentativo di analizzarla realisticamente, tiene conto
anche delle sue forze irrazionali e dei relativi aspetti politici.
Sul ruolo dei partiti poi, concorda con Bryce, il quale affermava che i partiti erano
oligarchici ma dipendevano dall‟opinione pubblica, rifiutando il conformismo
attribuito al pubblico. Per Lippmann esiste
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“un governo invisibile, un impero di gruppi naturali attorno a leader naturali. I
partiti sono tali gruppi.”1
Infine l'autore richiama anche J. S. Mill, che nel suo On liberty (1859) riferiva
dell‟eccentricità e dell‟esclusione del pubblico dai processi decisionali. Lippmann
percepiva la forte difficoltà nell‟unire la democrazia, intesa come partecipazione
della massa alla gestione della cosa pubblica, con quello che egli riteneva essere
il presupposto per il funzionamento di un sistema politico e cioè il governo degli
esperti.
La sua teoria democratica della comunicazione tende a sviluppare alcune
questioni centrali e cioè:
- gli ostacoli posti dal governo e dalle istituzioni in ordine alla conoscenza di fatti
di interesse pubblico
- le barriere economico-sociali che permettono o meno l‟accesso all‟informazione
da parte di tutti
- la psicologia del profondo del singolo soggetto e delle masse, curata e “usata”
dai mezzi di comunicazione di massa.
Di non minore importanza è poi l‟analisi sui giornali e sul loro finanziamento,
sugli opinion leaders e sulla loro influenza.
Il suo è un elitismo democratico che si fonda almeno su quattro presupposti:
1. La democrazia è il governo della pubblica opinione
2. L‟opinione pubblica, esposta a filtri e manipolazioni, e lo “pseudo ambiente”
che essa si crea senza certezze ma fondato su credenze, hanno difetti endogeni
3. La democrazia è molto fragile per i limiti e le contraddizioni a cui è soggetta
l‟opinione pubblica
4. La formazione dell‟opinione pubblica deve essere affidata ad esperti, per la
costituzione di una scienza socio-politica a disposizione della politica, della
stampa e dei cittadini.
Questo testo, sebbene scritto più di ottant‟anni fa, mantiene una sua costante
attualità nei temi, nelle critiche e nelle soluzioni proposte. L‟approccio scientifico,
elitista ed insieme ottimista dell‟autore è un buon punto di partenza per poter
confrontare la sua teoria con i problemi del presente.
1
Lippmann W., A preface to Politics, Michell Kennerly, New York-London 1913, p. 12
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1.2 I processi cognitivi nel singolo e nelle masse
1.2.1 Lo pseudo ambiente
L‟autore, per spiegare i meccanismi conoscitivi del pubblico, parte da un‟analisi
molto acuta delle percezioni mentali che tutti noi abbiamo rispetto ai fatti e alle
persone del passato e del presente. Così i vincitori di guerre, i regnanti neo-
designati, un‟ideologia religiosa o politica ci forniscono delle immagini nelle quali
crediamo e sulle quali basiamo poi le nostre opinioni. Tuttavia, per comprendere
il grande processo della formazione della pubblica opinione, occorre partire dal
presupposto che non possiamo conoscere tutto su ciò che accade all‟interno di
una società (né tanto meno al suo esterno), quindi le nostre idee tendono a
basarsi su fatti al di fuori del nostro campo visuale. Qui entra in gioco dunque
l‟immaginario personale, a cui ognuno fa riferimento associando sentimenti e
pensieri. Si crea uno pseudo-ambiente, una finzione nella quale però il soggetto
crede, che egli stesso concorre a costruire e in base alla quale agisce
nell‟ambiente reale. Afferma Lippmann:
“L’ambiente reale, preso nel suo insieme, è troppo grande, troppo complesso e
troppo fuggevole per consentire una conoscenza diretta. Non siamo attrezzati per
affrontare tante sottigliezze, tante varietà, tante mutazioni e combinazioni. E pur
dovendo operare in questo ambiente, siamo costretti a costruirlo su un modello
più semplice per poterne venire a capo.”2
Un interessante approccio alla dinamica interattiva di cui sopra è espresso dal
“rapporto triangolare esistente tra la scena dell’azione, la rappresentazione che
l’uomo si fa di questa scena e la reazione a tale rappresentazione, rioperante a
sua volta sulla scena dell’azione.”3
L‟origine di ogni notizia ha sede nella “scena dell‟azione”, essa rappresenta la
realtà, un fatto, una dichiarazione, un evento, come esso si presenta o si è
sviluppato. Quindi il primo step riguarda la volontà di scegliere quel fatto, cioè di
farlo risaltare agli occhi della società. Questa selezione, detta anche agenda
2
Lippmann W., Pubblic Opinion, Harcourt, Brace and company, New York 1922 (trad. it.
L’opinione pubblica. La democrazia, gli interessi, l’informazione organizzata, Donzelli
Editore, Roma 2004, p. 14).
3
Ibidem.