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PARTE PRIMA
LO SCAVO
7
CAPITOLO 1
LE PENDICI NORD ORIENTALI DEL PALATINO
INTRODUZIONE
Nell‟estate del 2001 la Cattedra di “Metodologia e Tecniche della Ricerca
Archeologica” dell‟Università degli Studi “La Sapienza” di Roma ha avviato, in regime
di concessione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, lo scavo delle pendici
nord orientali del colle Palatino.
L‟indagine archeologica di questo settore della città si era reso necessario in
seguito all‟acquisizione dei dati emersi durante lo scavo che ha interessato il vicino
cantiere della Meta Sudans a partire dal 19861. Con il procedere dei lavori venne fuori,
con sempre maggiore evidenza, il legame storico-topografico tra valle e pendice
palatina, e si pose l‟urgenza di un intervento che chiarisse ed esplicitasse il significato di
questo rapporto privilegiato. Il settore urbano in esame “appariva come una sorta di
zona di contatto tra due settori della città antica che nel tempo sarebbero andati incontro
a destini profondamente diversi: da una parte il versante occidentale della valle, che
dopo la breve parentesi neroniana e fatta eccezione per gli interventi tardo-antichi
avrebbe conservato pressoché immutata l‟immagine conferitale dai Flavi; dall‟altra la
pendice nord-orientale del Palatino che invece vedeva, proprio a partire dall‟età flavia
una successione ininterrotta di interventi edilizi”2. Oggi, dopo le campagne di scavo che
si sono succedute in questi ultimi anni, si può affermare che tante sono state le risposte
alle questioni iniziali e tanti sono i nuovi interrogativi da chiarire.
1
Meta Sudans I, 1996; PANELLA 1990, pp. 35-88
2
FERRANDES c.s.
8
La zona indagata, sulle pendici nord-orientali del Palatino, e tuttora in corso di
scavo, è delimitata a ovest dalle c.d. Terme di Elagabalo, a nord dall‟attuale Via Sacra,
ad est dalla recinzione del Parco Archeologico del Foro Romano e Palatino prospiciente
la valle del Colosseo e a sud da un percorso interno al parco. La prima campagna di
scavo ha previsto l‟apertura di due aree, l‟Area I confinante con le c.d. Terme di
Elagabalo e l‟Area II prospiciente la Valle del Colosseo . Nell‟estate del 2005 è stata
aperta una terza area posta immediatamente a sud dell‟Area II.
Figura 1: Pendici nord-orientali del Palatino, le tre aree di scavo.
Area I
Area II
Area III
9
1. INQUADRAMENTO GEOMORFOLOGICO
La successione degli eventi geologici può essere letta nelle formazioni,
sedimentarie e vulcaniche, in giacitura orizzontale - originariamente collegate - delle
colline del Celio, del Palatino e dell‟Oppio/Esquilino. Esse sono riferibili al Pleistocene
(che inizia circa 1,7 milioni di anni fa) e in parte al Pliocene3.
Nel Pleistocene medio inferiore la città di Roma fu interessata da una fase detta
di “Ponte Galeria”, con la deposizione di ghiaie e sabbie; ad essa seguì la formazione di
stagni e bacini lacustri, il c.d. “complesso fluvio-palustre” a cui si riferiscono sedimenti
quali limi calcarei, travertini e materiali tufacei rimaneggiati, tuttora conservati nel
centro di Roma.
A partire invece da circa 700.000 anni fa, la campagna romana fu coinvolta da
un‟intensa attività vulcanica originata dai centri eruttivi Laziale e Sabatino, che
produsse una coltre di prodotti vulcanici, i cui residui affiorano nei versanti e sulla
sommità delle colline romane. Le formazioni geologiche riferibili a questa fase sono tufi
antichi, pozzolane inferiori, tufo litoide lionato e pozzolane superiori. Poi, 350.000 anni
fa, si sedimentarono i depositi “fluvio-lacustri” (la formazione “Aurelia”), intercalati e
sovrapposti ai depositi vulcanici.
La configurazione dell‟attuale morfologia collinare risale, invece, alla fine del
Pleistocene, quando si verificò l‟incisione delle vallate principali, in corrispondenza di
un momento di riabbassamento del livello marino. Con il graduale rialzamento del
livello del mare, nella fase finale del Pleistocene e durante l‟Olocene (10.000 anni fa
circa), cominciò la colmata delle depressioni vallive4.
L‟attuale assetto urbano e viario di questo settore della città è modellato sul
sistema idrografico preurbano.
L‟angolo del Palatino, in particolare, è il risultato dell‟incisione di due corsi
d‟acqua. Il primo scorreva da dove è ora l‟Arco di Tito fino a dove è ora l‟Arco di
Costantino, delimitando a nord il colle5, e confluiva quindi nel secondo, il c.d. “Rivo
Labicano”, che delimitava il Palatino verso est scorrendo verso il Circo Massimo.
3
ARNOLDUS HUYZENDVELD, PANELLA 1996a, pp. 9-19
4
ARNOLDUS HUYZENDVELD, PANELLA 1996a, p. 11
5
Il corso d‟acqua raccoglieva i deflussi delle pendici nella sella tra Palatino e Velia, costituenti in origine
un unico massiccio collinare: ZEGGIO 2005, p. 63
10
L‟idrografia e la morfologia sono importanti per capire come si realizzò il
sistema viario di età storica, che ricalca in modo strutturato percorsi usati fin dalle
origini; per quanto ci riguarda, il “Rivo Labicano” e i suoi affluenti minori ne
imprimono gli orientamenti base.
Lungo il bordo di questi corsi d‟acqua, tra sponda e letto, si impostarono i
tracciati viari per collegare il fondovalle, da un lato con l‟Esquilino a Nord e con il
Circo Massimo a Sud, dall‟altro con il Palatino e il Foro Romano a Est. Si tratta
rispettivamente della via con andamento N-S (il cui percorso è ricalcato oggi da via di
S.Gregorio) che conduceva a Porta Capena (la Porta d‟Alba) e della via con andamento
NW-SE che, dipartendosi dalla prima, si dirigeva verso la sella tra Palatino e Velia e poi
verso il Foro Romano6.
Figura 2: Schema ricostruttivo dell'idrografia della valle del Colosseo in eta preurbana. (Panella 2001, fig. 4)
6
PANELLA, ZEGGIO 2004, pp. 67-69
11
2. DALL’ETA’ REGIA AL XX SECOLO
Età regia
I primi interventi antropici individuati nell‟area di scavo della Meta Sudans sono
riconducibili all‟impianto di un percorso viario in terra battuta databile tra la fine
dell‟VIII e gli inizi del VII secolo a.C., che serviva a collegare la valle corrispondente
all‟attuale piazza del Colosseo con il Foro Romano. Il suo percorso affiancava quello di
un affluente di destra del Rivo Labicano che, intorno alla metà del VI secolo venne
canalizzato tramite una fogna in cappellaccio.7
La viabilità così strutturata perdurerà fino all‟incendio neroniano, con continui
rifacimenti del manto stradale e rialzamenti delle carreggiate8.
È proprio all‟incrocio tra la suddetta strada e quella che congiungeva il Circo
Massimo alla Velia/ Esquilino che sono state rinvenute le prime tracce monumentali,
databili alla metà del VI secolo, di un area sacra. Al di sotto dei resti di un muro in
cappellaccio riferibile a questa fase però è stato scoperto un deposito votivo -
contenente materiale edilizio e ossa combuste - risalente almeno alla fine del VII secolo
che consente di supporre l‟esistenza di un luogo di culto più antico, e potrebbe
testimoniare un rito di rifondazione di un edificio preesistente9. L‟area sacra mostra una
continuità di vita ininterrotta fino all‟incendio neroniano, quando questo settore, come
del resto tutto il centro di Roma, sarà pressoché distrutto. La memoria del santuario non
andrà perduta con i Flavi che edificheranno un nuovo sacello per accogliere il culto
ospitato in questa antichissima area10. L‟inamovibilità dei limiti del santuario,
l‟antichità del culto ad esso connesso e la posizione dell‟area sacra sul confine nord-
orientale del Palatino, hanno fatto pensare alla sua identificazione con le Curiae
Veteres11.
7
Questa successione di eventi è comune anche alla via che, più a nord, congiungeva il Circo Massimo
alla Velia/Esquilino, ugualmente impostata tra sponda e letto di un antico fiumiciattolo. La strada era
infatti servita da una fogna coperta con volta a botte costituita da un doppio filare di conci in
cappellaccio: PANELLA 2001b, p. 66, n. 7
8
Nell‟area di scavo della Meta Sudans sono stati individuati ben ventidue rifacimenti dell‟asse stradale
diretto dalla valle al Palatino/Foro: PANELLA,ZEGGIO 2004, p. 68
9
ZEGGIO 2000, pp. 301-302; PANELLA, ZEGGIO 2004, p. 70. Sul deposito votivo si veda ZEGGIO
2006a, p. 90.
10
Vedi oltre
11
Sulla problematica relativa all‟ipotesi di identificazione con le Curiae Veteres si veda PANELLA
1996a, pp. 70-91; PANELLA 2001b,pp. 49-66; PANELLA, ZEGGIO 2004, pp. 69-73.
12
Età repubblicana
Tra 530-520 a.C., il muro in cappellaccio dell‟area sacra viene rialzato tramite
nuovi filari realizzati in blocchi di dimensioni minori, regolari e disposti per taglio. In
relazione a questa nuova sistemazione, anche la viabilità subisce delle modifiche. Viene
infatti realizzata una via glareata con marciapiedi in cappellaccio sul percorso
Valle/Foro e la strada Circo Massimo/Esquilino riceve una nuova pavimentazione.
Sulla pendice nord orientale del Palatino, a nord dell‟asse viario Valle/Foro, si
può attribuire al periodo di tempo compreso tra la fine del VI secolo e gli inizi del V
secolo a.C. la costruzione di una struttura in blocchi di cappellaccio (il c.d. bothros), a
pianta rettangolare12. La struttura risultava riempita da una complessa stratigrafia nella
quale si sono potute riconoscere diverse colmate avvenute in tre riprese, rispettivamente
nel V, IV e III secolo a.C. che mostrano un carattere eminentemente cultuale: le classi
di reperti presenti, infatti, sono quelle usuali per i contesti votivi13 (una conferma in tal
senso è data dalla presenza di ossa combuste e con tracce di macellazione, segni del
pasto sacrificale). Ancora aperta, risulta la problematica sulla sua funzione. Se si può
facilmente escludere che si tratti della favissa di un santuario (la deposizione dei
materiali non è fitta come nei depositi afferenti a edifici sacri) non si hanno certezze
sulla funzione originaria14. E‟ chiaro, invece, che la struttura non è in relazione con il
santuario identificato in via ipotetica con le Curiae Veteres, data la sua collocazione e le
caratteristiche cultuali dei reperti, ma piuttosto con un altro polo cultuale identificabile
con un santuario strutturato e la cui collocazione non è al momento definibile15.
12
La struttura, disposta con i lati lunghi orientati NW-SE, originariamente, doveva presentarsi cava
all‟interno, parzialmente ipogea e costituita da 7 filari. I blocchi erano connessi a secco per testa e i
quattro lati erano ben ammorsati tra loro. L‟altezza complessiva conservata è di 3.10 m,equivalente a 10
filari (gli ultimi 3 sono stati aggiunti posteriormente, vedi oltre): PANELLA, ZEGGIO 2004, p. 77
13
Per un‟ analisi preliminare del materiale contenuto nella struttura, si veda PANELLA, ZEGGIO 2004,
pp.78-79
14
L‟ipotesi di una struttura inizialmente idraulica a cui si attribuisce poi una valenza sacrale, risulta
anch‟essa difficilmente accettabile vista l‟assenza di pedarole funzionali alla manutenzione, l‟assenza di
concrezioni calcaree e la forma rettangolare molto stretta: PANELLA,ZEGGIO 2004, p. 79
15
Per tutto ciò che riguarda la struttura fin qui descritta si vedano PANELLA, ZEGGIO 2004, pp:77-80 e
ZEGGIO c.s.
13
Figura 3: il bothros (foto S. Zeggio)
Figura 4: Planimetria e sezione del bothros (dis. A. Santelli, G. Marangoni, S. Zeggio, in PANELLA, ZEGGIO 2004, fig. 5a-b)
Ad est del del “bothros”, vi è anche un‟altra struttura sacrale: una teca in lastre
di cappellaccio contenente offerte (pochi materiali ceramici non integri e resti
faunistici). Questa, preliminarmente datata all‟età tardo-arcaica, subirà, nei secoli a
venire, diversi rifacimenti e restauri realizzati con materiali e tecniche costruttive
differenti.
Nella zona più a monte della pendice palatina, la presenza di due strutture
sovrapposte in lastre di cappellaccio, forse pertinenti ad un impluvium16, potrebbe far
16
Si può supporre, in via del tutto preliminare,l‟esistenza nei livelli sottostanti, o poco distante, di una
cisterna ipogea in blocchi di cappellaccio.
14
ipotizzare l‟esistenza di un complesso di edilizia privata, fatto questo che indica una
destinazione funzionale diversa rispetto all‟area a valle.
Nel corso del IV secolo, parallelamente alla messa in opera di lastre in tufo rosso
sulla via Valle/Foro17, una seconda colmata interessa il “bothros”. Ma è nel III secolo
che, accanto all‟ennesimo rifacimento della strada, si assiste ad interventi che
coinvolgono le due strutture sacre affacciate su di essa. La carreggiata arriva ad
inglobare al suo interno la struttura in blocchi di cappellaccio, la cui visibilità è garantita
sia con l‟innalzamento/riposizionamento di 3 filari sia con la creazione di un‟ “area di
rispetto” nel marciapiede.
Nel III secolo la teca subisce dunque un cambiamento strutturale. Si procede,
infatti, con la messa in opera, immediatamente al di sopra di quella più antica, di una
struttura cilindrica in blocchi di peperino che recano al centro un foro a sezione
quadrata. Alla prima metà dello stesso secolo è databile una nuova deposizione di
materiale votivo al suo interno.
Per il primo intervento di ristrutturazione della domus di età alto-repubblicana,
nel settore a monte della pendice palatina, bisogna attendere la fine del III-inizi II secolo
a.C. Di questa nuova fase edilizia rimane un impluvium in lastre di tufo rosso litoide
lionato18.
Al II secolo invece si datano interventi sulla viabilità e l‟edilizia residenziale. La
via Valle/Foro è interessata da un rifacimento databile tra 180-170 a.C. con la messa in
opera di una carreggiata stradale in poligoni di basalto e dal conseguente innalzamento
dei piani d‟uso. L‟impluvium della domus viene trasformato in chiostrina, delimitata da
tre muri in opera incerta, affiancata da altri due ambienti che si aprono verso le c.d.
Terme di Elagabalo.
Arriviamo al I secolo a.C. e la strada diretta al Foro è ancora oggetto di
rifacimento con l‟alloggiamento di poligoni di basalto di piccola taglia e relativo
marciapiede con andamento gradonato19. Contestualmente, la chiostrina viene utilizzata
17
Le lastre, venute alla luce durante la campagna dell‟estate del 2006 non sono visibili in tutta la loro
larghezza perché coperte dalle preparazioni stradali di II secolo e dalla relativa crepidine, ancora in situ;
per questo motivo non si può affermare con certezza se si tratti di un marciapiede o piuttosto del lastricato
stradale.
18
Questo impluvium era forse connesso in origine con una cisterna più antica, non ancora individuata, ma
della quale si ipotizza la presenza per il rinvenimento di strutture idrauliche databili all‟età alto-
repubblicana): CARBONARA c.s.
19
L‟andamento a gradoni è stato ipotizzato perché il manto stradale presenta un aumento significativo
della pendenza (di circa 8,50%) rispetto alle fasi precedenti e perché sicuramente attestato nelle fasi
successive.
15
come vano coperto e dotata di un pavimento mosaicato. Intorno al 60 a.C. una nuova
modifica struttura quest‟ambiente come parte di un lungo corridoio a pavimento
musivo.
In relazione all‟innalzamento della metà del I secolo a.C. dei piani stradali della
via Valle/Foro, si osserva la sopraelevazione della teca realizzata con elementi di
peperino sovrapposti, di forma cubica e con al centro un foro circolare. La struttura
riceve inoltre una serie di elementi accessori, tra cui una vasca e una vera, assumendo le
sembianze di un pozzo. Il definitivo riempimento della teca in peperino è databile poco
prima dell‟età augustea20.
A questa stessa fase, è attribuibile la realizzazione di un importante elemento
strutturale che, pur nei suoi differenti riutilizzi, segnerà la topografia della pendice nord-
orientale del Palatino almeno fino ad età altomedievale. Nasce, infatti, e segna un punto
di demarcazione fisica e funzionale tra il settore a valle e quello a monte della pendice
palatina, un muro con fondazione cementizia e alzato in blocchi di tufo rosso lionato.
Questa poderosa costruzione con orientamento NE-SW, sembra definire due aree
funzionali diverse: quella a monte di tipo residenziale; quella a valle con carattere più
marcatamente pubblico-sacrale. Non è casuale che ci siano stringenti analogie tra questo
muro e quello di recinzione dell‟area sacra individuato nello scavo della Meta Sudans e
datato in età sillana: ad accomunare le due strutture sono la tecnica costruttiva e il
materiale impiegato, senza escludere che gli allineamenti topografici potrebbero far
propendere per un‟interpretazione del nostro muro come il limite occidentale dell‟area
delle Curiae Veteres21.
Tra la metà del I secolo e il 27 a.C. l‟area a monte della pendice palatina è
interessata da un‟intensa attività edilizia tesa al rifacimento della domus22. Di
quest‟ultima sono noti il limite nord (costituito dalla strada che saliva verso il Foro) e il
limite est (costituito dal muro a blocchi di tufo rosso); mentre a sud essa doveva
estendersi nella zona occupata dalle sostruzioni di Vigna Barberini, e a ovest al di sotto
delle c.d. Terme di Elagabalo. Questo settore, oltre all‟edilizia residenziale, prevedeva
20
Il definitivo sigillo è accompagnato da un particolare rito: viene infatti deposto un piccolo coperchio in
ceramica comune da mensa circondato da due assi bronzei fusi e da tre astragali ovini, il tutto protetto da
uno strato di argilla sterile e da uno strato di scorie di cottura.
21
E‟ probabile che i muri delimitino un complesso unitario,nato in età regia presso la Valle e
successivamente ampliato verso ovest.
22
Le strutture murarie di inizio I secolo a.C. vengono rasate e sostituite da una serie di muri in opera
reticolata con cubilia di tufo rosso,con orientamento NE-SW
16
la presenza di tabernae (con destinazione quindi produttivo-commerciale) disposte a
pettine lungo la via Valle/Foro23;
Parlando della domus individuata nella nostra area di scavo non ci si può
sottrarre alla tentazione di mettere in relazione questa struttura con la casa natale di
Augusto, recuperando ciò che ci dicono le fonti letterarie a proposito dell‟ubicazione
della casa appartenuta a C. Ottavio, padre del princeps24.
Età imperiale
L‟età augustea segna un momento fondamentale per gli assetti urbanistici di tutta
la città di Roma. Il princeps infatti apporrà il segno distintivo della sua politica sul
tessuto dell‟Urbe, una politica di riaffermazione della concordia tra gli ordini fondata
sull‟accentramento del potere nella sua persona.
Il nuovo disegno urbanistico augusteo è teso alla riproposizione in ambito
pubblico-sacrale della tradizione, accompagnata al continuo riferimento alla sua persona
e alla sua famiglia25. In veste di rifondatore della città di Roma, il princeps si occupa
anche della riorganizzazione amministrativa con la divisione dell‟Urbe in 14 regiones26.
Anche la nostra area di scavo non sfugge a tale imponente intervento.
I principali assi viari27 che passano per il settore centrale della città delimitano
ben quattro (o cinque28) delle nuove regioni: è in tale punto nodale che Augusto pone un
“segno”, la Meta Sudans. La fontana si inserisce dunque in una fitta maglia urbana
preesistente e, vincolata “dall‟inamovibilità del santuario antistante a S, da un massiccio
isolato d‟abitazione a N…e da un importante snodo viario…la vasca si allunga
nell‟unica direzione possibile, ossia lungo la via che sale al Palatino e al Foro. Pur
visibile da tutte le strade che si incontrano in questo punto, è verso la via percorsa dal
23
La taberna centrale reca le tracce di strutture artigianali rappresentate da tre vasche collegate ad uno
scarico e ricavate in un piano pavimentale con rivestimento di bessali. Si ipotizza quindi la presenza di
una fullonica, per maggiori dettagli si veda CARBONARA c.s.
24
Svetonio infatti ci informa che il princeps era nato regione Palati ad Capita Bubula , mentre Festo
pone la nascita di Augusto presso le Curiae Veteres. Se desumiamo che i Capita Bubula sorgevano presso
le Curiae Veteres e se identifichiamo l‟area sacra individuata presso la Meta Sudans con queste ultime,
allora il passo è breve nell‟affermare che la domus rinvenuta a monte della pendice nord orientale del
palatino potrebbe essere la casa natale di Augusto. Per la problematica relativa alle Curiae Veteres e alla
casa natale di Augusto si veda PANELLA 1996a, pp. 70-91; PANELLA 2006a, pp. 76-77
25
Basta vedere il Foro di Augusto con i suoi continui rimandi alla storia di Roma e alla famiglia del
princeps o l‟Ara Pacis e i suoi rilievi storici.
26
Quest‟importante riforma amministrativa si data al 7 a.C.
27
Gli assi stradali in questione sono: la via Valle/Foro; quella che dalla Valle si dirigeva verso
l‟Esquilino; un‟altra che era rivolta a est verso la vai Tusculana e infine quella rivolta verso il Circo
Massimo.
28
Si veda PANELLA 1996a, pp. 65-66 e 73-74
17
trionfo e verso l‟antichissimo luogo di culto che essa rivolge il suo lato principale, in
una continuità di messaggio simbolico che non può sfuggire”29.
Figura 5: la Meta Sudans augustea al momento del rinvenimento.
Nell‟area sacra delle pendici nord-orientali, nei decenni finali del I secolo a.C., il
recinto santuariale viene sopraelevato in laterizio, e si procede alla pavimentazione in
travertino dell‟area, con la relativa gradinata30.
La ristrutturazione augustea non può che interessare anche il sistema viario. La
strada Valle/Foro, infatti, vede l‟allargamento del marciapiede (in lastre di peperino e
sempre con andamento gradonato) a spese della carreggiata stradale, pavimentata
ancora una volta in basoli. Nasce in questa fase un isolato residenziale, prospettante
sulla via, in prossimità delle pendici meridionali della Velia, di cui sono visibili le
fondazioni in conglomerato con andamento E-O31.
In relazione a questi interventi sulla viabilità, l‟assetto della teca viene
modificato. Ora si presenta infatti circondata da una balaustra e continua ad esistere
come signum di carattere sacrale.
29
PANELLA, ZEGGIO 2004, p. 75; per un‟analisi puntuale si vedano PANELLA 1996a; PANELLA
2001b, pp. 54-55; PANELLA, ZEGGIO 2004, pp: 73-77; PANELLA 2006b, pp. 87-89; ZEGGIO 2006b,
pp. 274-276.
30
L‟intervento di Augusto nell‟area delle Curiae Veteres non è casuale, ma costituisce un richiamo forte e
diretto alla città delle origini. Per un‟analisi degli interventi augustei si vedano: PANELLA 1996a, pp. 65-
68; PANELLA 2001b, pp. 54-55; PANELLA, ZEGGIO 2004, pp. 69-73; PANELLA 2006b, pp. 87-89
31
Queste fondazioni sono state individuate proprio al di sotto dell‟attuale recinzione dell‟Area
Archeologica di Palatino e Foro Romano e quindi di esse non sarà possibile conoscere altri elementi .