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INTRODUZIONE
La sicurezza sul lavoro è più che mai un tema vivo e scottante, soprattutto in
momento come questo, di crisi economica mondiale, ove le risorse destinate alla tutela
della sicurezza morale ma soprattutto fisica dei lavoratori sono sempre minori. Tutti i
giorni leggiamo sui giornali, sentiamo dai telegiornali, una insopportabile espressione:
“morti bianche sul lavoro”. Neppure l’evoluzione tecnica e scientifica, arrivata oramai a
livelli impressionanti, è riuscita a fermare questo fenomeno degradante per una società
che possa ritenersi civile.
Un valido programma di tutela viene ancorato a tre momenti preliminari: la
conoscenza globale e specifica delle situazioni di rischio; la valutazione del grado di
intensità degli stessi; l’acquisizione di notizia aggiornate alle misure più idonee. A questo
fine è necessaria un ampia partecipazione e collaborazione all’interno dell’impresa.
La figura che andremo ad analizzare venne introdotta nel nostro ordinamento solo
in tempi abbastanza recenti: nel 1994, il legislatore emana il D. lgs. n. 626/1994, in virtù
dell’obbligo di conformazione alle direttive europee degli anni 89’ e 90’ relative al
miglioramento della salute e della sicurezza dei lavoratori sui luoghi di lavoro. Scopo di
questo lavoro sarà , per prima cosa, analizzare e valutare quali sono i compiti di tale
figura all’interno del complesso sistema di gestione della sicurezza delineato dal
legislatore, anche a seguito dell’importante modifica del 2008, con l’attuazione del primo
Testo unico per la sicurezza sul lavoro nel nostro ordinamento. Ebbene tale soggetto
riveste un ruolo fondamentale nella gestione della sicurezza all’interno dei luoghi di lavoro,
è il motore di questo sistema in quanto, come posto abituale di lavoro, ha l’ideale sedia di
regia del pannello di controllo del livello di sicurezza e di salute in azienda. E’ suo compito
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rendere ottimale tale livello, con un’azione che, tenendo in imprescindibile conto quelli che
sono gli obblighi di legge, alla loro osservanza strutturi il complesso delle risorse disponibili
in azienda: cosicché il componimento del sistema non perde mai di vista l’assoluta
centralità dei beni della sicurezza e della salute.
Ma quale soggetto posto al centro della cabina di regia della sicurezza, sarà egli
responsabile a seguito del verificarsi di un infortunio sul lavoro o di una malattia
professionale ovvero di una fattispecie contravvenzionale ex D. lgs. n. 81/2008? Potrà
essere definito garante, e quindi titolare di una posizione di garanzia, oppure le
responsabilità si radicano ai vertici dell’organizzazione aziendale?
Per rispondere a tali interrogativi bisogna dapprima delineare quali sono le fonti
degli obblighi normativi in materia di salute e sicurezza sul lavoro, con uno sguardo
soprattutto al Testo unico per la sicurezza.
Poi, sarà esaminato un aspetto molto importante nella gestione degli obblighi
prevenzionistici, quello relativo alla delega di funzioni; si tratta di un aspetto fondamentale
nell’individuazione dei soggetti responsabili in relazione a una situazione di rischio per la
sicurezza aziendale o al seguito del verificarsi di un infortunio o di una malattia
professionale.
Per concludere, verrà analizzata nello specifico la (eventuale ) responsabilità di tale
soggetto in relazione alle fattispecie incriminatrici previste sia dal Testo unico per la
sicurezza sul lavoro, sia dal Codice penale.
Le fonti della sicurezza sul lavoro
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CAPITOLO 1 : LE FONTI DELLA SICUREZZA SUL LAVORO
1.1 Le prime normative in materia di sicurezza sul lavoro
1.2 La sicurezza nella Carta costituzionale
1.3 La legislazione degli anni 50’ e 70’
1.4 La direttiva quadro 89/391/CEE e la sua ricezione in Italia: il d.lgs: n. 626/1994
1.5 L’ esigenza di un Testo unico in materia di sicurezza: la legge delega n. 123/2007
1.6 Il Testo unico per la sicurezza sul lavoro
1.6.1 Campo di applicazione oggettivo e soggettivo
1.6.2 Le abrogazioni, norma transitoria e disposizioni finali
1.7 Il correttivo al Testo unico: il d. lgs. n. 106/2009
1.1 Le prime normative in materia di sicurezza sul lavoro
Sin dalla nascita degli stati moderni, il problema - diritto sicurezza sui luoghi di lavoro
ha occupato le menti dei legislatori, sia nazionali sia internazionali. E’ opportuno
premettere all’analisi delle fonti un chiarimento sul senso terminologico dell’espressione
“sicurezza sul lavoro”: esso indica l’obbiettivo, lo scopo della normativa antinfortunistica,
mentre il termine “prevenzione”, che si riferisce all’insieme delle disposizioni applicate nei
vari cicli lavorativi a tutela della salute e integrità psico-fisica del lavoratore, ne è lo
strumento1.
1
SMURAGLIA, Sicurezza del lavoro, Milano, 1984, p. 15.
Le fonti della sicurezza sul lavoro
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2
In origine, vale a dire con il codice civile del 18652 si parlava di responsabilità basata
sulla colpa; poi con la Legge n. 80/1898, che introdusse l’assicurazione obbligatoria
contro gli infortuni sul lavoro, si è fatto strada il concetto di responsabilità oggettiva del
datore di lavoro limitata “alla riparazione del danno”, la quale comportava il ristoro
economico per il lavoratore che subiva l’infortunio.
Anche durante il periodo fascista la produzione legislativa in materia di sicurezza e
salute dei lavoratori non si ferma, anzi si giunge, proprio in questo periodo a contributi più
incisivi: nel 1930 vengono inseriti nel Codice Rocco gli artt. 4373 e 4514 cod. pen.
qualificanti come delitti sia la rimozione o il danneggiamento, sia l’omissione dolosa, di
misure antinfortunistiche, e comminanti pene molto severe.
Nel 1942 entra in vigore nel nostro ordinamento l’art. 2087 c.c.5 la cui rilevanza
penale è evidente poiché, attribuendo all’imprenditore la qualifica di garante dell’integrità
fisica dei prestatori di lavoro, ne definisce anche il contenuto e il criterio di determinazione
della garanzia dovuta6. Il contenuto, <<apprestare ogni misura necessaria>> e il criterio
<<particolarità del lavoro7, l’esperienza e la tecnica8”>> delineano le caratteristiche
dell’imprenditore modello, garante primario del dovere sicurezza, il quale deve attuare non
solo le disposizioni previste dalla legge, quanto adeguare le misure al progresso tecnico
per realizzare, comunque, il risultato che è oggetto della garanzia.
2
Art. 1151: <<Qualunque fatto dell’uomo che arreca danno ad altri, obbliga quello per colpa del quale è avvenuto a
risarcire il danno>> ; art. 1152 :<<Ognuno è responsabile del danno che ha cagionato non solamente per un fatto
proprio, ma anche per propria negligenza od imprudenza>>.
3
Art. 437 cod. pen.: << 1. Chiunque omette di collocare impianti, apparecchi, o segnali destinati a prevenire disastri o
infortuni sul lavoro, ovvero li rimuove o li danneggia, è punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni.
2. Se del fatto deriva un disastro o un infortunio, la pena è della reclusione da tre a dieci anni>>.
4
Art. 451 cod. pen. : <<Chiunque, per colpa, omette di collocare, ovvero rimuove o rende inservibili apparecchi o altri
mezzi destinati alla estinzione di un incendio o al salvataggio o al soccorso contro disastri o infortuni sul lavoro, è
punito con la reclusione fino a un anno o con la multa da € 102 a € 516>>.
5
Art. 2087 cod. civ. : <<L’imprenditore è tenuto ad adottare, nell’esercizio dell’impresa, le misure che, secondo la
particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale
dei prestatori di lavoro>>
6
PULITANÒ, Igiene e sicurezza del lavoro, in “Digesto discipline penali”, 1992, p. 110.
7
Rientrano nel concetto di particolarità del lavoro tutti quegli elementi che caratterizzano una data attività lavorativa ,
concorrendo a determinare la specifica pericolosità in modo diretto o indiretto.
8
Quanto all’esperienza e la tecnica , esse vanno ad abbracciare tutto il patrimonio di nozioni tecnologiche e di
esperienze tipiche di un determinato momento storico e del settore di attività considerato.
Le fonti della sicurezza sul lavoro
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3
Viene sancito un principio generale di diligenza, prudenza e perizia, fondato sul
presupposto che l’imprenditore ha la signoria sulle fonti di rischio coinvolgenti la persona
del lavoratore9. Questa norma, sotto il profilo dell’individuazione di un’eventuale
responsabilità penale, dà un apporto a due piani distinti: quello della tipicità e quello della
colpevolezza10. L’obbligo di garanzia e l’obbligo di diligenza, quindi, pur mantenendo
funzioni e identità differenti, hanno in questo caso la medesima fonte: da un
lato,l’imprenditore vede sancita in questa norma la sua posizione di garanzia: infatti,
l’articolo 2087 del codice civile indica il suo dovere di agire nei confronti del bene
dell’integrità fisica e personalità morale nell’ambiente di lavoro; dall’altro lato, prescrive la
modalità del comportamento imposto dalla posizione di garanzia: in altre parole, il dovere
di adottare le cautele necessarie. La norma, perciò, enuclea due distinti doveri, quello di
agire11 e quello di adottare le cautele necessarie, posti per uno scopo di tutela unitario12.
Nella struttura dei reati omissivi colposi la misura della diligenza richiesta dipende
logicamente dalla sussistenza della posizione di garanzia: se l’imprenditore non avesse
l’obbligo di agire, non avrebbe neanche l’obbligo di diligenza, però non bisogna
confondere i due piani. Essi mantengono identità e funzioni diverse, anche se
l’accertamento della colpa sul piano oggettivo e l’accertamento della violazione degli
obblighi riferibili alla posizione di garanzia coincidono: il garante, cioè, è tenuto a fare, per
impedire la verificazione di determinati eventi, quanto gli è imposto dall’osservanza delle
regole di diligenza dettate dalla situazione particolare13. La regola di comportamento
prevista dall’articolo 2087 del codice civile, in realtà, è di portata così ampia e indefinita da
permetterle di essere assimilata ai canoni di diligenza, prudenza, perizia che costituiscono
il fondamento della colpa generica14. La giurisprudenza penale15 da sempre ha utilizzato
la norma in questione come strumento norma chiusura del sistema delle responsabilità –
9
CULOTTA-DI LECCE-COSTIGLIOLA, Prevenzione e sicurezza nei luoghi di lavoro, Milano, 1998, p.163
10
PULITANÒ, Organizzazione dell’impresa e diritto penale del lavoro, in “Rivista giuridica del lavoro”, 1985, 04, p.3.
11
La posizione di garanzia è fondata dal combinato disposto degli articoli 2087 codice civile e articolo 40, comma 2,
codice penale. In ALIBRANDI, Cenni sulla figura del preposto nella disciplina della sicurezza del lavoro, in “Rivista
penale”, 1992, 01, p. 257.
12
GIUNTA, Illiceità e colpevolezza nella responsabilità colposa, Padova, 1993, p. 98.
13
FIANDACA-MUSCO, Diritto penale. Parte generale., Bologna, 2002, p. 564.
14
LAGEARD, Le malattie dei lavoratori nel diritto penale, Torino, 2000, p. 266.
15
Cass. Pen., sez. IV, 26/04/2000, n. 7402, in “Sistemi leggi d’Italia”, portale di documentazione giuridica: “Il datore di
lavoro deve ispirare la sua condotta alle acquisizioni della migliore scienza ed esperienza per fare in modo che il
lavoratore sia posto nelle condizioni di operare con assoluta sicurezza. Pertanto, non è sufficiente che una macchina
sia munita degli accorgimenti previsti dalla legge in un certo momento storico se il processo tecnologico cresce in
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posizioni di garanzia all’interno dei luoghi di lavoro. Essa, assieme alla dottrina, è
concorde nel rilevare come l’art. 2087 pone a carico dell’imprenditore – datore di lavoro,
ma anche di tutti coloro che esercitano l’impresa avvalendosi di prestatori d’opera
dipendenti, l’obbligo di adottare, in tutti i posti, in tutte le fasi del lavoro, in ogni luogo e in
ogni momento, le misure necessarie per tutelare l’incolumità e l’integrità fisica del
lavoratore16.
Tale clausola aperta, però, ha suscitato alcune perplessità sotto il profilo della
precisione del precetto. Per questo motivo è stata sollecitata questione di costituzionalità.
Il principio cui si fa riferimento nella sentenza è denominato principio di precisione. Esso
trae fondamento dall’articolo 25, comma 2 della Costituzione e rappresenta l’espressione
della riserva di legge: indica l’obbligo per il legislatore di formulare norme chiare e precise,
lasciando meno spazio possibile all’interpretazione dei giudici17. Solo nel rispetto di questo
principio è possibile garantire ai cittadini la libertà e la sicurezza , poiché essi riescono a
comprendere la precisa condotta lecita e quella vietata.
La genericità dell’obbligo di sicurezza disposto dal codice civile ha evidenziato,fin da
subito, la necessità di un arricchimento del quadro normativo italiano con disposizioni più
specifiche e tecniche18.
modo tale da suggerire ulteriori e più sofisticati presidi per rendere la stessa sempre più sicura. L’art. 2087 c.c., infatti,
nell’affermare che l’imprenditore è tenuto ad adottare nell’esercizio dell’impresa misure che, secondo le particolarità
del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale del lavoratore,
stimola obbligatoriamente il datore di lavoro ad aprirsi alle nuove acquisizioni tecnologiche. La circostanza che in
occasione di visite ispettive non siano stati mossi rilievi in ordine alla sicurezza della macchina non può essere
invocata per escludere la responsabilità del datore di lavoro, atteso che la punibilità dei reati colposi non è esclusa da
un qualsiasi errore sul fatto che costituisce reato ma (per i reati colposi) solo dall’errore non determinato da colpa, ai
sensi dell’articolo 47 codice penale. [Fattispecie relativa a lesioni personali riportate da un operaio ad una mano con
una macchina denominata calandra carta per la lavorazione della seta, sfornita di un’idonea barra di sicurezza].
16
STAIANÒ, L’evoluzione normativa in tema di sicurezza sul lavoro, in “Diritto & Diritti”, 2003, rivista giuridica on –
line.
17
MARINUCCI-DOLCINI, Manuale di diritto penale. Parte generale., Milano, 2003, p. 38.
18
Necessità accolta dal Parlamento con l’emanazione della legge delega n. 51/1955, che delega il governo ad emanare
norme in materia di prevenzione degli infortuni sui luoghi di lavoro, dando vita alla .legislazione settoriale degli anni
’50 .
Le fonti della sicurezza sul lavoro
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1.2 La sicurezza nella Carta costituzionale
Con l’avvento della Carta Costituzionale del 1948, la sicurezza del lavoratore è
tutelata sia in norme generali, ad esempio gli art. 219, 420,3521 Cost. sia in norme
specifiche, che si riferiscono in particolare al lavoratore o alla tutela della salute: art. 4122,
3223, 324. La Costituzione ritiene che il lavoro, la salute, e la sicurezza siano beni assoluti
della vita, meritevoli di tutela, e che, tuttavia, deve essere rispettato un ordine gerarchico,
per cui la salute e la sicurezza rivestono una posizione predominante sul lavoro, intesa
come libera iniziativa economica. La norma costituzionale indica che tale attività
economica non può svolgersi in contrasto con l’utile del gruppo sociale; in particolare, non
19
Art. 2 Costituzione: << La Repubblica riconosce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni
sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica,
economica e sociale>>
20
Art. 4 Costituzione: <<La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che
rendano effettivo questo diritto.
Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un’attività o una funzione che
concorra al progresso materiale o spirituale della società>>
21
Art. 35 Costituzione: <<La Repubblica tutela il lavoro in tutte le sue forme ed applicazioni.
Cura la formazione e l’elevazione professionale dei lavoratori.
Promuove e favorisce gli accordi e le organizzazioni internazionali intesi ad affermare e regolare i diritti del lavoro.
Riconosce la libertà di emigrazione, salvo gli obblighi stabiliti dalla legge nell’interesse generale, e tutela il lavoro
italiano all’estero>>
22
Art. 41 Costituzione: << L’iniziativa economica privata è libera.
Non può svolgersi in contrasto con la utilità sociale o in modo da arrecare danno alla sicurezza, alla libertà, alla
dignità umana.
La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere
indirizzata e coordinata a fini sociali>>
23
Art. 32 Costituzione: << La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della
collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti.
Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non
può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana>>
24
Art. 3 Costituzione: << Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge, senza distinzione
di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.
E’ compito della repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e
l’uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i
lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese>>
Le fonti della sicurezza sul lavoro
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6
può ledere la sicurezza, la libertà e la dignità dei singoli25. Infatti la salute, nel modo in cui
emerge dalla lettura degli artt. 32 e 3 non è solo un diritto del singolo, bensì un interesse
della comunità e riveste, quindi, una duplice valenza26.
In via puramente generale, poi, la Costituzione all’art. 2 offre garanzia ai diritti
inviolabili dell’uomo <<nelle formazioni sociali, ove si svolge la sua personalità>>,
intendendo comprendere tra queste anche il luogo di lavoro. All’art. 4, ancora, affermando
il diritto al lavoro, impegna la Repubblica a renderlo effettivo e ad offrire le condizioni per
superare le difficoltà, dettate da diversi fattori, tra i quali rientrano, sicuramente, i rischi e i
pericoli27.
In conclusione si può affermare che l’integrità fisica e morale del lavoratore rientra
nel più ampio concetto di salute del cittadino, perciò è il dettato costituzionale che eleva la
tutela della sicurezza sul lavoro a posizione essenziale e predominante rispetto agli altri
beni28.
1.3 La legislazione degli anni 50’ e 70’
Accogliendo un’esigenza avvertita da tempo, a seguito di apposita delega del
Parlamento29 al Governo, vengono emanati due decreti che specificano gli obblighi
25
ALESSANDRI, in PEDRAZZI (a cura di) , Manuale di diritto penale dell’impresa, Parte generale, 2° ed., Bologna,
2000.
26
CASTALDO, Abbigliamento del lavoratore dipendente, mezzi di protezione personali e responsabilità penale del
datore di lavoro, in “Rivista penale economica”, 1996, 01, p. 44.
27
PADULA, Tutela civile e penale della sicurezza del lavoro, Padova, 1998, p. 35.
28
GUARINIELLO, Obblighi e responsabilità delle imprese nella giurisprudenza penale, in “Rivista giuridica del
lavoro”, 2001, 01, p. 533.
29
Legge n. 51/1955 che delega il Governo ad emanare norme in materia di prevenzione degli infortuni sui luoghi di
lavoro.