9
Introduzione
I continui cambiamenti climatici, la rilevante dipendenza dal petrolio, l’instabilità
politica dei paesi fornitori e la crescente sensibilità ambientale dei consumatori spingono il
mercato dell’auto a continui e profondi ripensamenti delle tecnologie, delle forme d’uso
delle automobili e dei trasporti in generale.
Ai combustibili fossili, infatti, ed in particolare al carbone, è possibile attribuire la
nascita della società attuale: l’inizio della rivoluzione industriale inglese è in larga parte da
attribuire alla presenza in questo territorio di numerosi giacimenti carboniferi. Da questo
momento storico, l’utilizzo dei combustibili fossili è incrementato notevolmente, finendo
per affermarsi, nella seconda metà del ventesimo secolo, come fonte energetica principale:
le quantità di gas serra presenti nell’atmosfera sono sensibilmente aumentate, provocando
un progressivo innalzamento della temperatura del pianeta e determinando significativi
cambiamenti climatici.
In questa tesi si è analizzata una tra quelle che vengono da più parti proposte come
possibile soluzione al problema sopra descritto, analizzando l’evoluzione dei mezzi di
trasporto, il cui rinnovamento ha sempre preconizzato un sostanziale cambiamento delle
abitudini, delle strutture del sistema e dell’ambiente in cui l’uomo vive ed opera.
Negli ultimi anni, tuttavia, nelle aree industrializzate del pianeta, normative sempre
più stringenti hanno costretto i produttori d’auto a migliorare continuamente le tradizionali
tecnologie ed hanno reso necessaria la sperimentazione di nuove soluzioni. Si è così passati
attraverso l’utilizzo dei gas (metano, GPL), del bioetanolo, delle auto ibride (benzina
elettrico), sino all’ultimo sperimentato idrogeno. Ad oggi, nessuna delle alternative citate è
riuscita a raggiungere una posizione tale da potersi imporre come vera antagonista ai
combustibili fossili, nonostante nell’ultimo periodo l’attenzione dei consumatori e dei
produttori d’auto si sia chiaramente orientata verso la tecnologia elettrica.
Negli ultimi vent’anni, tuttavia, grazie all’elettronica portatile, si è assistito ad un
10
progressivo e costante miglioramento dei sistemi di accumulo che da più di
centocinquant’anni hanno rappresentato l’unico vero limite alla diffusione della tecnologia
elettrica per auto.
Grazie all’impegno di governi, costruttori d’auto e produttori di batterie, si è iniziata a
concepire questa nuova modalità di trasporto quale reale alternativa alle auto a combustibili
fossili per gli spostamenti urbani.
Nel primo capitolo di questa tesi si esamina l’argomento osservando i problemi
ambientali causati in larga parte dalle attività dell’uomo ed in particolare dal sistema dei
trasporti, sistema che contribuisce significativamente all’aumento delle emissioni di
sostanze nocive per l’atmosfera. Si prosegue presentando le iniziative internazionali volte
alla riduzione dell’inquinamento e focalizzando l’attenzione sulla necessità di creare un
trasporto sostenibile attraverso l’impiego sempre minore del petrolio quale fonte energetica
primaria.
Nel secondo capitolo si è tentato di individuare quali siano le alternative migliori
all’utilizzo dei combustibili fossili per la mobilità, prendendo in considerazione tutte le
possibili tecnologie applicabili al settore del trasporto su gomma ed evidenziando i relativi
punti di forza e di debolezza di ogni singola soluzione, nonché le prospettive per un
impiego futuro.
Il terzo capitolo si apre con la descrizione dell’evoluzione storica dell’auto,
muovendo dalle incertezze tecnologiche di inizio secolo e dai fattori che hanno permesso
l’evoluzione dei motori termici. Quindi, si passa alla descrizione delle caratteristiche
tecniche delle auto elettriche.
Il capitolo quarto si propone di descrivere alcune tra le soluzioni potenzialmente
meglio in grado di superare i limiti tecnici ed economici dei sistemi di accumulo delle auto
elettriche. In particolare si è cerca quale tra le proposte di business sia la migliore per
diffondere più velocemente la tecnologie elettrica per la mobilità.
Infine, la quinta ed ultima parte, propone lo studio di un caso aziendale attraverso
l’analisi di un’azienda che negli ultimi mesi ha ripensato profondamente il proprio modello
di business, passando dalla produzione di macchinari agricoli a quella di mini city car
elettriche. Quest’azienda, dalle grandi prospettive e ambizioni, ha saputo sfruttare le
11
esperienze maturate in più di cinquant’anni nella produzione industriale al fine di creare un
nuovo prodotto che sfrutti la propria semplicità ed economicità per avere successo in un
settore appena nato come quello delle auto elettriche. L’analisi in questione si conclude con
i pareri e le opinioni dei primi utilizzatori delle auto elettriche.
22
1.2.1 Inquinamento urbano
Uno dei problemi ambientali più gravi a livello mondiale è quello del traffico e del
congestionamento urbano, che riguarda principalmente le grandi città. Si tratta di un
problema, ma anche di un ottimo punto di partenza per creare possibili percorsi di sviluppo,
alla ricerca di alternative per la risoluzione delle difficoltà.
Il congestionamento stradale rappresenta una vera e propria emergenza sanitaria e sociale.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) stima ogni che ogni anno in Europa
l’inquinamento da traffico sia direttamente collegabile alla morte di oltre 100 mila
persone
14
, in conseguenza di malattie dell’apparato respiratorio e del sistema
cardiovascolare causati dall’inalazione di polveri sottili. Dallo stesso studio si evince come
una modesta diminuzione dei fattori inquinanti, realizzabile mediante misure di immediata
fattibilità possa ridurre in modo considerevole il numero delle vittime, abbassando di soli
5µg/m3 i valore del PM10 (polveri sottili) si potrebbero salvare oltre 35 mila persone.
L’inquinamento deriva in gran parte dalla combustione del gas naturale e del monossido di
carbonio da traffico stradale e, di conseguenza, interessa principalmente le aree urbane e le
grandi infrastrutture stradali. L’attenzione è rivolta alle PM10, che a livello nazionale,
secondo i dati APAT
15
, i trasporti stradali contribuiscono per il 30% delle emissioni totali
16
,
seguiti dai processi industriali con il 25,1%, impianti di riscaldamento con il 14,1% e in
fine da altre modalità di trasporto con il 12,5%.
I trasporti sono contemporaneamente una delle principali fonti di un’altra forma di
inquinamento, potenzialmente più grave della prima: quella delle emissioni di gas
climalteranti, causa dell’effetto serra.
Il riscaldamento globale causato dall’effetto serra crea una serie di problemi rilevanti e di
gravità crescente nel corso del tempo: danni all’agricoltura e minacce al sistema alimentare
14
Ottava causa di morte più importante. Fonte: http://www.simi.iss.it/files/Ar_notiziario2003.pdf.
15
Istituto superiore per la ricerca e la sicurezza ambientale.
16
In Veneto la situazione risulta particolarmente problematica. Nel 2005 sono state tre città Venete (Padova,
Vicenza e Verona) a superare per prime i 35 grammi di sforamento dei limiti di sicurezza nazionali (50
microgrammi/metro cubo) di PM10.
23
mondiale, innalzamento del livello dei mari ed erosione delle coste, variazioni climatiche
sempre più ampie ed imprevedibili, processi di desertificazione, fenomeni meteorologici
violenti, riduzione della biodiversità nella flora e nella fauna, e via dicendo, fino a mettere
in discussione la conservazione di un ambiente idoneo ad ospitare la vita sulla Terra.
Secondo l’International Climate Change Task Force i cambiamenti climatici
raggiungeranno uno stato critico e irreversibile entro 10 anni, a meno che non venga
intrapresa un’immediata azione globale per ridurre le emissioni.
L’inasprimento dell’effetto serra è attribuito in gran parte alle emissioni di anidride
carbonica (CO2), connesse, per quanto riguarda le attività antropiche, principalmente
all’utilizzo dei combustibili fossili (fig.1). Contribuiscono all’effetto serra anche il metano
(CH4), la cui emissione è legata ad attività agricole (allevamento), smaltimento di rifiuti,
settore energetico (principalmente perdite) e il protossido di azoto (N2O), derivante
principalmente da agricoltura e settore energetico (inclusi i trasporti) e da processi
industriali; altri gas hanno impatti minori e trascurabili.
Figura 1: Inquinamento da anidride carbonica nelle città italiane.
Fonte: agenzia di Milano per l’ambiente in collaborazione con l’ARPA.
58%
36%
4%
2%
Emissioni
di
CO2
Riscaldamento
Trasporti
Smaltimento
rinulluti
Combustibili
industriali
24
Alla base di entrambe le forme di inquinamento vi è l’uso dei combustibili fossili quale
fonte energetica, che emettono contemporaneamente polveri sottili e notevoli quantità di
anidride carbonica, accumulata nel sottosuolo in milioni di anni e rilasciata velocemente
nell’atmosfera senza la possibilità di un altrettanto rapido assorbimento da parte
dell’ambiente. Dunque ridurre l’uso dei combustibili fossili vuol dire agire su entrambe le
forme d inquinamento. Questo aspetto, unito alla necessità di intervenire su più fronti per la
riduzione dell’inquinamento urbano, rappresenta un’interessante occasione per interventi
sinergici di riduzione degli impatti ambientali.
In questo caso è necessario investire in efficienza (energetica e produttiva), risparmio
energetico e misure di abbattimento, ottenibili in gran parte attraverso l’innovazione
tecnologica (molto spesso già disponibile e applicabile) ed una migliore gestione
dell’ecosistema. Naturalmente è di fondamentale importanza cercare di perseguire, nel
medio periodo, anche una ripartizione modale del traffico più equilibrata verso forme di
trasporto congiunte e uso di combustibili a minore impatto ambientale. Tutti questi
interventi, oltre a creare valore aggiunto, innovazione, occupazione e potenzialmente nuovi
comparti industriali, danno anche un notevole contributo al raggiungimento degli obiettivi
fissati dal protocollo di Kyoto; inoltre permettono di condividere risorse, generalmente
scarse, per raggiungere congiuntamente obiettivi diversi (riduzione dei gas serra e riduzione
dell’inquinamento). Affrontare la questione smog partendo dal settore dei trasporti è
senz’altro corretto per fronteggiare l’emergenza, ma solo mediante un’azione su più fronti,
su vasta scala e a medio termine si potranno rimuovere le cause alla base del problema. In
questo modo si potranno utilizzare al meglio le risorse disponibili per raggiungere
contemporaneamente più obiettivi di salvaguardia ambientale, trasformare i costi
ambientali in investimenti con precisi ritorni economici, creare nuovi settori e nuova
occupazione, e trasformare una situazione di emergenza nell’inizio di un percorso di vero
sviluppo sostenibile.
La prima misura da adottare riguarda un aumento “quantitativo” del trasporto pubblico; in
questo modo, se gestito correttamente, è possibile nel brevissimo periodo ridurre il numero
di auto in circolazione.
Il secondo aspetto, ulteriormente importante, interessa la necessità di migliorare la qualità
25
dei trasporti. Su questo aspetto gli investimenti vanno indirizzati verso il rinnovamento del
parco veicolare, ricorrendo a mezzi tecnologicamente più avanzati e a maggiori rendimenti
energetici ed in fine a combustibili più efficienti e puliti.
In questo senso è molto importante capire quale sia la direzione migliore da seguire,
individuando il modo più efficiente per investire le risorse, considerando la natura del
problema, l’avanzamento tecnologico e il territorio in cui si opera.
È fondamentale non disperdere risorse ed energie verso alternative irrealizzabili che non
fanno altro che rallentare il processo di conversione.
In questo contesto lo stato italiano deve individuare, considerando il proprio territorio e le
risorse di cui dispone, qual è l’alternativa migliore da seguire nel breve periodo, tenendo
costantemente lo sguardo al risultato finale. Devono essere poste le basi per la diminuzione
delle emissioni nocive, attraverso l’utilizzo di combustibili a minor impatto ambientale e
allo stesso tempo predisporre basi solide per il raggiungimento di una tecnologia che possa
permettere la mobilità a “zero” emissioni.
Quello che appare importante è riuscire a trovare una “tabella di marcia” che riesca a
permettere un utilizzo efficace delle risorse, senza sprechi di alcun genere, cioè evitando di
farsi trascinare verso investimenti prematuri con scarse possibilità di successo. Anche
l’alternativa tecnologica giusta, se gestita in modo non corretto, potrebbe rivelarsi un
fallimento.
1.2.2 Investimenti: tra errori e sfide
Negli ultimi vent’anni, nelle principali città della penisola italiana, si è investito molto nella
ricerca di soluzioni alternative per ovviare ai problemi di mobilità e di inquinamento, senza
però riuscire a trovare una valida soluzione al problema.
Citando i casi più eclatanti: a Milano esistono due distributori d’idrogeno sigillati e uno mai
costruito, 108 scooter inutilizzati ed in fine un milione di euro investiti in colonnine
elettriche per la ricarica mai entrate in funzione. A Torino si trovano 20 Panda elettriche a
noleggio mai utilizzate, poi svendute a privati. Nella capitale le cose non vanno meglio: una
flotta di scooter elettrici sono abbandonati in un deposito di auto rimosse. Scendendo lungo
26
la penisola troviamo Napoli con 25 Fiat 600 elettriche a noleggio in disuso, Catania un
centinaio di Fiat 600 e furgoni elettrici inutilizzati ed in fine Palermo 88 Fiat 600 elettriche
vendute all’asta, un attimo prima di arrugginire nei depositi comunali.
Le motivazioni che hanno portato al fallimento di queste iniziative sono diverse, e molto
spesso non è solo colpa delle amministrazioni statali o locali, ma di un’informazione errata
sulle potenzialità di sviluppo delle varie alternative tecnologiche.
Ancora oggi è difficile dire quale tra le viarie tecnologie, presenti nel mercato, potrà un
giorno divenire lo standard che sostituirà, almeno in parte, le auto a combustibili fossili.
Anche se scommettere ora su un’alternativa, come l’auto elettrica, appare sicuramente
molto meno azzardato rispetto a più di 10 anni fa, grazie ai continui miglioramenti ultimati
sui punti deboli di questa tecnologia.
Analizzando da vicino questi investimenti scopriamo che a Catania tra il 1998 ed il 2001 si
è deciso di dare in dotazione ai vigili urbani, in un territorio tutt’altro che pianeggiante,
delle auto elettriche con meno di 20 km di autonomia. Il progetto costò più di 5 miliardi di
Lire e fu abbandonato dopo meno di due anni. Cosa analoga accade a Palermo dove le 88
Fiat 600, costate 40 milioni di lire ciascuna, furono abbandonate dopo il primo ciclo di
utilizzo, cioè quando avrebbero necessitato di un ripristino dei pacchi batteria; in quel
momento ci si rese conto che era meglio abbandonarle l’iniziativa piuttosto che insistere in
un progetto dai dubbi vantaggi e dagli elevati costi
17
.
Casi analoghi si trovano a Torino, Livorno e Brescia; le auto elettriche, Fiat 600 e Fiat
Panda, in questi casi furono acquistate per il noleggio, ma appena la manutenzione passò da
Fiat ai comuni, i progetti furono abbandonati immediatamente, e le auto vennero vendute
all’asta ad un prezzo irrisorio, o peggio abbandonate in qualche parcheggio pubblico.
Di particolare interesse è il caso di Napoli, dove i clienti avrebbero potuto lasciare in sosta
la propria auto in un parcheggio alle porte del centro città, noleggiare
18
una Fiat 600
elettrica, e circolare in questo modo ecologicamente nel centro città, zone a traffico limitato
comprese. Queste auto erano dotate di un piccolo navigatore satellitare, prezioso per
17
Successivamente, parte di queste 88 auto, furono vendute all’asta a privati ad un prezzo che si aggirava
attorno ai 100 mila Lire.
18
Si utilizzava una tessera a scalare al costo di 3 mila Lire all’ora.
27
programmare il percorso migliore. L’esperimento durò circa 3 anni, finché il comune non si
arrese all’impossibilità di sostenere i costi di gestione. Le auto vennero successivamente
lasciate ad arrugginire in un parcheggio della città partenopea
19
.
Considerazioni analoghe possono essere fatte anche per gli scooter elettrici. Il caso più
eclatante è quello di Milano, dove nel 2004 furono acquistati 108 scooter elettrici, al costo
di quattrocento mila Euro, da destinare ai vigili urbani. Come per le auto, l’autonomia delle
batterie e i costi di manutenzione, resero l’iniziativa un vero fallimento.
Oltre a progetti verso la tecnologia elettrica, il 21 settembre del 2004, sempre a Milano, il
presidente della regione Lombardia Formigoni e il sindaco di Milano Albertini
inaugurarono in pompa magna nel quartiere Bicocca, sorto sulle ceneri dell’ex area
industriale Pirelli, il primo distributore urbano a idrogeno. Il sindaco della città e il
presidente della regione si auspicavano che nel arco di pochi anni le auto a idrogeno
sarebbero cresciute in modo esponenziale fino al dominio nella circolazione all’interno
della città. Ad oggi questa tecnologia non è ancora riuscita a raggiungere un’efficienza tale
da consentirle la diffusione.
Concludendo, l’analisi di questi casi, presenti non solo nelle città menzionate, ma anche in
molte altre, si valutano i motivi che hanno portato al fallimento di queste iniziative.
Considerando prima di tutto la tecnologia dell’auto elettrica, l’avanzamento tecnologico
raggiunto nel 1998, era insufficiente per garantire il successo di questo tipo d’investimento.
Infatti, è improponibile pensare che, senza un’adeguata rete di servizi di rifornimento, auto
con un’autonomia di soli 20 km potessero avere un’utilità per i vigili urbani o per i servizi a
noleggio. Inoltre la scarsa informazione ha fatto in modo che si trascurasse il problema
relativo ai costi di manutenzione delle batterie; le quali ogni due anni, in condizioni di
utilizzo ottimali, dovevano essere sostituite ad un costo pari al 10-15% dell’auto
20
.
19
Alcune di queste Fiat 600 furono ricondizionate, ad un costo di circa 4 milioni di Lire ciascuna, e donate ai
vigili urbani, ma anche in questo caso il scarso utilizzo e l’arretratezza tecnologica delle batterie ha fatto si
che dopo pochissimo tempo divennero nuovamente inutilizzabili. Fonte: Quattroruote.
20
Le batterie utilizzate in queste auto erano al piombo; questa tecnologia non permette una vita utile molto
lunga, inoltre questo tipo di accumulatore, se non utilizzato in modo corretto, deperisce molto velocemente.
28
Anche per quanto riguarda la scelta di creare un distributore a idrogeno a Milano nel
2004
21
, quando ancora in commercio non esisteva un auto con questo tipo di tecnologia,
sembra un investimento al quanto prematuro e azzardato.
Alla luce delle considerazioni fatte fin ora, le auto elettriche nel 1998 e le auto a idrogeno
nel 2004, rappresentavano delle alternative alle auto a combustibili fossi ancora immature
per rappresentare una valida alternativa.
Non tutte le iniziative intraprese alla fine del secolo scorso hanno avuto esito negativo.
Reggio Emilia, in occasione della settimana europea della mobilità, grazie agli enormi
sforzi compiuti negli ultimi dieci anni, nel 2008 è stata nominata prima città elettrica
d’Europa, contando oltre 250 auto elettriche ad uso sia pubblico che privato.
A distanza di oltre dieci anni da questi primi impegni in campo ambientale, intraprendere
un’iniziativa sulle auto elettriche, simile, per citare un caso a quella di Napoli, non sembra
più un’utopia, infatti, grazie agli enormi passi avanti compiuti nei sistemi di accumulo delle
auto elettriche, oggi è possibile offrire un servizio che possa soddisfare a pieno le esigenze
sia pubbliche che private.
In questa direzione si sta muovendo il progetto E-Mobility
22
Italy, dove Daimler Smart ed
Enel hanno lanciato nel novembre 2009 il più grande progetto mondiale congiunto per la
mobilità elettrica. L’iniziativa renderà possibile la diffusione e l’utilizzo efficiente di
veicoli elettrici dotati di tecnologie all’avanguardia, grazie allo sviluppo di infrastrutture su
misura per i clienti, in grado di fornire servizi sicuri e capillari.
L’auto elettrica, come si legge nel sito, esce dai saloni espositivi per “elettrizzare” le strade
di Roma, Milano e Pisa attraverso 100 Smart elettriche
23
. I primi automobilisti che
guideranno quest’auto lo potranno fare iscrivendosi al sito www.e-mobilityitaly.it,
21
Nel 2004, inoltre, mancavano norme che permettevano nel suolo pubblico distributori di idrogeno. La
normativa in questa materia è arrivata solo nell’agosto del 2006.
22
Il progetto “E-Mobility”, già avviato a Londra alla fine del 2007 con la versione precedente della Smart, ha
l’obiettivo principale di raccogliere le prime esperienze relative all’utilizzo delle vetture elettriche in
condizioni reali. Il feedback dei clienti dell’esperienza londinese è stato molto positivo, per questo si è deciso
di avviare l’iniziativa in tutte le capitali europee.
23
La Smart ForTwo electric drive, arriverà in Italia nel 2010 è sarà fedele sia in termini di design che di
allestimenti all’attuale Smart ForTwo.
29
compilando un questionario; i 100 selezionati avranno l’onore di poter guidare l’auto
elettrica da febbraio 2010.
Attraverso questa iniziativa, Daimler ed Enel intendono creare le condizioni per guidare
vetture elettriche a zero emissioni attraverso un’idonea rete di ricarica. In ogni vettura sarà
presente una “on-board unit” che comunicherà con l’infrastruttura di rifornimento.
Quest’unità oltre a ricaricare la batteria contribuirà a raccogliere preziose informazioni
sull’utilizzo delle vetture stesse. Ogni utente, che avrà il privilegio di poter guidare la Smart
electric drive, sarà dunque reso protagonista in prima persona di un nuovo contesto di
mobilità, contribuendo contemporaneamente sia allo sviluppo di quest’auto che di questa
tecnologia.
Milano e Roma usufruiranno di 35 vetture mentre Pisa delle restanti 30. I 100 prescelti
pagheranno un canone per il leasing dell’auto (dunque saranno clienti del servizio), e
saranno scelti in modo da costituire un campione statistico attendibile di tutte le tipologie
possibili di utilizzo dell’auto elettrica. Il canone mensile straordinario sarà di 400,00 euro
più IVA per una durata complessiva di 48 mesi, e comprenderà il noleggio, la
manutenzione ordinaria e la garanzia per tutta la durata del progetto. Per usufruire di un
rifornimento flat (illimitato), sia da casa sia attraverso le 400 colonnine che saranno
installate, è necessario aggiungere ulteriori 25 euro al mese.
Le vetture coinvolte nel progetto, Smart ForTwo, monteranno un motore elettrico da 30 Kw
(41 Cv), che sarà equipaggiato con batterie agli ioni di litio fornite da Testa Motor inc.,
dalla capacità di 17 kWh in grado di garantire una percorrenza di almeno 135 km. La
velocità massima di 100 km/h delle vetture sarà adeguata sia ad utilizzo urbano che su
strade a percorrenza veloce. Per la ricarica completa occorreranno circa 7 ore, mentre in 3-4
ore sarà possibile effettuare la ricarica veloce (che copre tra il 30 e l’80% della batteria). In
questo progetto pilota sarà utilizzata solo energia prodotta senza emissioni di CO2
24
; in
questo modo ciascuna Smart consente di risparmiare, rispetto ad un veicolo tradizionale di
media cilindrata, circa 1,5 kg di CO2 per ogni 10 chilometri.
24
RECS (Renewable Energy Certificate System) è un sistema di certificazione a livello internazionale volto
alla promozione e allo sviluppo nel mercato dell’energia prodotta da fonti rinnovabili.
30
Le auto potranno essere ricaricate attraverso la rete domestica oppure con apposite
colonnine attrezzate da Enel, le quali utilizzano la tecnologia alla base dei contatori
elettrici, grazie ai quali, gli automobilisti potranno informarsi in tempo reale (via internet)
su quali siano i punti di ricarica liberi. Queste mini stazioni di rifornimento si avvarranno di
software in grado di riconoscere i dati dell’auto del cliente, e quindi di prelevare dalla
bolletta dell’utente il costo della ricarica.
Leggendo un’intervista al responsabile del progetto in Italia, Andrea Zara, si capisce come
vi siano ancora alcuni punti interrogativi da risolvere.
Il problema principale riguarda lo sviluppo delle reti e delle tecnologie, “non si tratta solo
di vendere energia, ma di sviluppare un nuovo approccio alle reti, e di estendere l’offerta
dei servizi servendosi dell’ICT”. Continua dicendo: “Enel costruirà infrastrutture di ricarica
nelle città con 400 punti in ognuna, sia in ambito domestico (presso il cliente) che pubblico.
Per quanto riguarda gli standard dei collettori di ricarica siamo già a un punto di guado,
poiché, ne abbiamo uno vigente e uno in formazione, che però non è ancora stato
normatizzato, la nostra idea è quella di supportarli entrambi. La scommessa più
impegnativa riguarda lo sviluppo tecnologico delle batterie; questo significa abbassare i
prezzi
25
e aumentare allo stesso tempo l’autonomia, ancora insufficiente. Il punto di forza
del progetto riguarda lo scambio continuo di informazioni tra l’infrastruttura e veicolo”.
Gli investimenti sul territorio italiano, all’insegna della mobilità pulita, si susseguono negli
anni senza riuscire ancora a trovare una vera svolta. Il progetto E-Mobility Italy, anche se
ancora nella sua fase iniziale, sembra aver trovato il modo per riuscire a “spaccare il
ghiaccio”, permettendo in questo modo, un primo vero approccio alla tecnologia elettrica.
La speranza è che non ci si fermi alle prime avversità, com’è accaduto in passato, ma si
cerchi di risolvere i continui problemi che sorgeranno, in modo da poter sviluppare una
tecnologia elettrica che, finalmente, pare abbia trovato delle basi solide sulle quali
diffondersi.
25
Attualmente il costo di un pacco batterie si aggira attorno agli 8.000 euro.
31
1.3 Standard europei sulle emissioni inquinanti
Dal 1992 ad oggi, per cercare di diminuire le immissioni di sostanze nocive da parte degli
autoveicoli, sono stati imposti ai costruttori limiti sempre più severi.
Tabella 1: Normative sulle emissioni di CO2 in Europa.
AUTO A BENZINA
Direttive Anno CO2 HC+NOx Particolato
- 1983* 100 100 -
- 1990** 36 34 -
Euro 1 1993 13 17 -
Euro 2 1996 11 9 -
Euro 3 2000 7 5 -
Euro 4 2005 3 2 -
Euro 5 2009 1 0,06 -
AUTO A GASOLIO
Direttive Anno CO2 HC+NOx Particolato
- 1983* 100 100 -
- 1990** 36 34 100
Euro 1 1993 13 17 52
Euro 2 1996 5 16 37
Euro 3 2000 3 9 19
Euro 4 2005 2 5 9
Euro 5 2009 0,5 0,675 0,5
*fatto 100 il valore previsto nel 1983 per CO e HC+NOx
** fatto 100 il valore del 1990 per il particolato
Co = ossido di carbonio
HC+NOx = idrocarburi incombustibili + ossidi d'azoto
Fonte: www.ecoage.it
Gli standard europei sulle emissioni inquinanti sono una serie di limitazioni imposte sulle
emissioni dei veicoli venduti degli Stati membri dell'Unione Europea.
32
Si tratta di limitazioni, identificati con la sigla Euro- seguita da un numero, che vengono
introdotti progressivamente dalla Comunità Europea, dalle caratteristiche sempre più
restrittive, che riguardano le emissioni dei veicoli, misurate in g/kWh per i veicoli
commerciali pesanti e in g/km per gli altri veicoli.
Dal momento dell'entrata in vigore di uno di questi limiti, le case automobilistiche devono
terminare la vendita di nuovi veicoli con gli standard precedenti.
Analizzandoli uno ad uno, a partire dal 1992, le norme, sui limiti di emissioni di sostanze
nocive, sono diventate sempre più restrittive, costringendo le case automobilistiche a
investire fortemente nella ricerca di alternative che potessero rispettare queste barriere. A
tal proposito, oltre ai continui miglioramenti incrementali nei motori a combustibili fossili,
i costruttori di tutto il mondo, si sono visti costretti a spostare gradualmente le proprie
produzioni verso nuove tecnologie a emissioni zero.
Euro1 è il nome di un insieme di standard sulle emissioni che si applica ai veicoli stradali
nuovi venduti nell'UE, nell'ambito di una politica volta a ridurre l'inquinamento
atmosferico, e sulla base degli studi relativi alla chimica ambientale sugli inquinanti di
fonte veicolare, introdotto nel 1992 limita le emissioni per le auto a 8 g/kWh di NOx e (per
le sole vetture diesel) 0.36 g/kWh di polveri fini (non vengono stabiliti limiti di emissione
per le vetture a benzina poiché la combustione di tale carburante ne produce in quantità
minima).
Le norme di riferimento, per i veicoli Euro1 a benzina immatricolati dopo il 1º gennaio
1993 sono:
• 83/351 CE rif. 91/441 CE
• 88/77 CE rif. 91/441 CE
• 88/436 CE rif. 91/441 CE
• 89/458 CE
• 91/441 CE
• 91/542 CE punto 6.2.1.A
• 93/59 CEE con catalizzatore