CAPITOLO 1 L’evoluzione del sistema bancario indiano
Capitolo 1
L’EVOLUZIONE DEL SISTEMA FINANZIARIO INDIANO
Sin dall’indipendenza dell’India avvenuta nel 1947 il settore bancario ha
subito diversi cambiamenti di politica economica. Con la creazione della State
Bank of India nel 1955 e due ondate di nazionalizzazione nel 1969 e nel 1980,
lo Stato acquisì una considerevole influenza nel settore. In seguito alla crisi
valutaria del 1991 è iniziato un processo di riforme volto a liberalizzare il
sistema favorendo la concorrenza e l’autonomia delle banche, facilitando
l’accesso al mercato delle banche estere e riducendo la quota pubblica nelle
banche statali.
1.1 Il sistema bancario indiano nel periodo della nazionalizzazione
Al tempo dell’indipendenza, in assenza di significativi flussi di denaro
provenienti dall’estero, il risparmio delle famiglie era la principale fonte di
finanziamento degli investimenti malgrado l’elevato livello di povertà. Il
settore bancario indiano dimostrò in questo periodo di non essere in grado di
garantire l’efficiente allocazione delle esigue risorse finanziarie: in primo luogo,
le 566 banche allora esistenti, per lo più private, erano scarsamente presenti
nel territorio rurale e semiurbano, dove era concentrata una quota rilevante
della popolazione; inoltre, la maggioranza dei flussi di fondi veniva impiegata
nel finanziamento delle grandi imprese, penalizzando le piccole e medie
imprese e il settore agricolo, che costituivano la vera struttura dell’economia
indiana. Secondo la All-India Rural Credit Survey, meno dell’1% del credito
1
totale al settore agricolo proveniva dalle banche commerciali.
2
Tutto ciò portò il governo ad attribuire alla Reserve Bank of India (RBI) il
compito di promuovere il credito con particolare attenzione al settore agricolo
1
Reserve Bank of India, All-India rural credit survey: report of the Committee of Direction, Mumbai, 1954.
2
La Reserve Bank of India fu istituita il 1° aprile 1935 in conformità con le disposizioni previste nel Reserve
Bank of India Act del 1934. Attualmente il suo headquarters ha sede a Mumbai. Le principali funzioni sono
2
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e ad indirizzare le risorse finanziarie delle banche commerciali verso quei
progetti di investimento ritenuti prioritari per gli obiettivi di politica industriale
nazionale.
Per accentuare questa tendenza il governo indiano nazionalizzò l’Imperial
Bank of India nel 1955 rinominandola State Bank of India (SBI) con lo scopo
di meglio far fronte alle necessità finanziarie delle piccole imprese, della
popolazione rurale nonché degli ordinari cittadini.
Nonostante il progresso avvenuto negli anni 1950 e 1960, la creazione della
State Bank of India venne percepita come insufficiente nel raggiungere gli
obiettivi proposti, a causa degli stretti legami che le grandi aziende
commerciali e industriali mantenevano con le più affermate commercial banks,
le quali concedevano credito a condizioni vantaggiose.
Inoltre c’era la percezione che le banche dovessero giocare un ruolo di
maggior rilievo nella strategia di sviluppo dell’India attraverso la
mobilizzazione delle risorse verso quei settori considerarti prioritari per lo
sviluppo economico.
Come conseguenza di ciò, nel dicembre 1967 il governo varò una legge
volta ad intensificare il controllo pubblico nelle scelte di allocazione creditizia:
alle banche si richiedeva di applicare priorità settoriali stabilite dal governo
3
(Priority Sector Lending). Le banche, sia pubbliche che private, avevano
l’obbligo di riservare il 33% degli impieghi al settore agricolo e alle piccole e
medie imprese.
Questo vincolo è stato poi incrementato fino al 40% nel 1985 ed è ancora
pari a questa percentuale ad eccezione delle banche straniere per cui vige un
4
limite del 32%. L’erogazione del credito in questi settori doveva avvenire a
tassi d’interesse agevolati.
Oltre ad introdurre il Priority Sector Lending, il governo impose il Cash
Reserve Ratio (CRR) e lo Statutory Liquidity Ratio (SLR) i quali imponevano
obblighi particolarmente stringenti: il primo imponeva alle principali banche
“..to regulate the issue of Bank Notes and keeping of reserves with a view to securing monetary stability in
India and generally to operate the currency and credit system of the country to its advantage.”
3
ROLAND C., Banking sector liberalization in India. Evaluation of reforms and comparative perspectives
on China, Physica, Heidelberg, 2008, p. 18.
4
Reserve Bank of India (RBI)
3
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indiane, le cosiddette scheduled banks, di mantenere una riserva quotidiana
minima di liquidità pari al 5% delle passività a vista e al 5% delle passività a
tempo, al fine di tenere sotto controllo la liquidità in circolazione e ridurre la
rischiosità delle banche; il secondo invece imponeva l’obbligo di mantenere
una riserva di attività liquide (cash, oro e titolo di Stato) non inferiore al 20%
del totale delle passività nette a vista e a tempo (questo vincolo era finalizzato
a favorire l’allocazione dei titoli del debito pubblico e facilitare il finanziamento
6
del deficit).
La Banca Centrale era autorizzata a modificare le percentuali di Statutory
Liquidity Ratio e Cash Reserve Ratio secondo necessità e lo fece
significativamente: nel 1991, prima dell’inizio delle riforme, l’operare
congiunto del Cash Reserve Ratio e dello Statutory Liquidity Ratio imponeva
alle banche di immobilizzare circa il 53,75% delle loro passività sottraendo
7
quindi ingenti risorse all’erogazione creditizia.
Inoltre vigeva un altro obbligo, quello di aprire quattro filiali in aree non
presidiate dal sistema bancario per ogni filiale aperta altrove (Tabella 1.1). Fra
il 1980 e 1991 il numero delle filiali quasi raddoppiò continuando a crescere
negli anni a seguire. Il numero di abitanti per filiale, sebbene ridottosi da
64.000 a 14.000 rimane comunque elevato rispetto agli altri paesi emergenti.
Tabella 1.1 – Evoluzione delle banche commerciali indiane
1969 1980 1991 2006
Banche Commerciali 73 154 272 222
Filiali 8.262 34.594 60.570 71.177
di cui rurali e semi urbane 5.175 23.227 46.115 46.272
Popolazione/numero filiali (in migliaia) 64 16 14 16
Depositi (% del PIL) 12,0 33,5 35,4 59,7
Crediti (% del PIL) 9,2 20,8 21,4 42,7
Attività (% del PIL) 17,6 58,8 57,6 78,9
Fonte: RBI.
5
Sono le principali banche indiane, cioè quelle che rispettano i requisiti richiesti dal Reserve Bank of India
Act del 1934.
6
CHIARLONE S., FERRI G., I sistemi bancari dei paesi emergenti, Bancaria Editrice, Roma, 2007, p.110.
7
CHIARLONE S., L’economia dell’India, Carocci, Roma, 2008, p. 81.
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Contemporaneamente ci fu un incremento dei depositi e dei crediti (sia in
valore assoluto che in rapporto al PIL) dovuto, secondo Chakravarty ad un
8
aumento dei finanziamenti alle zone rurali e all’agricoltura.
Nel 1969 venne emanato il Nazionalization Act in base al quale il governo
nazionalizzò le 14 maggiori banche private, cioè quelle con depositi superiori a
500 milioni di rupie. In seguito, nel 1980 ne vennero nazionalizzate altre 6
portando il peso delle banche pubbliche al 92% dei depositi totali del sistema
bancario indiano. Solo alle piccole banche era consentito sfuggire al controllo
9
proprietario pubblico.
Inoltre ci fu una netta separazione fra l’attività delle banche e quella delle
altre istituzioni finanziarie. Le prime erano autorizzate a ricevere deposti, ma
potevano concedere solo finanziamenti a breve, mentre le Development
Finance Institutions e le Non Bank Financial Insitutions, non potendo accettare
depositi, potevano finanziarsi solo sul mercato di capitali, però avevano una
maggiore libertà nel credito da erogare.
La letteratura sostiene che, grazie alle suddette politiche, ci fu una
sostanziale riduzione della povertà nelle zone rurali. Tuttavia le conseguenze
negative furono rilevanti.
Innanzitutto le banche pubbliche divennero prede molto ambite dal sistema
politico, i tassi di interesse persero il loro ruolo allocativo e la concorrenza
bancaria si ridusse generando un peggioramento qualitativo dei servizi offerti.
L’inadeguata gestione del rischio e l’obbligo di finanziamento di settori
caratterizzati da ridotta profittabilità e quindi anche da ridotta capacità di
rimborso provocò una diminuzione del profitto bancario e ad un aumento dei
prestiti non esigibili (non-performing loans, NPLs).
Alla fine degli anni 1980 il sistema finanziario indiano era in forte difficoltà,
caratterizzato da una scarsa qualità degli assets, da bassi profitti e da una
debole capitalizzazione.
8
CHAKRAVARTY S., Development planning : the Indian experience, Clarendon Press, Oxford, 1987.
9
CHIARLONE S., op. cit., 2008, p. 80; ROLAND C., op. cit., 2008, p. 19.
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1.2 Il percorso delle riforme
Come approfondito nel paragrafo precedente, il sistema bancario indiano era
sottoposto ad un profondo dirigismo. Gli obblighi di finanziamento dei settori
considerati prioritari e gli obblighi di riserva e di liquidità avevano ridotto
l’indipendenza operativa nonché la competitività delle banche.
Tutto questo cambiò nel 1991 quando la crisi della bilancia dei pagamenti
scatenò una serie di riforme, anche se bisogna precisare che esse iniziarono
diversi anni prima. L’obiettivo comune delle riforme è stato quello di
razionalizzare il sistema finanziario secondo una logica di mercato. L’approccio
indiano alle riforme del settore finanziario, di cui la Narasimham Committee
fornì il progetto iniziale, era basato su cinque principi:
- prudenza e adeguata tempistica dei diversi passaggi;
- riforme che si rinforzano tra di loro;
- complementarità tra le riforme attuate nel mercato finanziario e i
cambiamenti di politica fiscale e monetaria;
- sviluppo delle infrastrutture finanziarie e dei mercati finanziari;
- priorità degli strumenti e degli obiettivi: le prime riforme ad esempio
puntavano all’adozione di norme prudenziali e al rafforzamento
dell’attività di vigilanza e di controllo, solo successivamente si passò alla
10
deregolamentazione dei tassi di interesse.
Di seguito vengono approfonditi i fattori che sono stati oggetto delle
riforme.
11
1.3 Il Cash Reserve Ratio e lo Statutory Liquidity Ratio
Al fine di realizzare un sistema finanziario efficiente ed orientato al mercato
sembrava inevitabile ridurre gli obblighi di Cash Reserve Ratio (CRR) e di
Statutory Liquidity Ratio (SLR) che rimangono peraltro tuttora stringenti.
10
REDDY Y. V., cap. 4 Monetary and financial sector reforms in India: a practitioner’s perspective, India's
emerging economy : performance and prospects in the 1990s and beyond, edited by Kaushik Basu, 2004,
MIT Press, Cambridge, p. 61.
11
CHIARLONE S., op. cit., 2008, p. 83; CHIARLONE S., FERRI G., op. cit., 2007, p. 114; ROLAND C.,
op. cit., 2008, p. 24-25; RBI, Evolution of banking in India, Mumbai, 2008.
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In particolare il Cash Reserve Ratio viene utilizzato dalla Banca Centrale
come strumento di politica monetaria: aumentato al fine di dare una stretta
all’economia e ridotto per darvi respiro. Nel 1991 questo indice venne portato
al livello di massimo legale del 15%; ciò fu considerato come una delle
principali cause della bassa profittabilità del sistema bancario. Su proposta
della Narasimham Committee venne poi gradualmente ridotto fino a
raggiungere il 4,5% nel giugno 2003. Nell’ottobre 2004, per contrastare la
pressione inflazionaria, venne incrementato fino al 5% (limite tuttora
12
vigente), poco distante dal minimo di legge del 3%, livello oltre il quale
scatta una remunerazione.
Grafico 1.1 – Evoluzione dello Statutory Liquidity Ratio e del Cash Reserve Ratio
Fonte: Handbook of Statistics on the Indian Economy 2008-09.
Lo Statutory Liquidity Ratio invece, dal suo picco del 38,5% nel 1992, ossia
leggermente al di sotto del massimo legale del 40%, venne gradualmente
ridotto fino al raggiungimento del suo minimo del 25% nell’ottobre del 1997.
Con la riduzione del Statutory Liquidity Ratio ci si aspettava un
ridimensionamento del mercato dei titolo di Stato, forzando di conseguenza il
12
RBI, Master Circular - Cash Reserve Ratio (CRR) and Statutory Liquidity Ratio (SLR), 2009, p. 4.
7
CAPITOLO 1 L’evoluzione del sistema bancario indiano
governo a pagare un più elevato tasso di interesse sui propri titoli.
Contrariamente alle previsioni, le banche non hanno ridotto la detenzione di
titoli di Stato.
La riduzione congiunta di entrambi gli indici permise le banche indiane di
avere una maggiore flessibilità nel determinare sia il volume che le condizioni
di prestito. Permise inoltre un cambiamento di direzione della politica
monetaria, da soggetta a controlli diretti a dipendente dal mercato.
1.4 Il Priority Sector Lending
Le banche indiane erano obbligate ad allocare una quota predeterminata del
loro credito in specifici settori e a tassi d’interesse agevolati. Con questo
obbligo il governo non voleva far altro che favorire quelle aree svantaggiate
nell’ottenimento del credito, le quali comprendevano l’agricoltura, le industrie
di piccola dimensione e i piccoli operatori del settore del trasporto e
dell’esportazione.
Nel 1985 la quota da riservare a tali settori venne incrementata fino al 40%
degli impieghi. Già alla fine dello stesso anno si osservò come questa
imposizione aveva portato ad una bassa profittabilità dell’intero sistema
bancario. D’altronde, l’obbligo di riservare un certo ammontare al
finanziamento di particolari settori permise al credito bancario di estendere la
sua operatività. Tuttavia esso causò una riduzione qualitativa del portafoglio
prestiti di ciascuna banca nonché un incremento dei non-performing loans.
Preso atto di ciò, la Narasimham Committee raccomandò una riduzione del
credito da erogare ai priority sectors fino al 10%. Questo suggerimento non è
mai stato messo in atto, tant’è che vale ancora il vincolo del 40%, ad
eccezione delle banche estere che sono chiamate ad osservare il limite del
32%.
Bisogna però precisare che è stata ampliata la definizione dei settori che
rientrano sotto il funzionamento del Priority Sector Lending, rendendo quindi
tale vincolo meno stringente. La Reserve Bank of India precisa che i settori
prioritari comprendono attualmente: “agricolture, small scale industries, small
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CAPITOLO 1 L’evoluzione del sistema bancario indiano
road and water transport operators, small business, retail trade, professional
and self-employed persons, education, housing, consumption loans, software
industry, food and agro-processing sector and investment by banks in venture
capital”.
1.5 La deregolamentazione del tasso di interesse
Prima delle riforme, i tassi di interesse, sia dei prestiti che dei depositi bancari,
venivano stabilititi dalla Reserve Bank of India, mentre quelli postali erano
fissati dal governo. La regolamentazione dei tassi aveva lo scopo di
sovvenzionare i diversi settori dell’economia e ciò creò una struttura dei tassi
eccessivamente complessa.
La deregolamentazione dei tassi di interesse fu una delle riforme più incisive
che mutarono il sistema finanziario indiano. Le banche indiane acquisirono
gradualmente la possibilità di fissare i tassi d’interesse in base alle proprie
condizioni di liquidità complessiva e alla percezione del rischio.
La Reserve Bank of India si riserva attualmente la sola possibilità di fissare i
tassi d’interesse dei saving deposits, i quali sono detenuti per lo più dalle
famiglie che vivono nelle aree rurali e semi-urbane. In parte fanno eccezione
anche i prestiti di importo inferiore alle 200.000 rupie i cui tassi d’interesse
possono essere fissati liberamente purché non eccedano il prime lending
13
rate.
La deregolamentazione dei saggi di interesse diede alle banche quella
flessibilità necessaria per pianificare la propria struttura dei tassi, muovendo
quindi il sistema bancario indiano verso un sistema orientato al mercato. Tutto
ciò incrementò il livello di competizione, poiché i tassi vennero utilizzati dalle
banche per differenziarsi nel mercato.
13
ROLAND C., op. cit., 2008, p. 27.
9
CAPITOLO 1 L’evoluzione del sistema bancario indiano
1.6 La deregolamentazione all’entrata
Prima delle riforme degli inizi degli anni 1990 il sistema bancario indiano
presentava una bassa competitività dovuta principalmente a due fattori:
innanzitutto l’eccessiva regolamentazione imposta dalla Reserve Bank of India
che lasciava alle banche un limitato grado di libertà nel differenziarsi nel
mercato (la regolamentazione dei tassi ne è un esempio); inoltre, l’India aveva
delle rigide restrizioni per l’istituzione di nuove banche private o per l’entrata
di banche straniere.
Nel 1993 la Banca Centrale emanò delle linee guida con lo scopo di ridurre
le troppo elevate barriere all’entrata. Alle nuove banche si richiedeva sei
14
requisiti fondamentali:
mantenere il capitale versato pari ad almeno un miliardo di rupie;
le azioni dovevano essere quotate in Borsa;
bisognava soddisfare il fabbisogno creditizio dei settori prioritari;
un singolo azionista estero non poteva detenere una quota superiore
all’1% del totale dei diritti di voto. Limite incrementato fino al 10% nel
1994;
non si poteva fondare una sussidiaria o un fondo comune di
investimento per almeno tre anni;
si doveva usare le più moderne strutture per fornire ai clienti dei buoni
servizi.
Con l’abbassamento delle barriere all’entrata la competizione bancaria è
significativamente aumentata. In seguito all’introduzione delle linee guida della
Reserve Bank, nove nuove banche private e più di venti banche straniere sono
entrate nel mercato. L’intero sistema bancario indiano beneficiò della
deregolamentazione dei requisiti per l’accesso di nuovi concorrenti: anche le
banche pubbliche migliorarono la qualità e la tecnologia dei servizi offerti,
nonché le loro abilità di risk management.
Per gli istituti stranieri, una modifica importante c’è stata con la
promulgazione della roadmap nel 2005 relativa alla possibilità di acquisire
banche private indiane. Come previsto dalla roadmap, tra il 2005 e il 2009 gli
istituti stranieri potevano acquisire fino ad un massimo del 74% del capitale di
14
ROLAND C., op. cit., 2008, p. 29.
10
CAPITOLO 1 L’evoluzione del sistema bancario indiano
quelle banche private indiane che la Reserve Bank of India definisce in
15
ristrutturazione.
Anche le filiali furono oggetto di riforma. Conformemente alle
raccomandazioni della Narasimham Committee, la Banca Centrale concesse
una maggiore autonomia alle banche riguardo l’apertura, il trasferimento e la
chiusura delle filiali.
La riduzione delle barriere all’entrata ha permesso di creare un ambiente
maggiormente competitivo. Le banche preesistenti hanno acquisito una
maggiore flessibilità operativa e si trovano ora a dover affrontare
l’insediamento delle nuove banche private e quelle estere. Tuttavia il controllo
statale nel settore bancario indiano rimane ancora maggioritario.
1.7 Le norme prudenziali
Il settore bancario è un settore vulnerabile alle crisi sistemiche che potrebbero
nascere da problemi a livello di singola istituzione creditizia. Per questo motivo
è necessaria una stretta vigilanza e protezione in modo da garantire un certo
grado di stabilità. A questo proposito la Narasimham Committee puntò ad un
rafforzamento e ad una modernizzazione del sistema in linea con le migliori
prassi internazionali. Un passo importante ci fu con l’obbligo per le banche
indiane di detenere capitale a copertura dei rischi in misura dell’8% dei risk
16
weighted assets come stabilito dagli Accordi di Basilea 2 del 1992.
Successivamente, su consiglio della Narasimham Committee, il CRAR (Capital
to Risk weighted Assets Ratio) venne imposto al 9% (Tabella 1.2). A partire
dal marzo 2001, il 95% delle Scheduled Commercial Banks rispettavano il
17
requisito di adeguatezza patrimoniale del 9%. Nel marzo 2005 il tasso medio
di adeguatezza patrimoniale del settore bancario era addirittura del 12,8%.
15
CHIARLONE S., op. cit., 2008, p. 96.
16
Gli Accordi di Basilea sono linee guida in materia di requisiti patrimoniali delle banche, redatte dal
Comitato di Basilea, costituito dagli enti regolatori del G10 (composto attualmente da undici paesi) più il
Lussemburgo allo scopo di perseguire la stabilità monetaria e finanziaria.
17
REDDY Y.V., op. cit., 2004, p. 65
11