Le decisioni cosiddette “interpretative” nella giurisprudenza della Corte costituzionale
La nascita e lo sviluppo di qualsiasi gruppo sociale presuppone
l’esistenza di un complesso di norme capaci di tracciare le linee
guida dell’organizzazione e funzionamento del gruppo medesimo.
In queste norme troveranno espressione i valori, le esigenze, i fini
del gruppo e l’apparato autoritario che esso si è dato per garantire
l’osservanza delle regole sociali. Anche un gruppo sociale
organizzato come lo Stato non può che non avere un assetto
fondamentale cioè una Costituzione. La Carta fondamentale
racchiude la sintesi fra le varie componenti della società statale.
Essa rappresenta certamente un compromesso fra le forze politiche,
sociali ed economiche che naturalmente si battono per preservare la
loro identità e i propri interessi. Per questo nella Costituzione, nel
rispetto di tutte le parti, si cercano di trovare soluzioni capaci di
evitare o comunque mitigare ogni conflitto sociale e, basandosi su
norme di principio e ideali etici, si cerca di delineare un fine socio –
politico generale. In questo delicato equilibrio dettato dal
pluralismo si pone la Giustizia costituzionale capace di assicurare il
rispetto della Costituzione, poiché nessuna delle parti può dirsi
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Premessa
Le decisioni cosiddette “interpretative” nella giurisprudenza della Corte costituzionale
tanto forte da garantirsi da sola contro gli eventuali “attacchi” delle
altre parti. La Giustizia costituzionale si rivolge principalmente
contro i pericoli provenienti dagli organi nei quali si determinano e
compongono gli equilibri sociali, politici ed economici e contro gli
atti che tipicamente li esprimono. In questo quadro si nota il ruolo
rilevante che la Giustizia costituzionale riveste, creando una prassi
conforme alla Costituzione e assicurandone il rispetto, rafforza la
democrazia rendendo meno gravoso il peso delle differenze sociali.
L’esistenza di una Carta fondamentale e di un organo che ne
garantisca il rispetto permette di sostituire il diritto della forza con
la forza del diritto. Il principio cardine della Giustizia costituzionale
è quello della legittimità costituzionale, che vuole un
assoggettamento dei pubblici poteri a regole giuridiche positive per
la garanzia ed il rispetto della supremazia della Costituzione. Il
nostro sistema è basato su di una costituzione “rigida” che ha una
efficacia superiore rispetto a qualsiasi altro atto dello Stato ed è
suscettibile di modifiche solo mediante il ricorso a procedure
particolarmente complesse. Il nostro sistema è anche basato su di un
controllo di costituzionalità della legge di tipo “accentrato”, che si
differenzia dal modello di tipo “, nel quale tale controllo è
affidato a ciascun giudice comune, al quale spetta di disapplicare la
legge caso per caso, se gli appare lesiva di valori costituzionali. La
propensione, del nostro sistema, verso un modello di controllo
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diffuso”
Le decisioni cosiddette “interpretative” nella giurisprudenza della Corte costituzionale
costituzionale accentrato fu dettata da una esigenza di unitarietà
nella soluzione di problemi che si sarebbero posti. La Costituzione
italiana del 1948 testimonia il legame che unisce Stato democratico
di diritto, rigidità della Costituzione e Giustizia costituzionale. I
Costituenti italiani, una volta scelto un sistema di Costituzione
“rigida”, garantita da un procedimento di revisione aggravato,
hanno configurato conseguentemente un sistema di Giustizia
costituzionale, collocandolo anch'esso fra le “garanzie della
Costituzione”. La loro scelta si è indirizzata verso un sindacato
accentrato, con la creazione di un organo ad hoc di giustizia
costituzionale, esterno al potere giudiziario cioè la Corte
costituzionale. Quest’organo si pronuncia attraverso decreti,
ordinanze e sentenze. Il decreto è un atto individuale, adottato dal
Presidente e viene utilizzato per fini organizzatori della Corte stessa
e normalmente non viene motivato. L’ordinanza è invece un atto
collegiale, succintamente motivato, strumentale del processo ed
ordinariamente non decisorio. La sentenza, invece, è l’atto decisorio
per eccellenza, approvata in camera di consiglio, pronunciata in
nome del popolo italiano, e motivata in fatto e in diritto. La Corte
costituzionale può quindi pronunciarsi con decisioni processuali
con le quali non passa all’esame nel merito della questione di
legittimità costituzionale, ma fondamentalmente dichiara la
inammissibilità (o manifesta inammissibilità) della questione
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Le decisioni cosiddette “interpretative” nella giurisprudenza della Corte costituzionale
oppure, altro ancora, restituisce gli atti al giudice a quo per ovvi
motivi legati ad un cambiamento legislativo (ius superveniens) o ad
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un vizio del procedimento. Se invece la Corte decide di passare nel
merito della questione, cioè decidere sul caso sottoposto al suo
giudizio, si trova dopo la sua analisi, a rigettare la questione
(sentenza di rigetto) o ad accogliere la questione (sentenza di
accoglimento), ritenendo la norma incostituzionale. Queste sono le
questioni che possiamo definire semplici nelle quali è sufficiente
che la Corte si pronunci “a secco” sulla questione. Tuttavia esistono
questioni di legittimità costituzionali, che possiamo definire
complesse, in cui non è sufficiente la semplice dichiarazione nel
senso della fondatezza o infondatezza della questione, ma la Corte è
vincolata a pronunciare decisioni più articolate. In questo quadro si
inseriscono le sentenze interpretative che cercherò di analizzare,
alla luce della giurisprudenza, nel corso della mia tesi. Tali sentenze
si caratterizzano esteriormente per il fatto di adottare un dispositivo
in cui la non difformità e la contrarietà della legge alla Costituzione
non vengono affermate in assoluto, ma in quanto alla disposizione
si dia un determinato significato, ovvero <<nei sensi e nei modi>>
interpretativi chiariti nella motivazione.
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Vi sono anche altri motivi meno ricorrenti come per esempio: sentenze di cessazione della
materia del contendere, di irricevibilità, di improcedibilità; ed anche ordinanze di manifesta
improponibilità, di correzione, della Corte costituzionale come giudice a quo, di rinvio a nuovo
ruolo, istruttorie, sull’organizzazione della Corte.
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Le decisioni cosiddette “interpretative” nella giurisprudenza della Corte costituzionale
Qualora la Corte si basi sulla norma non difforme dalla
Costituzione per respingere la questione di costituzionalità avremo
una sentenza interpretativa di rigetto; qualora, invece, la Corte si
basi sulla norma contraria alla Costituzione per accogliere la
questione avremo una sentenza interpretativa di accoglimento.
L’analisi partirà dalle vicende relative all’oggetto della questione di
legittimità costituzionale (Capitolo I) e alle sue componenti.
L’oggetto di legittimità costituzionale è strettamente legato
all’interpretazione con la quale la Corte estrapola la norma che deve
essere confrontata con il parametro allegato nell’ordinanza di
rimessione o nel ricorso. L’interpretazione apre spiragli per
discussioni di ogni sorta, in quanto si deve certamente accertare se
da una disposizione si ricava solo una norma o si possono ricavare
più norme ed inoltre se la norma è contenuta solo in una
disposizione o può essere contenuta in più disposizioni. Questo ci
farà comprendere quanto sia complicato per la Corte leggere le
disposizioni alla luce della Costituzione ed emettere un giudizio che
sia costituzionalmente conforme. Dopo un breve sulle
prime sentenze interpretative, che hanno segnato le vicende
successive, porrò l’attenzione sulla giurisprudenza recente, con i
suoi contenuti presenti e le prospettive future. Cercherò di capire
quanto il giudizio della Corte sia astratto e quanto sia concreto, ciò
a dire quanto i “fatti” incidono nel suo momento valutativo e quindi
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excursus
Le decisioni cosiddette “interpretative” nella giurisprudenza della Corte costituzionale
successivamente cosa realmente condiziona il suo giudicato: la
norma , la disposizione o entrambe?
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L’azione valutativa, dell’ordinanza di rimessione o del ricorso,
svolta dalla Corte costituzionale è anche dipendente dall’esistenza
del “diritto vivente” (Capitolo II). Non avrei potuto parlare delle
sentenze interpretative senza trattare il diritto vivente.
Generalmente si potrebbe definire come il diritto per come è
realmente applicato, ma questa definizione è estremamente
superficiale. Quindi farò una breve ricostruzione storica del termine
ed esporrò come la giurisprudenza costituzionale e la dottrina
definiscono il diritto vivente. L’utilizzo della dottrina del diritto
vivente, da parte della Corte costituzionale, potrebbe essere un
momento di dialogo con le Supreme magistrature, pertanto mi
sembra necessario analizzare i rapporti tra queste e la Corte alla
luce dei recenti apporti giurisprudenziali. Sarà importante anche
vedere quando il diritto vivente viene ritenuto formato dalla Corte,
ovviamente con le conseguenze che ne seguono. L’osservazione del
diritto vivente è anche utile se rapportato alle sentenze
interpretative in quanto è possibile che quest’ultime cambino di
intensità e ruolo e quindi utile studiarne gli effetti nel caso in cui
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Se quindi la Corte costituzionale si trovi a dover decidere su di un giudizio in via incidentale
o in un giudizio in via principale.
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Le decisioni cosiddette “interpretative” nella giurisprudenza della Corte costituzionale
tali sentenze debbano decidere su situazioni già regolate dal diritto
vivente.
A questo punto (Capitolo III) l’attenzione si sposta
nell’esaminare i due processi in causa, costituzionale e processo a
quo, quindi la loro dipendenza e autonomia. La Corte riconosce un
limitato potere ai giudici comuni di applicare la Costituzione e
quindi di procedere, prima di attivare la Corte, ad una
interpretazione adeguatrice. Questo criterio di adeguamento però,
innanzitutto, prevede dei presupposti che devono essere ovviamente
rispettati. L’interpretazione adeguatrice è divenuta,
giurisprudenzialmente, una condizione alla quale il giudice non può
prescindere. Quindi esaminerò i casi i cui tale condizione viene
“omessa” e le sue conseguenze. Non mancheranno confronti con il
diritto vivente che rappresenta una deroga del giudice comune alla
sperimentazione dell’interpretazione adeguatrice e con le sentenze
interpretative che sono il fulcro del mio studio e alle quali devo
trovare risposte ai molteplici quesiti posti dalla prassi
giurisprudenziale.
Nel capitolo IV affronterò direttamente le sentenze
interpretative legandomi a ciò che sarà stato fissato nei capitoli
precedenti. Analizzerò separatamente le sentenze interpretative di
rigetto e le sentenze interpretative di accoglimento e le loro
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Le decisioni cosiddette “interpretative” nella giurisprudenza della Corte costituzionale
eventuali sottoclassificazioni. Discuterò sui loro effetti sul e al di
fuori del processo a quo e le conseguenze del rispetto degli effetti
previsti dall’ordinamento e le eventuali conseguenze e soluzioni di
una impostazione diversa che preveda effetti diversi più ampi anche
estendibili alle sentenze interpretative di rigetto. Un altro punto
molto importante che esaminerò sarà la motivazione delle sentenze
interpretative, che riveste un ruolo determinante. Il segno distintivo,
non si dimentichi, delle sentenze interpretative è il dispositivo che
recita: <<nei sensi in cui in motivazione>>.
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Le decisioni cosiddette “interpretative” nella giurisprudenza della Corte costituzionale
CAPITOLO I
L’oggetto delle decisioni della Corte costituzionale
1.1 Introduzione
Nel seguente capitolo cercherò di fornire una delucidazione
sulle vicende relative all’oggetto della questione di legittimità
costituzionale. Innanzitutto desidero porre l’accento sui suoi
“protagonisti” principali: disposizione e norma.
Protagonisti che intendo analizzare nella loro evoluzione
dottrinale e nel loro utilizzo nella pratica costituzionale. Intendo
inoltre approfondire le intuizioni della dottrina analizzando le due
sentenze del 1956, la 3 e la 8, che prospettano un quadro nuovo, in
cui, attraverso i due termini, ben si pongono le sentenze
interpretative, punto focale del mio studio. Spesso l’osservazione di
questi fenomeni giuridici hanno portato a conclusioni che ben si
adattano alla realtà costituzionale. Credo che dai numerosi apporti
letti, gli studiosi chiedano più chiarezza nelle esposizioni della
Corte e, forse, moniti più decisivi che possano decifrare le
numerose incertezze che da molti anni la Corte si trascina dietro.
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Le decisioni cosiddette “interpretative” nella giurisprudenza della Corte costituzionale
La mia ricerca è legata al fatto che il giudizio di legittimità è
carente di una disciplina processuale che individui in modo certo e
definitivo l’oggetto delle decisioni della Corte costituzionale.
Pertanto cercherò di proporre una chiarificazione attraverso le
soluzioni dottrinali proposte, legandole alle numerose sentenze che
danno spunto ad una discussione in tal campo. Ritengo sia
importante tentare di risolvere la questione relativa all’oggetto in
quanto elemento indispensabile alle pronunce della Corte e, quindi,
alle sentenze interpretative.
1.2 La definizione dei termini della questione: disposizione
e norma
La legge n. 87 del 1953 rappresenta l’unico punto di
riferimento per risolvere il problema della determinazione delle
questioni di legittimità costituzionali. L’art. 23, co.1, lett. a) e b),
3
della suddetta legge, pone l’accento sul dato testuale tanto da
3
La legge 87 del 1953 nel capo II riguardante le questioni di legittimità costituzionali all’art.
23 recita così :<< Nel corso di un giudizio dinanzi ad una autorità giurisdizionale una delle
parti o il Pubblico Ministero possono sollevare questione di legittimità costituzionale mediante
apposita istanza, indicando: a) le disposizioni della legge o dell'atto avente forza di legge dello
Stato o di una Regione, viziate da illegittimità costituzionale; b) le disposizioni della
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Le decisioni cosiddette “interpretative” nella giurisprudenza della Corte costituzionale
considerare centrali le disposizioni di valore legislativo che si
assumono contrarie a Costituzione e le disposizioni costituzionali
che si assumono violate. L’esperienza giuridica ci ha fatto notare
come questa impostazione non sia mai stata pienamente
4
; già dai primi anni di attività la Corte ha sentito
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l’esigenza di liberarsi da simili indicazioni; improvvisamente,
venne accolta, nella visione dell’interpretazione conforme a
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Costituzione, la distinzione tra disposizione e norma.
L’incostituzionalità, cioè il contrasto tra norma ordinaria e
norma Costituzionale, può discendere principalmente
dall’interpretazione alla quale la disposizione è sottoposta.
Preliminarmente è utile dare un definizione dei termini di
7
disposizione e norma i quali, anche se legati da un rapporto
8
inscindibile, intendono in effetti due cose diverse, nettamente
Costituzione o delle leggi costituzionali, che si assumono violate>>.
A. C ERRI, Corso di Giustizia costituzionale, Milano 2001, 100. Inoltre aggiunge che
<<l’incostituzionalità, ovvero il contrasto fra norma di valore legislativo e norma di valore
costituzionale può dipendere dal modo nel quale viene interpretata sia la disposizione oggetto
di censura, sia quella che integra il parametro, ciascuna di esse potendo essere intesa in
significati diversi, fra loro <esclusivi> (cioè, alternativi: <aut … aut.>)>>.
5
Esempi storici sono le sentenze interpretative nn. 3 e 8 del 1956 nei giudizi in via incidentale
ma non mancarono testimonianze nel giudizio in via d’azione: esempi sono le sentenze nn. 13
e 20 del 1956.
Puntualmente descritto da G. LASERRA , La Corte costituzionale e l'interpretazione della
, in Giur. it., 1961, 190 .
7
Numerose sentenze cercano di far chiarezza sull’oggetto. Per esempio Corte cost. n. 84 del
1996.
V. CRISAFULLI, Disposizione (e norma), in Enc. dir., XIII (1964), 195.
16
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legge
soddisfacente
9 G
Le decisioni cosiddette “interpretative” nella giurisprudenza della Corte costituzionale
distinte. Entrambi i termini però concorrono alla definizione della
formula <<legge>>.
Possiamo quindi contrapporre i due termini ponendoli su piani
diversi:
a) <<da un lato, la disposizione legislativa, deliberata e
emanata nei modi previsti dalle regole sulla produzione del
9
diritto, consistente in formule linguistiche testuali>>; in
dottrina viene definita in varie accezioni: <<testo>>,
10
<< formula>>, << statuizione legislativa>>; prevalente
11
però è l’uso dell’espressione disposizione per indicare
questo elemento indispensabile nella pratica della
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interpretazione. Inoltre possiamo dire che <<parlando di
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disposizione si mette l’accento sull’atto>>.
b) <<dall’altro, la norma espressa dalla disposizione e
ricavata per mezzo della sua interpretazione, cioè la
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disposizione interpretata>>. Inoltre <<parlando di norma,
si mette l’accento […] sulla conseguenza dell’atto, […]
. ZAGREBELSKY, La giustizia costituzionale, Bologna 1988, 279.
10
V. CRISAFULLI, Disposizione …, cit., 196.
Numerosi sono gli scritti in cui l’espressione disposizione viene utilizzata; vedi ad esempio:
M. M AZZIOTTI , Efficacia delle sentenze interpretative di rigetto della Corte costituzionale, in
Giur. cost., 1960, 1100; V. C RISAFULLI, Le sentenze <<interpretative>> della Corte
costituzionale, in Riv. trim. dir. e proc. civile, 1967, 2;
12
V. CRISAFULLI, Disposizione …, cit., 197 che la definisce come <<uno dei momenti
inevitabili e cruciali della teoria e della pratica dell’interpretazione del diritto>>.
13
idem, 199.
14
G. Z AGREBELSKY , La giustizia …, cit., 279.
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1
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Le decisioni cosiddette “interpretative” nella giurisprudenza della Corte costituzionale
autorizzato a costituire, di volta in volta innovandolo, il
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diritto oggettivo della comunità statale>>.
Effettivamente questi due elementi sono connessi fra loro come
contenitore e contenuto, come parola e suo significato; disposizione
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e norma, però, si legano attraverso l’interpretazione senza la quale
non si avrebbe conoscenza del significato di ogni prescrizione.
Quando non ci sia tra disposizione e norma una <<corrispondenza
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univoca>>, l’opera interpretativa della Corte ci mette anche di
fronte a norme non idonee a fornire materia di giudizio. Infatti,
diversi autori sostengono, innanzitutto, che le norme estrapolate
dalle disposizioni possono essere rilevanti solo se fornite di
sufficiente consistenza, dovendosi escludere così tutte quelle norme
prive di plausibilità, che sono solo invenzioni retoriche e
argomentative e che vengono definite, pertanto, norme impossibili.
Nel caso comunque che la questione di costituzionalità venisse
sollevata su una interpretazione impossibile della legge si avrà una
decisione interpretativa correttiva mirante a ricondurre il giudice nei
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limiti dell’interpretazione plausibile. Inoltre la “possibilità” o
“plausibilità” di una interpretazione può essere “logica” se la
15
V. CRISAFULLI, Disposizione …, cit., 199.
16
Per approfondimenti G. U. RESCIGNO , Interpretazione costituzionale e positivismo giuridico,
in Diritto pubblico, 2005, 19 ss; R. G UASTINI , Ancora sull’interpretazione costituzionale, in
Diritto pubblico, 2005, 457 ss.
17
Espressione utilizzata da G. ZAGREBELSKY , La giustizia …, cit., 281.
18
Esempi di sentenze correttive sono le sentenze n.141 del 1981, n. 303 del 1983, n.143 del
1984, n.121 del 1985, nn.34-498-578 e 619 del 1987.
18
1
Le decisioni cosiddette “interpretative” nella giurisprudenza della Corte costituzionale
disposizione è effettivamente la base interpretativa di quella
norma; ovvero “storica” se si dimostri che nella pratica applicativa
la disposizione è stata interpretata nel passato in un certo modo.
L’esistenza di norme possibili consente alla Corte di reinterpretare
la legge conformemente a Costituzione tralasciando la norma
sollevata nella questione di legittimità costituzionale. Per tanto
adotta decisioni, denominate interpretative adeguatrici. Nel caso
estremo può succedere di trovarsi di fronte al diritto vivente, cioè il
19
diritto nella sua prassi giurisprudenziale. In tale circostanza la
Corte disattende l’eventuale diversa interpretazione del giudice a
quo e ne fornisce una interpretazione in linea con il diritto vivente
consolidato.
1.3 L’evoluzione dei termini disposizione e norma
Le prime sentenze interpretative della Corte costituzionale
colgono alla sprovvista la dottrina, tanto da suscitare diversi
20
dibattiti al suo interno circa l’interpretazione della legge e i suoi
19
Che verrà trattato nel secondo capitolo.
Importanti apporti provengono da F. CARNELUTTI , Poteri della Corte costituzionale in tema
di interpretazione della legge impugnata, in Riv. dir. process., 1962, 349 ss; T. ASCARELLI,
Giurisprudenza costituzionale e teoria dell'interpretazione, in Riv. dir. process., 1957, 351 ss.
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1
20
Le decisioni cosiddette “interpretative” nella giurisprudenza della Corte costituzionale
sviluppi sulla distinzione tra disposizione e norma. In effetti, le
sentenze n. 3, relativa all’art. 57 del codice penale e la n. 8 sulla
legittimità costituzionale dell’art. 2 t. u. l. p. s , del 1956, segnano
una svolta, in quanto né la distinzione tra disposizione e norma,
frutto dell’interpretazione, era stata espressamente prevista dai
Costituenti, né era stata auspicata una diversa interpretazione da
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parte dei giudici comuni e, tantomeno, dalla Corte.
Sono le due sentenze sopracitate ad aprire il campo
all’interpretazione rivendicandone il potere – dovere della Corte di
<< interpretare con piena autonomia di giudizio e di orientamento,
la norma costituzionale che si assume violata e la norma ordinaria
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che si accusa di violazione>> e con questa, la distinzione tra
disposizione e norma. Peraltro, non è mancato in questa fase
iniziale, neppure, l’utilizzo di dispositivi interpretativi nei giudizi in
23
via d’azione.
21
G. L ASERRA , La Corte costituzionale.., cit., 188.
22
Sentenza n. 3 del 1956.
F. D AL CANTO , Corte costituzionale e attività interpretativa, tra astrattezza e concretezza, in
AA.Vv., “Corte costituzionale e processo costituzionale” nell’esperienza della rivista
<<Giurisprudenza costituzionale>> per il cinquantesimo anniversario, a cura di A. Pace,
Milano 2006, 254. L’autore si riferisce a episodi comunque molto circoscritti dei quali un
esempio è la sentenza n. 13 del 1956 nella quale viene respinto un ricorso della Regione
Trentino Alto Adige avverso una disposizione contenuta nelle norme di attuazione delle Statuto
proprio in forza dell’esplicito accoglimento da parte della Corte dell’interpretazione avanzata
dalla difesa dello Stato, opposta a quella contenuta nell’atto introduttivo ed sicuramente adatta
a dotare la disposizione di una interpretazione conforme a Costituzione. Altro esempio è la
sentenza n. 20, sempre, del 1956 nella quale la Corte respinge le motivazioni della ricorrente
Regione Sardegna contro alcune norme di attuazione dello Statuto attribuendo alle disposizioni
censurate un significato diverso da quello indicato nel ricorso. Molto interessante è notare che
queste due sentenze anche se sostanzialmente interpretative non sono correlate dalla formula
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