La tragedia a fumetti nelle note dell‟Orfeo di Buzzati
INTRODUZIONE
Quello di Orfeo è un mito che non ha mai smesso di incantare. Nato nel
mondo greco, culla di eroi, mitici cantori, tragici epiloghi, ha saputo
rivalutarsi nel corso dei secoli.
Mai come oggi la figura di Orfeo può dirsi attuale: è l‟archetipo del
mitico cantore, del Poeta, che con il suo canto smuove le pietre e le
coscienze; il simbolo della magia del canto e delle parole; l‟amante
disperato che per uno sguardo perde la sua amata.
In un viaggio attraverso i secoli seguiremo le trasformazioni che la
figura di Orfeo ha subito, concentrandoci in particolare sulla fabula
amorosa, quella che gli vede accanto, come “co-protagonista”, Euridice. Il
nostro sguardo sarà rivolto a due opere che hanno rielaborato il mito in
chiave moderna: Poema a fumetti di Dino Buzzati e Orfeo a fumetti di
Filippo Del Corno.
Nel mondo greco, Orfeo era un eroe dalle molteplici caratteristiche:
figlio di Eagro, o forse di Apollo, nei frammenti pindarici; accanto agli
Argonauti in Euripide e in Diodoro Siculo; teologo in Aristofane; inventore
e civilizzatore in Timoteo e Alcidamante; in cammino verso la discesa
nell‟Ade già nell‟Alcesti di Euripide e poi in Platone e in Isocrate; testa
cantante una volta sbranato dalle Menadi secondo Conone.
Nella tradizione greca i mitemi concernenti il nostro eroe, otto in tutto,
s‟intrecciano tra loro: nessuno pare prevalere, eppure col passare dei
secoli sarà proprio il mitema amoroso che avrà maggiore fortuna.
Questo filone sarà poi anche quello più controverso: non tutti gli autori
sono d‟accordo sul finale dell‟impresa orfica. Alcune ricerche portano alla
luce nuove versioni che vedrebbero un Orfeo trionfante; tuttavia il finale
tragico rimane comunque quello più attestato a partire dal V secolo a.C.
Fondamentale sarà un rilievo del 410 a.C. di Alcamene che raffigura il
momento esatto della perdita di Euridice, accompagnata da Hermes: la
scena influenzò già gli Ellenici, soprattutto Platone e la sua versione del
Simposio, ma sarà soprattutto nelle epoche successive che eserciterà il
suo fascino.
5
La tragedia a fumetti nelle note dell‟Orfeo di Buzzati
Nel mondo latino, Orfeo ri-nasce esclusivamente in veste di amante.
Questa mediazione è opera di due autori, Virgilio e Ovidio: è grazie a loro
che il mito ci è tramandato, ed è dalle loro versioni che prenderanno
spunto tutte quelle successive.
Alla base delle versioni latine, sottolinea Segal, c‟è un triangolo
composto da tre elementi, che sono scambiabili tra loro: l‟amore, la morte
e l‟arte. A seconda di quali tra questi vi stanno alla base, può cambiare il
senso del mito: nelle trascrizioni latine non è esclusivamente l‟amore che
sarà esaltato, ma il potere del linguaggio e della persuasione del canto,
1
che insieme all‟amore, appunto, riusciranno a prevalere sulla morte.
Tuttavia l‟esito non può essere positivo: l‟Orfeo virgiliano perderà
comunque la sua amata, per una piccola “svista”. Virgilio introduce il
motivo del respexit, sconosciuto alle fonti greche: Orfeo sarà preso da un
furor inspiegabile e si volterà a guardare la sua Euridice, perdendola per
sempre. Il magico cantore sveste i panni di eroe civilizzatore e
sciamanico, incarnandosi in una dimensione completamente umana: egli è
2
folle, immemor per amore.
Questa nuova dimensione sarà ripresa da Ovidio, che si divertirà in una
sorta di parodia della fabula virgiliana: con l‟uso sapiente di iperboli e con
una buona dose di ironia, l‟Orfeo ovidiano è guidato esclusivamente dal
suo amore per Euridice. Qui egli si volta perché innamorato, perché
3
avidus, perché metuens.
Il gesto del voltarsi verrà cristallizzato nella tradizione e si cercherà
attraverso studi sociologici e antropologici di scoprire il motivo di
quell‟oblio, ma nessuno sembra essere soddisfacente: forse Orfeo si girò
perché doveva andare così, perché la sua storia non poteva essere che
questa.
Già a partire dal Medioevo, diversi autori vollero fare proprio il mito di
Orfeo, intrecciandolo spesso con altri miti. Si ricordi in particolare il
1
Cfr. C. Segal, Il mito del poeta, Einaudi, Torino, 1995, pp. 13-14.
2
Virgilio, Georg., IV, 485-491: “Ormai tornando sui suoi passi aveva vinto ogni pericolo; a lui riconsegnata,
Euridice avanzava verso l‟alto, verso l‟aria, seguendolo alle spalle (era la norma imposta da Proserpina),
quando una follia improvvisa prese l‟incauto amante; certo da perdonare: se sapessero i Mani perdonare. Si
fermò, e dimentico del patto, vinto dalla passione, già alla luce, oh…si voltò verso la sua Euridice.”
3
Ovidio, Met, 56-57: “Per paura di perderla, ansioso di vederla, egli pieno d‟amore volse i suoi occhi: e lei
subito venne risucchiata all‟indietro.”
6
La tragedia a fumetti nelle note dell‟Orfeo di Buzzati
poemetto anonimo Sir Orfeo, in cui la fabula latina s‟incontra con elementi
fiabeschi di provenienza celtica.
In epoca cristiana poi, con Boezio e Caldéron de la Barca, Orfeo
assumerà connotati di guida spirituale e di pastore, e verrà appunto
associato alla figura di Cristo.
Nel Rinascimento Orfeo ritrova i suoi propri panni con la Fabula di
Orfeo di Poliziano e l‟opera lirica monteverdiana.
Dopo la parentesi settecentesca, in cui andrà in scena la versione di
Gluck, Orfeo avrà grande fortuna nell‟Ottocento, quale figura archetipica
del genio artistico: in questo secolo si distinguono la versione in musica di
Hoffenbach e i contributi pittorici di Rodin, Delacroix e Ingres.
Il Novecento si apre con la poesia Orfeo, Euridice, Hermes del 1904 di
Rilke, una delle più significative del secolo appena passato; sempre in
campo letterario bizzarre trasformazioni del mito sono firmate Bufalino,
Pavese e Calvino. I teatri vedranno in scena le opere di Stravinskij e di
Milhaud, e gli schermi cinematografici proietteranno l‟Orfeo di Cocteau e
quello di Camus.
In questo clima di rinascita del mito orfico, rivisto e modernizzato, si
colloca la versione di Dino Buzzati: Poema a fumetti è del 1969, e Orfeo,
cambiato il nome in Orfi, è un cantante rock che una sera vede scomparire
in una Milano misteriosa la sua Eura. Facendosi strada in un “Inferno”
metafisico, popolato da ombre, Giacconi e vallette infernali, ritroverà con
la magia del suo canto la sua amata, per perderla un‟altra volta sul finale.
Disegni e parole accompagnano il lettore nel suo viaggio, avvicinandosi
alla tecnica fumettistica, scelta che comportò non poche critiche al
momento della pubblicazione. Lo stesso Montanelli, amico di Buzzati, non
comprese pienamente il testo, e il “Corriere della Sera” pubblicò
stroncature di vari autori come Garboli.
D‟altro canto Buzzati, che da tempo si preparava a un lavoro che
4
coniugasse la sua passione per la pittura e per la scrittura, sapeva bene
a cosa andava incontro:
4
“Il fatto è questo: io mi trovo vittima di un crudele equivoco. Sono un pittore il quale per hobby, durante un
periodo purtroppo prolungato, ha fatto anche lo scrittore e il giornalista. Il mondo invece crede che sia
viceversa e le mie pitture non le può prendere sul serio.” (D. Buzzati, “Un equivoco”, in B. Alfieri, Dino
Buzzati pittore, Alfieri, Milano, 1967, p. 7).
7
La tragedia a fumetti nelle note dell‟Orfeo di Buzzati
Sapevo in partenza che Poema a fumetti, libro fatto più di disegni che
di parole, rischiava di avere […] strane accoglienze. […] Confesso
5
che mi aspettavo reazioni di scandalo, di disapprovazione.
Credettero in lui sua moglie Almerina e Arnoldo Mondadori che, già
editore di Topolino, pubblicò il fumetto con la stessa tecnica e con gli
stessi accorgimenti grafici, suggerendo però di cambiare il vecchio titolo
La cara morte.
Poema a fumetti nasce dal bisogno di rispondere a una società
moderna in continuo cambiamento: Buzzati nobilita il genere fumettistico,
sperimentando una nuova forma letteraria e di comunicazione insieme; in
più questo genere, che conosceva il suo boom proprio negli anni
Sessanta, gli permetteva di esprimersi attraverso i due registri artistici che
gli erano più consoni: la pittura e la poesia.
Con l‟Orfeo Buzzati chiude un cammino che era iniziato con Il Deserto
dei Tartari e portato poi avanti in Un Amore: Poema a fumetti è la “summa
6
del suo mondo poetico”, il laboratorio dei temi a lui più cari.
Attraverso omaggi alla cultura artistica, cinematografica, fotografica e
popolare del tempo (Magritte, De Chirico, Picabia, la pop art, Murnau e
Fellini, Irwing Klaw, riviste maschili come Playman), Buzzati sposta
l‟attenzione dalla storia infelice di Orfeo, a quella, altrettanto infelice, dei
morti: il fumetto porta con sé una morale etica che ha come protagonisti i
morti stessi. La catabasi è una scusa per svelare una verità molto più
profonda: Poema a fumetti è in realtà un invito a rivalutare l‟importanza
della morte, perduta per sempre da chi è già nell‟oltretomba, e quindi un
inno alla vita:
Dico: ma qui che cosa vi manca?
Quasi niente. Da qualche tempo hanno messo perfino la tv a colori.
7
Però manca il più importante: la libertà di morire.
5
D. Buzzati, L’autore giudica i suoi critici, “Corriere della Sera”, 8 febbraio 1970.
6
M. Ferrari, I segreti svelati, in AA.VV., Buzzati 1969: il laboratorio di Poema a fumetti, Mazzotta, Milano
2002, p. 116.
7
D. Buzzati, Poema a fumetti, Mondadori, Milano, 2007, p. 96.
8
La tragedia a fumetti nelle note dell‟Orfeo di Buzzati
Accanto alla morale tragica del mito di Orfeo, se ne aggiunge quindi
un‟altra.
La prima parte dell‟analisi verterà proprio su questo punto: è ancora
possibile al giorno d‟oggi godere della tragedia, così come voleva il
meccanismo della catarsi di Aristotele? E ancora: al giorno d‟oggi è
possibile parlare di “tragedia”? Il nostro fumetto può infine considerarsi
tragico?
Partendo da una lunga premessa che offre una panoramica completa
del pensiero di alcuni dei più autorevoli filosofi, applicheremo queste
riflessioni al nostro fumetto, d‟accordo con George Steiner su quella che è
un‟inevitabile morte della tragedia nell‟età contemporanea. Incontreremo,
strada facendo, nuove problematiche ricollegabili al campo di studio che
riconduce all‟estetica, quali le categorie del bello e del brutto, del
disgustoso e dell‟erotico.
Arte imitativa per Platone, fonte di insegnamento per Aristotele, insieme
di epos e lirica secondo Hegel, rassegnazione per Schopenhauer,
apollineo più dionisiaco per Nietzsche: così è visto lo spirito tragico dai
filosofi.
Sarà utile, ai fini della nostra ricerca, ripercorrere quel cammino che era
stato intrapreso da Du Bos e da Burke, che nelle loro opere dimostreranno
come sia possibile essere appagati nel processo di fruizione di una
rappresentazione che, superando un certo limite, sconfina nel territorio del
brutto. Queste riflessioni porteranno alla nascita di un nuovo concetto che
Burke chiama delight: si tratta di un sentimento misto, che tra la nascita di
8
finte passioni enucleata da Du Bos e il meccanismo di auto-
preservazione burkiano, permette una fruizione felice anche degli
spettacoli più violenti, quali una tragedia o un combattimento tra gladiatori,
9
avvicinandosi al sentimento del sublime.
Il concetto di sublime si legherà a quello di terrore e orrore, passioni
capaci di scuotere l‟animo e insieme di elevarlo: Mendelssohn, Schlegel e
8
“L‟arte non potrebbe trovare la maniera di separare le brutte conseguenze di molte passioni da ciò che
esse hanno di piacevole? L‟arte non potrebbe creare, per così dire, esseri di una nuova natura? Non
potrebbe produrre oggetti che suscitino in noi passioni artificiali capaci di tenerci occupati nel momento in cui
le sentiamo e incapaci di causare in seguito pene reali e autentiche afflizioni?” (J.B. Du Bos, Riflessioni
critiche sulla poesia e sulla pittura, Aesthetica, Palermo, 2005, p. 37).
9
“Tutto ciò che suscita tale diletto lo chiamo sublime”(E. Burke, Inchiesta sul bello e sul sublime, Aesthetica,
Palermo, 1985, p. 81).
9
La tragedia a fumetti nelle note dell‟Orfeo di Buzzati
Kant s‟inseriranno nel dibattito settecentesco, che continuerà nel secolo
successivo con le riflessioni di Rosenkranz, Schopenhauer e Nietzsche.
Bello e sublime, bello e brutto saranno i binomi che ci faranno da guida
nella nostra analisi del tragico, come forma artistica da cui si può ricavare
godimento, proprio in virtù di quei meccanismi di fruizione enunciati dai
filosofi sopra elencati.
Si tratterà poi di applicare questi concetti al fumetto e di ritrovare al suo
interno queste categorie estetiche, per dimostrare come, a seconda della
modalità con cui è trattata la materia mitica di partenza, si possa arrivare a
risultati molto differenti: con la contemporaneità, il mito di Orfeo si svuota
in tragicità, sebbene molte tavole di Buzzati, prese isolatamente, portino
sulla pagina elementi angosciosi e “non belli” (basti pensare all‟uso
ossessivo delle bocche e dei volti, ai luoghi metafisici dalle atmosfere
inquietanti, alle contorsioni violente cui sono sottoposti i corpi). Entrano in
gioco nuove categorie estetiche: il grottesco, il disgustoso, l‟erotico e il
pornografico, che vestono lo scheletro tragico del mito di una nuova
coloritura.
È a questo punto che ci verrà in aiuto il saggio di Steiner sulla morte
10
della tragedia: dopo aver analizzato Poema a fumetti con gli strumenti
del tragico, sarà il momento di fare luce sui suoi aspetti più
melodrammatici. Il melodramma, inteso come categoria estetica del
melodrammatico, è, infatti, il genere che, secondo Steiner, è venuto a
sostituirsi alla tragedia, con le sue esagerazioni e la sua artificiosità,
specchio della nuova società che ha perso tutta quella consapevolezza
11
mitica che caratterizzava il mondo greco. A questo punto l‟eccesso sarà
il nuovo filo conduttore della nostra analisi: saranno evidenziati gli aspetti
fumettistici che più si avvicinano al concetto di esagerazione,
abbracciando anche nuovi campi, come, per esempio, quello del kitsch.
A questa prima parte, che non si potrà mai dire veramente conclusa, si
riallaccia la seconda: questa si concentrerà sulla modalità artistica scelta
da Buzzati, cioè quella del fumetto.
10
“Dall‟antichità fino all‟età di Shakespeare e di Racine queste opere sembravano realizzabili. Dopo di allora,
nel dramma, la voce tragica tace o giunge indistinta”. (G. Steiner, La morte della tragedia, Garzanti, Milano,
2005, p. 13).
11
Cfr. G. Scaramuzza, Il melodrammatico come categoria estetica in M. Mazzocut-Mis, Estetica della
fruzione, Lupetti, Milano, 2008, pp. 217-218.
10
La tragedia a fumetti nelle note dell‟Orfeo di Buzzati
Ci si avvale in questa parte di studi precedenti che mettono in luce tutte
le discordanze interne all‟opera, che difficilmente può essere catalogata
come un vero e proprio fumetto. Ciò che ci si propone è di studiare il
fumetto nelle sue componenti precipue, ovvero immagine e parola.
Si ricorderà brevemente la lunga querelle sull‟ut pictura poesis che
aveva animato il Settecento, a partire dal Laocoonte di Lessing, e poi i
secoli successivi con gli scritti di Kant, Schopenhauer e Hegel. Tra
l‟ermeneutica, la linguistica e la fenomenologia, il fumetto sarà analizzato
12
come “forma di comunicazione visivo-verbale”, per dirla con Dorfles,
momento di incontro tra parola e pittura, in un equilibrio che, se non
rispetta le regole grafiche fumettistiche, sottostà a quelle estetiche: il non-
fumetto, così vuole la critica, si caratterizza per la fusione delle due arti e
si trasforma in un‟opera d‟arte sinestetica à la Dufrenne: la sinestesia sarà
al centro della nostra riflessione, l‟occhio e l‟orecchio ci faranno da guida
nell‟analisi del tessuto letterario-pittorico.
Collegandosi al discorso sinestetico farà la sua entrata un nuovo
registro artistico: la musica. Si è scelto, a questo punto, di prendere in
considerazione anche quella che si può considerare la versione in musica
del Poema buzzatiano, e cioè l‟opera lirica Orfeo a fumetti, composta da
Filippo Del Corno per una rassegna di teatro musicale nel 2001.
Come vuole Dufrenne, è il musicista a voler vestire di note un‟opera
letteraria: Del Corno adatterà il fumetto, ispirato dalla sua passione per
Buzzati, per i fumetti e per Orfeo stesso. Un‟opera innovativa, che si serve
di un software molto particolare, capace di ridare sulla scena l‟effetto che
si ha sfogliando le pagine del fumetto: orchestra e cantanti lirici
seminascosti, le immagini e le parole di Buzzati proiettate sugli schermi,
cui danno voce gli artisti, e una sola figura sul palco, Omar Pedrini, l‟Orfeo
rockstar dei giorni nostri.
Seguirà un‟analisi dell‟opera rifacendo lo stesso percorso che era stato
fatto per il Poema: in particolare ci si domanderà come
l‟accompagnamento musicale si fondi con gli altri due registri artistici,
12
G. Dorfles, Il fumetto tra disegno e racconto, in AA.VV, Poema a fumetti di Dino Buzzati nella cultura degli
anni ’60 tra fumetto, fotografia e arti visive, Atti del convegno internazionale Feltre e Belluno 12-14 settembre
2002, Mondadori, Milano, 2005, p. 4.
11
La tragedia a fumetti nelle note dell‟Orfeo di Buzzati
avvicinandosi a quella che Dufrenne chiama “un‟opera transartistica”, o a
quella che Wagner chiama “opera d‟arte totale”; e poi se
l‟accompagnamento della musica aggiunga un quid particolare all‟opera di
partenza, un quid forse tragico, che solo la musica è ancora capace di
risvegliare.
La musica, infatti, considerata da sempre un‟arte isolata rispetto alle
altre arti, sarà la vera protagonista di quest‟ultima parte: con le parole di
Kant e Hegel, Nietzsche e Schopenhauer, si vorrà dimostrare una certa
superiorità della musica, una superiorità per così dire ontologica, dovuta
alla sua natura stessa, che permette di godere anche del tragico, perché
tocca le corde più profonde dell‟anima umana, risvegliando antiche
sensazioni e antiche passioni, nate nel momento di quel c’è preliminare
merleau-pontiano.
Infine, in Appendice l‟intervista a Filippo Del Corno, che concluderà il
nostro “viaggio orfico”.
12
Federica Albertin, La tragedia a fumetti nelle note dell‟Orfeo di Buzzati
CAPITOLO I
IL MITO DI ORFEO
13
1.1 Who’s then Orpheus?
Quello che rimane ai giorni nostri del vasto mito di Orfeo è tutto
essenzialmente riassunto nella fabula amorosa tramandataci
principalmente dagli autori latini: Orfeo è indissociabile dalla sua amata, il
suo cuore batte piuttosto per lei che non per la poesia e la musica.
Tuttavia c‟è stato un tempo in cui Euridice non aveva un nome, neppure
esisteva, un tempo in cui i Greci ravvisavano nell‟eroe tracio non solo il
poeta dall‟amore così potente da fargli affrontare persino l‟Ade: Orfeo era
innanzitutto la Poesia, con la P maiuscola, Orfeo era la sua lira.
Nell‟antichità, Orfeo ha sempre avuto una posizione ambivalente: era
un personaggio che rientrava con forza tra gli eroi ammirati e apprezzati
dagli Ellenici, ma nello stesso tempo non conosceva una vera e propria
collocazione, proprio per la particolarità delle sue gesta. Era sì, tra gli eroi
civilizzatori, come Prometeo. Era anche tra gli eroi che avevano tentato
una discesa nel mondo infernale, come Ercole. Era persino, con Omero
ed Esiodo, un cantore e inventore di miti e storie. Lo ritroviamo, magico
poeta, tra gli Argonautici. E infine la sua testa cantante rispunta a Lesbo,
proferendo vaticini.
Certo è che Orfeo è sempre stato guardato con una certa stranezza:
qualcosa di lui lo allontana da tutte le altre figure del mito. Infatti, i miti
greci sono per lo più tutti incentrati su figure eroiche, di cui vengono
esaltate le virtù marziali: il coraggio, l‟uccisione, il sangue. E la cosa non
sorprende dal momento che la società greca stessa era basata sulla figura
14
dell‟uomo-guerriero. Quello che sorprende è come la figura di Orfeo
abbia potuto adattarsi così bene a questo tessuto mitico e sociale, poiché
è chiaro come egli appartenga a tutt‟un altro mondo: in un contesto, in cui
13
F. Graf, Orpheus: a poet among men, in J. Bremmer, Interpretations of Greek mythology, Croom Helm,
London, 1987, p. 99.
14
Cfr. J. Warden, Orpheus: the metamorphoses of a myth, University of Toronto Press, Toronto, 1982, pp.
18-21.
13
Federica Albertin, La tragedia a fumetti nelle note dell‟Orfeo di Buzzati
la morte, l‟omicidio e via dicendo, vengono eletti maggior valori, Orfeo si
trova in una posizione di chi ridà la vita piuttosto che toglierla, prima
attirando a sé animali e alberi, poi con il tentativo di riportare alla luce la
sua amata.
Nonostante questo “paradosso”, la figura di Orfeo è nata e rinata
attraverso i secoli antichi, arricchendosi di nuovi tratti e specificità, tanto
che si è costretti, prima di avanzare ulteriormente, a fare chiarezza su
questo personaggio: chi è veramente? Di quale Orfeo stiamo parlando?
John Block Friedmanha esaustivamente distinto otto mitemi che
caratterizzano il nostro cantore, mitemi che, nel loro intreccio, ci danno il
ritratto completo di quello che doveva essere Orfeo agli occhi dei Greci.
Schematicamente, i principali tratti sono i seguenti:
1- Orfeo di Tracia, il pastore nato da Eagro o forse dal dio Apollo.
2- Orfeo nelle Argonautiche, come accompagnatore, che con la sua
lira e il suo canto allietava il tragitto in nave.
3- Orfeo il cantore bucolico, che attirava a sé ogni cosa animata e
inanimata.
4- Orfeo il sacerdote di Dioniso e successivamente di Apollo, iniziatore
di riti misterici e inventore di una propria cosmo-teogonia.
5- Orfeo il Poeta Civilizzatore, inventore dell‟alfabeto e di diversi metri
poetici.
6- Orfeo ucciso, dilaniato dalle donne di Tracia o dalle Baccaridi.
7- Orfeo, la cui testa cantante diventa oggetto di culto nell‟isola di
Lesbo.
8- Orfeo, l‟amato di Euridice, che con la sua cetra piegherà il volere
delle divinità infernali.
C‟è da chiedersi se dietro a tutto questo ci sia un personaggio storico,
realmente esistito, ma numerosi dibattiti si sono già rivelati vani: che Orfeo
sia esistito o no, non è dato sapere. Si accoda a quelle altre figure greche,
primo fra tutti Omero, la cui famosa “questione” resta e resterà
probabilmente irrisolta.
14
Federica Albertin, La tragedia a fumetti nelle note dell‟Orfeo di Buzzati
Tuttavia, basandoci sulle fonti, possiamo fare chiarezza su alcuni punti,
a partire dalla genealogia.
La figura di Orfeo si situa in un luogo ben preciso, ovvero in Tracia.
Vedremo che questo non è un caso. Non ci sono dubbi nemmeno sulla
maternità: è Calliope, la Musa “dalla bella voce”, la madre del nostro
citaredo. La tradizione si sfilaccia invece sulla paternità: Orfeo, infatti, è sia
figlio del re tracio Eagro sia del dio Apollo. Pindaro, nella sua IV Pitica, si
dimostra incerto, prima dichiarando la sua discendenza da Apollo e poi
invece nominando Eagro.
Da Apollo giunse poi il sonatore di lira, padre
15
Dei canti, Orfeo molto lodato.
Figlio di Eagro…
16
Orfeo dall‟aurea lira.
Nessun dubbio invece per Asclepiade di Tragilo, che nelle sue
17
, si dimostra certo della discendenza di Orfeo da Apollo.
Tuttavia, la tradizione si ritrova bene o male concorde nel far
discendere Orfeo da Eagro. La presenza di Apollo non è per questo
sminuita: egli è colui che, figlio delle Muse, gli ha fatto dono della sua lira,
ispirandogli la poesia. È il suo padre spirituale, e ciò spiegherebbe le tante
discordanze in seno alla tradizione.
Per quanto riguarda la collocazione temporale, Orfeo visse ancora
18
prima della guerra di Troia, contemporaneo di Eracle. Questo fatto,
insieme alla scelta geografica della Tracia, non è casuale, come anticipato
prima. Infatti, da una parte la data della guerra di Troia fungeva
nell‟antichità come una sorta di spartiacque: prima c‟era un passato mitico,
un po‟ una seconda età dell‟oro; soltanto dopo prende posto la realtà
odierna e la civilizzazione. Dall‟altra parte, la terra tracia era considerata di
per sé una terra particolarmente legata alle Muse, da cui era nata
un‟ampia discendenza di cantori mitici, tra i quali i Tamiri. Tutto sommato,
15
Pind., Pyth., IV, 176-177.
16
Pind., fr 139, 11-12.
17
Cfr. I.M. Linforth, The arts of Orpheus, Arno Press, New York, p. 22.
18
Cfr. Warden, op. cit., p. VIII.
15
Federica Albertin, La tragedia a fumetti nelle note dell‟Orfeo di Buzzati
la scelta di collocare Orfeo in una sorta di preistoria e in un paese
straniero (strano che un personaggio similare non sia greco, ma appunto
tracio), avvalorano la tesi che il citaredo fosse avvertito come estraneo al
sistema, anche se molto vicino al sentimento della popolazione.
Una delle prime comparse di Orfeo è tra gli Argonauti. Si tratta di una
metopa conservata nel museo di Delfi, risalente alla metà del VI secolo a.
C., in cui, accanto al rilievo della nave Argo, compare un particolare
19
musico che porta la scritta .
La prima citazione letteraria, sempre della metà del VI secolo, è del
poeta Ibico: una breve menzione in un frammento lirico è riferita proprio al
“famoso Orfeo”, . Certo, non sappiamo in che termini
fosse questa menzione, ma se non altro possiamo affermare con certezza
che Orfeo fosse già conosciuto nel VI secolo, presumibilmente come
Argonauta, e che ciò è testimoniato sia nel campo artistico sia nel registro
lirico.
Alla fine del V secolo, Orfeo appare come membro della spedizione in
Euripide, nell‟Ipsipile: Orfeo, che canta con l‟accompagnamento della sua
lira, ha assunto il comando dei rematori:
…Presso l‟albero di mezzo, dicevano
la cetra di Orfeo, asiatica di Tracia,
gridava il suo lamento, cantando
i suoi comandi ai vogatori con i lunghi remi,
ordinando ora una rotta veloce,
20
ora un riposo ai remi d‟abete.
Nel 462 a. C., è sempre Pindaro che ci descrive il viaggio di Argo,
annoverando tra gli eroi partecipanti anche Orfeo, insieme a Castore e
Polluce.
Tra il IV e il III secolo, sono importanti da citare due fonti: Apollonio
Rodio e Diodoro Siculo.
Apollonio Rodio è il primo che descrive il vero compito di Orfeo nella
spedizione: egli è un cantore miracoloso e ha il compito di distogliere
19
Cfr. I.M. Linforth, op. cit., pp. 1-2.
20
Euripide, Ipsipile, fr 1, 3, 8-14
16
Federica Albertin, La tragedia a fumetti nelle note dell‟Orfeo di Buzzati
l‟udito dei rematori dal pericoloso canto delle Sirene, di omerica memoria.
Egli, infatti, salva i suoi compagni che remano al ritmo della sua musica,
coprendo con il suo canto le voci delle Sirene:
E anche Orfeo,
levando con la sinistra la cetra, tentava il canto,
e cantava come la terra e il cielo e il mare,
da principio uniti insieme tra loro in una sola forma,
furono separati l‟uno dall‟altro […]
e come nell‟etere abbiano sempre un saldo confine
gli astri e la luna e i sentieri del sole;
21
e come si sollevarono i monti, e come nacquero i fiumi.
Diodorio Siculo, nel tratteggiare una sorta di breve biografia orfica, cita
con poche parole l‟evento della spedizione:
Partecipò anche alla spedizione degli Argonauti, per amore verso la
22
moglie ebbe l‟incredibile coraggio di scendere nell‟Ade […].
Nei vari miti di Orfeo, la musica e la magia della sua musica occupano un
posto centrale. Orfeo è prima di tutto un citaredo, cioè un cantore con la
lira. L‟elemento musicale è quello su cui il personaggio è costruito: senza
la sua musica probabilmente Orfeo non sarebbe nessuno. Ogni sua
comparsa tocca in qualche modo l‟ambito musicale.
In particolare la prova che questo tratto fosse fondamentale al mito, ci
perviene dalla tradizione da Eschilo ed Euripide. Per quanto riguarda il
primo, troviamo un brano nell‟Agamennone, nel momento in cui Egisto
dialoga con il coro:
La tua lingua è contraria a quella di Orfeo:
23
con la sua voce infatti egli condusse ogni cosa nella gioia.
21
Ap. Rhod., Arg., I, 494-511.
22
Diod. Sic., 4, 25, 1-4.
23
Aesch., Agam., 1629-1630.
17