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Introduzione
Il 19 settembre 1995 Vincenzo Muccioli, fondatore della comunità di recupero per
tossicodipendenti di San Patrignano, muore in una clinica di Milano, per le complicanze di
un edema polmonare.
Dal giorno del ricovero fino a quello della sua morte ed ancora di più in occasione
dei funerali di Muccioli, la stampa ha dato ampio risalto a quegli eventi, in modo così netto
da risultare a tratti anomalo; in fondo, pur con i suoi guai giudiziari che l’avevano portato
agli onori della cronaca, pur essendo il fondatore della comunità per tossicodipendenti più
grande d’Europa, Muccioli non era un personaggio così influente da giustificare le prime
pagine di tutti i maggiori quotidiani, farcite di approfondimenti degni di un capo di Stato.
Cos’è che ha alimentato tutto quell’interesse? Come mai anche la stampa
normalmente più misurata non ha risparmiato accenti tutt’altro che pacati sulla vicenda?
Perché (come vedremo) per definire Muccioli sono stati usati vocaboli che rimandano alla
mente personalità ben più influenti e dotate di capacità fuori dall’ordinario?
La nostra ipotesi chiama in causa la riflessione sulla leadership ed in particolar
modo il pensiero sul carisma contenuto nell’opera di Max Weber, il primo a dare forma
compiuta ad una teoria della leadership carismatica i cui elementi, fino a quel momento,
risultavano per lo più un’insieme di intuizioni non interrelate fra loro.
Prendendo dunque le mosse dalla riflessione weberiana sul leader carismatico, ne
analizzeremo gli spunti più interessanti e le caratteristiche più indicative; il capo
carismatico di Max Weber è una persona fuori dal comune, ma solo dal momento in cui in
lui si risveglia la potenza straordinaria che gli deriva dal carisma, cosa che può accadere
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anche molto in là nella vita di un uomo, a seconda di alcune circostanze esterne che Weber
chiama fattori di crisi e che mettono a dura prova la sopravvivenza della società stessa; il
carisma non si può acquistare nell’arco dell’esistenza ma è una forza immanente e
soprannaturale, dono di un’entità superiore.
Il carisma ha delle caratteristiche che gli permettono di essere riconosciuto
immediatamente nei gesti e nelle parole del capo, ma anche nella devozione e nella cieca
fiducia che i seguaci nutrono nei confronti del leader.
Il carisma perlopiù si esprime all’interno di una comunità di fede molto ristretta
numericamente, dove l’economia e il diritto sono diversi da quelli praticati nella società
esterna e sono funzionali alla sopravvivenza del gruppo secondo i dettami del capo
carismatico; egli è l’unico che ha il potere di emanare le regole e di farle rispettare,
punendo o perdonando a seconda del suo giudizio insindacabile.
Il capo è anche l’unico che può nominare l’apparato amministrativo, o élite, cioè la
ristretta cerchia dei fedelissimi che formeranno il tramite tra il leader e la grande massa dei
seguaci: la nomina avviene di norma attraverso la chiamata diretta da parte del capo, senza
una gerarchia dovuta al merito e a nessuna forma di graduatoria.
L’economia della comunità è, in genere, orientata alla sussistenza e disprezza i
mezzi propri dell’economia ordinaria: essa si basa sull’accattonaggio e sulle donazioni
spontanee dei fedeli ed è assolutamente, almeno in linea di principio, senza scopo di lucro.
Storicamente la riflessione di Max Weber sul carisma si pone tra gli studi di
Gustave Le Bon sul meneur, cioè sul capo che ipnotizza e rende docili le masse con le sue
parole e il suo agire e quelli di Sigmund Freud sulla psicologia delle folle, quindi intorno
agli inizi del XX secolo.
I successivi filoni di studi che si sono occupati della leadership hanno un po’
accantonato l’idea del carisma in questo campo, concentrandosi piuttosto sulle dinamiche
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di gruppo attraverso le quali il leader naturale emerge e sui diversi tipi di leader, più
autoritari o più democratici, ma niente a che vedere con la forza straordinaria e ultraterrena
che spinge il capo alla missione e i seguaci all’obbedienza cieca ed incondizionata.
In Italia, nel dopoguerra, uno degli esempi di capo carismatico più vicini alla
concezione di Max Weber è stato sicuramente Vincenzo Muccioli.
Fin dai suoi primi anni di vita e dalle esperienze adolescenziali i parenti e gli amici
riconoscevano il lui quelle doti di trascinatore tipiche del leader ma soprattutto la
predestinazione a qualcosa di grande.
L’esperienza di medium successiva, chiamata “il Cenacolo”, in cui Muccioli si
dichiarava posseduto da tre entità soprannaturali, il Raggio Cristico, il Dotto e la Guida,
aggiunsero alcuni elementi alla costruzione della sua figura carismatica: l’impeto religioso
tipico della setta e una ristretta cerchia di seguaci pronti a tutto pur di raggiungere il
completamento della missione.
L’esperienza medianica, dunque, costituì l’embrione che portò alla comunità di San
Patrignano, prima concepita come ricovero per tutti i bisognosi di cure e di aiuto
(attraverso la pratica della pranoterapia e della medicina naturale, come era in uso nel
Cenacolo) poi, quasi per caso, incentrata sui tossicodipendenti.
A San Patrignano Muccioli ha costruito una comunità carismatica nel senso più
vicino a quanto indicato da Weber in Economia e Società: tutti gli elementi e le
caratteristiche indispensabili perché un movimento sia classificato come una
setta/comunità a base carismatica sono risultati essere presenti a Sanpa e Muccioli si è
comportato come un capo carismatico a tutti gli effetti.
In alcune occasioni, come può accadere quando il carisma si carica troppo della sua
componente autoritaria, Muccioli si è trovato a fronteggiare processi per violenze e
maltrattamenti nei confronti degli ospiti e, più avanti, si è dovuto difendere addirittura
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dall’accusa di favoreggiamento nell’omicidio di un ospite della comunità, Roberto
Maranzano.
Muccioli è stato un personaggio controverso che ha letteralmente spaccato in due
l’Italia tra colpevolisti ed innocentisti, tra coloro che erano favorevoli al suo metodo di
recupero dalla droga basato sul lavoro, la responsabilizzazione, l’autoritarismo e
sull’assenza di qualsiasi supporto psicologico o farmacologico e coloro che invece erano
contrari, sostenendo che la componente carismatica fosse troppo presente nella comunità,
soprattutto per quanto riguardava la violenza e il controllo sugli ospiti.
L’ingresso della politica negli affari della comunità, il costante aumento degli ospiti
che è arrivato a superare le duemila unità, i crescenti guai giudiziari a cui Muccioli doveva
far fronte, hanno portato ad una sorta di cambiamento del carisma (anch’esso previsto nelle
caratteristiche descritte da Weber): esso si è trasformato in un senso antiautoritario
risultando così sempre più prigioniero del quotidiano, perdendo molto del carattere
ultraterreno e rivoluzionario che è alla base di una genuina esperienza carismatica.
A partire da tutte queste riflessioni ci siamo chiesti come la stampa italiana avesse
rappresentato Vincenzo Muccioli nel periodo della sua agonia e della sua morte e perché
avesse scelto di descriverlo proprio in quella maniera.
L’idea che abbiamo voluto sviluppare nasce dalla considerazione del particolare
periodo storico in cui è avvenuta la morte di Muccioli: nella situazione di crisi generata da
Tangentopoli, con la scomparsa dalla scena di Craxi, Andreotti, Forlani e di tutti gli altri
leaders che avevano caratterizzato la ribalta politica e sociale italiana dal dopoguerra e con
il tentativo fallito (nel 1994) di Silvio Berlusconi di prendere il potere in maniera stabile,
Muccioli appariva agli italiani come uno degli ultimi portatori di carisma in circolazione;
la sua morte era da considerarsi un campanello d’allarme per tutta la società italiana,
sconvolta da quegli eventi e doveva essere insieme un segnale forte perché sorgesse un
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leader capace di traghettare il Paese verso la stabilità in quel difficile momento.
L’ipotesi che fa da sfondo a tutto il lavoro è dunque quella secondo la quale i mass
media italiani hanno dato così tanto risalto ad una figura discussa e non di primissimo
piano come Muccioli in quanto egli veniva percepito dalla società italiana come il simbolo
del carisma; carisma chiamato a colmare il vuoto di potere generato da una situazione di
crisi straordinaria.
Il nostro campo di indagine è stato perciò costituito dai mezzi di informazione di
massa ed in particolar modo dalla stampa quotidiana e periodica nel periodo che va dal
ricovero in ospedale di Muccioli (e quindi, in qualche modo, dal panico provocato dalla
possibilità concreta della morte del leader) fino ai giorni successivi alla sua morte (e
all’accento posto sulle caratteristiche di un uomo che possedeva qualità fuori dal comune):
in totale si è coperto un arco temporale di quindici giorni, dal 12 al 26 settembre 1995.
Il campione dei quotidiani è stato costruito attraverso le due variabili della
diffusione, ovvero il numero delle copie vendute da ciascun quotidiano nell’anno di
riferimento e della copertura geografica, privilegiando i giornali a diffusione nazionale e
quelli che coprono aree regionali importanti.
A questo campione sono stati aggiunti i principali quotidiani di partito italiani per
analizzare come essi hanno rappresentato le vicende legate alla morte di Muccioli,
partendo dalla vicinanza ideologica che ha legato il leader di San Patrignano alla destra
italiana e dalla conseguente avversione reciproca nei confronti della sinistra e delle sue
idee.
Il campione così costituito risulta formato da 24 quotidiani, a cui abbiamo aggiunto
10 riviste, selezionate in base alla diffusione numerica più che geografica (essendo le
grandi riviste tutte a diffusione nazionale) e a criteri che mirano a principi di rilevanza
evitando, allo stesso tempo, la duplicazione dei vari punti di vista.
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Il materiale è stato reperito, con non poche difficoltà per certi giornali, sul web
relativamente ai soli articoli de Il Corriere della Sera e dell’Unione Sarda e nelle
biblioteche pubbliche per quanto riguarda tutti gli altri giornali e le riviste; con un po’ di
mestiere siamo riusciti ad ottenere tutti i giornali senza lasciare la città di Roma mentre le
biblioteche a cui ci siamo affidati principalmente sono state la Biblioteca Nazionale
Centrale, la Biblioteca di Storia Moderna e Contemporanea e la Biblioteca della Camera
dei Deputati; dalla Biblioteca Comunale di Imola, invece, abbiamo ottenuto gli articoli del
settimanale Sette.
L’obiettivo che ci siamo prefissi dall’analisi degli articoli sulla agonia e sulla morte
di Vincenzo Muccioli è stato quello di evidenziare la richiesta di leadership carismatica
proveniente dalla stampa italiana nel periodo considerato; la stampa, naturalmente, non è
stata altro che il megafono di una domanda pressante della società in quel senso.
Per analizzare come la stampa ha rappresentato Vincenzo Muccioli abbiamo
utilizzato gli strumenti metodologici dell’analisi del contenuto, cercando di stabilire delle
connessioni che non fossero puramente teoriche ma che, al contrario, si avvalessero di
risultati di tipo quantitativo; questi dati quantitativi si trovano soprattutto sotto forma di
tabelle che ci hanno permesso di analizzare in che modo si presentavano le variabili
selezionate come descrittive del carisma.
Il software utilizzato per questa analisi è stato il LeSphinx Lexica che, attraverso
l’analisi lessicale degli articoli sulla morte di Muccioli ha dato come primo risultato,
appunto, le tabelle delle frequenze con cui si presentano le parole contenute negli articoli
dei giornali.
A partire da queste tabelle poi, abbiamo effettuato un’elaborazione tenendo conto
della modalità con cui sono comparse le parole che meglio hanno descritto il fenomeno
carisma, ovvero a seconda che fossero presenti nel focus degli articoli vero e proprio, nei
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titoli, nei verbi, o nei termini presenti immediatamente prima e dopo alcuni soggetti-chiave
da noi individuati: le parole “Muccioli”, comunità”, “corpo” e “malattia”.
Oltre alle tabelle delle frequenze, sono state analizzate anche delle tabelle di
correlazione, in cui compare il legame tra le varie parole degli articoli, divise secondo le
due variabili “testata” e “data”, che prendono il considerazione, appunto, i termini
contenuti negli articoli a seconda del quotidiano di cui fanno parte o a partire da una stessa
data di pubblicazione.
Le parole degli articoli sono state considerate sia una per una che raggruppate in
aree concettuali create appositamente per studiare la descrizione del fenomeno carisma da
parte della stampa italiana e delle quali fanno parte tutte le parole che hanno uno stesso
significato o che sono sinonimi di parole chiave.
Queste aree concettuali sono state divise in sei gruppi/dimensioni: la dimensione
carismatica (che comprende i sinonimi della parola leader e il concetto di carisma), la
dimensione familiare-familistica (che si concentra sulla visione che i giornali danno di San
Patrignano come di una famiglia allargata), la dimensione mitica (in cui trova posto le
parole eroe, mito, esempio, gigante, ecc.), la dimensione religiosa (che rende conto
dell’importanza del culto nella visione weberiana del carisma, attraverso parole come
santo, setta, culto santone, fedeli, ecc.), la dimensione della successione (anch’essa
importantissima nell’ottica del capo carismatico, che comprende termini come successore,
erede, futuro, ecc.) e, infine la dimensione descrittiva (nella quale sono presenti soprattutto
gli aggettivi che descrivono la figura di Muccioli e cioè forte, generoso, coraggioso,
romagnolo e così via).
L’elaborazione è stata completata dalla costruzione, dove possibile, di grafici per
rendere anche visivamente la sensazione che i giornali volevano dare di Muccioli,
soprattutto per quanto riguarda le aree concettuali che abbiamo costruito.
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Ricapitolando, l’indagine si articolerà in due parti, la prima delle quali mirerà a
rendere evidente come Muccioli sia stato effettivamente un capo carismatico, nel senso che
sia Weber sia i suoi epigoni hanno dato a questo termine, attraverso la ricostruzione delle
opere della sua vita, delle testimonianze di coloro che lo hanno conosciuto e dei familiari e
attraverso le vicende che hanno caratterizzato la struttura dove il carisma di Muccioli si è
effettivamente manifestato e cioè la comunità di San Patrignano.
Nella seconda parte, che corrisponde al quarto capitolo della tesi, si analizzeranno
gli articoli dei giornali dedicati alla morte di Muccioli, prima in senso quantitativo,
attraverso la costruzione delle tabelle e dei grafici a cui abbiamo accennato e poi in senso
qualitativo, cercando un’interpretazione dei dati che avvalori in qualche modo l’ipotesi di
un deficit di carisma che si andava creando con la morte di Muccioli e che la stampa e la
società italiana chiedevano al sistema di colmare.
Come vedremo, non è stato difficile dimostrare la fondatezza di quanto abbiamo
ipotizzato in quanto effettivamente la stampa italiana si è sforzata di raffigurare Muccioli
come un capo carismatico ed ha esaltato l’angoscia per la sua perdita soprattutto in
relazione alla categoria della successione ovvero riguardo il pericolo che la comunità (e la
società italiana intera) si trovasse nella condizione di non poter più fare affidamento sulla
forza creatrice e rivoluzionaria del carisma.
Prima di cominciare vorremmo fare un breve accenno alla concezione che ci ha
guidato nell’elaborazione di questa tesi: dovendoci cimentare con la figura importante di
uno studioso come Max Weber abbiamo preferito non fare cenno alle nostre convinzioni
morali ed ideologiche.
Non è stato facile, occupandosi di un personaggio così controverso e discusso come
è stato Vincenzo Muccioli non cedere alla tentazione di un sia pur breve commento che,
invece, potrebbe essere presente (sempre in maniera più che misurata) nelle parole che
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descrivono altri attori della vicenda legata a Muccioli anche, e soprattutto, di quelli che
fanno parte della scena politica attuale.
Ci siamo riusciti (se ci siamo riusciti) tenendo fede alla lezione di Max Weber
sull’avalutatività e sui valori che vanno decisamente abbandonati quando si effettua una
ricerca, pena il fallimento dell’intero studio.
Cominciamo, dunque, la nostra analisi consapevoli di aver sviluppato solo una delle
infinite scelte che si sarebbero potute avanzare parlando di Muccioli e del leader
carismatico: una scelta precisa, però, che ci auguriamo di aver approfondito nel modo più
completo e scientifico possibile.