INTRODUZIONE
La tortura è un fenomeno negativo che affonda le sue radici in epoca
molto antica, risalente addirittura alle popolazioni primitive e all’antica
Roma.
Essa produce effetti devastanti sotto diversi punti di vista; infatti non lede
soltanto la sfera psico-fisica dell’individuo torturato ma anche e soprattutto
danneggia l’intero tessuto sociale di una nazione e ne penalizza le strutture.
Ampiamente presente sin dall’antichità e presso tutte le culture, ebbe
diffusione anche in Europa dal Medioevo all’età moderna. Fu solo nel
XVIII secolo che si sviluppò un grande movimento di pensiero a favore di
1
una minore crudeltà delle pene e di un piø umano sistema investigativo .
Nel 1700 uno dei piø importanti esponenti dell’illuminismo italiano, Pietro
Verri, nel suo “Osservazioni sulla tortura”, si associava al coro di grandi
pensatori che in ogni epoca hanno manifestato la propria disapprovazione
per l’uso di questa pratica, denunciandone le atrocità e l’inutilità: “Col
nome di tortura non intendo una pena data al reo per sentenza, ma bensì la
pretesa ricerca della verità co’ tormenti”; secondo tale concezione “quel che
2
dice l’uomo tormentato col fuoco si reputa la verità stessa” .
__________
1
L. PANSOLLI, Voce Tortura, in N.mo DI, Torino, 1973, vol. XIX, p. 424 ss.
2
P. VERRI, Osservazioni sulla tortura, Milano, 2006.
L’interrogatorio consisteva nell’indagare la verità per mezzo della tortura
considerata dai suoi fautori un “dolore passeggero”, benefica ed opportuna,
anzi necessaria alla salvezza dello Stato proprio in quanto consentiva,
secondo l’opinione dei suoi fautori, di raggiungere la verità, a vantaggio di
molti, grazie al sacrificio di pochi. In realtà, molti preferivano morire
piuttosto che accusare se stessi di un delitto che non si era mai commesso,
molti altri, non sopportando le atroci sofferenze, accusavano se stessi, pur
essendo innocenti, spinti dal desiderio di vedere cessare il dolore. Secondo
Seneca “Etiam innocentes cogit mentiri”: il dolore costringe anche gli
innocenti a mentire. Come si vede, in nessuno dei due casi a beneficiarne
era la verità. Dunque la tortura non è un mezzo per scoprire la verità, bensì
un mezzo che spinge l’uomo ad accusarsi reo di un delitto, lo abbia
commesso o meno.
Quand’anche un tal metodo conducesse alla scoperta della verità, sarebbe
intrinsecamente ingiusto: infatti, se il delitto è “certo” la tortura sarebbe in
tal caso ingiusta poichØ ingiusto è far del male ad una persona
superfluamente; se il delitto è solo “probabile” e quindi il presunto reo è
probabilmente innocente, allora l’ingiustizia è ancor maggiore.
Ma come mai una pratica tanto atroce e crudele, tanto inutile, tanto ingiusta,
ha mai potuto essere esercitata e mantenersi sino al giorno d’oggi? La sua
origine, innanzitutto, è antichissima quanto antico è il sentimento dell’uomo
di prevalere su un altro uomo, quanto antico è il fatto che il potere non
sempre è accompagnato dalla virtø e dalla ragione. Già nella Roma
imperiale il potere dispotico e la corruzione della forma repubblicana
produssero l’uso della tortura, ma già Cicerone affermava nell’orazione
Pro Silla:”Illa tormenta moderatur dolor, gubernat natura cujsque tum
animi, tum corporis, regit quaesitor, flectit livido, corrumpit spes, infirmat
metus, ut in tot rerum angustiis nihil veritati locus relinquatur”. Anche S.
Agostino: “Dum quaeritur utrum sit innocens cruciatur, et innocens luit
2
pro incerto scelere certissimas poenas, non quia illud commisisse detegitur,
sed quia commisisse nescitur, ac per hoc ignorantia judicis plerumque est
3
calamitas innocentis” . E così il Verri: “Fra i molti uomini d’ingegno e di
cuore, i quali hanno scritto contro la pratica criminale della tortura e contro
l’insidioso raggiro de’ processi che secretamente si fanno nel carcere, non
ve n’è alcuno il quale abbia fatto colpo sull’animo dei giudici; e quindi
poco o nessuno effetto hanno essi prodotto. […]La verità s’insinua piø
facilmente quando lo scrittore postosi del pari col suo lettore parte dalle
idee comuni, e gradatamente e senza scossa lo fa camminare e innalzarsi a
lei, anzi che dall’alto annunziandola con tuoni e lampi, i quali sbigottiscono
per un momento, indi lasciano gli uomini perfettamente nello stato di prima.
Sono già piø anni, dacchØ il ribrezzo medesimo che ho per le procedure
criminali mi portò a volere esaminate la materia ne’ suoi autori, la crudeltà
e assurdità de’ quali sempre piø mi confermo nella opinione di riguardare
come una tirannia superflua i tormenti che si danno nel carcere […]. Cerco
che il lettore imparziale giudichi se le mie opinioni siano vere o no [...]. Se
la ragione farà conoscere che è cosa ingiusta, pericolosissima e crudele
l’adoperar le torture, il premio che otterrò mi sarà ben piø caro che la gloria
di aver fatto un libro, avrò difesa la parte piø debole e infelice degli uomini
miei fratelli; se non mostrerò chiaramente la barbarie della tortura, quale la
__________
3
Così Cicerone nell’orazione Pro Silla: “La tortura è dominata dallo spasimo, governata
dal temperamento di ciascuno, sì d’animo che di membra, la ordina il giudice, la piega il livore, la
corrompe la speranza, la indebolisce il timore, cosicchØ fra tante angosce nessun luogo rimane alla
verità”;
S. Agostino ha affermato: “Mentre si esamina se un uomo sia innocente si tormenta, e per un
delitto incerto dassi un certissimo spasimo; non perchØ si sappia che sia reo il paziente, ma perchØ
non si sa se sia reo, quindi l’ignoranza del giudice ricade nell’esterminio dell’innocente”. L.
PANSOLLI, Tortura, op.cit., p. 424 ss.
3
4
sento io, il mio libro sarà da collocarsi fra i moltissimi superflui” .
Tanto è cambiato nel diritto rispetto all’epoca in cui Pietro Verri scrisse le
sue “Osservazioni sulla tortura”, riferite ad un’epoca in cui non si può
dubitare che la tortura sia stata veramente atroce. Tuttavia, lo strumento
della tortura è stato usato per secoli, nonchØ giustificato, teorizzato e
legalmente ammesso nella
convinzione di ottenere dall’imputato la confessione dei crimini ascrittigli e
di assolvere così la funzione della giustizia. Il primo a vietare l’uso della
tortura fu Federico di Prussia nel 1740 sulla scia di intellettuali e scrittori
che cominciarono a denunciarne l’uso come pratica barbara e sanguinosa.
Nella corrente di pensiero favorevole a una minore crudeltà delle pene e di
un piø umano sistema investigativo prese parte nel XVIII secolo anche
Cesare Beccaria il quale criticò aspramente l’istituto della tortura non solo
per la sua disumanità ma anche per la sua inutilità ad ottenere la verità dagli
imputati: “Allora l’innocente sensibile si chiamerà reo, quando egli creda
5
con ciò di far cessare il tormento” . Una strana conseguenza che
necessariamente deriva dall’uso della tortura, nota Beccaria, è la condizione
piø sfavorevole cui è soggetto l’innocente rispetto al reo; il primo, infatti, se
viene giudicato innocente, patisce comunque un indebito supplizio, se viene
giudicato colpevole patisce, oltre al supplizio una pena ingiusta; il secondo
se giudicato innocente, vedesi almeno scongiurata una pena che avrebbe
meritato. “Dunque l’innocente non può che perdere e il colpevole può
guadagnare”. Beccaria, inoltre, si fa interprete di un principio
fondamentale del diritto: quello della certezza della pena in sostituzione
della crudeltà della pena sostenendo che “la certezza di un castigo, benchØ
__________
4
P. VERRI, Osservazioni sulla tortura, op. cit.
5
C. BECCARIA, Dei delitti e delle pene, Milano, 2003.
4
moderato, farà sempre una maggior impressione che non il timore di un
altro piø terribile, unito colla speranza dell’impunità”.
Nei primi anni dell’Ottocento quasi tutta l’Europa aveva abolito l’utilizzo di
questa pratica. Bandita dal regno del diritto, vietata dai codici e dalle
Costituzioni di tutti gli Stati, condannata dall’opinione pubblica, la tortura
appare, di fatto, nel corso del XX secolo in forma e con finalità
parzialmente diverse. In tale periodo la tortura trova ampia utilizzazione nei
regimi totalitari d’Europa e costituisce altresì l’aspetto patologico della
democrazia, laddove siano indebolite le garanzie istituzionali, come in
Francia ai tempi della guerra di Algeria o in Inghilterra per la repressione
nell’Irlanda del Nord.
Di fronte al perpetuarsi di violazioni gravi e sistematiche che negano il
principio fondamentale del rispetto della dignità e dell’integrità fisica
dell’uomo, la Comunità Internazionale ha reagito impegnandosi su diversi
fronti, confermando la convinzione che la protezione dall’uso della tortura
rappresenti un diritto fondamentale dell’uomo che ha valore assoluto e crea
un obbligo per lo Stato da rispettare nei confronti dell’intera Comunità
Internazionale.
Tuttavia, dobbiamo attendere ben due secoli dal 1700 perchØ la protesta
sociale cominci a tradursi in precetti normativi: il problema della tutela dei
diritti dell’uomo è stato infatti affrontato a livello giuridico soltanto nel
secondo novecento, all’indomani dell’ultimo conflitto mondiale, che, con il
suo triste portato di degradazione e misconoscimento di tutti i valori della
persona, costituì la spinta ultima per il legislatore a dare ampio spazio alla
tutela dei diritti inviolabili dell’individuo, nella consapevolezza che tutti i
diritti umani derivano dalla dignità e dal valore intrinseco della persona
umana e che la persona umana è il soggetto centrale dei diritti umani e delle
6
libertà fondamentali .
5
Una fondamentale apertura in tal senso è data dalla Dichiarazione
Universale del 1948 che, in conformità con la Carta delle Nazioni Unite,
costituisce uno standard comune per l’avanzamento di tutti i popoli e di
tutte le nazioni. Obiettivo è far avanzare il progresso sostanziale nel campo
dei diritti umani, contribuendo in tal modo alla stabilità e al benessere
necessario per pacifiche e amichevoli relazioni tra le nazioni nonchØ per
realizzare condizioni di pace e sicurezza internazionale: in quest’ottica
vanno concepiti tutti gli atti internazionali che sono seguiti, compresi quelli
relativi al divieto di tortura. La democrazia, lo sviluppo e il rispetto dei
diritti umani e delle libertà fondamentali sono interdipendenti e si
rafforzano a vicenda. In tale contesto, la promozione e protezione dei diritti
umani e delle libertà fondamentali a livello nazionale e internazionale
7
dovrebbe essere universale e venire perseguita senza condizioni. Ecco
perchØ per parlare di divieto di tortura non si può prescindere dall’analisi
dell’evoluzione della tutela dei diritti umani i quali vanno concepiti in modo
indivisibile e strettamente legati tra di loro. Si potrebbe affermare che ogni
convenzione che tuteli i diritti umani per varie categorie di soggetti
indirettamente comprende il divieto di tortura.
Obiettivo del presente lavoro è ricostruire il quadro normativo generale
facendo riferimento agli strumenti internazionali e regionali che
disciplinano il divieto di tortura, e i meccanismi posti alla tutela di questo,
seguendo una triplice classificazione che permetterà di mettere in evidenza
le specificità giuridiche che contraddistinguono i singoli ambiti.
__________
6
P GARGIULO, Nazioni Unite e diritti umani: il ruolo del Consiglio di Sicurezza, in CI,
1998, p. 216 ss.
7
Dato il carattere inderogabile dei diritti umani. Vedi M. R. SAULLE, Norme standard e
diritti umani nelle Nazioni Unite, in RIDU, 1994, p. 10 ss.
6
L’importanza del divieto di tortura, di cui si analizzerà il significato
giuridico, è evidente se si tiene conto della sua natura di diritto
fondamentale dell’individuo, come tale avente sia una valenza
8.
giusnaturalistica sia il rango di norma di ius cogens
Infine, colgo l’occasione per esprimere la mia riconoscenza a coloro che
hanno reso possibile, in vario modo, lo svolgimento di tale lavoro, in
particolare alla mia famiglia, senza la cui encomiabile pazienza non avrei
potuto dedicarmi proficuamente a questo studio.
__________
8
MARCHESI, Il divieto di tortura nel diritto internazionale generale, in RDI, 1993, 4, p.
981.
7
8
Parte I
IL DIVIETO DI TORTURA NEL DIRITTO
INTERNAZIONALE
CAPITOLO 1
NORMATIVA SU BASE UNIVERSALE: IL SISTEMA DELLE NAZIONI
UNITE
§ 1 Premessa: il problema della collocazione delle norme a tutela dei
diritti dell’uomo nel diritto internazionale
L’ordinamento giuridico della società internazionale è
sostanzialmente il diritto degli Stati, volto a regolare i loro rapporti, a
delimitare le rispettive sfere di sovranità, a dirimere i loro conflitti, a
disciplinare le forme di cooperazione per il perseguimento di fini comuni. I
protagonisti delle relazioni internazionali sono gli Stati che sono perciò i
soggetti dell’ordinamento giuridico internazionale, detentori di una potestà
che opera sia verso l’esterno, escludendo così ogni forma di subordinazione
ad altra autorità, sia nel proprio interno laddove esplicano un potere di
governo nei confronti della comunità territoriale in maniera esclusiva: gli
9
individui, secondo questa concezione “classica” del diritto internazionale
sono praticamente irrilevanti.
In tal senso, la Comunità Internazionale rappresenta non l’insieme di tutti i
1
popoli ma l’insieme degli Stati, intesi come enti sovrani e il diritto
internazionale non si indirizzerebbe agli individui, in quanto privi della
soggettività internazionale ma esclusivamente agli Stati cui gli individui
2
sono subordinati .
3
Pur venendosi tale situazione progressivamente a modificare , grazie
all’affermarsi di nuove concezioni dello Stato, gli individui restano ancora a
lungo privi di una effettiva soggettività internazionale dato che il diritto
internazionale ancora non incide sulla sovranità degli Stati, non riuscendo
4.
così a farsi portavoce dei diritti dei singoli Al contrario, il diritto
internazionale non poneva limiti alla potestà dello Stato rispetto al
__________
1
In quanto composta da Stati, la Comunità Internazionale ha come suoi soggetti degli enti
sovrani: è sovrano l’ente che non è subordinato alle decisioni prese da altri enti che siano a esso
superiori ( secondo il principio superiorem non recognoscens). In questo senso, gli Stati si trovano
in una posizione di reciproca parità e indipendenza designata con l’espressione “sovrana
uguaglianza degli Stati”. L’uguaglianza degli Stati, che è una diretta conseguenza della loro
sovranità, si traduce in una parità sul piano giuridico-formale ( secondo il principio par in parem
non habet jurisdictionem). T. SCOVAZZI, Corso di diritto internazionale, Milano, 2000.
2
U. VILLANI, La protezione internazionale dei diritti umani, Roma, 2005 , p. 13 ss.
3
Già il diritto internazionale “classico”aveva posto il divieto a carico di uno Stato di
pretendere dallo straniero dei comportamenti, come il servizio militare, che presuppongono un
legame specifico, quello di cittadinanza, con lo Stato; e ancora l’obbligo di assicurare allo straniero
adeguata protezione, attraverso misure preventive e repressive. B. CONFORTI, Diritto
Internazionale, Napoli, 2002, VI ed.
4
Gli stessi obblighi relativi al trattamento degli stranieri non si pongono, infatti,
nell’ottica della tutela dell’individuo in quanto tale, ma tendono a soddisfare piuttosto un interesse
dello Stato del quale l’individuo ha la cittadinanza. Dal punto di vista giuridico è lo Stato e non
l’individuo il titolare del diritto in esame. B. CONFORTI, Diritto Internazionale, op. cit., p. 11 ss.
10
trattamento dei propri cittadini.
La Convenzione di Ginevra del 25 settembre 1926 costituisce una delle
prime iniziative importanti che stabilirono obblighi tra gli Stati volti a
garantire diritti degli individui: tuttavia, questa come altre iniziative, non
scalfirono la regola secondo cui lo Stato non era tenuto a dar conto circa il
trattamento dei propri cittadini. La materia dei diritti umani rientrava nel
dominio riservato dello Stato il quale – secondo un autorevole parere della
Corte internazionale di giustizia del 7 febbraio 1923 – era, in quella
5
materia, l’esclusivo maïtre de ses dØcisions .
Il diritto internazionale è, quindi, l’insieme delle norme che regolano i
6
rapporti tra gli Stati che sono i tipici, anche se non unici destinatari delle
sue norme. Questo dato di fatto separa nettamente il diritto internazionale
dai sistemi di diritto interno (o nazionale o domestico), che si formano entro
ogni singolo Stato e riguardano i vari soggetti che in esso operano (persone
fisiche, persone giuridiche, enti pubblici). Dalla stessa nozione del diritto
internazionale si deduce che esso non avrebbe ragione di essere, se venisse
a mancare una pluralità di Stati. Proprio a causa dell’aspetto piø
caratteristico della Comunità Internazionale, vale a dire l’assenza di
un’autorità superiore agli Stati, può nascere il dubbio sulla natura giuridica
dell’ ordinamento internazionale che presenta significative differenze
__________
5
U. VILLANI, La protezione internazionale, op. cit.,, p. 15.
6
E’ vero che nel sistema di diritto internazionale operano anche soggetti diversi dagli
Stati, come le varie organizzazioni internazionali, prime fra tutte le Nazioni Unite, ma è altrettanto
vero che il diritto internazionale è sorto come il diritto di una comunità di Stati e come tale si
presenta ancor oggi. Le stesse organizzazioni internazionali sono istituite soltanto in base ad un
trattato e devono quindi la loro esistenza a una decisione presa da un certo numero di Stati. Vedi
U. VILLANI, La protezione internazionale, op. cit., p. 13 ss..
11
7
rispetto ai sistemi di diritto nazionale . Tuttavia, è utile soffermarsi sul fatto
che la Comunità Internazionale, nel suo insieme, ha storicamente promosso
l’evoluzione del diritto internazionale attraverso una collaborazione volta a
regolare in un modo unitario questioni di comune interesse e a rafforzare gli
specifici obiettivi condivisi.
Fondamentale, nell’insieme degli obiettivi perseguiti dalle principali
organizzazioni internazionali, è il tema del mantenimento della pace, che
costituisce il presupposto stesso perchØ si possano instaurare normali
relazioni all’interno della Comunità Internazionale . Accanto al
mantenimento della pace vanno oggi annoverati obiettivi come lo sviluppo
economico e sociale, la protezione dell’ambiente, la tutela dei diritti
8
dell’uomo e la responsabilità internazionale dell’individuo .
__________
7
Tra le differenze che è possibile riscontrare tra il diritto internazionale e il diritto interno
si può rilevare che: 1) sul piano normativo, a seguito della mancanza di un’autorità superiore agli
Stati, le norme del diritto internazionale derivano dal consenso degli stessi soggetti (gli Stati) che
ne sono destinatari. Queste norme, di cui gli stessi Stati sono anche i promotori, rientrano nelle due
fondamentali categorie del diritto consuetudinario (o generale) e del diritto convenzionale ( o dei
trattati o pattizio);
2) sul piano giudiziario, le corti internazionali istituite con appositi trattati, emanano sentenze sul
merito di una controversia soltanto se tutte le parti ne accettano la giurisdizione; in caso contrario
nessuno Stato sovrano può essere sottoposto alla giurisdizione di un giudice internazionale;
3) sul piano esecutivo, non esistono apparati precostituiti che possano garantire l’osservanza delle
norme di diritto internazionale da parte degli Stati. T. SCOVAZZI, Corso di diritto internazionale,
op. cit., p. 8.
Lo stesso meccanismo di mantenimento della pace e della sicurezza internazionali, istituito dalla
Carta delle Nazioni Unite e affidato alla responsabilità del Consiglio di Sicurezza, presenta gravi
condizionamenti politici che ne limitano l’efficacia. A. CASSESE , I diritti umani nel mondo
contemporaneo, Laterza, 2004.
8
Il fatto di aver affiancato tra i fini dell’Organizzazione il concetto del rispetto dei diritti
umani accanto a quello del mantenimento della pace evidenzia una stretta connessione tra i due: da
un lato, il rispetto dei diritti umani costituisce, oltre che un valore in sØ, una condizione
12
Il riconoscimento e la tutela dei diritti stanno alla base degli Stati
costituzionali democratici: si tratta di una priorità riconosciuta anche dalla
Comunità Internazionale che si pone nell’ottica della promozione e della
protezione di tali fondamentali diritti.
Nella nostra epoca i diritti umani si caratterizzano come elementi
9
legittimanti di un’etica pubblica e universale . Una siffatta validità
universale si pone come proprietà che tali diritti condividono con le
10
norme morali . I diritti umani, così, esprimono una sorta di universale
etico, che presenta una tensione (irrisolta) tra irrinunciabilità e
11
irrealizzazione . Una tensione che rende evidente un paradosso: alla
ampia approvazione di cui essi godono nel panorama etico e politico
odierno corrisponde una loro generalizzata violazione e ciò rende quanto
mai urgente il dovere di proteggerli.
La logica universalistica richiede che la rivendicazione di un diritto è
possibile solo in quanto colui che la propone la riconosca come valida, in
linea di principio, per chiunque venisse a trovarsi nella medesima situazione
12
in cui egli si trova .
__________
indispensabile per lo stesso mantenimento della pace e della sicurezza internazionale, dall’altro, la
pace che l’ONU intende garantire non si risolve nella mera assenza di violenza nei rapporti
internazionali ma è una pace, per così dire, qualificata in quanto fondata sui diritti umani. B.
CONFORTI, Le Nazioni Unite, Padova, 2000, VI ed.
9
CASSESE, Ripensando i diritti umani, in Centro italiano Studi per la pace, 2005,
(http://www.studiperlapace.it, reperibile on line).
10
Cfr. J. HABERMAS, L’idea kantiana della pace perpetua, due secoli dopo, in L. CEPPA (
a cura di ), L’inclusione dell’altro. Studi di teoria politica, Milano, 1998, p. 202 ss.
11
Cfr. F. D’AGOSTINO, Irrinunciabilità e irrealizzazione dei diritti dell'uomo, in AG, 208,
1988, p. 103.
12
Cfr. F. D’AGOSTINO, Irrinunciabilità, op. cit.,p. 103.
13
I diritti umani rappresentano il piø rilevante ed accomunante sistema di
valori degli ultimi due secoli. Essi tratteggiano quegli aspetti costitutivi
della dignità degli esseri umani che rimandano alle dimensioni essenziali
dello sviluppo della persona, nelle sue esigenze basilari e potenzialità. Tali
esigenze e potenzialità convergono con i contenuti espressi nella
Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo del dicembre 1948, dalla
quale prende avvio l’affermazione dei diritti nell’esperienza giuridica
nazionale e internazionale del nostro tempo.
§ 2 I primi passi verso la proibizione della tortura
L’esigenza di proteggere i diritti fondamentali dell’uomo si è
13
anzitutto manifestata nell’ambito delle Nazioni Unite le quali si sono
progressivamente arricchite di norme che mirano a tutelare le singole
persone (gli uomini in quanto individui) da possibili abusi perpetrati a loro
danno dai poteri pubblici (gli uomini in quanto rappresentanti lo Stato).
L’idea stessa di diritti dell’uomo si fonda sul presupposto che l’individuo
__________
13
Malgrado l’indubbia importanza del ruolo che i diritti umani hanno assunto nella Carta
delle Nazioni Unite, è noto che l’attività dell’Organizzazione, in materia, è circoscritta
essenzialmente alla promozione degli stessi. Infatti, la competenza dell’Assemblea, del Consiglio
economico e sociale, della Commissione per i diritti umani e degli altri organi sussidiari, si
esaurisce nell’emanazione di atti di tipo
normativo ma non vincolanti, quali raccomandazioni, studi, inviti, dichiarazioni di principio,
progetti di convenzione multilaterale. Gli organi delle Nazioni Unite, in generale, non sono,
quindi, forniti di poteri decisionali di natura obbligatoria,. Si veda R. AGO, I quarant’anni delle
Nazioni Unite, in CI, 1985, p. 623 ss.
14
non deve essere considerato un mezzo per la realizzazione di superiori (o
presunte tali) finalità dello Stato. La tutela del singolo individuo costituisce
in sØ un obiettivo cui l’azione dello Stato si deve ispirare. Ne consegue che
esiste una serie di diritti fondamentali della persona umana che lo Stato non
può sopprimere o disconoscere. L’esistenza di tali diritti, tuttavia, può non
essere condivisa e apprezzata specialmente, ma non soltanto, da Stati che
operano in forza di regimi totalitari, giacchØ esigere che i diritti dell’uomo
siano rispettati può in certi casi equivalere a mettere in discussione la
legittimità stessa di un governo o il modo in cui questo esercita i suoi poteri.
E’ quindi comprensibile come i diritti dell’uomo abbiano faticato ad
affermarsi negli stessi sistemi giuridici nazionali e come, ancora oggi, essi
appaiano tutelati in misura molto diversa, a seconda dei singoli Paesi.
Altrettanto problematica è risultata l’affermazione dei diritti dell’uomo
nell’ambito dell’ordinamento internazionale. Le norme di diritto
internazionale sono di solito poste in essere dagli stessi governi nazionali
contro i quali le norme sui diritti dell’uomo sono dirette. Per lungo tempo si
è ritenuto che il modo in cui uno Stato tratta i propri cittadini fosse materia
di competenza di ogni singolo Stato, rientrante nella giurisdizione
14
domestica e come tale immune da ingerenze da parte di altri Paesi .
__________
14
Il principio della domestic jurisdiction è contenuto nell’art.2, par. 7 della Carta delle
Nazioni Unite secondo il quale le stesse Nazioni Unite non possono intervenire in questioni che
appartengono essenzialmente alla competenza interna di uno Stato: tale norma pone un limite
all’azione, anche meramente esortativa, delle Nazioni Unite nel campo dei diritti umani essendo
questa, notoriamente e a maggior ragione all’epoca, materia di dominio riservato. Si riteneva,
pertanto, in passato che uno Stato potesse invocare nei confronti di un altro Stato l’istituto della
protezione diplomatica soltanto se fossero state violate le norme di diritto internazionale relative al
trattamento degli stranieri e se fossero stati maltrattati i cittadini del primo Stato. Ma si riteneva
che norme di diritto internazionale non potessero vincolare uno Stato circa il trattamento che esso
riservava ai propri cittadini. Interventi di altri Stati venivano occasionalmente svolti a puro titolo
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