Capitolo 1
LA PRESENZA ARABA IN SICILIA E CALABRIA
1.1 - Il dominio arabo in Sicilia
Per poter comprendere come l‟elemento arabo sia potuto penetrare all‟interno
del dialetto calabrese, è necessario delineare un profilo storico partendo da uno
scenario che vede la Sicilia per oltre due secoli, tra il IX e l‟XI, sotto il dominio
5
arabo-islamico (827 conquista di Mazara del Vallo – 1091 caduta di Noto).
La presenza di comunità musulmane in Sicilia ricopre però un arco di tempo
più vasto, di circa quattrocento anni (tra il IX e l‟XIII secolo), che può essere
suddiviso in due principali fasi distinte. Se in una prima fase, dal IX secolo fino
alla seconda metà dell‟XI, possiamo considerare la Sicilia come parte integrante
della dār al-Islām, e cioè tra quei territori sottoposti al potere politico e religioso
dell‟Islam, successivamente le comunità musulmane – ancora presenti sul
territorio – saranno asservite al dominio cristiano (dai re normanni di Altavilla
agli Hohenstaufen della casa imperiale sveva) fino al 1246, data che segna lo
sradicamento violento della comunità islamica dall‟isola per iniziativa
6
dell‟imperatore Federico II.
La conquista della Sicilia ha ufficialmente inizio, dopo diverse incursioni
78
precedenti, con lo sbarco a Mazara del Vallo del 13 giugno 827 da parte degli
5
Agli albori della conquista dell’isola, posizione strategica per il controllo del Mediterraneo, il
dominio dei musulmani si era già consolidato in tutta l’Africa del Nord, aveva conquistato parte
della Spagna dando vita al floridissimo regno di Al-Andalus e occupato le isole di Malta e
Pantelleria.
6
Barone (2003), p. 105.
7
La prima invasione sembrerebbe essersi registrata intorno al 652 ad opera di Muʿāwīya Ibn
Ḥudayǧ, il quale mandò dall’Ifriqiya - all’incirca l’attuale Tunisia - un esercito che “vinse e riportò
9
aghlabidi, dinastia autonoma all‟interno del califfato abbaside che verso la
seconda metà del VIII secolo aveva occupato parte dell‟Africa del Nord (Ifrīqiya).
L‟emiro Ziyadat Allāh organizzò una spedizione guidata dal qādī di Qayrawān,
9
Asad Ibn al-Furāt, sollecitata da una crisi interna al governo bizantino; Asad
salpò da Susa con un esercito formato da arabi, berberi, profughi di Spagna e
10
persiani del Khurāsān che sconfisse l‟armata bizantina.
Inizia così il lungo percorso di conquista da parte degli aghlabidi, che
occuparono subito Marsala (toponimo che deriverebbe dall‟arabo Marsa ʿAlī,
11
„porto di ʿAlī‟ o, secondo alcuni, da Marsa Allāh, il „porto di Dio‟), presero
Mineo, nell‟odierna provincia di Catania, e Girgenti (ossia Agrigento); l‟esercito
musulmano si spinse così verso la Sicilia orientale attaccando Siracusa -allora
capitale bizantina dell‟isola-, ma l‟impresa fallì.
Fu solo qualche anno dopo, nell‟831, che la conquista cominciò a consolidarsi
con la caduta di Palermo, la quale diventò capitale causando così lo spostamento
12
del baricentro dell‟isola verso occidente; da questo momento in poi, il regno
arabo-islamico di Sicilia (Siqilliyya) era destinato ad estendersi coprendo
interamente, nel decennio successivo, la zona orientale dell‟isola.
prigioni e preda”, seguita poi da parecchie altre invasioni nel corso degli anni successivi. *Cfr.
Amari (1880-1) vol. 2, p. 1].
8
Amari (1858), vol.1, p. 265.
9
I musulmani, infatti, furono chiamati in aiuto dal ribelle Eufemio che, battuto a Siracusa dai
bizantini rivoltatisi contro di lui dopo l’uccisione di Fotino, il nuovo strategòs di Sicilia nominato
verso l’826 dal nuovo re di Costantinopoli Michele il Balbo, fuggì in Africa; qualche anno dopo
però Eufemio stesso fu ucciso, e da allora l’impresa fu considerata un fatto esclusivamente
musulmano. [in Varvaro (1981), p. 81].
10
Sempre Amari, sottolinea come fra di essi vi fossero “molti uomini di consiglio e di dottrina”; lo
stesso comandante dell’esercito era infatti, come è già stato detto, un anziano qādī, importante
figura della comunità islamica che rappresenta un giureconsulto esperto conoscitore della legge
coranica.
11
Tra le varie ipotesi degli studiosi, Pellegrini indica come etimo del toponimo Marsa ʿAlī [cfr.
Pellegrini (1972), p. 313]; un contributo che viene a sostegno di questa ipotesi lo danno inoltre
diverse fonti arabe, tra cui quelle di Al-Idrīsī, Yaqūt [in Amari (1880-1), vol. 1, pp. 79, 225] e Ibn
Al-Athīr [in Amari (1857), p. 282].
12
Varvaro (1981), p. 81.
10
I musulmani proseguirono quindi a oriente, attraverso però una battaglia più
lenta e ostacolata, con le conquiste di Messina nell‟842/843, Castrogiovanni
(toponimo che deriva dall‟arabo Qaṣryanīh „castello di Enna‟, trasformazione
13
dell‟antica città chiamata Henna da greci e romani) nell‟859 e infine Siracusa
nell‟878, dopo un lungo assedio. Ai bizantini restava perciò il territorio nord-
orientale di Sicilia (esclusa Messina), e il lungo periodo di guerra fu segnato da
14
una tregua grazie ad una pace stipulata nell‟895/896; tregua breve, in quanto già
dal 901 in poi ripresero gli assedi verso le coste calabresi e nel 902 si verificò la
conquista momentanea di Taormina, la quale fu subito ripresa dai cristiani
15
bizantini e cadde poi definitivamente in mano araba sessant‟anni dopo.
Gli inizi del X secolo segnarono la fine della dinastia degli aghlabidi in Sicilia,
16
dopo la loro sconfitta in Ifrīqiya da parte dei fatimidi, che sarebbero diventati i
nuovi governatori musulmani dell‟isola. Nel 948 il potere passò nelle mani dei
17
kalbiti, una dinastia incaricata dagli stessi fatimidi ad avere larga autonomia
nella gestione della Sicilia fino alla prima metà dell‟XI secolo, dato che questi
ultimi erano distratti da nuove ambizioni territoriali che portarono all‟occupazione
18
dell‟Egitto nel 969. Gli storici concordano nell‟identificare il periodo di dominio
kalbita come quello che conobbe la massima espansione sull‟isola e maggiore
stabilità. Nel 962, infatti, i musulmani riconquistarono Taormina e completarono
13
Varvaro (1981), p. 87.
14
Amari (1858), vol.1, p. 431.
15
Varvaro (1981), p. 82.
16
I fatimidi furono una dinastia sciita ismailita che si stabilì inizialmente in Siria nel IX secolo e che
combattè con ogni mezzo l’autorità del califfato abbaside di Baghdad, di matrice sunnita; occupò
successivamente l’Ifrīqiya (e di conseguenza la Sicilia), sostituendosi così alla dinastia aghlabide
dopo diversi scontri.
17
Tale dinastia prende il nome dal suo primo esponente, Ḥasan Ibn ʿAlī al-Kalbī, che governò
l’isola per circa cinque anni. [Cfr. Amari (1880-1), vol. 2, p. 89].
18
Rizzitano (1962), p. 16.
11
l‟opera nel 965, quando Rometta -ultimo baluardo bizantino indipendente
dell‟isola- cadde nelle loro mani.
Soltanto meno di un secolo dopo però, ebbe inizio il declino che portò alla fine
del dominio dei musulmani di Sicilia, quando nel 1038 l‟armata bizantina
capitanata da Giorgio Maniace sbarcò a Messina e riuscì a occuparla, e prese
successivamente Siracusa vincendo una battaglia a Traina, anche se solo per 4
anni. Gli arabi erano però in piena crisi e la dinastia kalbita di Palermo perse il
potere e si frazionò nel 1052/1053. Alla perdita di Palermo nel 1072, seguirono le
cadute di Butera, Noto e Malta, sino al crollo definitivo del governo arabo
19
dell‟isola nel 1091.
Durante l‟arco di questi due secoli di gestione diretta del potere, gli arabi
divisero l'isola in tre grandi distretti amministrativi, chiamati valli (termine che
deriva dalla denominazione vallis data dai normanni, che sembrerebbe a sua volta
una latinizzazione dall‟arabo welia, espressione dialettale di wilāya „governo,
20
prefettura, provincia‟): il Val di Mazara, costituita da tutta la zona centro-
occidentale con le odierne province di Palermo, Trapani ed Agrigento; il Val
Demone, che comprendeva la parte settentrionale-orientale dell‟isola estendendosi
dall‟attuale provincia di Messina fino a Cefalù ad ovest e verso il territorio di
Troina e Nicosia a sud; infine il Val di Noto, per la parte sud-orientale dell‟isola
comprendente le provincie di Ragusa, Siracusa, Catania e parte di Caltanissetta.
1.2 - Contesto socio-economico e apporti culturali degli arabi
Con l‟arrivo dei musulmani, il contesto etnico in Sicilia era diventato assai
eterogeneo. Da un lato, tra di essi vi erano arabi provenienti da Maghreb, Egitto,
19
Varvaro (1981), p. 82.
20
Pellegrini (1972), p. 245-246.
12
21
Siria, Arabia, Iraq e inoltre berberi e persiani; dal lato dei “vinti” vi erano invece
le comunità cristiane di greci e latini e le comunità ebraiche.
I conquistatori però non perseguirono una politica di islamizzazione diretta
verso gli individui di tali comunità, dimostrandosi peraltro tolleranti: spesso gli
“infedeli” venivano considerati dhimmī, cioè sudditi non-musulmani che
ricevevano protezione (amān) in cambio del pagamento di un‟imposta detta ğizya
22
e di una tassa chiamata kharāğ per i proprietari terrieri. Questo fatto potrebbe
spiegare il motivo per cui vi furono un gran numero di conversioni all‟Islam da
parte delle popolazioni assoggettate, in quanto divenendo musulmani si era esenti
dal pagamento della ğizya essendo sottoposti alla sola “elemosina rituale”, la
23
zakāt.
Gli arabi influirono positivamente sull'isola con numerose innovazioni in
diversi settori. Va per esempio riconosciuto ad essi un radicale rinnovamento del
sistema agrario che, attraverso l'introduzione di nuove coltivazioni e di tecniche
più avanzate, portò dal punto di vista economico ad una maggiore produttività e di
conseguenza a un ampliamento delle attività commerciali, già di per sé sviluppate
grazie alla posizione nevralgica dell‟isola che fu inserita all‟interno di un‟estesa
rete marittima di scambi nel Mediterraneo. A testimonianza di ciò, numerosi sono
i termini relativi all‟agricoltura, all‟idraulica, alle misure e al commercio (senza
dimenticare la ricca onomastica e toponomastica) persistenti ancora nel dialetto
siciliano e calabrese.
Ma i musulmani si distinsero inoltre nel campo umanistico, soprattutto sotto la
dinastia kalbita, lasciando un‟impronta rilevante attraverso l‟arte, la poesia, le
scienze coraniche e matematiche, e la geografia. Tanto che, se le manifestazioni
21
Scholz (1996), p. 172.
22
Agius (1996), p. 48.
23
Varvaro (1981), p. 86.
13
della civiltà islamica cessarono dal punto di vista dell‟egemonia territoriale con la
caduta di Palermo nel 1072 ad opera dei normanni, culturalmente si protrassero
per altri due secoli fino all‟epoca sveva. Questi ultimi, infatti, non vollero
annientare il prestigio della cultura arabo-islamica, ma anzi ne furono affascinati
tanto da ospitarne nelle proprie corti forme di pensiero e modi di vivere, dando
vita alla simbiosi arabo-normanna sotto la geniale politica dei “Ruggeri” e dei
24
“Guglielmi”. Ci ritroviamo quindi, durante quell‟epoca, in una società
caratterizzata dalla coesistenza multietnica e pluriconfessionale, che garantisce la
25
libertà di culto alle comunità religiose di fede cristiana, islamica e giudaica.
Come testimoniano alcuni viaggiatori arabi nei loro resoconti, la capitale
musulmana dell‟isola, Palermo (in arabo Balarm, citata in alcune testimonianze
26
arabe anche con l‟appellativo di al-Madīna), divenne un importantissimo centro
di irradiazione culturale. Ibn Ḥawqal, mercante e geografo iracheno che visitò la
Sicilia nel X secolo, descrive come Palermo vantasse un alto numero di moschee
(ne elenca circa trecento), importanti mercati (aswāq, sing. sūq), bagni pubblici
27
(ḥammāmāt, sing. ḥammām) e istituzioni scolastiche; la città era anche diventata
un importante centro dove si praticava l‟arte del ricamo, dopo che gli arabi
fondarono un laboratorio di stoffe e tessuti pregiati (chiamato ṭirāz) che vennero
28
esportate e si diffusero nel Mediterraneo per mezzo dei continui commerci.
24
Rizzitano (1962), pp. 10-17.
25
Di Leo (2007).
26
La parentela toponomastica con la città del profeta Muhammad potrebbe spiegare come la
città siciliana avesse un ruolo di centro spirituale nella geografia dell’Islām medievale di
giurisdizione maghribina. [Cfr. Barone (2003), p. 106].
27
Ibn Ḥawqal racconta del suo viaggio in Sicilia nell’opera Kitāb al-masālik wa al-mamālik (‘Libro
delle vie e dei reami’), contenuta nella Biblioteca Siculo-Araba. [Cfr. Amari (1880-1), vol. 1, pp.
10-24].
28
Pellegrini (1972), p. 88. Sempre Pellegrini, sottolinea come in italiano i termini ricamare, ricamo
risalgano direttamente all’arabo raqama ‘ricamare’, raqm ‘disegno, ricamo’.
14
Tutto questo, come è già stato detto, non cesserà con l‟arrivo dei normanni.
Sotto la corte di Ruggero II, ad esempio, emersero importanti figure in svariati
campi della cultura e della scienza: tra essi, ricordiamo il geografo Al-Idrīsī,
autore di un‟illustre opera intitolata Kitāb Rugiārī (Il libro di Ruggero) che
raccoglieva le conoscenze geografiche raggiunte dagli arabi durante il XII secolo;
nel campo della letteratura si distingueva inoltre la figura di Ibn Ḥamdīs,
considerato il più celebre rappresentante della poesia araba di Sicilia, del quale
29
ritroviamo oggi un canzoniere di seimila versi. Anche più tardi, Ibn Ǧubayr
riporterà nel suo resoconto di viaggio in Sicilia come Guglielmo II si avvalesse
dell‟opera dei musulmani, molti dei quali svolgevano il ruolo di ministri alla sua
corte; il viaggiatore arabo-andaluso narra poi del gusto dei normanni per
l‟architettura islamica, i quali si avvalsero delle maestranze arabe per la
30
costruzione di palazzi e chiese. Molte tracce architettoniche sono presenti ancora
oggi sul territorio.
1.3 - Gli arabi e la Calabria
La Calabria, a differenza della vicina Sicilia, non conobbe un dominio stabile e
costante dei musulmani. Grazie alla loro egemonia sull‟isola, essi ebbero però una
posizione di privilegio che favorì numerosi attacchi alle coste calabresi – a volte
organizzati da emirati, altre ad opera di bande corsare non controllate dal potere e
quindi assenti dalla storia ufficiale – ma anche continui scambi commerciali.
La presenza del mondo arabo nei territori calabresi è un fenomeno assai
sfuggente, a causa degli scarsi e poco precisi riferimenti cronologici e
29
Corrao (1987), pp. XXXIX-XL.
30
Ibn Giubayr (1906), pp. 323-341.
15
31
topografici, ma che allo stesso tempo ha un ampia portata, per gli importanti
influssi avuti sulla cultura e la società calabrese.
La prima invasione dei musulmani sembrerebbe essersi registrata intorno
all‟813 sul territorio reggino e, qualche decennio più avanti, furono occupate tra
32
l‟840 e l‟846 Tropea, Amantea e Santa Severina, le quali diventarono importanti
sedi di veri e propri emirati per circa quaranta anni; queste furono
successivamente riconquistate dallo strategòs bizantino di Calabria, Niceforo
33
Foca, che nell‟885/886 scacciò i saraceni.
Ma i tentativi di conquista non cessarono qui, anzi si intensificarono a partire
dagli inizi del X secolo. Nel 901 infatti, un esercito musulmano capeggiato dall‟
34
emiro di Sicilia Abū al-ʿAbbās occupò Reggio e fece prigionieri 17000 reggini
tra i quali il vescovo stesso; gli abitanti della città furono sottoposti inoltre al
pagamento della ğizya in cambio della protezione (amān) da parte dei musulmani,
come riportato in un documento arabo di Ibn Al-ʿAḏārī intitolato Kitāb al-Bayān
35
al-Muġrib raccolto da Amari nella sua Biblioteca Siculo-Araba:
31
Zinzi (1988), p. 252.
32
Il toponimo deriva probabilmente dall’arabo Manti’a /Al-Manti’a “luogo elevato” (il che
concorda con la posizione geografica di Amantea), nome di luogo sullo schema mafʿila che deriva
dalla radice /n-t-‘/ “essere sporgente, alto, elevato”; la voce è attestata in un documento di Ibn
Al-Athīr riportato da Amari come M.n.t.ya (che potrebbe essere vocalizzata Mantya), nella quale
si verifica un errore di grafia molto frequente che consiste nella trascrizione di ya’ al posto della
hamza mediana con sostegno ya’. [In Fera (2000), pp. 20-21].
33
Moscato G. B. (1979), pp. 12, 14, 20.
34
Spanò Bolani (1977), p. 163. Nel testo, l’autore sostiene che gli arabi chiamassero la città di
Reggio col nome di Rivah; in realtà le fonti arabe riportano خدَّه “Riyya/Rayya” (Ibn Al-ʿAḏārī, in
Amari (1857), p. 363), خَه “Raya” (Ibn Ǧubayr, in Amari (1857), p. 77) e ىَه R.yū/Ruyū (Ibn Al-
ََ
Athīr, in Amari 1880-81, vol. 1, p. 421).
35
Come si può notare, il testo arabo riporta Z.lla, ma nella versione tradotta Amari riporta in nota:
«il testo ha Z.llah, il che porterebbe a leggere Scilla. Ma sapendosi da altri testi che il fatto
accadde in Reggio, ho mutati dei punti diacritici e corretta una lettera, onde si arriva senza sforzo
alla giusta lezione ( ٌهدّح “Riyya/Rayya”)». [Cfr. Amari (1880-81), vol. 2, p. 21].
16
Quest‟ultimo particolare potrebbe far pensare quindi ad una forma di
integrazione all‟interno del sistema politico amministrativo arabo-musulmano.
Questi ultimi, soltanto un anno dopo rafforzano la loro presenza in territorio
calabrese grazie a un‟altra impresa di Ibrāhīm Ibn Aḥmad, emiro di Qayrawān e
padre di Abū al-ʿAbbās, il quale attraversò lo stretto e risalì tutta la Calabria
36
occupando Cosenza (902). La città era un importante baluardo per il controllo
del territorio calabrese a nord, e da qui furono fondate diverse colonie tra cui
Squillace, che diventò un‟importante fortezza per gli arabi dalla quale venivano
37
organizzate spedizioni per i vari territori della Calabria.
Le continue incursioni testimoniano come la città di Reggio e il territorio
reggino fossero un obiettivo assai appetito, soggetto alle invasioni e agli
stanziamenti arabo-musulmani, data la vicinanza immediata con la Sicilia e la
posizione strategica all‟interno del bacino del Mediterraneo. Un‟immagine qui di
seguito riporta le direttrici delle incursioni degli arabi (con le relative date) verso
38
Reggio:
36
Cimino (1955), pp. 361-373.
37
Spanò Bolani (1977), p. 165.
38
Meliadò (1994), p. 114.
17