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Introduzione
Con la recente approvazione della direttiva 2007/36/CE, relativa all'esercizio di
alcuni diritti degli azionisti di società quotate e recepita nel diritto italiano con il
Decreto Legislativo n. 27 del 27 gennaio 2010, s'impone all'attenzione
l'approfondimento di una tematica delicata, in un'ottica che, ripudiando un bieco
formalismo, arroccato in un nichilismo di gran voga anche tra illustri giuristi1,
sebbene ancorato all'analisi delle norme, si interroga profondamente e
criticamente sulle ragioni che muovono il legislatore ad introdurre delle
innovazioni nell'ambito del diritto societario dell'intero continente europeo.
Da una tale impostazione di base, che ha guidato l'intero sviluppo di questa
ricerca, è stato possibile cogliere ed usufruire dei segnali e degli spunti di
riflessione che, in molti altri settori del sapere scientifico attuale, trattano,
direttamente e in via mediata, delle stesse tematiche cui questo lavoro è dedicato.
La scelta di questo specifico argomento, ovvero l'esercizio di alcuni diritti degli
azionisti, segnatamente in riferimento al procedimento assembleare e alla
possibilità di introdurvi le agevolazioni derivanti dallo sfruttamento delle nuove
tecnologie, si colloca pienamente nell'alveo del diritto societario, poiché, a ben
vedere, la tematica di diritti degli azionisti investe i fondamenti stessi della
disciplina delle società per azioni, e dispiega conseguenze endogene di rilevanza
estrema alla luce di una secolare evoluzione storica che, proprio su questi aspetti,
ha accompagnato nei secoli l'essenza stessa del tipo societario in esame. Non è un
caso che alle origini della società per azioni si collochi il modello di società
anonima, fondata sul risparmio anonimo, appunto, e sulla libera circolazione dei
documenti incorporanti le partecipazioni 2 , e sebbene le innumerevoli riforme
legislative, intercorse nella storia di questa materia, siano state tese a modernare,
talvolta anche solo rinominandoli, gli istituti, e a trasformare il diritto societario in
diritto dei mercati finanziari, l'essenza degli stessi resta immutata, essendo
1Cfr. IRTI N., Nichilismo giuridico, Roma – Bari, 2004.
2Cfr. SPADA P., Diritto commerciale, parte generale, Padova, 2009, p. 106 ss.
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indissolubilmente connessa alla natura del tipo societario quella partecipazione al
rischio d'impresa. Bisogna pertanto interrogarsi sulle ragioni e sulle finalità delle
recenti modifiche imposte a livello europeo e nazionale.
Prima di tutto, occorre indagare proprio sull'intervento delle istituzioni europee,
le quali sin dalle prime forme di collaborazione economica, iniziate giuridicamente
con la fondazione della Comunità Europea del Carbone e dell'Acciaio, hanno
messo in moto un processo di tendenziale uniformazione del diritto societario
europeo, secondo obiettivi ben determinati3.
Non sono esclusivamente le istituzioni europee ad interessarsi delle possibilità di
trarre beneficio dalla introduzione di agevolazioni all'uso delle nuove tecnologie.
Un ruolo tutt'altro che marginale è svolto, a livello mondiale, dalla Wto, la quale,
nell'ottica di una ferma lotta al protezionismo nel commercio globale, ha chiesto
all'Unione europea di cancellare le barriere alle importazioni sui prodotti hi-tech
tramite i quali vengono materialmente attuate le nuove forme di comunicazione
che l'Unione stessa, con la propria legislazione, si prefigge di tutelare4.
Prima di arrivare sul piano giuridico, quindi, la rilevanza delle nuove tecnologie
comunicative è attestata in molti altri settori, tra cui anzitutto si annovera quello
3La stessa necessità di promuovere lo sviluppo di società ad azionariato diffuso piuttosto che
altri tipi di società sembra rispondere alle logiche di un ampio progetto di integrazione
europea. Cfr. FERRARINI G., «Un'azione – un voto»: un principio europeo?, in Riv. Soc., 2002, 1,
p. 24 ss., in particolare p. 54., in cui si dimostra che per la natura dei singoli ordinamenti
di cui l'Unione risulta composta, l'uniformazione stessa di un principio fondamentale nel
diritto societario come quello che dà il titolo all'articolo, risulterebbe incongruente, posto
che gli ordinamenti stessi stanno convergendo, attraverso autonomi interventi normativi,
verso gli standard tipici dei sistemi di governo societario di diritto inglese e statunitense.
4Cfr. CAPPELLINI M., Wto: via i dazi sui prodotti hi-tech, in Il Sole 24 Ore, n. 225, 18 agosto
2010. l'impatto sui sistemi tributari degli Stati membri non è indifferente, stimandosi fino
a trecento milioni di euro l'anno di dazi doganali in meno. In base alle stime della Wto,
l'Unione europea con i suoi 27 Stati membri è il maggiore importatore al mondo di
materiali elettronici, che nel 2008 hanno mosso capitali per 38.671 milioni di dollari di
importazioni, pur essendo l'Unione stessa leader mondiale delle esportazioni nello stesso
campo (il volume dell'export è attestato a 183.586 milioni di dollari).
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economico. Non bisogna dimenticare che le esigenze della realtà economica dei
mercati hanno imposto l'adattamento a forme quanto più trasparenti ed
immediate di scambio di informazioni. Il tema dei diritti degli azionisti diviene di
cruciale importanza se si guarda alle recenti aperture dei mercati alle forme di
trading online tramite le quali singoli investitori possono direttamente gestire in
proprio gli investimenti effettuati, senza rivolgersi all'assistenza di soggetti
professionalmente competenti in materia. La realtà economica, per altro verso, ha
configurato situazioni in cui potenti ed importanti soggetti, interposti per delega
tra anonimi azionisti ed amministratori, possono invertire il corso naturale della
partecipazione anonima al rischio d'impresa. Tramite gli investitori istituzionali si
ribalta la tradizionale posizione di questi azionisti, che quindi, seppur solo
mediatamente, possono influire non indifferentemente sulla gestione e sul
controllo societario. Essenziale a tal riguardo è l'istituto del voto delegato,
esercitato per il tramite di soggetti competenti e pericolosi, chiave del
ribaltamento che si tenta di arginare proprio allargando alla base la sfera dei diritti
spettanti alle singole, anonime voci. A supporto di tali considerazioni si collocano
alcune delle teorie più importanti, elaborate nel corso del secolo scorso, sulla
natura giuridica ed economica delle società per azioni, di cui almeno due meritano
di essere brevemente esposte.
In primo luogo, per rilevanza storica e metodologica, è l'indagine di Berle e Means
che fotografa gli assetti delle società per azioni statunitensi a cavallo tra XIX e XX
secolo, durante il passaggio dalla joint stock company alla società definita moderna
dagli stessi autori5. Alla base di questa teoria sta il convincimento che nelle società
con capitale largamente diffuso si attui un meccanismo di separazione tra la
partecipazione al rischio di impresa e la funzione di gestione del capitale investito
quanto dell'attività economica nella società6.
5Cfr. BERLE A.– MEANS G., The Modern Corporation and Private Property, New York, 1932, trad.
it. Società per azioni e proprietà privata, Torino, 1966. Da questa teoria si sono sviluppate
moltissime altre riflessioni, che hanno considerato come punto fermo proprio l'assunto
della teoria della separazione per giustificare i comportamenti di c.d. apatia razionale degli
investitori più lontani dalle dinamiche sociali.
6 Quanto questa impostazione teorica sia stata capace di influenzare la riflessione della
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Di grande rilievo, inoltre, è la teoria contrattuale dell'impresa, nexus-of-contracts
theory of the firm. 7 Apparsa nel contesto giuridico anglo-americano degli anni
Settanta, questa teoria esercita un'influenza importante su molti dei temi del
diritto delle società, avvalendosi del supporto degli studi sulla teoria dell'agenzia e
su una prospettiva economica del diritto. In base a questa impostazione, le
relazioni di qualsiasi tipo all'interno delle società sono riconducibili ad un modello
di relazioni plurilaterali che si incontrano per cercare un guadagno comune,
indipendentemente dal fatto che tali relazioni siano disciplinate da contratti veri e
propri. Anzi, la particolarità di quest'impostazione è proprio nella teorizzazione di
una nozione molto ampia di contratto, spinta fino ad inglobare qualsiasi accordo
che abbia rilevanza sociale.
Mentre la posizione di Berle e Means considera la negligenza e la slealtà dei
dirigenti come arginabili solo per il tramite di regole giuridiche inderogabili, per
reagire agli abusi questa nuova teoria s'impernia molto più sul ruolo di un mercato
efficiente, in quanto strumento di controllo molto più efficace di qualsiasi
legislazione o autorità di sorveglianza, sia essa amministrativa o governativa.
Questa concezione dell'impresa è naturalmente molto ottimista sulla possibilità
che le differenti parti riescano a concludere volontariamente dei contratti,
nell'anelito del raggiungimento di un optimum sociale8.
letteratura giuridica e soprattutto economica è oggetto di analisi nella seconda parte del
capitolo quarto, in particolare, in relazione ai risvolti in ambito di corporate governance delle
teorie di psicologia cognitiva.
7Le basi della nexus-of-contracts theory of the firm si trovano in ALCHIAN A., DEMSETZ H.,
Production, Information Costs and Economic Organization, in Am. Econ. Rev., 1972, 62, p. 778
ss. Ulteriori risvolti si leggono in WILLIAMSON O.E., Corporate Governance, in Yale Law
Journal, 1984, 93, p. 1197.
8Dell'opinione contraria è BEBCHUK L.A., The Debate on Contractual Freedom in Corporate Law,
in Columbia Law Review, 1989, 89, p. 1395 ss., il quale dubita fortemente della validità di
quest'impostazione sottolineando la mancanza di completezza di questo tipo di contratti,
che sono costretti ad incorrere in monitoring costs non indifferenti per evitare i
comportamenti opportunistici. Si veda inoltre l'aspra critica di IRELAND P. , Company law
and the myth of shareholder ownership, in The Modern Law Review, 1999, 62, p. 32 ss., in
particolare a p. 49, in cui, discutendo del ruolo degli azionisti nel corso dell'evoluzione
storica delle società per azioni, afferma che i sostenitori della teoria contrattualistica
cercano di disporre del problema della proprietà della società (corporate ownership)
riducendola ad una serie di relazioni contrattuali. Con questa operazione però essa, in
quanto ente, scompare, venendo a mancare quindi l'oggetto appropriabile (owned) di
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Pur nella loro estrema complessità, non possono essere trascurate le recenti
scoperte scientifiche, segnatamente in campo neurologico, che, applicate
all'economia, stanno mettendo a fuoco i comportamenti economici da prospettive
impensabili per i giuristi di pochi decenni fa. In particolare gli sviluppi di quel
ramo della scienza giuridica che fa riferimento alla scuola statunitense di law and
economics hanno favorito un approccio integrato allo studio del diritto societario, e,
dal punto di vista comportamentale hanno analizzato a fondo i risultati degli studi
di psicologia comportamentale, rivelando che gli aspetti tradizionalmente acquisiti
come assiomi dalla scienza economica classica sono in assoluto tra i più
problematici. Si pensi, a tale proposito, all'analisi del processo di formazione delle
decisioni in campo economico, che ha permesso di evidenziare una forte
componente emotiva accanto all'anelito razionale nell'affrontare la scelta
economica per eccellenza, tra perdita e profitto, nell'investimento. In tutte queste
dinamiche è sempre presente un sistema di comunicazione, dalla cui efficienza ed
esaustività dipende fortemente il comportamento degli agenti economici.
Questo essendo lo scenario dottrinale che si presenta in maniera obbligata,
trattando di tematiche che pienamente si collocano a cavallo tra le molteplici
estrinsecazioni dell'agire umano 9 , il comportamento degli azionisti assurge a
parametro di valutazione a posteriori, quale tornasole infallibile, delle regole che li
governano e ancor più, del fenomeno economico sotteso da tali norme.
Questo studio è diviso idealmente in due parti, di cui una prima è dedicata
all'analisi descrittiva delle norme, provvedendo la seconda a fornire una base di
riflessione sulle stesse. Scopo di questa indagine è, pertanto, cercare di
questo contratto. L'analisi di questo ultimo studio è estremamente rilevante in ordine ad
alcuni dei più discussi temi che afferiscono al governo societario, espressione da cui sin
dalle prime battute dell'articolo l'autore prende le distanze, per lasciare spazio ad un'ampia
ricostruzione del problema del ruolo degli azionisti intesi come proprietari della società.
9«Of all the branches of law, company law is perhaps the one least readily understood except in relation to its
historical development» afferma DAVIES P. , Gower's Principles of Modern Company Law, London,
1997 a p. 18.
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comprendere quanto e in che modo la ricaduta applicativa delle regole vigenti
incida sul sistema del diritto societario attuale.
In un primo momento si ricostruirà lo stato della normativa europea di
riferimento, aggiornato all'introduzione di questa direttiva, con un approccio
attento ai procedimenti attuati prima dell'emanazione, i quali ricomprendono
anche atti preparatori di natura non normativa.
Dopo avere ripercorso, anche dal punto di vista storico, il tessuto normativo
sovranazionale, si affronterà l'analisi delle normative nazionali di recepimento. In
primo luogo, ci si soffermerà sulle norme italiane, segnatamente sulla legge di
delega del 2008 e sul relativo decreto legislativo poc'anzi menzionato.
L'approccio con cui si vedranno le innovazioni nel nostro ordinamento è di tipo
sistematico, ricollegandosi per aree tematiche al testo della direttiva, in una
prospettiva di continuità ideale tra i due atti normativi che facilita l'inquadramento
di alcune delle più complesse previsioni governative. Non si mancherà di
considerare il ruolo dei poteri regolamentari, cui il testo fa ampiamente ricorso,
come d'altronde da consuetudine consolidata da tempo, in una situazione di
piena patologia dell'apparato legislativo.
L'analisi della normativa italiana è accompagnata da uno studio comparatistico
sulla legislazione dei maggiori ordinamenti giuridici europei, con uno sguardo
rivolto al diritto statunitense. Per ovvie ragioni la ricerca comparatistica è limitata
agli ordinamenti i cui caratteri salienti meritano di essere messi in rilievo. Da
questa indagine, infatti, scaturiscono importanti riflessioni, che permettono di
inquadrare le norme da una prospettiva più completa, in grado di carpire non solo
le differenze tra i vari ordinamenti, ma anche le ragioni sottese a tali peculiarità,
posto che uno degli obiettivi che la direttiva intende raggiungere è precisamente
l'abbattimento delle barriere giuridiche che ostacolano l'esercizio del diritto di
voto transfrontaliero entro i confini dell'Unione.
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Una volta esaurito il catalogo delle norme, sarà possibile aprire la seconda parte,
di riflessione critica sulle norme. L'attenzione è ora rivolta, inizialmente, alle teorie
di psicologia cognitiva, in particolare alla teoria del prospetto messa a punto da
Kahneman e Tversky, le quali permettono di inquadrare da una prospettiva
estremamente attuale ed innovativa il processo di formazione della volontà negli
azionisti di società quotate, mettendo in luce la forte componente emozionale che
muove le scelte di questa categoria di agenti nel settore economico. Da queste
considerazioni, si rivoluzionano gli assunti delle teorie economiche classiche, che
definiscono razionali i comportamenti di massimizzazione del profitto, ignorando
la forte componente irrazionale che ne determina gli indirizzi. Le dinamiche
illustrate dalle teorie cognitive, avvalorate dalla sperimentazione della
neuroeconomia, si applicano pienamente alle situazioni cui la direttiva cerca di
dare una soluzione, ponendo l'accento su uno degli aspetti più rilevanti
nell'ambito di questo processo di formazione decisionale, ovvero alla
comunicazione: il ruolo della informazione, della sua qualità e verosimiglianza,
permettono di distinguere i comportamenti degli azionisti in due grandi categorie,
in attivismo da una parte, ed apatia dall'altra.
Accertato quale sia il ruolo di queste componenti nelle dinamiche societarie in
generale, si potrà approfondire quanto e in quale modo questo sia applicabile allo
stato normativo attuale del nostro ordinamento giuridico. Confrontando, inoltre,
le nuove disposizioni con la disciplina previgente, sarà possibile evidenziare le
conseguenze sostanziali e processuali di questa riforma. In ambito di diritto
sostanziale saranno affrontate le questioni aperte più rilevanti a seguito
dell'introduzione delle recenti previsioni, in modo particolare sarà dato spazio
all'analisi delle procedure di identificazione e di legittimazione alla partecipazione
dei soci in assemblea, alle nuove forme con cui sarà possibile tenere l'adunanza e
alla disciplina del voto per delega.
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Pur essendo ancora prematuro parlare di applicazione processuale, essendo buona
parte delle nuove norme destinate ad essere applicate a partire dal primo
novembre del 2010, sarà utile confrontarsi con la giurisprudenza che finora si è
pronunciata sulle tematiche più controverse che riguardano in particolare il
rapporto tra azionisti e intermediari.
Alla luce dell'esposizione di tutte queste problematiche, sarà necessario trarre
alcune conclusioni. Innanzitutto, queste verteranno sulla effettiva portata
innovatrice dell'intervento normativo operato dalle istituzioni europee,
soprattutto in relazione agli obiettivi che a lungo termine esse si prefiggono di
raggiungere in materia di diritto societario, posto che, in base al criterio di
armonizzazione minima prescelto per l'introduzione dei nuovi istituti, un
margine di scelta è spesso lasciato ai legislatori nazionali, i quali hanno deciso di
compiere alcune scelte che non rendono pienamente uniformi le modalità di
applicazione delle norme contenute nella direttiva. In un secondo momento, si
raccoglieranno gli spunti di riflessione critica sulle norme nazionali, anche
precedenti alla direttiva, disseminati nei capitoli precedenti, e, in base a questi, si
valuteranno le varie esperienze giuridiche da queste norme originate. Tutto ciò in
una prospettiva di riflessione che, più in generale, riguarda la tendenza degli
ordinamenti giuridici europei ad uniformarsi agli standard del diritto anglosassone
e statunitense, posto che alcune delle innovazioni normative esaminate risentono
fortemente delle impostazioni culturali, giuridiche ed economiche che gli istituti
da esse disciplinati possiedono nelle loro strutture giuridiche d'origine.
Per quanto riguarda il metodo di ricerca, esso riflette la disposizione degli
argomenti seguita nel corso della trattazione. Un primo approccio agli argomenti
trattati è fornito dall'analisi delle norme, estrapolandole singolarmente dal
contesto ordinamentale di riferimento per essere approfondite in un'ottica
d'insieme in un secondo momento. Per quanto riguarda le esperienze giuridiche