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Capitolo I
BREVI CENNI INTRODUTTIVI SULLA COOPERAZIONE
SOMMARIO: 1. Noterelle introduttive ovvero del “demone” socratico. – 2. La cooperativa:
alternativa o aiuto alla crisi ed agli ammortizzatori sociali. - 3. La normativa italiana sulla
cooperazione fino al 1942.
1. Noterelle introduttive ovvero del “demone” socratico.
Alla fine di ogni fase di studi si sente la fatica dello sforzo fatto e si pensa che
sia davvero l’ultimo. Come diceva, però, Pietro Nenni “(…) Se si sente la politica
come un imperativo morale non è la stanchezza o desiderio che conti. Si è nella
battaglia e ci si sta. E’ quello che pedestremente chiamo crepare alle stanghe della
carretta (…)”. A me, purtroppo o fortunatamente non so, capita lo stesso con il diritto
del lavoro.
Nella mia tesi di laurea, che toccava il diritto di sciopero, l’imperativo era una
specie di summa fra Sindacato e Professione relativa al quadro costituzionale
comparato italo-spagnolo, in cui le buone prassi del mio relatore, Prof. Fulco
Lanchester, portarono alla conclusione che “(…) cualquier estudio sobre este tema
se asienta sobre un terreno peligroso, al que han precedido erupciones y que nunca
está totalmente frío (…). Es muy fácil quemarse con un material tan tramposo y
explosivo [que merecería] el registro accidentado del sismógrafo (…)” 1.
Conclusione questa che dava la stura e la voglia di procedere ad altro
approfondimento che, ben presto e dopo una piccola svolta verso il Diritto Tributario,
non ha tardato ad arrivare puntuale.
1
M. O. SÁNCHEZ MÁRTINEZ, La huelga ante el derecho–conflictos, valores y normas, Dykinson, Madrid, 1997, 13.
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Nel passato anno accademico, allora, l’approfondimento all’Università di
Modena, che verrà qui richiamato, mi ha portato verso il punto più logico del mio
momento professionale che era quello della flexicurity da studiare, insieme al
pensiero di uno dei giuslavoristi più innovativi, sensibili ai profili comparatisti ed
attento alla realtà, Marco Biagi, nella fattispecie più sofferta delle nostre riforme
quale è stata la somministrazione di manodopera.
La mia conclusione mi pareva ovvia e quasi scontata per cui, “(…) Tornare
indietro rispetto alla via che Biagi ha aperto con la sua opera ed i suoi studi sembra,
oggi, improponibile ed anacronistico. Al contrario la strada della modernizzazione
va seguita e perseguita, ma, secondo me, per completare il quadro sono ancora
necessari alcuni passaggi che Biagi stesso aveva già individuato: a) una riforma (o
meglio una legge sulla rappresentanza) dell’attuale sindacato italiano, ancora legato
a resistenze corporative, e poco propenso a rimettersi in discussione per entrare nel
mondo dei lavoratori giovani privi di uno Statuto dei lavori; b) l’inserimento serio e
nazionalmente diffuso della scuola di ogni grado e livello nel “sistema-impresa”; c)
il passaggio epocale dal concetto di “coscienza a quello conoscenza di classe” che
faccia acquisire ai lavoratori la sicurezza di essere parte integrante e fondamentale
di tutti i processi produttivi sia nazionali che globali; d) il ricorso al metodo
cooperativistico, prevedendo finalmente in Italia la partecipazione dei lavoratori alla
gestione aziendale nello spirito degli articoli 45 e 46 della Costituzione in qualità di
“socio coimprenditore” 2, anche se “(…) è facilmente registrabile una generale
disattenzione dei giuslavoristi [e dei governi] nei confronti di questa particolare
forma di lavoro associativo, certo l’esperienza più importante rinvenibile in Italia
(…)” 3.
2
F. MARCELLI, La somministrazione: punto di partenza o arrivo nella ricostruzione storico-giuridica del divieto di
interposizione?, Tesi di Master inedita, Università di Modena e Reggio Emilia, Fondazione Marco Biagi, a. a.
2007/2008, 73.
3
M. BIAGI, Mutualità e conflitto in cooperativa fra contrattazione collettiva autonoma e dinamica sindacale, in
RIDL, 1984, I, 594-613. Oggi in L. MONTUSCHI, M. TIRABOSCHI e T. TREU (a cura di), Marco Biagi-Un giurista
progettuale, Giuffrè, Milano, 2003, 464.
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Mi ha confortato, altresì, su questa conclusione anche un’altra parte della
dottrina, seppur con una linea meno marcata e più prudente di Biagi, notava
anch’essa come, in tema di partecipazione dei lavoratori, “(…) ci troviamo dinanzi a
linee diversificate di svolgimento di un passaggio della nostra Costituzione che,
seppur non molto avvertito per una serie di ragioni storico-politiche, ha comunque
trovato nel tempo taluni significativi momenti di realizzazione nel nostro
ordinamento (…). Non ci troviamo, quindi, dinanzi ad un principio disatteso come
tale né al cospetto di una normativa inattesa; semmai, dobbiamo acquisire coscienza
che la relativa attuazione per un verso conosce diversificati livelli di attuazione in
ragione delle diverse tecniche di interazione tra legge e contratto collettivo, e per
altro verso risente dei meccanismi di specularità dell’ordinamento nazionale rispetto
a quello europeo (…)” 4.
La vita e lo studio a volte, però, si intersecano giocando tiri mancini che non
ti aspetti e che ti coinvolgono senza che possa accorgertene. Professione ed
associazionismo sindacale mi sono ripassati fra le mani d’un colpo insieme a un leit
motiv che nei miei due lavori precedenti avevo sempre cercato e che da qualche parte
avevo letto o sentito. Mi riferisco al fatto che il diritto del lavoro, all’interno di ogni
ordinamento moderno e democratico, svolge un ruolo di mediazione equilibratrice fra
4
P. SANDULLI, Intervento al Convegno AIDLASS su Rappresentanza collettiva di partecipazione dei lavoratori alla
gestione delle imprese, Lecce 2005. Oggi nella relativa collana edita da Giuffrè, Milano, 2005. Qui, pur condividendo
l’idea dell’A., nella parte relativa al “(…) sonnacchioso art. 46 Cost. (…) scosso dal suo torpore a causa del processo
–ora complicatosi per le notoriamente critiche vicende della Costituzione europea- di immersione della nostra realtà
produttiva nel sistema socio-economico e giuridico dell’Europa, con un tipico effetto di normazione derivata; [da cui
discende] una normativa derivata in cui le linee portanti del sistema sono dettate dall’Unione Europea, riservandosene
l’adattamento agli ordinamenti nazionali in ragione della nota linea di non ingerenza dell’ordinamento europeo
rispetto agli assetti istituzionali di rappresentanza dei lavoratori nella realtà di ciascuno Stato membro (…)”, si vuole
evidenziare come ben meno sonnacchioso sia l’articolo 45 della Costituzione rispetto al 46, soprattutto perché, come
l’A. stesso evidenzia, “(…) la vicenda normativa principale (il coinvolgimento dei lavoratori nel nuovo assetto
societario europeo e nazionale), (…) abbraccia un campo significativamente ampio quale quello del diritto societario,
del quale la prospettiva lavoristico-sindacale costituisce solo un segmento: eppure è stata proprio la ricerca di
soluzioni idonee a sbrogliare questo segmento che ha lungamente intralciato la realizzazione del progetto nel suo
complesso (…)”.
.
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le parti in causa nella sempre eterna questione “organizzazione (aziendale)-
protezione sociale (del lavoratore)”.
Questa idea mi ronzava nella testa e dovevo trovare questo punto di
equilibrio che non veniva fuori insieme a quel leit motiv di cui accennavo prima e
che, pure, non era poi tanto lontano dalla mia vista. Il “demone” socratico del diritto
del lavoro accendeva le anime irascibile e concupiscibile, ma non riusciva a
sintetizzare il magma che ne fuoriusciva in maniera soddisfacente.
Solo alla fine del Master l’idea del titolo di questa tesi è stato capace di
raggiungere l’obiettivo: il mito platonico della caverna ha dato luce all’idea di questo
studio! Dalle conclusioni del precedente lavoro, allora, la cooperazione diveniva il
punto di equilibrio che avevo tanto cercato. E se, quindi, è vero,come ha detto
Miguel de Cervantes che “Un maestro es un libro que habla, y un libro es un maestro
que, aun silenzioso, comunica su pensamiento”, il leit motiv “organizzazione-
protezione” poteva essere ben inserito in questo lavoro da chi l’ha pensata e spiegata.
Se con Giugni e il suo ordinamento intersindacale, allora, è iniziata la prima
fase dei miei studi di carattere collettivo, se con Ghera, poi, ho dato rilievo
professionale al contratto di lavoro individuale, spero ora con Sandulli di riuscire ad
amalgamare le due parti. Tesi e antitesi di hegeliana memoria paiono adesso pronte
alla loro naturale sintesi dialettica che non è altro che lo scopo del presente lavoro:
incanalare il magma negli argini del fiume accademico, placare il demone socratico
del diritto del lavoro e lasciare passare bene i tre minuti finali dell’ultimo round.
2. La cooperativa: alternativa o aiuto alla crisi ed agli ammortizzatori sociali.
La crisi attuale che attanaglia il mondo è senza dubbio la peggiore del
dopoguerra e deve essere considerata nel quadro di un’incertezza assoluta che riesca
9
a delimitare le sue dimensioni qualitative e quantitative 5. Essa non può compararsi
con quelle che hanno colpito i nostri sistemi dopo gli anni ’80 in quanto quelle
precedenti avevano un carattere più segmentato e meno globalizzato.
L’eccessivo neoliberismo finanziario ed un laissez faire che prevedeva o,
meglio, affermava che i mercati riuscissero ad autoregolarsi in una nuova legge di
Say, hanno portato al tracollo del sistema economico gestito solo in chiave
“finanziaria” e non “politico-economica” nel senso più ampio del termine.
Una credenza di tal fatta ha creato un’opinione e politiche tese alla più
completa deregulation per cui non si ha il sentore se la crisi sia legata ai meri costi
dell’economia globale in senso reale e/o finanziario. Detto in parole povere,
l’industria della finanza ha rivestito un ruolo esagerato ed, almeno inizialmente, fin
troppo remunerativo, con la conseguenza che era lecito ritenere che il denaro creasse
denaro, tralasciando il concetto più certo che sia il lavoro a creare altro lavoro 6.
Il declino finanziario degli USA 7 e la competizione asiatica hanno riversato
problematiche connesse alla politica economica americana, legata a tassi di interesse
bassi in un lungo periodo ed un incerto controllo della Federal Reserve sui mercati,
dirigendo la maggior parte del rischio su una massa informe di investitori per lo più
ignari dell’evolversi del sistema in atto 8.
5
Per un approfondimento in materia, vd. la Convention UNCI di Roma del 25/2/2009, “Crisi dei mercati finanziari e
dell’economia reale: risposte e ruolo del movimento cooperativo”, inedita, ma consultabile sul sito www.unci.it. Nella
fattispecie, si rimanda alla relazione della Segretaria Generale, S. AGOSTINI, disponibile su cd rom.
6
In tal senso, vd. L. D’ULIZIA, sul sito www.unci.it.
7
Cfr., in questo ambito, S. P. BERCHEM, Uncharted territory–Annual Economic Analysis Puzzles Through the Data
and Explains the Trends, Giugno 2008, consultabile su americanstaffing.net a cura dell’American Staffing Association.
8
“(…) Negli ultimi decenni, nei Paesi occidentali il cui sistema del welfare state si è maggiormente diffuso, si è
registrato un fenomeno, tuttora in atto, che si può sintetizzare nella formula “sviluppo senza benessere” (…) [in cui
esiste un] elevato grado di insoddisfazione nei confronti degli standard qualitativi e quantitativi dei servizi pubblici in
campo sociale (…), [una] crisi di fiducia verso le istituzioni, con particolare riferimento alla loro capacità di governare
l’economia ed i suoi ricorrenti squilibri (…), [una] scarsa efficienza con cui le risorse pubbliche vengono investite
nella produzione di servizi dedicati alla collettività (…)”, così S. GATTI, Il ruolo del legislatore per la ridefinizione del
modello del welfare”, in federalismi.it Rivista di diritto pubblico italiano, comunitario e comparato, n. 4/2009, 1-2.
10
Solo così si spiegano, perciò, i tentativi dell’UE di dare una scossa
all’economia reale al fine di uscire rapidamente dalla crisi in atto ed evitare una
recessione più grave del previsto che rischia un triennio di stagnazione di alto livello
con un PIL tendenzialmente negativo, il quale, pur spingendo verso politiche
protezionistiche, deve rifuggirne al massimo la tendenza 9.
La globalizzazione, allora, deve diventare un valore, e non un limite!, insieme
ad un mercato che abbia regole certe e globali per ridurne eccessi e sprechi nel
rispetto delle scelte dei singoli Stati, ma in un ambito di armonizzazione almeno per i
Paesi dell’UE 10. Da qui la necessità di un ritorno serio alla produzione reale di beni
e servizi nel primario, nel secondario, nel terziario, avanzato o meno, senza
dimenticare la grande opportunità offerta dal cosiddetto terzo settore 11.
La speranza di una revisione della linea dei Governi nel superamento della fase
neo-capitalista è auspicabile in quanto essa ha manifestato il proprio fallimento
dottrinale e pratico nel mettere in secondo piano il lavoro, anche se più flessibile,
all’interno delle società avanzate 12.
C’è bisogno di una soluzione innovativa, allora, per rispondere alle sfide del
mercato globale intossicato dagli strumenti finanziari cosiddetti “derivati”. Di fronte
9 Cfr. P. SANDULLI, Intervento al Convegno “Società Europea, diritti di informazione e partecipazione dei
lavoratori”, Viterbo 5/11/2004, organizzato dal Dipartimento di Scienze Giuridiche e dalla Facoltà di Economia
dell’Università della Tuscia, oggi nella relativa Collana del Dipartimento di Scienze Giuridiche, Giuffrè, Milano, 2004,
quando afferma che “(…) il dibattito sulla corporate governance, evidenzia in modo enfatico e ad un tempo in termini
semplici, che il tema della informazione dei lavoratori, fino al loro coinvolgimento (…) fonda i suoi presupposti sul
modo stesso di concezione dell’organizzazione d’impresa, sul ruolo svolto da ciascuno dei soggetti, dai massimi
responsabili fino all’ultimo lavoratore manuale (…): un ruolo che in qualche modo finisce per essere riflesso, e ad un
tempo condizionato dal binomio informazione e coinvolgimento (…)”.
10
Si condividono qui i dubbi di P. SANDULLI, Intervento al Convegno AIDLASS su Rappresentanza collettiva di
partecipazione dei lavoratori alla gestione delle imprese, cit., secondo cui nel nostro Paese “(…) si avverte anche [il
timore] che nel momento in cui si lascia l’analisi dell’approccio europeistico al tema e si cerca di individuare una
linea di autonoma soluzione dei problemi della partecipazione dei lavoratori a livello nazionale italiano –il che, sia
chiaro, è consentito solo in ambiti non vincolati dalla doverosa trasposizione delle norme europee nell’ordinamento
nazionale– ci si ritrova immersi in una nebbia che induce a cercare delle sponde di raccordo tra la norma
costituzionale (…) ed altre norme di pari rango (…)”.
11
“(…) La crisi del modello di welfare state è stata, poi, aggravata (…) [dall’] avvento della globalizzazione (…) [e
dall’] aumento dei flussi migratori (…)”, così S. GATTI, Il ruolo del legislatore per la ridefinizione del modello del
welfare”, cit., 1-2.
12
Si veda, per un approfondimento, B. JOSSA, La teoria economica delle cooperative di produzione e la possibile fine
del capitalismo, Giappichelli, Torino, 2005.