nullnull null INTRODUZIONE AL LAVORO
Affrontare un tema di così grande attualità come la “crisi di impresa” e le
sue possibili vie di superamento appare senza dubbio molto stimolante;
quando, però, si cominciano ad analizzare i casi concreti e le diverse
posizioni assunte nel tempo dalla dottrina economica e manageriale, le
certezze diminuiscono e aumenta notevolmente la difficoltà di
comprensione di un fenomeno che si presenta complesso e con una
miriade di sfaccettature.
Lo scopo di questo lavoro è quello di tentare di incunearsi in una realtà
così poliedrica, cercando prima di comprendere appieno le singole
peculiarità e tentando quindi di fornire un impianto metodologico di base
per l’impostazione di un percorso di risanamento e superamento delle
crisi aziendali, il piø possibile pragmatico ed adattabile a situazioni reali.
L’azienda in quanto tale, può essere definita come “istituto economico
destinato a perdurare nel tempo”; nelle condizioni di normale attività è
pienamente inserita in una realtà ambientale dinamica e quindi soggetta a
periodiche turbolenze durante le quali si possono alternare fasi con
opportunità di crescita e sviluppo ad altre di criticità.
Il “rischio di impresa”, connaturato nell’attività imprenditoriale, ha
dunque origine dal contrasto tra l’ambiente esterno, in continua
evoluzione e le tendenziali rigidità delle strutture operative ed
organizzative dell’impresa e, in condizioni di perdurante squilibrio, può
sfociare nella crisi di impresa.
Nella prima parte del lavoro si è preso in esame il concetto di “crisi di
impresa” all’interno della letteratura e dell’analisi storica di tale concetto,
attraverso l’illustrazione degli innumerevoli studi sulla crisi dei sistemi
economici generali, sui sistemi industriali e sulle crisi settoriali.
Il lavoro, inoltre, cerca di evidenziare la sostanziale differenza tra la
definizione di crisi di impresa da un punto di vista puramente aziendale,
rispetto ad una visione meramente giuridica. Tale differenza è sottolineata
dal fatto che nella letteratura giuridica si prende in considerazione solo
nullnullnull null l’ultima fase della crisi di impresa, cioè lo stato di insolvenza, mentre
nella dottrina aziendale si devono altresì identificare i vari stadi
precedenti.
Dopo aver esaminato e approfondito i fattori che determinano la crisi, per
meglio inquadrarne la dimensione corrente, l’opera riporta una serie di
grafici che rappresentano l’odierna realtà italiana ed europea
relativamente a casi di fallimenti aziendali analizzandone caratteristiche e
dimensioni.
Definiti tutti gli aspetti del termine “crisi”, il lavoro si focalizza su una
possibile soluzione di risanamento, quale il turnaround aziendale,
evidenziando il suo significato etimologico, distinguendolo da altri istituti
(ad esempio riconversione, riorganizzazione), tracciandone l’evoluzione,
inquadrando l’insieme dei diversi attori e delle metodologie per
l’individuazione e la diagnosi dello stato di crisi.
Nella seconda parte del lavoro si individua, in maniera dettaglia, l’iter con
cui si forma e si predispone il piano di ristrutturazione e gli obiettivi
previsti per il risanamento, che determineranno i primi e piø urgenti
interventi, ponendo particolare attenzione anche al confronto e alla
trattativa fra i diversi stakeholder e l’azienda in crisi.
L’elaborato prosegue analizzando nel dettaglio ogni aspetto del
risanamento aziendale, dalla ristrutturazione economico-operativa, con
possibili interventi nella gestione dei costi e delle politiche commerciali,
alla ristrutturazione dell’attivo, evidenziando il ruolo primario dello
smobilizzo del capitale circolante, alla gestione strategica del
cambiamento organizzativo nel medio-lungo periodo e anche
dell’architettura organizzativa societaria.
Si evidenzia altresì il ruolo cruciale degli interventi di ristrutturazione
finanziaria per il sostegno e il superamento di ogni crisi aziendale, che
non possono prescindere da un chiaro e trasparente rapporto con il
sistema creditizio bancario tradizionale.
nullnullnull null Nella parte conclusiva del lavoro, tra le possibili soluzioni, si focalizza
una nuova figura di manager: il temporary management o dirigente a
tempo. Si tratta di professionisti che offrono la loro attività a richiesta
nell’impresa, per un tempo contrattualmente ben determinato, ricoprendo
incarichi di elevata responsabilità e posizione gerarchica. Si analizzano, in
tale contesto, le diverse posizioni contrattuali che possono legare il Tman
all’impresa in stato di crisi, si descrivono le caratteristiche essenziali del
ruolo e del profilo tipico di tale attività, ponendo in evidenza le differenze
con l’attività di consulenza, figura con cui molte volte viene confusa.
Vengono evidenziate a supporto di ciò ricerche e statistiche per verificare
il coinvolgimento dell’azione di temporary management che riguardano la
provincia di Bologna, il mercato italiano ed infine un raffronto con alcuni
dati provenienti da mercati esteri dove tale innovativa figura professionale
è già consolidata da diversi anni (Inghilterra e Belgio).
A conclusione del presente elaborato si evidenzia l’importanza dei
problemi di corporate governance nei processi di risanamento delle
aziende e la relazione tra imprenditori e cultura di impresa.
nullnullnull null G. Zappa “ Il sistema aziendale è una coordinazione economica in atto
nella quale ogni elemento, ossia ogni fenomeno economico, ha la sua
ragione d’essere in corrispondenza agli altri elementi ed allo stesso
complesso”
CAPITOLO 1: L’IMPRESA, L’AMBIENTE IN CUI
OPERA E IL RISCHIO
1.1 Il sistema aziendale
L’azienda è un istituto economico duraturo, che, attraverso atti
profondamente intercorrelati fra di loro e che si susseguono senza
soluzione di continuità, si sostanzia nello “strumento dell’umano operare
in campo economico”.
L’azienda è, quindi, da ritenersi come un insieme ordinato di fenomeni
collegati e coordinati fra di loro, formanti un sistema, ossia “una
combinazione di parti o elementi riunite in un tutto”, volto al
conseguimento di uno scopo comune.
Le prime analisi su tale concetto furono condotte negli anni ’50 da un
biologo americano di origine austriaca, von Bertalanffy, studi e
concezioni che si consolidarono in seguito nella cosiddetta “Teoria
generale dei sistemi”, che ha, poi, trovato ulteriori applicazioni in molti
campi della scienza: dalla medicina alla biologia, dall’astronomia
all’economia Tale teoria consente, attraverso l’analisi delle interrelazioni
delle singole componenti elementari, di analizzare e comprendere le leggi
imprescindibili, i principi permanenti che ne regolano la vita, lo sviluppo
e l’equilibrio.
Gli elementi caratterizzanti un sistema, che ne contraddistinguono il
funzionamento e che possono, tra l’altro, facilmente essere riscontrabili
nella realtà d’azienda, sono:
nullnullnull null • la sua articolazione in subsistemi di ordine inferiore ed in una
molteplicità di parti elementari;
• l’interrelazione delle suddette parti rispetto all’obiettivo comune da
raggiungere;
• il suo legame funzionale con sistemi esterni di ordine anche superiore.
La Teoria dei sistemi, quindi, può essere applicata con successo per
l’analisi del fenomeno aziendale che col tempo si è consolidata nella
cosiddetta concezione sistemica dell’azienda.
Il sistema azienda quale sistema cibernetico, ovvero istituito e governato
dall’uomo per il raggiungimento di un determinato obiettivo, si configura
come:
• dinamico, essendo in continuo movimento verso la ricerca di un
equilibrio tendenziale e comunque di condizioni economiche di
operatività sempre piø favorevoli;
• complesso, essendo costituito da una pluralità di variabili intercorrelate e
complementari che si fondono ad unità;
• aperto, generando una fittissima rete di dipendenze e interrelazioni con
l’ambiente generale e specifico in cui l’impresa stessa si trova ad operare.
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1.2 L’ambiente in cui l’impresa opera
Mentre in passato gli studi economici consideravano l’ambiente come
dato, stabile e facilmente prevedibile e configuravano l’azienda come un
sistema chiuso, tesa all’ottimizzazione dei suoi processi interni, l’attuale
tendenza, è quella di riconoscere l’azienda quale sistema aperto che
genera una fitta rete di legami e interdipendenze con singole variabili
dell’ambiente generale e specifico in cui ciascuna di essa si trova ad
operare e dal quale trae continuamente input ed al quale rivolge, in
prevalenza, i propri output.
L’ambiente rappresenta un insieme di fenomeni o accadimenti che sono
esterni ai confini dell’azienda, ma che direttamente la influenzano, in
modo talvolta rilevante, costituendo per essa fonte di minacce, incertezza
e imprevedibilità, ma, a volte, anche di inaspettate opportunità di
sviluppo. Risulta assolutamente necessario, quindi, per ciascuna realtà
aziendale, riconoscere ed analizzare le diverse variabili che compongono
l’ambiente, le loro esplicite e implicite interrelazioni per individuare il
grado di vulnerabilità aziendale ed eventuali azioni per migliorare la
compatibilità prospettica fra impresa ed ambiente, condizione essenziale
per la sua duratura sopravvivenza.
Le moderne economie sono caratterizzate da uno spiccato carattere di
mutevolezza e dinamicità ambientale, dato l’allargamento dei mercati per
il processo di globalizzazione, lo sviluppo tecnologico, la velocità dei
sistemi di comunicazione e dell’evoluzione dei modelli di consumo; tutto
ciò amplifica e agisce da moltiplicatore della variabilità e complessità
ambientale e quindi mette sempre piø in risalto la necessità della moderna
azienda di conoscere tempestivamente il network delle variabili
ambientali e di correlarsi ad esse in modo positivo.
Secondo la prevalente dottrina le variabili ambientali possono essere
classificate in:
nullnullnull null null VARIABILI GENERALI
• Situazione economica generale: (tasso di sviluppo economico,saggio di
disoccupazione, inflazione, ecc.) rappresenta la variabile fondamentale
per definire correttamente un programma di sviluppo;
• Stato delle istituzioni: (quadro normativo, legislazione vigente, livello di
tassazione dei redditi, politica del lavoro) rappresenta l’elemento
politico-istituzionale
• Livello dei servizi e delle infrastrutture e politica del territorio:
costituisce la variabile fondamentale sia nella genesi di impresa (per
esempio nelle scelte di location), sia nelle dinamiche di successivo
sviluppo;
• Situazione demografica: (indice di mortalità, speranza di vita, ecc.)
elemento fondamentale per direzionare in modo corretto l’offerta di
prodotti/servizi e la politica di marketing;
• Livello di istruzione: elemento indispensabile per le aziende in fase di
reperimento di personale o di manodopera specializzata;
• Tutela ambientale: elemento, in passato, non reputato importante dalla
maggior parte delle imprese. Attualmente rappresenta un elemento critico
per le imprese che ne devono sopportare il maggior carico di costi, ma
può costituire uno status importante in caso di sua difesa o tutela, in
termini di immagine aziendale nei confronti della comunità sociale.
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VARIABILI TECNOLOGICHE
• Livello della ricerca scientifica: se alto, favorisce l’innovazione dei
prodotti o dei processi migliorandone, di conseguenza, la qualità;
• Situazione tecnologica: capacità di saper tradurre le teorie scientifiche
generali e astratte in applicazioni tecniche di immediato utilizzo per le
aziende;
• Conoscenze o know-how: stato delle scoperte scientifiche;
VARIABILI DI MERCATO
• Mercato del lavoro: mercato dal quale l’impresa attinge le risorse umane
con le quali realizzare i progetti di crescita e con cui condividerne gli
obiettivi;
• Mercato dei capitali: mercato all’interno del quale circolano e si
procacciano le risorse finanziarie alimentate tradizionalmente dal
risparmio delle famiglie attraverso l’intermediazione delle banche;
• Mercato dei fattori: mercato dal quale l’impresa attinge l’insieme delle
risorse da immettere nel processo produttivo;
• Mercato di sbocco: è rappresentato dai clienti, dai consumatori in
generale visti come potenziali clienti e, infine, dai concorrenti (cioè le
aziende pronte o potenzialmente capaci di immettere sul mercato lo stesso
prodotto/servizio).
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Figura 1: le variabili generali del sistema economico
1.3 I caratteri delle strutture e il rischio di impresa
L’azienda, secondo la concezione sistemica, si configura come un
complesso – da cum (insieme) e plecto (intreccio, tener unito) – di mezzi e
di energie personali e volta al raggiungimento di un dato fine,
prevalentemente di ordine economico.
Il raggiungimento di tali finalità comporta la presenza in
un’impostazione, di un assetto, in altre parole, di una struttura, in parte
formalizzata e predeterminata, attraverso la quale mezzi economici e
forze umane sono opportunamente combinati fra loro e direzionati verso
un obiettivo comune.
La struttura aziendale può essere considerata nelle sue due principali
articolazioni:
nullnullnull null • struttura organizzativa (differenti criteri di divisione del lavoro o di
coordinamento dei compiti divisi): è considerata la parte relativamente
statica in cui esistono elementi di fisiologica rigidità e di ostilità al
cambiamento.
• struttura operativa: si riferisce all’assetto patrimoniale dell’impresa come
entità e composizione degli investimenti, ma anche alle modalità
attraverso cui l’impresa opera, utilizza le risorse e crea il potenziale
vantaggio competitivo. Al suo interno, esistono quasi dei naturali
elementi di vischiosità al cambiamento come ad esempio le aziende che
tendono a mantenere operativi i fattori a fecondità ripetuta per un lungo
periodo di tempo, pur consapevoli del rischio di obsolescenza.
Per il completamento dell’analisi, occorre considerare, inoltre, un
elemento che accresce il carattere di complessità del sistema aziendale: la
cosiddetta variabilità interna, la quale nasce dalla concomitanza di una
serie interconnessa di fattori quali:
- l’esistenza di strutture organizzative decentrate,
- l’esistenza di strutture operative suscettibili di utilizzazioni alternative,
- strutture organizzate in rete,
- graduale apprendimento ed adattamento del personale ai continui
cambiamenti.
Considerate in modo congiunto, quindi, sia la struttura operativa, quanto
la struttura organizzativa d’impresa, presentano degli elementi di rigidità
che non si combinano ed armonizzano con la “moderna” necessità di
continua innovazione, ed ispirano un concetto fondamentale quale la
flessibilità, intesa come la capacità del deployment dei processi di
adattarsi in maniera efficace ed in tempi rapidi all’era digitale della
discontinuità. Le parole della flessibilità sono: “lean production, lean
organization, lean enterprise”.
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Esse rappresentano le vie della qualità totale, del benchmarking,
dell’ABM, del BPR, dell’empowerment, della learning organization, etc.
Alla flessibilità eccessiva è preferibile una semiflessibilità coordinata e
creativa (problem solving). Alla base della flessibilità è il lavoro in team,
con gruppi di lavoro autonomi, la focalizzazione sul core business e sulle
core competence.
Il termine rischio, caratteristico di chi guida l’azione imprenditoriale,
nasce dall’ineliminabile contrasto fra i fenomeni che caratterizzano la
variabilità nell’ambiente in cui opera l’impresa e la tendenziale rigidità,
sotto la forma della struttura organizzativa ed operativa determinate dalla
resistenza al cambiamento e dal concetto di anelasticità. I rischi analizzati
nella loro interrelazione dinamica ed evolutiva con le manifestazioni
fenomeniche aziendali, vanno studiati, come l’azienda, in un ambito
sistemico, per cui si parla di sistema di rischi.
Il rischio economico generale, non è riconducibile ad alcun fatto concreto
immediatamente individuabile dall’esterno, che invece investe l’essenza
della vita d’azienda. Riguarda la possibilità che l’impresa non abbia una
stabile attitudine a remunerare congruamente, attraverso i ricavi
conseguiti, i costi sostenuti per l’acquisto dei fattori produttivi e tutto ciò
provocherebbe, nel lungo periodo, l’impossibilità, da parte dell’impresa,
di raggiungere e mantenere in modo stabile una condizione di equilibrio
finanziario, economico e patrimoniale.
E’ riscontrabile, inoltre, una serie di rischi economici particolari, che
rappresentano configurazioni piø concrete del rischio economico
generale: tale rischi gravano su ciascun elemento del sistema aziendale.
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1.4 Gli equilibri aziendali
La nozione di equilibrio ha assunto un ruolo centrale negli studi della
dottrina aziendalistica, in particolare si è giunti alla conclusione che esso
non può che configurarsi come:
- dinamico: data la variabilità dei fattori che lo determinano e lo
influenzano,
- prospettico: visti i condizionamenti ed i vincoli che le gestioni trascorse
trasmettono alle future,
- tendenziale: perchØ proteso al raggiungimento di nuove situazioni
favorevoli.
Si richiamano alla mente i concetti aziendali di:
null null equilibrio economico: nasce dalla capacità dell’impresa di generare dalla
vendita di beni e servizi sul mercato, un flusso di ricavi in grado di
coprire i costi sostenuti per i fattori della produzione, e trova la sua
esplicitazione nella relazione:
RICAVI null COSTI
null equilibrio finanziario: deriva dalla capacità dell’impresa di trovare
soddisfacimento alle sue esigenze finanziarie e di far fronte regolarmente
ai pagamenti, essendo stabilmente verificata la relazione:
FLUSSI FINANZIARI IN ENTRATA > FLUSSI FINANZIARI IN USCITA
nullnullnull null null equilibrio patrimoniale: deriva da una stabile prevalenza delle attività,
rispetto al totale delle passività e trova espressione nella relazione:
ATTIVITÀ > PASSIVITÀ
Il raggiungimento prospettico e tendenziale di queste importanti
condizioni di equilibrio rappresenta l’imperativo categorico di ogni
impresa, presupposto essenziale per la continuità nel tempo della sua
attività e base necessaria per la sua sopravvivenza.
L’equilibrio, però, come definito da Pareto, è “quello stato che si
conserverebbe indefinitamente se non sopravvenisse qualche
modificazione nelle condizioni sotto le quali è stato osservato”; esso è
assolutamente dinamico, in continuo divenire, ed il suo raggiungimento è
fortemente condizionato, a volte ostacolato, dal sistema generale dei
rischi.
Anche Schumpeter, criticava fortemente i modelli microeconomici
classici che pervenivano all’analisi di condizioni di equilibrio statico;
egli, infatti, considerava, come il vero fulcro dello sviluppo,
l’imprenditore rappresentato come innovatore, che avrebbe dovuto
incrementare i livelli di efficienza per guadagnare una posizione di
monopolio innovativo che gli avrebbe garantito benefici, anche se,
comunque, transitori.
All’interno di un sistema così definito, l’esistenza di situazioni o periodi
di declino risultano fisiologicamente permanenti. L’impresa deve,
pertanto, imparare a convivere con situazioni di crisi, piø o meno gravi, in
quanto il rapporto tra impresa e sistema ambientale muta e si evolve
continuamente e cambiano le dinamiche di raggiungimento delle
condizioni di equilibrio.
La crisi aziendale può considerarsi come quel particolare momento del
ciclo di vita dell’impresa in cui vengono meno gli equilibri esistenti ed il
sistema si muove, in vario modo, a seconda della sua capacità di adattarsi