INTRODUZIONE
“Col tempo, ogni cosa va variando”
(L. Da Vinci)
Da alcuni anni qualcosa è cambiato nelle economie contemporanee, in
particolare quelle occidentali. Fattori organizzativi di tipo hard come il
lavoro fisico stanno progressivamente perdendo importanza in quanto
leve per lo sviluppo aziendale e la competitività sui mercati globali.
Contemporaneamente diventano fondamentali fattori più soft e intangibili
come l‟innovazione prodotta dalla creatività del capitale umano operativo
nelle imprese.
Per le aziende di qualsiasi dimensione diventa quindi strategico riuscire ad
attrarre e a trattenere i lavoratori creativi più talentuosi. Ma non solo:
occorre anche che le stesse organizzazioni attivino sistemi che permettano
di incrementare e valorizzare il potenziale creativo in possesso dei propri
collaboratori.
A tale proposito Richard Florida, professore e ricercatore americano della
Carnegie Mellon University, insieme con altri collaboratori ha elaborato il
modello delle 3T, un sistema che spiega quali sono le dimensioni che
riescono ad attrarre e trattenere i talenti creativi in differenti e specifiche
aree geografiche. La teoria di fondo è che la competizione globale per il
talento creativo non avviene solo tra imprese ma anche tra zone regionali
e/o urbane, sempre più importanti e indipendenti rispetto alle nazioni in
cui sono situate. In effetti i creativi, ancora prima di scegliere l‟azienda in
cui preferiscono lavorare, conferiscono una grande importanza all‟area
geografica in cui abitano e vivono, che deve possedere caratteristiche ben
definite.
5
Il modello delle 3T è chiaro, coerente e sistemico, determinato anche a
partire da alcuni studi sull‟innovazione e la creatività in ambito
organizzativo.
Considerato quanto scritto, in questa tesi si sostiene come il modello di
Florida possa essere applicato non solo alle aree geografiche ma anche
alle aziende, riuscendo a definire chiaramente il concetto di talento
creativo e suggerendo le leve per attrarlo e trattenerlo e, in generale, per
aumentare lo stock di creatività del personale operativo in azienda.
Il lavoro è stato diviso in quattro capitoli e termina con una breve
conclusione finale.
Nel primo capitolo sono affrontati i temi della creatività e dell‟innovazione
e viene sottolineato il loro nesso con la competitività aziendale, mentre
nel secondo sono presentati i più importanti driver della creatività
d‟impresa, i lavoratori creativi, introducendo anche gli studi relativi alle
loro caratteristiche ed alla possibilità di identificare e delineare una
specifica classe creativa.
Nel terzo capitolo è introdotto il modello delle 3T e vengono approfonditi
gli studi di geografia economica utilizzati dal ricercatore americano per
determinarlo, mentre nel quarto capitolo l‟obiettivo è quello di
approfondire e spiegare adeguatamente quanto sostenuto in questa
introduzione.
Infine, nelle conclusioni viene dedicato un breve spazio al riconoscimento
dei limiti dell‟analisi e sono proposti possibili sviluppi futuri dell‟argomento.
6
1.CREATIVITA’ E INNOVAZIONE COME LEVE PER
COMPETERE
“Ogni scoperta contiene un elemento irrazionale o un‟intuizione creativa”
(K. Popper)
Gli ultimi anni sono stati caratterizzati da importanti trasformazioni sotto il
profilo socio-economico a livello mondiale (Florida 2002b, 2005b), a causa
della transazione da un contesto industriale e fordista ad uno post-
industriale (Bell 1973). In particolare, gli studi degli analisti in campo
nazionale (es. Rullani 2004a) e internazionale (es. Powell e Snellman
2004) rilevano come l‟economia contemporanea stia passando sempre più
dall'essere fondata su una dimensione materiale, stimolata da leve come
la forza fisica, ad una astratta, nella quale contano più le capacità
cognitive, anche per effetto della globalizzazione.
Nel nuovo contesto acquistano maggiore importanza la creatività e la
capacità di generare idee da parte degli attori coinvolti nei processi
economici (Coy 2000, Rullani 2004b), tanto che le stesse idee sono
ritenute il nuovo asset fondamentale (Coy 2000).
Questi risultati erano già stati in parte verificati e dimostrati negli anni
ottanta da diversi studi di Andersson e Strömquist (Ström e Nelson 2010),
i quali fecero alcune analisi partendo dalla rilevazione del passaggio dalla
società industriale alla K-society (K-samhället). Secondo i due ricercatori
svedesi questa nuova società era guidata e caratterizzata da quattro
fattori principali: comunicazione (Kommunikation), cultura (Kultur),
conoscenza (Kunskap) e appunto creatività (Kreativitet), tutti di
fondamentale importanza per lo sviluppo economico delle regioni e delle
nazioni.
La tesi è stata ultimamente ripresa da Florida (2002b, 2005b) che ha
sottolineato più volte come proprio la creatività sia il motore
7
dell‟economia, sostenuta dalla comunicazione, dall'informazione e dalle
tecnologie ICT ad esse legate. In altre parole “il nostro è un tempo ad
alta densità creativa” (Borgese 2000, p.34). Il pensiero conclusivo a cui
portano le varie ricerche è che l‟economia contemporanea si sta
trasformando in economia creativa (Coy 2000, Florida 2002a): è ora la
leva creativa a contribuire infatti maggiormente alla crescita della
ricchezza e del PIL mondiale, così come l‟utilizzo dell‟aratro costituiva la
forza propulsiva della modernità (Glaeser 2005, Acs e Megyesi 2009).
Quanto scritto sottolinea la necessità di approfondire i temi della creatività
e dell‟innovazione, due fattori ritenuti collegati da strette relazioni di
causa-effetto. Occorre inoltre declinare i concetti in ambito organizzativo e
cercare infine di comprendere il nesso esistente tra queste leve e la
competitività aziendale.
1.1 L’IMPORTANZA DEL FATTORE CREATIVO
La creatività è stata definita in molti modi differenti, secondo alcuni a
causa dell‟ignoranza diffusa riguardo agli attributi che la caratterizzano,
secondo altri per le prospettive diverse, e in alcuni casi divergenti, da cui
questa è stata studiata nel corso degli anni (Xu e Rickards 2007). Inoltre,
un altro elemento che rende difficile una definizione del termine è la sua
natura intangibile (Andriopoulos e Dawson 2009).
E‟ ormai accettata e diffusa l‟idea che la definizione di „creatività‟ debba
essere adattata e modificata in funzione del contesto applicativo (Amabile
1994). Il concetto, nato in principio nell‟ambito specialistico delle „scienze
dure‟, ha subito un crescente interesse a partire dagli anni sessanta,
soprattutto in USA (Melucci 1994) ed è stato esteso nel tempo anche ad
altri campi. Oggi esso viene considerato un termine complesso (Lubart e
8
Georgsdottir 2004), multi-sfaccettato, multi-dimensionale (es. Florida
2002b) e multi-strato (Borgese 2000).
La creatività si estende praticamente a qualsiasi dimensione teorica e
applicativa dell‟ingegno umano: dalla teologia alla metafisica, dalle scienze
sociali alla psicologia, e l‟enfasi viene posta sia su una specifica
prospettiva di studio che sulla sinergia tra campi differenti: d‟altronde, per
esempio, “la creatività economica e tecnologica viene alimentata grazie
all‟interazione con la creatività artistica e culturale” (Florida 2002b, p.5).
Essa non conosce nemmeno confini o ostacoli legati al genere, alla razza,
all‟etnia, all‟orientamento sessuale ed all‟aspetto esteriore (Florida 2005b).
Infine, la declinazione della creatività dipende anche dall'ambito
applicativo: infatti “c‟è chi la utilizza per il proprio lavoro, chi ne fa uno
strumento estetico, e chi (…) ha l‟obbligo di esserlo e/o circondarsi di
collaboratori creativi” (Lorusso 2009, p.30).
Focalizzando l‟attenzione sul contesto economico è utile riprendere e
sintetizzare le definizioni date negli anni da Plsek (1997), Goldenberg e
Mazursky (2002) secondo cui la creatività consiste nella capacità di
combinare e adattare la conoscenza per generare nuove idee utili ai
destinatari per i quali esse sono state concepite e ideate. „Nuovo‟ e „utile‟
sembrano essere dunque gli aggettivi che caratterizzano e riassumono il
risultato della creatività (es. Valentini 2007): mentre il primo termine è
relativo al periodo storico in cui viene concepita l‟idea, il secondo è invece
legato alla sua comprensione ed al suo riconoscimento sociale (Lorusso
2009).
Qualcuno (Lucarelli 2005) ha anche cercato di elencare le caratteristiche
che tale risultato, questa soluzione creativa, deve avere:
efficacia: la soluzione deve riuscire a risolvere adeguatamente un
problema, raggiungendo l‟obiettivo fissato ex-ante. Da queste parole è
possibile comprendere la stretta relazione esistente tra creatività e
9
attività di problem solving (Newell et al. 1962). In effetti la stessa
creatività “si manifesta per eccellenza nella capacità di risolvere
problemi e coincide con essa” (Melucci 1994, p.18);
efficienza: grazie all‟idea creativa si ha un‟ottimizzazione delle risorse
in possesso;
originalità: l‟output creativo deve essere nuovo per lo specifico ambito
di applicazione (un‟organizzazione, un settore, un territorio, etc.);
semplicità: le idee migliori sono le più semplici da spiegare e da
comprendere;
convenienza: un risultato ad alto contenuto creativo permette il più
delle volte vantaggi economici e sociali;
rispetto dell‟ambiente: le soluzioni migliori prevedono benefici per
l‟ambiente (riduzione delle dimensioni dell‟oggetto-output, variazioni
nel processo produttivo, etc.).
La creatività è quindi l'unione di pensieri che, incontrandosi ed unendosi in
modi differenti, cambiano l‟esistente o formano qualcosa di nuovo
(Csikszentmihalyi 1996) che possiede un significato (Borgese 2000),
generando un gap dall'attuale al potenziale non solo attraverso dinamiche
libere e caotiche che portano all‟eureka! finale, ma soprattutto con
processi sistematici che strutturano veri e propri piani creativi.
In relazione a questi ultimi, il modello „classico‟ del processo creativo
(Wallas 1926) prevede quattro stadi: preparazione, incubazione, insight
ed elaborazione/valutazione. Una prospettiva alternativa e più recente
(Hunter 2002) considera invece la creazione dell‟idea, il feedback della
sua adeguatezza, la valutazione più approfondita e la realizzazione finale
del suo grado di fit. In tutti e due i casi è possibile notare come ad un
momento di effettiva creazione segua sempre una fase finale di analisi di
adeguatezza e fattibilità in cui vengono considerati più fattori come
l‟utilità, l‟impatto, l‟originalità, le reazioni dei fruitori dell‟idea, la sua fonte
ed altre dimensioni (es. Runco 1994).
10