INTRODUZIONE. Le parole chiave dell'alter-menza
L'Alzheimer si può definire una malattia “familiare” per il peso assistenziale che grava
sulla famiglia del malato, sia in termini economici, sia in termini psico-sociali.
Innanzitutto, ho pensato di dare una nuova forma al concetto di “demenza”. Come si
può leggere all'inizio di questa introduzione, e per tutto il corso delle tesi, vi sarà la
parola altermenza. La demenza, infatti, viene dall'etimologia latina “dementia” che
significa “fuori di mente”. Con questo significato etimologico è stato facile che, nel
corso del tempo, la parola “demenza” assumesse connotazioni negative nel senso di
colui “che ha perduto il senno”, colui che è “folle”. E' opportuno rinnovare questo tipo
di lessico poiché anche dalla forma di una parola si può dare maggiore dignità alla
sostanza che in questo caso è rappresentata dalla malattia. E' un processo analogo a
quello che ha visto la sostituzione della parola “handicappato” con quella di “persona
diversamente abile”. E' ovvio che il cambiamento di una parola diviene fine a se stesso
se non cambierà il livello assistenziale, il pregiudizio delle persone e la salute
psicologica del paziente. In questo caso, la parola latina “alter” vuole dare l'idea di una
persona che, per via dei suoi deficit cognitivi, ragiona “diversamente” dal resto della
gente e che merita lo statuto di una “diversa unicità” che la società deve riconoscergli.
Conosciamo vari tipi di altermenze (il morbo di Parkinson, il morbo di Pick, etc.) che
colpiscono diverse zone cerebrali (distinguiamo in questo modo le altermenze corticali
da quelle sottocorticali). Le altermenze si possono definire una malattia paradigmatica
della modernità (Trabucchi 2000) per la loro connessione ai mutamenti demografici
delle civiltà occidentali. Infatti, a partire dalla seconda metà del XX secolo abbiamo
assistito ad un notevole aumento dell'aspettativa media di vita: 73 anni per l'uomo e 80
per la donna (Senin, 1999). Ciò è dovuto in gran parte ai meriti della medicina che,
grazie alla scoperta di vaccini, di antibiotici e ai miglioramenti raggiunti nella
prevenzione e nella terapia di numerosissime condizioni morbose, ha potuto ottenere
ottimi risultati nell'età media di vita (basti pensare che alla fine dell'Ottocento
l'aspettativa media di vita era di 40 anni). Negli anni novanta, in particolare, l'attenzione
per le altermenze ha avuto un crescendo continuo in tutti i paesi avanzati, sia sul piano
della ricerca sperimentale, sia su quello dell'organizzazione dei servizi. Ciò ha
comportato un prolungamento della terza età e, di conseguenza, delle malattie croniche
che si protraggono negli anni tra dolore e dipendenza senza che ancora si siano trovate
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cure risolutive. In questo modo, anche nell'ambito delle altermenze ci troviamo di fronte
al paradosso di quella stessa medicina che precedentemente ho lodato: nel garantire una
maggiore longevità di vita, è impotente di fronte alle malattie croniche della vecchiaia.
Purtroppo, il prolungarsi della vita a fronte di peggioramenti nella sua qualità, perde
molto del suo senso. L'Alzheimer, d'altronde, è una di quelle malattie che per la sua
complessità, rientra a pieno titolo nella definizione data dall'organizzazione mondiale
della sanità sulla salute. La salute è considerata “uno stato di completo benessere fisico,
psichico e sociale”. Questa definizione comporta la consapevolezza che “non è possibile
separare la salute del corpo dalla salute della mente” e rimarca le diverse componenti
della salute: quelle biomediche (biologiche, fisiologiche e biochimiche); personali
(affettive, percettive, comportamentali e psicologiche) e socioculturali (i legami
interpersonali e gli aspetti di tipo culturale). In questa tesi, come giustamente mi impone
l'indirizzo universitario scelto, mi concentrerò particolarmente sulle componenti
socioculturali e personali della malattia d'Alzheimer. Allo stesso tempo però, nonostante
non sia uno studioso del settore biomedico, non potrò non toccare alcune tematiche
legate a questa componente. Spero che i lettori troveranno una valida guida nelle note a
piè di pagina per comprendere, in maniera semplice e chiara, alcuni termini medici.
E' importante definire l'area concettuale in cui ci muoveremo: la geragogia. Come già ci
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rivela la sua etimologia, la geragogia deve essere intesa come una vera e propria
educazione ad invecchiare che richiede la ricerca di uno stile di vita idoneo a questa fase
della vita per renderla attiva e vitale. E in questo senso, si deve cercare di dare sempre
più dignità ai malati d'Alzheimer che, soprattutto nella fase avanzata della malattia,
vedono perdere completamente la loro personalità. Il termine “geragogia” tenta anche di
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frenare il continuo utilizzo della parola “pedagogia” ormai utilizzata anche nel campo
universitario per definire i più svariati ambiti nonostante il suo significato è strettamente
correlato ad una specifica fase dell'età dell'individuo, quella giovanile.
L'Alzheimer, come le altre altermenze, viene definito la malattia della “doppia-morte” in
quanto si assiste non solo ad un decadimento fisico del malato ma anche ad una graduale
perdita della sua personalità. Inoltre, si può affermare che la morte psicologica precede
quella fisica; in particolar modo, assistiamo a uno dei maggiori dolori casuati
dall'Alzheimer: il lento declino della memoria. In tal modo, si interrompe la continuità
1 Dal greco “geron”-vecchio e “ago”- condurre, guidare, accompagnare.
2 Dal greco παιδαγωγία, paidagogia. Da παιζρ (paidos), “il bambino” e αγω (ago), guidare, condurre,
accompagnare.
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delle esperienze garantita dalla capacità mnemonica che costituisce il fondamento
dell'identità personale, poiché “noi siamo quello che ricordiamo” (Nisi, 2009).
La memoria che viene lesa da questa malattia è quella episodica che rappresenta un tipo
specifico di memoria “a lungo termine” e “dichiarativa”. La memoria dichiarativa fa
riferimento a quei processi mnesici che hanno la caratteristica di essere consapevoli e
pertanto dichiarati o esplicitati (da qui anche il termine, utilizzato come sinonimo, di
memoria esplicita). Ad esempio, posso definire una bicicletta come un mezzo di
trasporto senza motore, con due ruote, con una catena ed un manubrio; nel dare
quest'elenco sto recuperando nel mio patrimonio di conoscenze enciclopediche
(memoria semantica) gli attributi caratteristici, le proprietà generali e d'uso ed il
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significato di quell'oggetto chiamato bicicletta. Per memoria episodica, invece,
s'intende la memoria di eventi di un determinato contesto spazio-temporale. Ritornando
all'esempio della bicicletta, se richiamo alla mente un incontro avvenuto la settimana
scorso con un amico che era in sella ad una bicicletta da corsa di colore rosso e col
manubrio cromato, allora sto rievocando un ricordo presente nella memoria episodica.
Tale deficit della memoria episodica ha caratteristiche di amnesia anterograda,
intendendo con questa parola la difficoltà del paziente a memorizzare eventi successivi
all'esordio della malattia, mantenendo relativamente integra la capacità di richiamare
alla mente eventi antecedenti alla patologia. Ecco perché gli eventi anche molto remoti
nel tempo vengono ricordati meglio di quelli recenti (ciò colpisce molto i familiari che
spesso usano espressioni del tipo “si ricorda della guerra ma ha dimenticato che la
nipote si è sposata il mese scorso”).Un'altra memoria che viene intaccata è la ongoing
memory che può essere considerata un sottotipo particolare di memoria episodica che
memorizza un arco di tempo relativamente breve (al massimo di 24 ore). Essa ci
permette di ricordare dove abbiamo parcheggiato l'auto la mattina, dove abbiamo
appoggiato le chiavi quando siamo rincasati da poco, etc. . Nel malato d'Alzheimer i
problemi relativi all'ongoing memory sono utili ai fini della diagnosi, dato che spesso il
malato d'Alzheimer si dimentica il gas acceso, non trova le bollette da pagare o le chiavi
dell'auto, etc. . Ovviamente questi tipi di dimenticanze colpiscono anche le persone
normodotate, magari a causa dell'altro stress. E' importante ricordare che questi disturbi
3 Questo tipo di memoria va distinta da quella procedurale. Quest'ultima può essere richiamata alla mente
solamente nel nostro agire. Ad es., se riesco ad andare su una bicicletta dopo dieci anni che non vi
montavo su, allora la capacità che ne consegue è merito di quel tipo di memoria non dichiarativa,
inconsapevole, ovvero la memoria procedurale (la memoria dell'azione). Questo tipo di memoria è
estremamente resistente e può conservarsi relativamente integra anche in fasi piuttosto avanzate della
malattia d'Alzheimer.
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per essere considerati sintomi d'esordio dell'Alzheimer devono essere di entità rilevante,
di comparsa recente nella vita della persona e devono tendere al peggioramento, oltreché
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presentarsi insieme ad altri deficit cognitivi ed extracognitivi.
Si muore raramente a causa di questa malattia; più spesso la morte sopraggiunge per
problemi che nascono parallelamente come le infezioni polmonari, le fratture del femore
o le piaghe da decubito. Il sistema immunitario del paziente affetto da questa altermenza
è molto debole e una semplice infezione polmonare può essere molto pericolosa. La
malattia dura in media dai 6 ai 10 anni ma può anche durare di meno o di più. Dipende
soprattutto da quando questa malattia viene diagnosticata e dalle cure che si adottano.
Nel corso di questa tesi ritroveremo molto spesso il termine caregiver; letteralmente
significa “colui che presta le cure”. In italiano non esiste un termine che rende in
maniera così chiara e breve questo concetto. Distinguiamo, inoltre, tra “primary
caregiver” (figlio, coniuge o più raramente un altro familiare o amico) e caregiver
formale (il medico, l'infermiere o qualsiasi altro professionista).
4 Vedi il paragrafo “La diagnosi dell'Alzheimer: i primi sintomi”, pag. 44.
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CAPITOLO 1. La prospettiva assistenziale.
-La famiglia alzhaimeriana
L'Alzheimer provoca dei deficit che compromettono anche le attività del vivere
quotidiano. In assenza di un sistema formale forte, il carico assistenziale ricade sui
servizi informali quali la famiglia, gli amici e il vicinato. La maggior parte dei pazienti
vive in famiglia (circa l'80%) e i due terzi dei malati d'Alzheimer sono assistiti da
familiari e amici, di cui il 70% è rappresentato da donne. L'assunzione del ruolo di
caregiver comporta anche dei costi classificabili in quattro aree di riferimento:
Costi occupazionali e finanziari: quelli derivati dal trasporto (per es. mandare il
familiare a visita dal proprio geriatra) e dalla riduzione dello stipendio (causa
contratto part-time o pensionamento anticipato). A volte, per i diffusi fenomeni
migratori, si assumono operatori a pagamento provenienti da altri Paesi. Si dovrà
cercare di formare tali operatori con percorsi formativi e risorse adeguate
affinché siano preparati a fornire un'assistenza anche nel lungo periodo
(recentemente nella croce rossa di Portici, in provincia di Napoli, si è tenuto un
corso per badanti per ampliare le loro competenze assistenziali).
Costi sociali: derivanti dall'isolamento dal proprio campo di conoscenze per il
minor tempo libero da dedicare ad esse e ai propri interessi.
Costi emotivi: per il continuo stress che i caregiver devono affrontare, a volte
senza possedere le competenze e andando incontro all'inversione dei ruoli (per
es. un figlio che si sostituisce alla figura paterna).
Costi fisici: l'assistenza è spesso fornita dal coniuge o dai figli anch'essi anziani
con i relativi rischi di maggiori problemi fisici e psicologici nel carico
assistenziale che grava su di loro.
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