CAPITOLO 1
LA MEMORIA: ASPETTI
ANTROPOLOGICI, NEUROBIOLOGICI
E PSICODINAMICI
Jacob Vassover, Music
1.1.
Ricordare per esistere
a demenza che molto frequentemente accompagna la vita dell’uomo per molti
anni denuncia la perdita crudele delle sue facoltà in un declino inesorabile.
LLa memoria, questo grande “imputato” deputato al ricordo, così colpevo le di
abbandono nelle demenze, ha custodito nella sua profondità una piccola sede che
conserva quanto di più importante e segreto possiede l’uomo: le sue emozioni; esse
vivono nell’amigdala e quando una melodia evoca il loro richiamo, tutto il nostro
essere ne è permeato e ci fa rivivere ciò che ci ha fatto emozionare attraverso la
musica che lo ha connotato di significato.
La demenza di Alzheimer (AD) non cancella la memoria musicale, non annulla il
legame che ci fa appartenere al passato.
Un recente studio analizza il caso di un anziano musicista di 82 anni affetto da AD che
aveva conservato la capacità di suonare al piano composizioni precedentemente
apprese, sebbene non riuscisse a identificare il compositore o il titolo di ogni lavoro.
Egli aveva preservato l’abilità di apprendere nuove informazioni leggendole a
specchio; non era tuttavia in grado di ricordarle o di riconoscerle.
Nelle AD sono relativamente risparmiate la memoria procedurale anterograda e
retrograda.
Recentemente si è indagato sul funzionamento della memoria sia in soggetti normali
sia in persone amnesiche facendo una distinzione tra memoria procedurale o
informazioni basate su competenze apprese, implicite e inconsapevoli e memoria
dichiarativa o informazioni basate su specifici fatti acquisiti esplicitamente e con
deliberata intenzione.
Gli studi hanno dimostrato che la memoria procedurale e quella dichiarativa non
sono compromesse in modo uniforme nei pazienti con danno neurologico.
A tale proposito viene riportato il caso accennato: un anziano musicista che aveva
lavorato per 40 anni come editore musicale, per tutta la vita adulta aveva suonato il
piano per due ore al giorno, aveva insegnato musica ai suoi bambini e durante la
cena lui e la sua famiglia erano soliti ascoltare musica. Spesso interrogava i bambini
9
chiedendo il nome del compositore di ogni pezzo che ascoltavano. La sua storia
clinica comprende un ictus e un incidente automobilistico con transitoria perdita di
coscienza. La storia familiare invece informa che suo padre si ammalò di demenza
all’età di 70 anni.
Durante la richiesta di performance egli aveva mantenuto l’abilità di suonare pezzi di
musica classica, ma non riusciva a ricordare il titolo né il compositore, sebbene nel
repertorio ci fosse la V sinfonia di Beethoven. Egli era anche in grado di continuare a
suonare pezzi a lui noti, iniziati dall’esaminatore. Non aveva idea di chi fosse il
compositore o il titolo anche se gli si mostrava la lista che li conteneva.
Presumibilmente il substrato anatomico della memoria procedurale include i circuiti
striato-prefrontali così come il substrato della memoria dichiarativa include i circuiti
di connessione con l’ippocampo, subiculum e corteccia associativa.
Gran parte della patologia dell’AD interessa queste ultime regioni che sono
probabilmente responsabili del decadimento della memoria dichiarativa in questi
pazienti. Nel caso analizzato, la capacità di suonare composizioni precedentemente
apprese rappresenta l’uso di un particolare tipo di memoria procedurale che è
immagazzinata in parte del neostriatum, un’area del cervello risparmiata fino
1
all’ultimo stadio dell’AD.
L’Alzheimer non cancella la memoria musicale e anche quando lo stadio della
malattia è avanzato l’ascolto di una melodia evoca un’emozione, un ricordo legato al
brano. Un esperimento di questo tipo è riportato in uno studio effettuato nel centro
per lungodegenti “Les Mesanges” di Hoenheim, nei pressi di Strasburgo.
Per alcuni mesi i ricercatori hanno studiato un gruppo di persone colpite da
Alzheimer a diversi stadi e hanno proposto loro ascolti di brani di musica popolare
francese e tedesca. E’ noto che queste persone non riescono a ricordare fatti in
maniera volontaria, mentre l’accesso alla memoria può avvenire in maniera
involontaria. I pazienti, infatti, dopo aver ascoltato un brano, immediatamente
ricordavano la musica, le parole e i fatti legati a quel motivo, le loro emozioni.
L’équipe successivamente ha proposto brani di musica africana senza suscitare
2
reazioni.
Il nostro orecchio, fin dalla vita prenatale, è abituato alla musica tonale, quella
occidentale, con tutte le convenzioni dell’armonia classica che fanno parte della
nostra storia.
Il sistema tonale è composto di abitudini e modi di percepire che fanno parte della
nostra genetica e che sono condizionanti, inconsapevolmente, durante l’ascolto;
questa impronta ci permette di memorizzare facilmente, naturalmente la musica.
Ad ogni ascolto entra in gioco il nostro sistema negli elementi che lo compongono
(intervalli, timbri, ritmi, intensità, armonie) e che ha formato la nostra cultura tonale.
Nel ‘900 si sono oltrepassati i limiti della tonalità e la memorizzazione ne ha subito le
conseguenze. La melodia e l’armonia dei suoni non ricerca più la tonalità ed esse non
fanno più parte della centralità dell’opera.
1
H.A. CRYSTAL, E. GROBER, D. MASUR, Preservation of musical memory in Alzheimer’s disease, Journal
of Neurology, Neurosurgery and Psychiatry, 1989, 52: 1415-1416
2
S. RAGNI, Musica e memoria: Arteterapia geriatrica, Rivista “Artiterapie”, n° 3-4, 2003
10
Un ascolto di musica tonale sedimenta nella memoria elementi di significato,
mentre un brano di musica atonale fa procedere in un cammino sconosciuto senza
un prima e un dopo, lasciando l’ascoltatore in mezzo al caos.
Certamente non può assimilarsi alle cadenze organiche che fanno parte dell’uomo,
dei suoi ritmi vitali segnati dal ritmo-tempo e induce alla perdita di equilibrio.
“Il tempo musicale è circolare, prevede un archetipo come la struttura ABA, si
alimenta di ricorrenze e tracce riconoscibili; la musica strutturalista degli anni ’50 del
Novecento è la negazione della musica decretando il dominio dell’istante sulla
3
memoria”.
La proposta in un setting musicoterapico di musiche appartenenti alla cultura del
paziente e alla sua estrazione sociale, percorrerà quel sentiero privilegiato che
ridona il tempo a chi ha perduto il tempo, come ricorda Thomas Mann “Il tempo mi
4
ha perso e io ho perso il tempo”.
Adorno teorizza l’ascolto in un sistema categoriale detto “ascolto responsabile”,
fondato cioè su di un’azione categorizzante basata sull’a priori di un sistema
categoriale universale.
L’universalità di Adorno non è biologica come la vedeva Kant, ma universale in
quanto propria di una certa cultura, la nostra, e quindi soggetta a una evoluzione
storica. La visione di Adorno è storico-sociale, risultato di un innumerevole numero
di ascolti e appare come una competenza musicale tecnica.
Per Adorno la competenza è possibile soltanto in quanto “tonale” e soltanto la
tonalità permette di capire in tempo reale la struttura del brano anche senza vedere
la partitura. Egli vede l’ascoltatore ideale collegare tutti gli elementi di un brano in
una struttura significativa, una forma che prende vita soltanto nel tempo e attraverso
il tempo e capace di darle forma nel suo divenire, nel suo manifestarsi nel corso
dell’ascolto.
Adorno rimane all’interno del classicismo (viennese) a cui si riferisce e che gli
permette di giudicare qualsiasi tipo di forma musicale.
Egli si riferisce alle Sinfonie di Beethoven che ritiene capaci di produrre
nell’ascoltatore un effetto di “sospensione del tempo”, un attimo di immortalità che
è regalata a chi sa ben ascoltare.
La prima battuta di una sinfonia classica si percepisce solo quando si è sentita anche
l’ultima: l’ascoltatore responsabile contiene in sé la competenza “tonale” che gli
permette di trovare nel primo suono l’anticipazione di ciò che verrà, il non ancora
5
stato. Nella “sospensione del tempo” di Adorno, nell’attimo di immortalità c’è tutto
il mistero della musica, la sua magica potenza.
3
G. NUTI, Memoria e stile, pdf, in www.scuole.vda.it, ultima consultazione 23 marzo 2010
4
T. MANN, La montagna incantata, Corbaccio, Milano, 1992
5
S. ZURLETTI, Le componenti Kantiane nella teoria dell’ascolto responsabile, in www.siba2.unile.it,
11
1.2
Importanza della memoria nelle culture tradizionali
lla domanda “Chi sono io?” si può rispondere con le parole di Lacan: “Tu sei la
tua storia”. Il passato, tutto ciò che è avvenuto e in noi ha lasciato un segno,
Aun ricordo, fa tanto parte di noi da essere un tutt’uno, un’unità inscindibile.
Ma di noi fanno parte anche tutti gli avvenimenti dei nostri avi, di chi ci ha preceduto,
di chi ha frequentato i luoghi dove noi abitiamo e noi faremo parte della memoria di
chi ci seguirà. Il passato si lega al presente come in un “ascolto responsabile”: il
primo ricordo contiene anche l’ultimo, causa ed effetto del primo. Il singolo
ricompone a ritroso la propria storia e ricompone la memoria collettiva di cui è parte
integrante.
6
Walter Benjamin in “Infanzia berlinese” ricerca i luoghi della memoria, dell’infanzia,
che per lui ebbe una grande importanza, testimoniata anche dalle numerose
recensioni di libri per bambini e dall’immensa collezione appassionata di
Kinderbücher illustrati che curò minuziosamente per molti anni. L’infanzia per lui è
imparentata alla follia ed è il patrimonio del passato; ha lo sguardo incantato
rivolto alla vita. Nei ricordi dell’infanzia, che presagivano promesse, c’erano luoghi,
strade, colori e suoni che hanno dato significato a spazi e ambienti e hanno restituito
sensazioni uniche e irripetibili.
“La storia è oggetto di una costruzione il cui luogo non è il tempo omogeneo e vuoto,
7
ma quello pieno dello Jetzt-Zeit, del tempo-ora”. Tempo-ora ricco di significati che
si sedimentano nella nostra memoria e in quella della collettività.
E’ nell’infanzia che si radicano i ricordi fondanti il nostro passato, si consolidano le
nostre radici; insorgono difficoltà e disagi tremendi quando si perdono le radici, fatte
di usi, costumi, musiche, valori della propria terra.
Basti pensare allo sradicamento degli immigrati, non tanto per loro che si sono stretti
in piccole comunità dove vivono le tradizioni e riescono a mantenere seppur in
difficoltà la loro identità, ma per le seconde generazioni che hanno perduto le radici
della terra d’origine e ancora non ne hanno nel paese di accoglienza. Qui sorge il
disagio che si esprime nell’abuso di alcool, droga, atteggiamenti antisociali.
La musica è un fortissimo legame, elemento fondante e unificatore di ogni cultura.
Accompagna ogni momento importante della vita della comunità: i riti religiosi, i
matrimoni, le nascite, i banchetti e anche l’ultimo viaggio. Persino nei cimiteri la
musica classica suona ininterrottamente quasi a voler allietare l’anima di chi non c’è
più.
Il corpo esprime i sentimenti attraverso la musica e ogni regione ha balli di gruppo
tipici, così come strumenti, percussioni che rendono particolari e uniche le musiche e
i ritmi che da secoli sono tramandati fino a noi e che danno voce all’identità di un
popolo.
6
W. BENJAMIN, Infanzia berlinese, Einaudi, Torino, 2007
7
W. BENJANIN, Angelus novus, cit., quattordicesima tesi, p. 80
12
L’identità è una costruzione simbolica che nasce dalla memoria sia per il singolo sia
per la comunità; si forma con la modalità della selezione naturale, esprimendo un
pensiero comune agli individui che appartengono a una data collettività, pensiero che
8
si è delineato mediante una selezione sociale.
Gli studi su memoria e identità collettiva hanno inizio nel 1920 ed è Emile Durkeheim
che indaga per primo l’argomento come un fenomeno sociale. In seguito Maurice
Halbwachs (1976,1987, 1988) definisce meglio il concetto di memoria collettiva, cioè
il ricordo di un passato condiviso, tracciando tre coordinate che ne costituiscono la
possibilità di esistenza:
1. Coordinate spazio-temporali determinate
2. Una relazione simbolica del gruppo con se stesso
3. Una ricostruzione continua della memoria stessa
Tutti i gruppi elaborano una memoria sociale alimentata da un fondo comune di ricordi
che sono messi in relazione a uno spazio e a un tempo; essi sono tracce di memoria
ripercorse o fisicamente o con l’immaginazione.
Può trattarsi di luoghi che hanno assunto un significato da azioni, riti, gesti condivisi
avvenuti in un dato luogo e che assicurano l’identità del gruppo, rappresentando il Sé
collettivo condiviso.
Si tratta di elementi che nello spazio e nel tempo offrono un’immagine di permanenza
9
e stabilità ( Halbwachs, 1987)
Halbwachs afferma che il gruppo elabora una memoria di sé incentrata sul gruppo
stesso contrapponendosi ad altri, selezionando elementi propri che si diversificano da
quelli di altri gruppi. La durata del gruppo viene considerata “eterna” come l’anima
immortale.
Il filtro attraverso il quale è ricostruita la memoria collettiva è formato da vari fattori
che mutano in relazione al presente che viene percepito come un passato ricostruito.
La memoria è una selezione sociale del ricordo che è socialmente ricostruita tramite un
lavoro selettivo che comprende o esclude rappresentazioni.
Ogni società ha una memoria di sé che dà una visione del proprio passato. Le
rappresentazioni del passato possono spiegare il presente (Lacan, “tu sei la tua storia”)
che implica la consapevolezza di ciò che non si è rispetto a ciò che saremmo potuti
essere anche rispetto a ciò che sono altre culture, altre società…
Come avviene nel singolo individuo i ricordi sono emotivi, passionali, evocativi. La
memoria quindi non è una “registrazione del passato”, ma una rappresentazione del
passato ottenuta attraverso il ricordo da un lato e l’oblio dall’altro; essa non è un dato
naturale, ma come nel singolo, una costruzione culturale.
Il fenomeno della memoria è frutto dell’assunzione di determinati elementi connotati
di significato simbolico e allo stesso tempo è frutto della rimozione di altri elementi,
secondo un’attribuzione di valori condivisi.
8
U. FABIETTI, V. MATERA, Memoria e identità, Meltemi, Roma, 1999, p. 9
9
Citato in U. FABIETTI, V. MATERA, Memoria e identità, Meltemi, Roma, 1999, p. 9
13
Di conseguenza la memoria è il risultato del ricordo e dell’oblio. Anche la memoria
collettiva adotta lo stesso processo.
Le forme di registrazione e di conservazione sono molteplici: può essere conservata in
forma di racconto orale o scritto o in altra forma; la scrittura è un importante mezzo di
costruzione che non impedisce la memoria tramandata oralmente che spesso ha vita
propria e può essere in contrasto con la scrittura.
Leggende, miti, usi, riti, canti, tramandati oralmente in veglia, la sera davanti al fuoco
hanno una vita propria che cresce in direzione spesso divergente dalla scrittura, ma
accade spesso che i due mezzi interagiscano: per esempio con l’alfabetizzazione di
massa.
La memoria sia essa dell’individuo o del gruppo è la connessione tra passato e
presente che fonda l’identità personale o collettiva. Un gruppo, come un singolo, è in
grado di riprodurre la sua identità attraverso la memoria. Si può affermare il presente
attraverso la continuità col passato rispettando la tradizione, esaltandola, celebrando e
commemorando il passato arrivando fino all’oblio.
La memoria collettiva si ricostruisce continuamente attraverso il ricordo del passato
riproposto o vietato nel presente, caratterizzandosi come una memoria culturalmente
determinata, creando un’identità che rappresenta l’obiettivo di ogni strategia culturale
della memoria e/o dell’oblio.
Il ricordo di spazi, tempi e luoghi connotati di significato, riconduce al pensiero di
10
Walter Benjamin in Infanzia berlinese e ai percorsi significativi fatti dai bambini per
andare a scuola, pieni di voci, rumori, suoni, odori, colori, che, memorizzati, venivano
continuamente ricostruiti mentalmente dall’autore adulto e lontano da Berlino.
Nella memoria collettiva, spazi, ambienti, tempi, azioni sono comuni al gruppo che è
reso coeso da storie, racconti, musiche, balli del passato rappresentati nel presente.
Il senso di appartenenza si sviluppa negli individui che compongono il gruppo ed è
costituito da tutti quegli elementi condivisi e connotativi che ne costituiscono la
memoria.
La musica è un elemento fondante importantissimo nelle culture; ha un grande potere
comunicativo ed essa può esprimere ciò che le parole non possono dire ed entra in
aree del pensiero e del sentimento appena sfiorate dai concetti.
Su tutta la terra la musica è un linguaggio che esprime ciò che è indicibile; il suo potere
di palesare ciò che i concetti non riescono a rappresentare ne fa un linguaggio
simbolico comune a tutti i popoli della terra.
La danza e il canto, quando sono tipici di una comunità, sono elementi molto
aggreganti e distintivi. Gli strumenti usati, il modo e il materiale con cui sono costruiti,
la tecnica per produrre il suono, sono anch’essi componenti fondanti l’identità del
gruppo.
Le tecniche di apprendimento del canto e dell’uso degli strumenti, “la danza della
voce” e “la danza dello strumento” sono enormemente importanti nella cultura di un
gruppo, di un’etnia. Le posizioni della mano sulla tastiera di un violino, i complessi
aggiustamenti del diaframma, della gola, della lingua, delle labbra per intonare un
canto o un suono alla tromba per conferirgli il timbro e il volume corretti, attivano
comportamenti consolidati e tramandati con tecniche e linguaggi specifici.
10
Opera cit.
14
La memoria dei cantori e suonatori di tradizione orale è quella dei gesti consapevoli e
non, delle distensioni, dei rilassamenti muscolari, dei comportamenti acquisiti,
automatici e meccanizzati; è anche quella della conservazione di agglomerati sonori, di
11
cadenze, di ritmi
Le tecniche di apprendimento sono tramandate oralmente e apprese per imitazione
del gesto sullo strumento. Grande la differenza con la musica scritta di tradizione colta,
elementi che meritano qualche riflessione.
Attraverso la musica l’uomo conosce se stesso e il mondo; in tutte le società la musica
si lega a momenti significativi della vita individuale o di gruppo; dà vita al segreto
inscindibile rapporto madre-figlio col canto della ninna nanna, fa ritrovare se stessi o fa
divertire, si lega ai ritmi biologici dell’individuo e della collettività: ogni persona ricorda
ritmi e melodie della propria terra, del proprio gruppo sociale, della propria infanzia,
tramandate dalla tradizione e ogni popolo come ogni singola persona ha memoria
della sua musica che verrà trasmessa di generazione in generazione insieme agli
strumenti usati per suonarla e alle situazioni opportune per far musica.
Questa memoria musicale costituisce la tradizione e se sarà mantenuta viva risalderà
l’identità collettiva.
Le tradizioni fanno parte della vita di un popolo e la loro perdita può anche
determinare la fine del popolo stesso. Il canto degli antenati veniva trasmesso
oralmente dagli aborigeni australiani. Le vie dei canti segnavano invisibili ma udibili
12
confini tra le varie comunità. Ogni cultura musicale è diversa da un’altra, ma tutte
esprimono le esperienze degli uomini; ogni linguaggio musicale contiene un pensiero,
13
una memoria di antiche tradizioni e grandi emozioni. Qui, in quella “sospensione del
tempo” adorniana, in cui ripercorriamo a ritroso sul filo della melodia il cammino
regressivo che conduce al mondo degli eventi passati, all’infanzia e forse anche prima,
c’è il ritrovamento. La memoria si ricompone nel tempo-ora in una forma estetica
gratificante.
11
N. STAITI, (Università di Bologna), Il gesto e la musica, atti del convegno: Musica tra conoscere e fare,
Bologna, 16-17 maggio 2008 in www.Saggiatoremusicale.it, ultima consultazione 23 marzo 2010
12
B. CHATWIN, Le vie dei canti, Adelphi, Milano, 1999
13
G. COPPOTTELLI, Presenza della musica nelle culture umane, in www.hela.it, ultima consultazione
febbraio 2010
15
1.3
Identità sonora culturale, forte elemento evocativo
14
‘identità sonora culturale, l’ISO culturale o gruppale benenzoniano è un
elemento importantissimo su cui impostare un percorso musicoterapico. L’ISO
Lculturale è il risultato delle identità sonore che hanno un’origine culturale
comune e costituisce l’identità sonora di un gruppo o di un popolo.
La musica contiene una dimensione sociale molto forte e aggregante e ha
accompagnato significativamente le generazioni; naturalmente il modo di fruizione è
molto cambiato nello svolgersi storico; gli anziani di oggi ricorderanno soprattutto
canzoni ascoltate alla radio che “teneva compagnia” ma non era un “passatempo”.
Indipendentemente dalle qualità estetiche di melodie e testi le musiche “in voga”,
come si diceva un tempo, hanno accompagnato la vita di milioni di persone; inoltre le
musiche di un determinato contesto storico culturale e sociale di varia provenienza
geografica hanno ulteriormente contraddistinto l’identità sonora degli individui.
Alcune arie d’opera sono particolarmente amate e ricordate da una vasta fascia di
persone oggi anziane. Per loro, assistere alla rappresentazione di un’opera lirica era
veramente un evento eccezionale, un sogno che avrebbe spezzato felicemente una
quotidianità spesso molto difficile.
Tutto ciò che immagazziniamo nella nostra memoria ha in sé una motivazione affettiva
nella sua ragione d’essere. La motivazione è sentimento e l’analogia con le canzoni
appare evidente se volgarmente si chiamano “motivi”.
Il canto popolare d’altra parte testimonia il modo di pensare e di sentire di un popolo,
ne documenta la sua storia e con i canti religiosi e quelli delle feste patronali, ne
testimonia la fede.
“ *…+sarebbe affascinante studiare l’influenza della musica sullo sviluppo della
religione. Non possiamo infatti dubitare che questa, la più intima e la più emozionante
di tutte le arti, abbia molto contribuito a creare, oltre che ad esprimere, i sentimenti
religiosi, modificando così, più o meno profondamente, quella struttura di fede della
quale, a prima vista, sembra solo l’ancella. Come il profeta e il pensatore, anche il
musicista ha contribuito a creare la religione. Ogni fede ha una sua musica; e la
differenza fra le varie religioni potrebbe quasi trovare la sua espressione sul
pentagramma. Per esempio l’intervallo che intercorre fra le scatenate orge di Cibele e
il rituale ieratico della Chiesa cattolica, si misura con l’abisso che separa il dissonante
clangore di cembali e tamburelli dalle maestose e composte armonie di Palestrina e di
15
Haendel. Uno spirito diverso alita nelle diverse musiche.”
Certi suoni espressi in alcune combinazioni possono avere per ciascuno di noi un
potere evocativo che va ben oltre il significato loro intrinseco, raggiungono la nostra
parte più primordiale e ampliano i nostri istinti. Il potere evocativo non fa rivivere un
episodio passato, ma lo ricrea continuamente in relazione alle esperienze personali, al
14
R.BENENZON, Manuale di Musicoterapia, Borla, Roma, 2005, p.46
15
J.G. FRAZER, Il ramo d’oro, Newton & Compton Editori, Roma, 2006, p. 382
16
proprio vissuto permettendo la sua riconsiderazione sotto altre luci e sotto altri punti
di vista.
La musica, dove ha accompagnato le parole, col passare del tempo ha sempre più
acquisito una sua identità. Quando viene tradotto il testo di una canzone da una lingua
a un’altra o ancor più da un dialetto alla lingua essa perde le caratteristiche distintive e
peculiari, e, mutando aspetto, può perdere il suo significato.
In altri casi si possono ascoltare brani musicali ai quali è stato tolto il testo e
mantengono intatto il loro rimando di significato; in questo caso le parole sembrano
essere una parte secondaria del brano mentre la musica occupa quella principale.
In un contesto musicoterapico l’ ascolto, il canto di canzoni e la successiva
verbalizzazione stimolano i ricordi personali (memoria autobiografica ed episodica)
mediante associazioni indotte dalle arie del retroterra canoro-musicale di
appartenenza che costituiscono lo sfondo di emozioni, luoghi, persone e avvenimenti
della vita vissuta.
La musica coinvolge livelli affettivi complessi. Alcune melodie più di altre hanno questi
poteri, sono quelle che ci appartengono e che esprimono in un altro spazio e in un
altro tempo la gioia e il dolore.
“La musica arriva quasi ad esprimere l’inesprimibile-cioè dopo il silenzio” (Aldous
16
Huxley).
1.4
Memoria e ascolto
L’ascolto musicale attiva numerosi processi fisiologici e psicologici strettamente
17
connessi al vissuto di ognuno.
Alla memoria a lungo termine appartengono:
La memoria esplicita, autobiografica o dichiarativa che contiene la storia della
persona, i ricordi delle esperienze passate che si esprimono verbalmente
La memoria implicita, non dichiarativa. A questo secondo tipo appartiene il
“saper fare”, l’apprendimento motorio, la memoria della successione di tutti
quei gesti necessari per compiere un’azione e conserva anche il ricordo
dell’aspetto emozionale delle prime esperienze madre-bambino-ambiente.
La memoria implicita non è collegata allo “stare ricordando qualcosa”, né a un
senso di sé, né possiede una collocazione temporale. Essa favorisce la
costruzione di “modelli mentali “ che sono indispensabili all’apprendimento; la
loro radice si fonda nel passato e deriva dalle prime sensazioni degli scambi
emozionali madre-bambino. Tali modelli inconsapevolmente influenzano tutta
la nostra vita, nel presente e nel futuro per mezzo delle intuizioni e quindi del
potere anticipatorio ad esse collegato. Essi appartengono quindi alla memoria
16
M. CRITCHLEY, Esperienze estatiche e sinestesi che durante la percezione musicale, in M.CRITCHLEY,
R.A. HENSON, La musica e il cervello, Piccin, Padova, 1987, p. 226
17
A. GUZZONI, L’ascolto in Musicoterapia, in G. MANAROLO, Manuale di Musicoterapia, Cosmopolis,
Torino, 2006, pp. 287-290
17
implicita coinvolgendo diversi tipi di memorie: percettiva, emozionale,
comportamentale, somatosensoriale, motoria.
Mentre la memoria esplicita è cosciente, la memoria implicita non è cosciente e non
appartiene al verbale.
L’esperienza dell’ascolto interessa entrambe. L’ascolto attiva la ricerca nella
memoria di sensazioni, ricordi, emozioni che ci appartengono e ciò che si prova è
poco verbalizzabile. La musica ha qualcosa di inesprimibile, è l’arte della
presenza/assenza, legata profondamente al mondo delle emozioni.
Il potere regressivo dell’ascolto induce uno stato contemplativo, una dimensione di
rèverie dove abitano le fantasie e dove si ambienta la nostra memoria
continuamente ricreata.
L’interesse si sposta dall’oggetto – suono alla relazione dell’Io-oggetto.
“Il registro sonoro si propone come struttura aperta, rinvio dal sensibile al sensato,
18
luogo creativo nel quale è possibile identificare alcune parti di se stessi”
L’attività ri-creatrice dell’ascolto permette una rappresentazione del vissuto che
appartiene alla memoria implicita delle prime relazioni significative.
La simbolizzazione musicale è legata alla sfera emozionale e cinetica; emozione
significa “muovere verso” (emoveo) e ne racchiude il significato dinamico.
Negli schemi di tensione e distensione che Imberty attribuisce alla musica, si può
cogliere una forte analogia con la dinamica delle emozioni. L’alternanza di tensione e
distensione, propria del fluire musicale nel tempo, attiva in chi ascolta il piacere e il
dispiacere.
Shopenhauer parla di “struttura del desiderio” che corrisponde alla “struttura della
melodia”. La struttura della musica ha in sé anche quella della “ tensione del
19
desiderio inappagato” e la “distensione del desiderio appagato”. Il movimento
ondulatorio tra tensione e distensione, tra desiderio inappagato e desiderio
appagato, tra insoddisfazione e soddisfazione rivela la vita stessa di cui la musica è il
canto.
Shopenhauer pensa la musica come “canto del mondo, melodia di cui il mondo è il
testo”.
Imberty considera gli schemi di tensione e distensione in rapporto alla complessità o
semplicità formale di un brano e al relativo potere attivante di schemi di integrazione
e disintegrazione dell’Io. La musica, quindi, agirebbe sulle emozioni in base al suo
grado di complessità formale. Inoltre, alcuni modelli sedimentati nella memoria
esplicita e implicita troverebbero corrispondenza nella strutturazione di complessità
formale del brano. In altre parole: la musica risuona dentro di noi.
La componente melodica permette la rappresentazione unitaria della forma
musicale; la memoria implicita custodisce la memoria sensoriale legata ai primi
scambi affettivi madre-bambino e il tema musicale evoca quelle prime sensazioni,
fluttuanti e non verbalizzabili.
18
J.L., NANCY 2002, All’ascolto, Cortina, Milano, 2004
19
G.PIANA, Teoria del sogno e dramma musicale. La metafisica della musica di Shopenhauer, Guerini e
Associati, 1987
18