CAPITOLO 1
GRAVIDANZA E PARTO
1.1. Il desiderio di maternità
Il desiderio di maternità è un elemento che accompagna
tutta la vita di una donna, rappresentando un sogno,
un‟aspirazione o una tappa naturale dell‟essenza femminile:
esso non si riduce alla sola esperienza di riproduzione, ma può
accompagnare in forme diverse e mutabili l‟intero arco del
ciclo di vita. Infatti, secondo la Deutsch, (1977) alla base dello
spirito materno c‟è un‟idea guida infantile che, normalmente,
si mantiene attraverso tutte le fasi dello sviluppo e che
costituisce il presupposto per giungere a svolgere, in seguito,
un ruolo materno.
Inoltre, anche se di solito, si associa la maternità con la
nascita effettiva del bambino, diversi autori cercano di
evidenziare la complessità dell‟assunzione del ruolo materno,
che si costruisce durante tutto il corso della gravidanza. In
particolare, Stern (1999) afferma che “la nuova identità può
sbocciare in qualsiasi momento della gravidanza, per
configurarsi con maggiore precisione dopo la nascita del
bambino e dispiegarsi pienamente dopo parecchi mesi di cure
a casa, quando la mamma si rende conto di essere divenuta tale
anche ai propri occhi”.
Inoltre, secondo Stern (1999) esiste un processo che
determina il cosiddetto “assetto materno”, che prevede diverse
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fasi: la gravidanza come preparazione e terreno di prova; il
parto; il puerperio, che comporta il compito di nutrire,
accudire, far crescere il neonato e la creazione di una relazione
intima con lui; infine, la relazione con gli altri e soprattutto
con la propria madre. In generale, il modello di attaccamento,
ossia il modo in cui madre e bambino si comportano e si
vivono reciprocamente nelle separazioni e riavvicinamenti è
determinato in larga misura da quello sperimentato con la
propria madre.
Quindi, il desiderio di maternità costituisce per la donna
un tema che accompagna tutto il percorso di costruzione della
sua identità, modificandosi frequentemente in relazione a
istanze interne e del mondo esterno e dove i motivi innati e
sociali si intrecciano nel corso del suo sviluppo.
Poiché la procreazione è un fatto naturale, si presuppone
che al fenomeno biologico della gravidanza debba
corrispondere il fenomeno psicologico del senso materno. Al
contrario, la Balinter (1981) sostiene che l‟amore materno è un
sentimento e, quindi, contingente e che, invece di istinto
materno, si dovrebbe parlare della pressione sociale esercitata
sulle donne a realizzarsi nella maternità. In questa ottica, si
potrebbe spiegare perché le donne che provano dei sentimenti
di tipo depressivo, subito dopo la nascita del bambino, si
scontrino con le aspettative sociali, aumentando l‟ansia ed i
sensi di colpa.
Nell‟elaborazione immaginaria della maternità, entra in
gioco il rapporto che la donna intrattiene con se stessa. I suoi
desideri interagiscono con le relazioni fondamentali che aveva
stabilito con la madre ed il padre durante i primi anni di vita:
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in particolare, spesso nella fase della gravidanza, è possibile
che si riattivino conflitti infantili relativi a fasi precedenti di
sviluppo. Per questo è importante la distinzione tra desiderio di
maternità e desiderio di gravidanza: nel primo caso prevale la
disponibilità ad occuparsi del bambino, mentre nel secondo
caso, è centrale il bisogno narcisistico di provare che il proprio
corpo funziona come quello della propria madre.
1.2. Aspetti psicologici della gravidanza e della nascita
La nascita fisica di un bambino corrisponde anche alla
nascita psicologica della madre, che nella propria mente non
genera solo un nuovo essere umano, ma una nuova identità,
quella che Stern (1999) chiama “il senso dell‟essere madre”.
Winnicott (1987) utilizza l‟espressione “madre normalmente
devota”, riferendosi al progressivo cambiamento che deve
mettere in atto la donna, per passare da un naturale
egocentrismo ad occuparsi pienamente del figlio.
Egli parte dal presupposto che esista nella madre una
potenzialità innata di prendersi cura del proprio bambino, e
che si esprime attraverso tutto un complesso di azioni e modi
d'essere: “E‟ qui che non può imparare dai libri (...) quando sa
che l'esperienza essenziale è la più semplice di tutte, quella
basata sul contatto senza azione, in cui ci si può sentire una
cosa sola tra due persone che sono effettivamente due e non
una. Queste cose danno al bambino la possibilità di essere, e
da qui hanno origine le cose successive che hanno a che fare
con l'azione, il fare e l'essere fatto per. Questa è la base per ciò
che diventa gradualmente per il bambino l'esperienza di sé.
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Tutto ciò è molto sfumato, ma ripetendosi più e più volte
finisce per fondare la capacità del bambino di sentirsi reale.
Grazie a questa capacità il bambino può affrontare il mondo o
(vorrei dire) può progredire nei processi maturativi ereditari”.
Questa competenza materna (o anche "funzione di maternage"
o "contenimento"), secondo Winnicott (1987), si sviluppa nel
corso dei nove mesi, durante i quali la futura mamma vive in
perfetta sintonia con il figlio: “(...) Io ritengo che normalmente
la donna entra in una fase, da cui normalmente uscirà nelle
settimane e nei mesi successivi alla nascita del bambino, in cui
in larga misura lei è il bambino e il bambino è lei. Non c'è
nulla di mistico in ciò. Dopo tutto anche lei è stata bambina e
conserva i ricordi di questa condizione e delle cure che ha
ricevuto, e questi ricordi l'aiutano o la ostacolano nelle sue
esperienze di madre. Penso che, quando il bambino è maturo
per nascere, la madre, se è stata adeguatamente sostenuta dal
marito o dall'assistenza pubblica o da entrambi, è pronta per
un'esperienza in cui sa perfettamente quali sono i bisogni del
bambino”.
Winnicott (1970) introduce anche il concetto di “madre
sufficientemente buona”, facendo riferimento alla capacità
della madre di accogliere i gesti spontanei del bambino, senza
agire su di lui la sua volontà, ma sostenendo lo sviluppo del
suo vero Sè.
In particolare, in una prima fase, la madre
“sufficientemente buona” asseconda l‟illusione del bambino,
che lo porta a percepire il seno, come parte integrante di se
stesso, attraverso una consapevole regressione verso il
bambino: mediante un rapporto empatico, la madre offre al
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bambino il seno, proprio nel momento in cui egli è pronto a
“crearlo”.
La madre, assecondando l‟illusione del neonato, gli
permette di essere il seno che lo nutre, consentendogli così di
sperimentare quella continuità di esistenza che è il fondamento
del suo vero Sé.
In una fase successiva, la madre accompagna il bambino
nel passaggio dall‟onnipotenza allucinatoria verso “l‟area
dell‟illusione”, ossia l‟area intermedia tra l‟onnipotenza e la
realtà: ciò avviene, togliendo, progressivamente al bambino,
l‟illusione di aver creato il seno.
Quindi, la madre sufficientemente buona introduce,
nella mente del bambino, la realtà, a piccole dosi, in modo che
la sua accettazione non risulti troppo dolorosa, nel momento in
cui si rende conto di essere separato dalla madre.
La madre, nel rapporto con il bambino, alterna la
frustrazione alla gratificazione: se protegge troppo il bambino
non gli consente di crescere e di svilupparsi; se lo “consegna”
bruscamente alla realtà lo priva di quel benefico contatto con il
proprio “vero Sé”, lo fa diventare adulto troppo presto.
Al contrario, una madre non sufficientemente buona,
non è in grado di rendere effettiva l‟onnipotenza del bambino,
afferma la propria volontà, ed induce la sottomissione del
bambino: egli viene indotto ad essere compiacente e a
sviluppare un Falso Sé.
Ammaniti e collaboratori (1996) individuano, nel
processo di identificazione della donna nel ruolo materno,
quattro stadi:
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1. Durante il primo stadio, che va dal concepimento
alla percezione dei movimenti fetali, avvengono
importanti modificazioni dell‟immagine corporea
e del Sé. Si verifica una polarizzazione su di sé,
accompagnata da uno stato di regressione e da
un‟accresciuta passività, in relazione anche alle
importanti modificazioni ormonali, che si
verificano, in concomitanza. In questo periodo
compaiono, spesso, sintomi psicosomatici, quali
nausea e vomito, come espressione dei conflitti
nei confronti della gravidanza e dei vissuti
ambivalenti verso il feto. Il vomito, infatti, può
rappresentare un tentativo inconscio, da parte
della donna, di espellere l‟embrione e ripristinare
la condizione precedente.
2. Il secondo stadio va dalla percezione dei
movimenti fetali fino alle ultime fasi della
gravidanza. In questo periodo, il feto viene
percepito, in modo progressivamente
differenziato, e viene riconosciuto come un‟entità
a sé, suscitando nella donna ansie di perdita.
3. Il terzo stadio comprende, invece, gli ultimi
momenti prima del parto. Sono presenti, in questo
periodo, le paure e le ansie riguardanti l‟integrità
del bambino, il travaglio e il parto.
4. Il quarto stadio è quello che si verifica subito
dopo il parto.
Stern (1999) definisce il periodo della gravidanza la
preparazione di una nuova identità: in questo arco di tempo,
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prende forma, cioè, l‟immagine di che tipo di madre si vuole
diventare e di come potrebbe essere il bambino. Un elemento
importante, che influenza il vissuto della gravidanza, è
costituito dall‟insieme delle rappresentazioni che entrambi i
genitori, ed in particolare la madre, costruisce intorno
all‟immagine del bambino. In questo senso, la nascita
rappresenta un momento di crisi, poiché il bambino reale può
risultare estraneo, se si confronta con il bambino fantastico:
secondo Stern (1999) “c‟è un bambino tra le vostre braccia e
ce n‟è un altro nella vostra mente, che di rado coincidono alla
perfezione”.
A questo proposito, Stern introduce il costrutto di
“costellazione materna”, che fa riferimento alla nuova
situazione, in cui, viene a trovarsi la donna che diventa madre,
da un punto di vista psicologico: essa orienta i suoi
comportamenti e la sua sensibilità, le sue tendenze, i suoi
timori e i suoi desideri, rimettendo in gioco le sue fantasie
infantili (Stern, 1995).
Nel suo libro “La costellazione materna” (1995) Stern
utilizza un semplice modello, per visualizzare la relazione
madre-bambino o madre-padre-bambino nella sua complessità
e flessibilità.
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Al centro del modello si trova l‟interazione tra la
mamma e il bambino: tale interazione è costituita dall‟insieme
di comportamenti manifesti, osservabili dall‟esterno, di
ciascuno dei due in risposta al comportamento dell‟altro.
Tuttavia, la relazione mamma-bambino, come qualsiasi altra
relazione, comprende, oltre agli elementi visibili, anche una
dimensione interiore, costituita da fantasie, speranze, paure,
tradizioni, miti familiari, esperienze personali importanti,
interazione precedenti, ecc. Tutto ciò costituisce “la
rappresentazione” interna, il senso dell‟esperienza di
interazione vissuta dalla madre e dal bambino: in questi
termini, l‟interazione è il risultato sia delle rappresentazioni
che la madre ed il bambino costruiscono, sia dei loro vissuti,
delle sensazioni e delle rappresentazioni attuali e passate. Si
crea una reciprocità e continuità tra esterno e interno,
interazione e rappresentazione, per cui un livello influenza e
modifica continuamente l‟altro (vedi grafico successivo)
(Stern, 1995).
Stern (1995) evidenzia come, nel processo che consente
alla donna di creare una nuova identità materna, la prima fase
è rappresentata dalla “costellazione materna primaria”, che è
influenzata da una serie di fattori: il rapporto con la propria
madre in quanto madre di lei da bambina, il rapporto con se
stessa in quanto madre, ed il rapporto con il suo bambino.
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In particolare, la costellazione materna primaria è
influenzata da quattro temi, molto importanti nella nostra
società.
Il primo tema è quello della “vita e crescita”: la madre è
sensibile a garantire la sopravvivenza del bambino, e si
preoccupa della sua salute, in particolare rispetto al nutrimento
(“ha mangiato a sufficienza?”), e al sonno (“respira bene?”,
“riposa abbastanza?”). La paura di fallire in questo compito la
fa avvicinare alla culla ripetutamente nella notte.
Il secondo tema è “la relazionalità primaria” e riguarda
la capacità della madre di amare ed impegnarsi in uno scambio
socio-affettivo con il bambino, e che consente al bambino
stesso di creare dei legami di attaccamento, che rappresentano
la base per le relazioni successive. Le paure che si attivano, su
questo aspetto, nella madre sono connesse all‟incapacità di
amare, alla mancanza di generosità e di spontaneità.
Il terzo tema riguarda “la matrice di supporto”, vale a
dire il bisogno della madre di creare una rete di sostegno,
protettiva e benevola, che le permetta di realizzare i primi due
compiti. Su questo aspetto, nonostante il cambiamento che ha
riguardato la funzione paterna, per la donna è importante avere
una figura femminile, con cui identificarsi.
Il quarto ed ultimo tema, “la riorganizzazione
dell‟identità”, si riferisce al bisogno della madre di anteporre i
bisogni e gli interessi del bambino ai suoi, modificando i suoi
ritmi, i suoi investimenti, la gestione del tempo e delle sue
risorse.
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La nuova identità richiede un lungo lavoro mentale, ed è
per questo motivo che si deve considerare la costellazione
materna come un organizzatore psichico (Stern, 1995).
Vegetti Finzi (1997) evidenzia come, con la nascita del
bambino, emergono nella madre ansie di perdita: perdita del
bambino interno, dell‟unione simbiotica, del bambino
immaginario a favore del bambino reale. Ammaniti (1992)
rileva come il parto può essere vissuto come un atto violento,
che può attivare fantasie di fallimento, di inadeguatezza e di
punizione, già presenti nel corso della gravidanza. Inoltre, il
parto rende visibile il legame intimo tra madre e bambino.
1.2.1 La valutazione del rapporto madre - bambino
Uno degli strumenti utilizzati per la valutazione della
qualità del rapporto madre – bambino è la Strange Situation,
elaborata da Mary Ainsworth, che esplora le diverse risposte di
attaccamento dei bambini, partendo dal presupposto che queste
dipendano dalla qualità delle cure materne ricevute.
In particolare, la Ainsworth, si riferisce alla teoria
dell‟attaccamento di Bowlby, al concetto di “base sicura”,
intesa come una figura di attaccamento sicura, disponibile dal
punto di vista fisico ed emotivo per il bambino ed al concetto
di sensibilità materna ai segnali del bambino.
Sulla base di questi costrutti teorici, elabora una
procedura di osservazione in laboratorio definita “Strange
Situation”, per studiare l‟interazione dei sistemi
comportamentali di attaccamento e di esplorazione in
condizioni di stress.
La procedura prevede di sottoporre il bambino, in un
ambiente non familiare, ad una serie successiva di circostanze
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che suscitano angoscia, e che attivano i comportamenti che
normalmente portano il bambino a ricercare il conforto della
madre.
La Strange Situation consiste in una sequenza standard
di otto episodi della durata di tre minuti, per un totale di circa
venti minuti, durante i quali la madre e il bambino sono
introdotti in una stanza con uno sperimentatore. La madre
lascia la stanza, per tre minuti, lasciando il bambino con lo
sperimentatore.
Dopo il ritorno della madre e la riunione con il bambino,
sia lei sia lo sperimentatore escono dalla stanza per tre minuti,
lasciando il bambino da solo. Infine, la madre e il bambino si
riuniscono ancora una volta.
Le reazioni dei bambini nella fase di riavvicinamento
consentono di classificare tre tipi di attaccamento:
• Attaccamento sicuro: i bambini si rapportano con la
madre, come base sicura, che consente di esplorare e interagire
autonomamente con l‟ambiente. Le madri sono ritenute
sensibili, accoglienti e disponibili emotivamente. Nel
momento del ricongiungimento, dopo la fase di separazione, i
bambini salutano attivamente il genitore con vocalizzi, sorrisi
e gesti fisici.
• Attaccamento insicuro-evitante: i bambini esplorano
con facilità l‟ambiente, presentano scarse manifestazioni di
affetti positivi e non considerano la madre, come base sicura.
Durante la fase di separazione, presentano lievi manifestazioni
di angoscia, se lasciati soli. Nella fase di ricongiungimento,
evitano attivamente il genitore: essi percepiscono la madre
come una figura rifiutante rispetto alle loro richieste di aiuto e
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conforto nei momenti di stress. Le madri sono ritenute
intrusive, controllanti, iperattive, eccessivamente rifiutanti e
non fanno uso del contatto fisico nei momenti di conforto.
• Attaccamento insicuro-ambivalenti: i bambini sono
angosciati, agitati o passivi e non riescono a coinvolgersi
nell‟esplorazione.
Durante la fase di separazione, i bambini sono molto
turbati e angosciati, mentre nel ricongiungimento è presente,
contemporaneamente, un‟alternanza di segnali per la ricerca di
contatto ed esplosioni di rabbia e di rifiuto. Anche se
confortati dai genitori, non riescono a calmarsi, dal momento
che percepiscono la madre, come incapace di rispondere alle
richieste di attaccamento del bambino. Le madri di questi
bambini sono descritte come incostanti e imprevedibili nelle
cure oppure scarsamente capaci di rispondere alle richieste del
bambino.
Main e Solomon (1990) hanno identificato un quarto
tipo di attaccamento, insicuro-disorganizzato, presente in
bambini ad alto rischio di maltrattamenti e di abusi.
1.3. I processi psicologici nel parto
La nascita, benché rappresenti un momento di
separazione dal bambino, ha bisogno di unità, intesa anche
come integrità. Più che un processo di separazione, è un
momento di passaggio dalla vita intrauterina a quella
extrauterina, dal bambino immaginario al bambino reale, dalla
donna alla madre, dall'uomo al padre. L'unione non solo va
salvaguardata, ma va incrementata per cementare il nuovo
nucleo familiare. La ricerca scientifica e le raccomandazioni
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dell'OMS da tempo sottolineano l'importanza di lasciare il
neonato con la mamma e invitano a non separarli mai.
Nonostante ciò in Italia solo circa il 50% degli ospedali
rispetta tale aspetto con il rooming in.
Uno degli aspetti che crea maggiori difficoltà anche sul
piano psicologico è l‟esperienza del dolore, che caratterizza il
parto: il dolore del travaglio, con la sua ritmicità, induce la
donna a rivolgere l‟attenzione in modo sempre più intenso a
quello che succede al suo interno. È un viaggio nel profondo
dove ci si confronta con le paure, i limiti, il timore di non
farcela, ma dove è possibile scoprire anche le proprie
competenze nascoste, nuove risorse e un‟energia fino a quel
momento sconosciuta. Se confrontarsi con il dolore suscita
angoscia e paura, contenerlo e conviverci permette di
riconoscere in sé la propria forza e potenza, e quindi
l‟opportunità di crescita nell‟assumersi nuove responsabilità e
capacità di porsi positivamente e con fiducia nei confronti del
dolore che domani diverrà esperienza anche del proprio figlio.
Il parto rappresenta un avvenimento peculiare nella vita
di una donna, e la trasformazione insita in questo evento, si
manifesta sia nel proprio corpo che si apre fisicamente che nel
proprio stato di coscienza. Durante il travaglio di parto, il
bisogno è quello di allontanarsi dalla mente per lasciare che il
corpo segua i propri ritmi naturali e spontanei. Ci troviamo
così di fronte a un‟esperienza emozionale molto profonda che
comporta una regressione alle sensazioni più semplici e
primitive (che si esprimono con mugolii, lamenti, mormorii).
Ma accanto al bisogno di abbandonarsi c‟è il timore di perdere
il controllo e di essere incapaci a gestire la situazione. Questa
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paura deriva in buona parte dal contesto socio-culturale in cui
la donna vive. Seguire l‟istinto non è cosa facile se, nella vita
quotidiana, ci si deve comportare in modo totalmente diverso,
dovendosi adeguare agli schemi sociali che richiedono
principalmente di reprimere le proprie parti istintive-emotive a
favore di quelle mentali-razionali, dove non ci si può
concedere alcuna fragilità e cedimento perché verrebbe vissuto
come una minaccia alla propria immagine.
Dare alla luce un bambino rappresenta un‟occasione
molto importante soprattutto riguardo l‟autonomia della
donna, e il parto che è il momento conclusivo del processo
creativo, la riguarda personalmente. Per questo mantenere viva
la propria attenzione sull‟evento e sulle proprie capacità di
viverlo attraverso le molteplici sfaccettature, è più edificante
rispetto al sentire solo il dolore. Chi a differenza demanda la
gestione del proprio parto completamente al personale che
l‟assiste, disconosce le proprie competenze e potenzialità in
quanto donna, di vivere e gestire questo evento in modo attivo.
Inoltre, è importante considerare che il parto scandisce
la prima separazione reale tra madre e figlio e come
conseguenza la risoluzione della simbiosi che ha caratterizzato
per tutta la gravidanza la relazione fra i due. Ciò può evocare
nella donna delle ansie di perdita di una parte di sé identificata
nel bambino, che in tutto questo periodo ha rappresentato il
suo inseparabile compagno. In parte le ansie riguardano anche
la perdita del senso di potenza, di pienezza e benessere vissuti
durante la gravidanza ma, in particolare la donna si trova a
dover rinunciare al bambino fantasticato per confrontarsi con il
bambino reale, e contemporaneamente abbandonare il suo
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