1.1 CONCETTO GENERALE DI MEDICINA LEGALE
La Medicina Legale, nata per rispondere ad esigenze di giustizia, riguarda l’applicazione
delle conoscenze mediche, dalla metodologia, alla semeiotica o diagnostica, al diritto,
studiando l’uomo nei suoi attributi fisici e psichici in relazione con le leggi. Essa, nel suo
ordinamento e nella sua costituzione odierna, è la risultante di una lunga evoluzione
scientifica, attraverso la quale nozioni frammentarie si sono fuse, dando così vita ad una
vera e propria disciplina ormai autonoma rispetto alle altre, che racchiude, e fa convergere
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in sé, il pensiero di medici e giuristi su date questioni che interessano entrambi. Gli
strumenti, che prima rappresentavano la base degli accertamenti, si sono ampliati e arricchiti
giungendo così a tale odierno studio, che offre tutti i mezzi e gli ausili atti a poter rispondere
con precisione alle eventuali domande di magistrati o avvocati per eventuali chiarimenti nel
corso di un processo, apportare dati di fatto importanti e fondamentali della ricostruzione di
un delitto, di un incidente, o di qualsiasi cosa da cui ne scaturisce la morte.
Da un punto di vista teorico, la Medicina Legale procura delle cognizioni utili per istituire
un sistema scientifico di legislazione, contribuendo in tal modo alla formazione di nuove
leggi e contemporaneamente interpretare le precedenti, in modo che le norme si adeguino
sempre ai progressi scientifici e soprattutto ai bisogni dell’uomo. Mentre da un punto di
vista pratico, attraverso l’utilizzo delle proprie nozioni e competenze mediche, tale
disciplina risolve casi giudiziari fornendo pareri tecnici tramite la perizia e la consulenza
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tecnica in materia sia penale che civile, il tutto indicato con il titolo di Medicina forense. La
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Medicina Legale ha le dimensioni di una disciplina antropologica, poiché investe ogni
rapporto esistente tra l’uomo e gli effetti giuridici che da tale rapporto scaturiscono,
considerando il cittadino sia come entità fisica e psichica individuale, sia come membro di
una collettività organizzata.
La partizione di tale disciplina, necessaria dati i vasti e differenti ambiti di campi che
abbraccia, è necessaria per comprendere al meglio la sua natura eterogenea; generalmente si
compie l’errore di circoscrivere il suo ambito di operatività solo ai rilievi autoptici o alla
necroscopia, ma non è così poiché i suoi ambiti sono oggi numerosi e distinti secondo le
necessità didattiche e i criteri applicativi della disciplina stessa, grazie soprattutto al recente
1
OTTOLENGHI S., Medicina Legale, Ed. P.N.F., Roma, 1930, p. 42.
2
PUCCINI C., Istituzioni di medicina legale, Ed. Ambrosiana, Milano, 2003, p. 7.
3
Ibidem.
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progresso delle scienze mediche e biologiche, delle indagini di laboratorio e di nuove
esigenze pratiche.
Tradizionalmente si vedeva la semplice tripartizione della Medicina Legale in:
canonistica: in cui numerose norme del diritto canonico risolvono problemi medico-
legali attinenti al matrimonio religioso, alla filiazione, all’accertamento di idoneità
psico-fisica, al secerdozio ed altri;
civilistica: rientrano qui le norme del codice civile che riguardano il campo
psichiatrico, con riferimento all’interdizione e all’incapacità, o quelle norme che
richiedono interventi specifici per la valutazione del danno alla persona;
penalistica: studia i rapporti che intercorrono tra la medicina legale e il diritto
penale, sia per questioni che riguardano l’uomo in ambito generale, sia per l’analisi
dei singoli reati che richiedono l’utilizzo di una perizia giudiziaria.
Ma negli ultimi anni tale ambito si è ulteriormente differenziato, suddividendosi in nuovi
rami specialistici:
Ostetricia forense: studia i rapporti che sorgono tra la funzione riproduttiva della
specie umana e il diritto sia pubblico che privato, pertanto tutte quelle questiono
medico-giuridiche che si riferiscono alla fecondazione, gestazione, parto o gli
interventi interruttivi della gravidanza.
Sessuologia forense: studia le patologie della sessualità disciplinate dalla legge, con
particolare riferimento ai reati sessuali.
Psicopatologia forense: ramo che applica le conoscenze della psichiatria al diritto,
studiando i difetti della personalità psichica di fronte alla legge.
Tossicologia forense: disciplina che tratta dei tossici e delle intossicazioni in
relazione con il danno alla persona, apportando importanti contributi allo studio
degli avvelenamenti criminosi.
Tanatologia: lo studio della morte e dei fenomeni cadaverici. Branca, questa, che
avremo modo di trattare, in maniera approfondita ed accurata, nel corso di tale
trattato.
Ematologia forense: da cui deriva la perizia ematologica fondamentale nelle
indagini di criminalistica basate sullo studio dei gruppi sanguigni.
Etica medica e deontologica: che riguarda lo studio delle norme etiche,
professionali e legali che disciplinano l’esercizio della medicina.
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Medicina legale delle assicurazioni: la disciplina che applica le conoscenze
medico-legali alle assicurazioni sociali e private; da qui deriva anche l’Infortunistica
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del lavoro e le Malattie professionali.
Al termine di tale prospetto si intuisce come l’odierna Medicina Legale abbia sempre più
ampliato i propri limiti, che vanno al di là dell’opinione tradizionale che le affidava una
funzione sussidiaria molto restrittiva e che la inglobava in uno specifico ruolo, realtà, che
come appena visto, è differente soprattutto se ci si sofferma ai suoi fondamentali interventi
nell’ambito deontologico, giuridico e normativo.
In questa veloce digressione di quella che è oggi la Medicina Legale non si può non porre
l’accento su quelle che sono le sue finalità; essa sicuramente mantiene valida la funzione
originaria giuridico-forense, rafforzando però il rapporto con la giustizia, dedicandosi allo
studio del cadavere e ampliando così la propria fisionomia di medicina del delitto. Lo studio
del cadavere, ad esempio, non riguarda solo l’indagine anatomopatologica, né si limita a
porre in rilievo le alterazioni necessarie ad accertare la causa del decesso, ma ha una finalità
molto più ampia nell’ambito dell’identificazione personale e della criminologia. Stesso
discorso per la medicina del delitto che racchiude in sé tutto ciò che di medico esiste per
studiare il fenomeno delittuoso.
A tutto ciò si associano anche le finalità sociali di tale disciplina, entrata a far parte
dell’ambito assicurativo, degli ospedali e delle strutture assistenziali lì dove si ritiene
necessario valorizzare gli aspetti medico-legali della malattia, cioè dare attenzione alla
prevenzione, alla diagnosi, alla cura, alla valutazione del danno che la malattia stessa
comporta, sotto vari punti di vista, al paziente e alle conseguenze giuridiche e
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amministrative che la cura, a cui il medico ha sottoposto il paziente, ha condotto.
4
PUCCINI C., Istituzioni di medicina legale, op. cit., p. 12.
5
Ibidem.
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1.2 DEFINIZIONE ED ETIMOLOGIA DELLA TANATOLOGIA
Il significato etimologico del termine tanatologia è discorso sulla morte, di derivazione
greca (thánatos morte e lógos discorso), pertanto scienza della morte. Volendo collocare
temporalmente e storicamente la sua nascita bisogna risalire al 1795, in cui comparve, per la
prima volta con un significato medico, all’interno del trattato “Thanatologia” di Solomon
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Anschel che indagava sulla morte e sul morire. Un’opera che si collocava tra la medicina e
la medicina legale, e che testimoniava l’interesse, nato all’incirca nella seconda metà del
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XVIII secolo, del discorso sulla morte da parte della medicina.
Diversi decenni dopo, nel 1832, il Dizionario Generale della Lingua francese e il
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Vocabolario Universale delle Scienze, inserì tale termine e definì la tanatologia come una
teoria della morte, considerandola una branca della scienza medica, disciplina che
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monopolizzò a lungo il sapere tanatologico. Dal punto di vista storico e culturale l’uso di
tale termine in medicina rappresenta un’importante novità, poiché se fino a quel momento,
in epoca medievale e nella prima età moderna, parlare di morte era ad appannaggio della
Chiesa o comunque oggetto della riflessione teologica, ora diveniva discorso articolato
razionalmente e scientificamente.
Tra il Settecento e l’Ottocento tale discorso prese forza, non solo perché si sviluppò ancor di
più la riflessione medico-filosofica sulla morte, ma perché aumentò il controllo concreto sul
morire da parte dei medici, se precedentemente la presenza di un dottore al capezzale di un
morente era sporadica, dalla seconda metà dell’Ottocento in poi, la stessa constatazione
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della morte divenne obbligatoria in ambito medico. Questa nuova esigenza era stata in
parte determinata dalla tafofobia, cioè l’ancestrale paura di essere sepolti vivi, in parte dagli
illuministi intellettuali francesi che sottolinearono l’importanza della presenza di uno
specialista nell’accertamento della morte, momento che cominciava ad acquistare, in sempre
più casi, rilevanza giuridica.
6
ANSCHEL S., Thahatologia sive in mortis naturam, causas, genera ac specie set diagnosin disquisitiones, J.
C. Dieterich, Goettingae, 1795.
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Cfr., DEFANTI C. A., Soglie. Medicina e fine della vita, Ed. Bollati Boringhieri, Torino, 2007, pp. 35 ss.
Defanti individua l’inizio della tanatologia forense (disciplina che studia le trasformazioni che avvengono nel
corpo dopo la morte con finalità prevalentemente pratiche, tra cui la determinazione del momento della morte)
nello scritto di Paolo Zacchia, Quaestiones medico – legales, (1651).
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Dictionnaire général de la Langue Française et Vocabulaire universel des sciences, des art set des métiers,
III ed., Pitois – Levrault etc. Libraires, Parigi, 1840.
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Seppur nei quindici dizionari medici del XVIII e XIX secolo il termine non è ripreso.
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SOZZI M., Reinventare la morte. Introduzione alla tanatologia, Ed. Laterza, Milano, 2009, p. 4.
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