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INTRODUZIONE
In America sin dalla metà dell’anno 2008 inizia l’incubo recessione. I sondaggi
presso alcuni fra i principali economisti Usa conferma che l’economia si è fermata a
partire dalla fine del 2007. Negli Stati Uniti d’America già a partire dall’anno 2006 si
hanno i primi sintomi di “malessere economico”. Una crisi profonda, innescata dai
mutui “Subprime”e allargatasi a molti settori. Questa crisi si distingue dalle altre
perché ha natura più strutturale: è dovuta al collasso di un modello che si era
perentoriamente affermato negli anni ’90, e che costringe l’intero sistema finanziario
a riadattarsi ad una realtà diversa. Ma perché si è manifestata la negativa presenza a
tali strumenti finanziari, di cui si è sentito tanto parlare a partire dal 2007? Cioè in che
modo i subprime riescano a espandersi negli altri mercati finanziari tramite la
cartolarizzazione dei crediti e finire tra le attività di molte banche e molti investitori
professionali? Come si sono posti in essere i rimedi per combattere la crisi? Queste e
altre domande, sono al centro della nostra tematica.
I “Subprime” o “B-paper” , “near prime” o “second chance” sono quei prestiti che
vengono concessi ad un soggetto che non può accedere a tassi d’interesse di mercato,
in quanto ha avuto problemi pregressi nella sua storia di debitore. Ma questi prestiti
sono rischiosi, sia per i creditori che per i debitori, vista la pericolosa combinazione
di alti tassi d’interesse, cattiva storia creditizia e situazioni finanziarie poco chiare,
associate a coloro che hanno accesso a questo tipo di credito.
In Usa dal 1998 il 25% dei mutui ipotecari concessi sono stati classificati come
subprime. Coloro che proponevano tale categoria di mutui negli Stati Uniti, hanno
sottolineato il ruolo che questa attività creditizia ha nell’estendere l’accesso al
mercato del credito a consumatori che altrimenti non lo avrebbero avuto. Eppure i
suoi oppositori hanno criticato l’industria del credito subprime per aver messo
pratiche predatorie, come l’aver accettato clienti che non avevano chiaramente le
risorse per soddisfare i termini del contratto. Queste critiche sono aumentate
esponenzialmente a partire già dal 2006, in risposta alla crescente crisi dell’industria
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statunitense dei mutui ipotecari subprime: molti debitori sono stati costretti
all’insolvenza e per molte compagnie prestatrici è stata presentata istanza di
bancarotta.
La crisi dell’economia generale deriva dalla crisi finanziaria globale che si è
ribaltata sull’economia reale in molti altri paesi del mondo.
Gli effetti delle crisi bancarie si estendono infatti potenzialmente al sistema
economico nel suo complesso, coinvolgendo gli altri intermediari bancari e finanziari,
e tutte le imprese operanti in altri settori produttivi, che dal sistema creditizio
attingono le risorse per le proprie attività. In particolare, la conseguenza più evidente
e tipica di una crisi bancaria è rappresentata dall’effetto di contagio (effetto ‘domino’)
che questa può creare. Il contagio si verifica non solo per lo stretto intreccio di
rapporti di debito e credito tra le diverse banche di un sistema, ma soprattutto per la
fragilità intrinseca del rapporto fiduciario che lega alle banche i depositanti: la crisi di
una singola banca, anche di non rilevanti dimensioni, può indurre i depositanti di altre
banche alla ‘corsa agli sportelli’. Si produce in questo modo il cosiddetto ‘panico
bancario’, che si manifesta proprio nel generalizzato desiderio dei depositanti di
convertire i propri depositi in moneta non solo presso la banca in crisi, ma anche
presso l’intero sistema bancario.1
Il sistema economico-finanziario statunitense, a partire dall’Agosto 2008, a causa
della crisi dei subprime, e quindi delle banche, ha subito la devastante crisi che si è
proiettata dopo, anche sull’economia reale, e cioè tra famiglie e imprese in quanto a
corto di finanziamenti. Ciò si andato a verificare sovente, in tutti gli altri paesi del
mondo, essendo questi ultimi collegati agli Stati Uniti in quanto paese caratterizzato
da una grande economia. Il successivo passo è il dilagarsi della crisi dell’economia
reale in senso più stretto, caratterizzato dalla diminuzione di occupazione e consumi.
Infatti negli USA anche il mercato immobiliare entra in una profonda crisi, facendo
svalutare i prezzi delle case che le banche potevano perlomeno confiscare e rivendere
prima che ciò avvenisse. Per ciò che concerne il settore industriale, poi, volendo
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Alessandro Villari, Crisi dell'impresa bancaria e autonomia della società, tesi di laurea in
Giurisprudenza, rel.: Mario Cera, Università degli Studi di Pavia, a.a. 2002-03
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citare un esempio emblematico, l’effetto deturpante della crisi è enfatizzato dal
fallimento della rinomata azienda automobilistica statunitense “General Motors” (che
affronterà un lungo periodo di risanamento).
Il presente elaborato ha come protagoniste principali le banche, che hanno una
assidua urgenza di sostenere l’economia reale e la necessità alla base di rafforzare il
capitale di vigilanza cosiddetto Core Tier-1. L’entità del patrimonio di vigilanza
determinata secondo i requisiti di Basilea 2, che deve essere trimestralmente
comunicata dagli istituti di credito alla Banca d’Italia, costituisce il parametro al
quale si riferiscono molte delle norme di vigilanza prudenziale. L’analisi
dell’elaborato si propone, di formulare tra l’altro, raccomandazioni sulle modifiche
della regolamentazione e sull’approccio di vigilanza necessario per creare un sistema
bancario più solido per il futuro. La nostra attenzione si concentra sulla situazione in
Italia con riguardo al sistema legislativo nell’ambito dell’intermediazione bancaria,
tra imprese che chiedono capitale e famiglie che depositano i loro risparmi, e sulla
solidità del bilancio degli istituti di credito privati.
In particolare ci si vuole soffermare sull’intervento del Governo nell’emanazione di
un decreto che dà alle banche il compito di fare espandere l’economia, tramite
l’emissione di titoli che aumentano la quantità di offerta di moneta. Vengono emanate
delle speciali obbligazioni aventi una durata limitata emesse dalle grandi banche per
finanziare la loro crescita economica: i cosiddetti “Tremonti Bond”, stabiliti dall’art.
12, della parte “sostegno all’Economia”, del decreto legge n.185/2008.
A partire dall’inizio del 2009, in Italia, gli istituti di credito, effettuano l’emissione di
titoli speciali, per tutta la durata dello stesso anno e non oltre, nei confronti del
ministero delle finanze che si sottintende pronto ad acquistarle.
Uno dei principali obbiettivi che si intende perseguire con tale intervento, è
l’avanzamento di un maggiore e continuo flusso di finanziamenti verso le imprese. La
sopravvivenza e la crescita delle imprese o la nascita di altre rappresentano la chiave
di volta del risanamento generale. Le banche devono dunque ricevere denaro per
finanziare famiglie e imprese, e le imprese a loro volta devono utilizzare tali fonti di
finanziamento per sostenere la propria economia interna.
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Il fine che sta alla base di un sistema giuridico in regola, è il rispetto della
salvaguardia dei diritti dei cittadini. Ciò non può mai essere possibile se il sistema
bancario non funziona efficientemente e in un paese dove la crescita dell’economia è
limitata. La stabilità del sistema economico-finanziario sta al supporto di ogni società
civile. In tal senso non è assolutamente sopportabile una situazione come quella nata
dalla crisi. Le banche vanno dunque preservate da una situazione tale. Infatti ancora
nel 2010 la devastante crisi si fa sentire sull’economia reale e particolarmente nel
settore industriale.
Nell’elaborato inoltre, si analizzano quali sono gli elementi che in particolare
rendono gli strumenti finanziari non opportuni, al fine di effettuare un’analisi
adeguata della crisi in corso. Uno di questi elementi che da molti punti di vista è
nocivo per il mercato finanziario è la cartolarizzazione del credito e l’espansione di
titoli “marci” nel mercato finanziario. Un altro elemento di inadeguatezza, è
l’emissione di una enorme quantità di derivati, creati sulla base di mutui subprimes,
che determina l’espansione di attività finanziarie eccessivamente rischiose e di
conseguenza, perdite eccessive tra le fonti o gli impieghi delle banche.
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Capitolo 1
La crisi globale dei mercati finanziari e
dell’economia reale
1. I mercati finanziari e l’economia reale
La crisi deriva dall’erogazione degli strumenti “subprime”, ovvero da prestiti per le
auto, mutui immobiliari e prestiti sul contante delle carte di credito, tutti strumenti ad
alto rischio di insolvenza, se concessi a privati con un passato disastroso nell’ambito
dei prestiti ricevuti e con alle spalle bancarotta, pignoramenti etc. Le conseguenze che
si hanno oggi anche nel nostro Paese, per l’insufficiente prudenza nell’erogazione del
credito a persone con alto rischio di insolvenza, sono ogni giorno più evidenti. D’altra
parte, una crisi finanziaria mondiale non può che ripercuotersi in modo disastroso
sull’economia generale e su tutti i fondi di raccolta del risparmio, presenti in una
determinata nazione.
Nel ’98, i subprime hanno ricoperto il 25% del totale dei mutui concessi in USA, al
contrario in Europa e in Italia tale percentuale è sempre stata intorno al 1% del totale
dei mutui.
Un'ascesa vertiginosa nel tasso di insolvenza di mutui subprime ha costretto non
meno di ventiquattro agenzie di credito al fallimento o alla bancarotta, in primis la
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New Century Financial Corporation, precedentemente il secondo prestatore subprime
della nazione2.
Il mercato dei mutui concessi a persone con scarse garanzie di solvibilità e peraltro a
tasso variabile, ha subito una crisi devastante, da quando i contraenti di tali mutui si
sono visti sottrarre, dalle banche, le case che avevano acquistato e molti di questi
mutui, essendo di per se dei titoli di credito, furono messi sul mercato degli
intermediari finanziari (la cosiddetta cartolarizzazione dei crediti). Le case
espropriate inoltre subirono una perdita di valore che penalizzò ancora di più le
banche. Queste ultime fino ad allora potevano perlomeno confiscare la casa qualora
l’individuo non avesse pagato e rivenderla sul mercato all’asta, in quanto i prezzi
delle case aumentavano col tempo. Da quando i prezzi delle case hanno cominciato a
diminuire per via della crisi del mercato immobiliare le banche e le altre agenzie di
credito non avevano convenienza a rivenderle in caso di confisca e speculare su un
nuovo mutuo come facevano prima. Il valore dell’immobile in possesso delle banche
essendo ora in diminuzione, è stato un elemento di spinta verso la perdita di ingenti
capitali e verso il fallimento di molte banche, agenzie di credito e compagnie
assicurative. Ciò discende dall’improvviso aumento del livello di insolvenza dei
contraenti. Per capirne un esempio, basta considerare il caso di Lehman Brothers,
Unicredit e JP Morgan, alcune delle principali banche colpite dalla crisi (le serie
storiche sono consultabili sul sito http://finance.yahoo.com/ ).
Le banche a rischio fallimento negli USA, secondo sondaggi del mese di settembre
2008, erano circa 903. Ciò ha scatenato una grave crisi nell’economia americana che
si è estesa a livello mondiale. Anche l’aumento del prezzo del petrolio che si è
protratto di pari passo con l’iniziale recessione in USA ha sicuramente contribuito a
peggiorare la situazione dell’economia reale, già da prima dell’inizio della crisi reale.
Con ciò si vuole sottolineare l’idea di una iniziale lieve crisi economica nel mercato
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fonte dal sito web Wikipedia.it
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. fonti dal sito web http://www.aginform.org/zanarini.html
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statunitense relativa probabilmente ad un decennio di perdite e diminuzione della
crescita economica, avvenuta prima della crisi effettiva.
Aspetti della crisi economica globale
La crisi economica attuale statunitense deriva dalla crisi delle banche, che sono il
principale finanziatore di famiglie e imprese. Molti istituti di credito si sono ritrovati
in una situazione finanziaria difficile da quando molti clienti sono andati in default,
assorbendo una parte crescente del patrimonio delle banche. La scintilla che ha fatto
scattare la crisi finanziaria è stato il default dei fondi legati ai titoli di credito ad alto
rischio, causato dalla mancata restituzione del mutuo da parte dei contraenti.
I problemi nascono quando la banca non conosce l’ entità del rischio del
finanziamento interbancario. Peraltro peggiore è la situazione finanziaria della banca
che chiede il prestito, più elevato sarà il costo del prestito interbancario. Cala la
fiducia tra gli istituti di credito che chiedono più soldi per prestare i soldi a altre
banche visto che il grado di esposizione sui subprime dei singoli operatori non è
ancora noto. Il calo di fiducia tra le banche fa balzare l'Euribor, il tasso interbancario
appunto. Nell’ambito dei prestiti interbancari, il credito concesso da una banca a
un'altra diviene molto difficile e quasi impossibile, a causa di attività finanziarie
troppo rischiose e costose.
Le banche inoltre hanno difficoltà a fare provvista di fondi, attraverso l’emissione di
prestiti obbligazionari, per finanziare le famiglie e le imprese. Il sistema produttivo
non può essere finanziato dal sistema creditizio se le banche non effettuano scambi di
finanziamenti tra di loro. Così la crisi finanziaria si ribalta sull’economia reale.
Si poteva cercare di prevenire ma non sono state rispettate le regole. Chi doveva
occuparsi di fare rispettare le regole non lo ha fatto, o non lo ha fatto in modo
adeguato.
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La banca se non ha un profilo di rischio adeguato dell’investitore non dovrebbe
effettuare il finanziamento o il prestito. La banca deve sempre definire il profilo di
rischio del cliente in base alla normativa Mifid. Se il cliente ha la possibilità di
ricevere il prestito anche se la sua posizione finanziaria è rischiosa vuol dire che il
sistema non è controllato adeguatamente. Perché in tal modo si arriva ad investire su
operazioni finanziarie sotto forma di derivati caratterizzate da un rischio troppo
elevato.
In USA, l’abbassamento improvviso del prezzo delle case ha reso impossibile per le
banche rimettere all’asta gli immobili che per via della mancata restituzione del
mutuo divenivano di sua proprietà.
Il prezzo delle case è diminuito dal momento in cui è cresciuta la disoccupazione,
sono aumentati i costi di produzione e gli USA sono entrati in recessione. Ciò ha
creato una reazione a catena infatti centinaia di migliaia di persone hanno perso il
lavoro e il reddito statunitense è diminuito; si è rotto l’equilibrio tra domanda
aggregata e offerta aggregata. Quando la domanda diminuisce l’azienda cerca di
ridurre i costi ed i prezzi e poi anche la produzione.
L’America dunque ha subito una crisi del prezzo delle case anche per l’aumento
significativo della disoccupazione che, a sua volta, ha fatto diminuire la domanda
aggregata.
I derivati e la deregolamentazione dei mercati finanziari.
Lo sviluppo della finanza moderna è stato alimentato in buona parte dalla
deregulation, oltre che dalle innovazioni tecnologiche e dalla crescente mobilità
internazionale di capitali, fenomeni verificatisi a partire dagli anni '80 e assai
pronunciati nell'ultimo decennio. Molti analisti ed esperti concordano sul fatto che