INTRODUZIONE
L’infarto miocardico acuto (IMA) rimane una delle affezioni a maggior rischio di morte
nei paesi industrializzati. La mortalità è massima nelle prime ore del mattino (ogni anno
negli USA, oltre 100.000 mila persone con infarto del miocardio vanno incontro ad arresto
cardiaco e morte prima del ricovero in ospedale); è pertanto critico diagnosticare l’IMA
rapidamente, soccorrere i pazienti con mezzi idonei all’ACLS, avviarli prontamente in
Unità di Cure Intensive e procedere, se è il caso, alla riperfusione coronarica. Le Unità di
Cura Intensiva Coronarica (UTIC) hanno cominciato a diffondersi nei paesi industrializzati
nella seconda metà del secolo passato. Il loro scopo, alle origini, era quello di ridurre la
mortalità per infarto miocardico acuto attraverso il riconoscimento e il pronto trattamento
delle aritmie minacciose per la vita, particolarmente frequenti nelle prime ore della
mattina. Nonostante che le UTIC fossero rapidamente divenute uno standard di cura
irrinunciabile per l’IMA, molti problemi rimanevano aperti e, a distanza di anni, non
mancano voci discordi sul loro reale impatto nel ridurre la mortalità per IMA e, quindi,
sulla loro utilità. In effetti, ben difficilmente le UTIC avrebbero potuto allora incidere in
maniera significativa sulla mortalità per IMA dal momento che, essendo state concepite
come unità per la sorveglianza e la terapia delle aritmie, ricevevano solo pazienti nei quali
questo rischio era ormai ampiamente superato. Nel 1965 un certo Frank Pantridge di
Belfast si era reso conto del fatto che i pazienti con IMA che arrivavano nelle UTIC erano
il risultato di una selezione naturale avvenuta fuori dall’ospedale e pensò di risolvere il
problema portando sul territorio professionalità e metodi di cura fino ad allora confinati
all’interno delle UTIC. L’idea di Pantridge si diffuse rapidamente ad altri paesi e, nel giro
di pochi anni, programmi simili vennero iniziati in Europa, in Australia e negli Stati Uniti,
dando origine agli attuali sistemi di emergenza medica territoriale dei paesi industrializzati,
compreso il nostro.
L’interesse per la fase preospedaliera dell’IMA si è ancor più accentuato a partire dalla
seconda metà degli anni ’80, quando lo studio GISSI ha dimostrato una significativa
riduzione di mortalità ottenibile attraverso la terapia fibrinolitica. Tale mortalità si era
dimostrata tanto più evidente quanto prima la terapia era stata iniziata rispetto all’inizio dei
sintomi. L’importanza della relazione fra tempo di inizio della fibrinolisi e mortalità è stata
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confermata in studi successivi e l’opinione che si va rafforzando è che i 100 minuti
dall’inizio dei sintomi rappresentino il “presto ottimale” e che un inizio più tardivo della
terapia fibrinolitica rappresenti il “troppo tardi o troppo costoso”.
Nel mondo, a oltre 3 decenni dallo studio GISSI, il tempo continua ad essere un problema
non risolto nella cura coronarica: troppi pazienti con IMA continuano a morire prima di
raggiungere un Dipartimento di Emergenza, troppi di quelli che lo raggiungono vi arrivano
troppo tardi per poter trarre tutto il vantaggio possibile dalle terapie di riperfusione. Sia
l’American College of Cardiology e l’American Heart Association sia la Task Force
dell’European Society of Cardiology e dell’European Resuscitation Council sono concordi
nel ritenere che una maggiore attenzione debba essere dedicata alla fase preospedaliera
dell’IMA di quanto sia stato fatto fino ad oggi.
L’Obiettivo di questo mio lavoro vuole essere quello di fornire dei principi generali di
soccorso extraospedaliero, limitatamente alle emergenze cardiologiche di natura ischemica
e principalmente nel campo del trattamento preospedaliero dell’infarto miocardico acuto
con sopraslivellamento elettrocardiografico del tratto S-T (STEMI). Inoltre esporrò dei
principi di soccorso sulla corretta gestione preospedaliera del paziente colpito da infarto
del miocardio con l’ausilio di linee guida e attrezzature moderne che ci permetteranno di
ridurre al minimo lo spazio di tempo fra l’insorgenza dei primi sintomi e l’inizio della
terapia. Evidenzierò inoltre l’importanza di comunicazione fra equipaggio 118, centrale
operativa 118 e cardiologo, sia verbale che attraverso l’invio di dati, e la successiva
decisione di ricoverare il paziente nella struttura giusta baypassando il Pronto Soccorso,
dove si perde la maggior parte del tempo riducendo di conseguenza l’efficacia della
terapia.
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CAPITOLO 1 – IL SISTEMA 118
Introduzione.
L’area relativa all’emergenza/urgenza in Italia rappresenta uno dei nodi più critici della
programmazione sanitaria e si configura come una delle più importanti variabili sulle quali
è misurata la qualità dell’intero servizio sanitario nazionale.
Negli ultimi anni si è assistito a una radicale trasformazione dei servizi di emergenza, nel
tentativo di sviluppare il passaggio dalla tradizionale offerta di prestazioni, sia territoriali
che ospedaliere, ad un vero e proprio sistema di emergenza che vede i diversi elementi
coinvolti, come Pronto soccorso, DEA, Centrali operative 118, volontariato, tra loro
integrati e cooperanti nel raggiungimento di un obiettivo comune. Tale obiettivo si
configura nell’offerta di prestazioni sanitarie in grado di garantire l’omogeneità e la
continuità degli interventi assistenziali prestati in situazioni di emergenza/urgenza.
Il sistema dell’emergenza sanitaria territoriale 118 svolge un ruolo fondamentale
nell’ambito del servizio sanitario pubblico, rispondendo da una parte all’immediato
bisogno di assistenza sanitaria della popolazione e dall’altra ponendosi come un importante
filtro ai ricoveri ospedalieri.
1.1 RIFERIMENTI LEGISLATIVI
Il sistema di emergenza sanitaria extraospedaliera è una realtà che in Italia è nata solo nei
primi anni ’90.
I riferimenti normativi nazionali su cui si basa l’organizzazione del sistema di emergenza
sono contenuti in diverse leggi e decreti in materia. Le principali disposizioni vigenti sono:
DPR 27/03/1992 “Atto di indirizzo e coordinamento alle regioni per la
determinazione dei livelli di assistenza sanitaria di emergenza” i cui punti principali
da sottolineare sono:
- L’istituzione del numero unico nazionale “118” per l’emergenza-urgenza
sanitaria;
- L’individuazione della Centrale Operativa come struttura di coordinamento
della fase extraospedaliera;
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- La realizzazione di una rete di collegamenti radio e telefonici che garantiscano
la totale autonomia del sistema;
- L’attribuzione delle responsabilità al medico ospedaliero con documentata
esperienza nell’emergenza sanitaria;
- L’assegnazione al personale infermieristico adeguatamente addestrato della
gestione delle attività di Centrale operativa;
- Il conferimento al personale infermieristico di soccorso la facoltà, dietro stesura
di appositi protocolli approvati dal medico responsabile, di effettuare terapie
infusive e manovre salvavita.
DPR 15/05/1992 “Criteri e requisiti per la codificazione degli interventi di
emergenza”.
Tali mirano a rendere quanto più uniformi e confrontabili i dati, registrati in
Centrale Operativa, relativi alle seguenti caratteristiche:
- “la chiamata dell’utente al 118”, permette di codificare il luogo dell’evento, il
numero di feriti e ipotizzare la patologia prevalente;
- “la risposta dell’operatore”, con particolare riguardo all’individuazione del
codice di criticità dell’evento e alla successiva attivazione dell’equipè e del
mezzo adeguati all’evento stimato;
- “l’intervento sanitario effettuato”, contiene dati relativi all’ora di arrivo del
mezzo di soccorso sul luogo dell’evento, al sesso e età del paziente e all’esito
della prima valutazione;
- “l’esito dell’intervento”, comprende la codifica relativa all’effettuazione
dell’intervento, alla destinazione del paziente e all’ora di arrivo dello stesso in
ospedale.
Linee guida della conferenza Stato-Regioni del 08/09/1995.
Le linee guida in materia di emergenza sanitaria emanate dalla Conferenza Stato-
Regioni hanno sottolineato la centralità del ruolo del personale sanitario
professionista (medici e infermieri) nei moderni sistemi di soccorso
extraospedaliero. Questa visione consente di integrare il soccorritore volontario in
un ruolo di “affiancamento” e “assistenza” con il personale qualificato, al fine di
garantire un’adeguata copertura sanitaria in situazioni complesse. Inoltre individua
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i criteri di omogeneità a livello nazionale per garantire l’applicazione dei principi
contenuti nel DPR del 27/03/1992 relativi a:
- Organizzazione dell’emergenza sanitaria;
- Organizzazione delle maxiemergenze;
- Funzioni e risorse tecnologiche della Centrale Operativa;
- Servizi di Pronto Soccorso e Dipartimenti di Emergenza-Urgenza e
Accettazione (DEA).
Da questi atti legislativi il sistema italiano per l’emergenza-urgenza viene previsto come
costituito da tre sottosistemi integrati fra loro:
- Un sistema di allarme sanitario dotato di un unico numero telefonico, il 118,
collegato con centrali operative;
- Un sistema territoriale di soccorso;
- Una rete di servizi e sistemi ospedalieri funzionalmente differenziati e
gerarchicamente organizzati.
A seguito dell’emanazione del DPR 27 marzo 1992, l’emergenza sanitaria sul territorio si è
trasformata da servizio che prevedeva il semplice invio dell’ambulanza sul luogo
dell’evento ed il successivo trasporto del paziente al pronto soccorso più vicino, ad un vero
e proprio sistema di soccorso, che consiste nell’integrazione delle fasi di soccorso con
l’invio dei mezzi meglio attrezzati per il trattamento ospedaliero Stay and Play (rimani e
lavora), così da incidere sull’intervallo di tempo in cui la vittima rimane senza adeguata
terapia (Therapy Free Interval) prima del trasporto all’ospedale più idoneo.
Il modello organizzativo del sistema dell’emergenza sanitaria risulta così articolato:
- sistema di allarme sanitario, dotato di un numero telefonico di accesso breve ed
universale 118, in collegamento con le Centrali Operative alle quali fanno capo
tutte le richieste telefoniche di urgenza ed emergenza. La Centrale Operativa
garantisce il coordinamento di tutti gli interventi nell’ambito territoriale di
riferimento ed attiva la risposta ospedaliera 24 ore su 24;
- sistema territoriale di soccorso, costituito dai mezzi di soccorso distribuiti sul
territorio: ambulanza di soccorso di base e di trasporto, ambulanza di soccorso
avanzato, centro mobile di rianimazione, eliambulanza;
- rete di servizi e presidi rappresentati da:
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a) punti di primo intervento, fissi o mobili, organizzati per esigenze
stagionali in località turistiche ed in occasione di manifestazioni
di massa, sportive o religiose, nelle quali è possibile effettuare il
primo intervento medico in caso di problemi minori, stabilizzare
il paziente in fase critica, attivare il trasporto protetto verso
l’ospedale più idoneo;
b) pronto soccorso ospedalieri, che assicurano gli accertamenti
diagnostici e gli eventuali interventi necessari per la soluzione
del problema clinico presentato, oppure, nei casi più complessi,
garantiscono gli interventi necessari alla stabilizzazione del
paziente e l’eventuale trasporto ad un ospedale in grado di
fornire prestazioni specializzate, sotto il coordinamento della
Centrale Operativa;
c) Dipartimenti di Emergenza-Urgenza ed Accettazione (DEA)
rappresentano un’aggregazione funzionale di unità operative,
adottano un codice comune di comportamento assistenziale,
assicurano una risposta rapida e completa. I DEA afferiscono a
due livelli di complessità, in base alle Unità Operative che li
compongono: DEA di I livello e DEA di II livello.
1.2 LA CENTRALE OPERATIVA 118
L’attuale sistema del soccorso in Italia è basato su un coordinamento centralizzato a livello
centrale di ricezione delle chiamate e gestione dei mezzi di soccorso. Le strutture delegate
a tale funzione sono individuate nelle Centrali Operative (CO) alle quali fanno riferimento
le linee del numero unico nazionale per l’emergenza sanitaria: il 118. Alla Centrale
Operativa affluiscono, 24 ore su 24, tutte le richieste di intervento per emergenza sanitaria;
inoltre garantisce il coordinamento di tutti gli interventi di soccorso nell’ambito territoriale
di riferimento. L’ambito territoriale di riferimento è di norma provinciale o, per province di
dimensioni ridotte, sovra-provinciale o regionale. L’ubicazione considerata più idonea è
nell’ambito di un’azienda sanitaria o ospedaliera, sede del Dipartimento di Emergenza,
anche se non necessariamente nella struttura, ciò per meglio garantire più strette
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