INTRODUZIONE
1
INTRODUZIONE
La lubrificazione è una delle tecnologie più antiche della storia umana,
tanto da poterla definire più un'arte che una scienza. Sono, infatti, stati
ritrovati antichi bassorilievi egizi in cui veniva mostrato come del grasso
lubrificante di origine animale era utilizzato per ridurre l‟attrito tra una
slitta e il terreno. Ma è stato il genio di Leonardo da Vinci nel
Rinascimento ad introdurre per la prima volta il concetto di coefficiente
d‟attrito come rapporto tra l‟attrito e la forza normale. Nel 1699,
Amontons scoprì che la forza di attrito è direttamente proporzionale al
carico normale ed indipendente dalla superficie apparente di
contatto. Queste osservazioni sono state verificate da Coulomb nel 1781,
che fece una chiara distinzione tra attrito statico e attrito
cinetico. Successivi sviluppi sono andati di pari passo con la crescita
dell'industrializzazione nella seconda parte del XVIII secolo.
I primi sviluppi nel settore del petrolio, e quindi degli oli minerali,
hanno avuto inizio in Scozia, in Canada e negli Stati Uniti nel 1850 ed
anche se le leggi fondamentali del flusso viscoso erano state prima
ipotizzate da Newton, la comprensione scientifica della progettazione e
del funzionamento di cuscinetti lubrificati non si è verificata fino alla
fine del XIX secolo. Sicuramente, l'inizio della nostra comprensione del
principio di lubrificazione idrodinamica è stato resa possibile dagli studi
sperimentali di Tower (1884), le interpretazioni teoriche di Reynolds
(1895)1 e dal lavoro di Petroff (1883) [1].
1
O. Reynolds - On the dynamical theory of incompressible viscous fluids and
the determination of the criterion. Londra, 1895
INTRODUZIONE
2
Oggi contatti distribuiti si incontrano in svariati tipi di macchine, dai
piccoli motori alle grandi turbine. In tali contatti il fluido, attraversando
un condotto convergente nella direzione del moto, raggiunge una
pressione capace di assicurare la separazione delle superfici in moto
relativo. In tal caso, può essere, dunque, evitato il contatto tra le asperità
superficiali dei due corpi con una conseguente minor dissipazione di
energia meccanica.
In altri casi invece, gli elementi cinematici lavorano in condizioni di
scarsa lubrificazione, in cui quindi non è possibile garantire la
separazione totale delle superfici necessaria ad evitare la lacerazione del
film lubrificante; quest‟ultima è causata, prevalentemente, dai contatti tra
le microasperità superficiali degli organi a contatto. Infatti, ad un livello
macroscopico, le asperità comunque presenti possono influire sul
funzionamento complessivo in termini di capacità portante del fluido,
spessore del meato, attrito e quindi usura, anche se le superfici, in
seguito a lavorazioni di finitura superficiale sono macroscopicamente
lisce.
In realtà, bisogna sottolineare come ogni accoppiamento tribomeccanico
lubrificato, durante il proprio funzionamento, attraversa condizioni di
lubrificazione differenti in relazione a variazioni di carico, di velocità, di
temperatura di esercizio ed altro.
Per la corretta progettazione si dovrà, quindi, tener conto di molti
parametri quali i materiali, la geometria di accoppiamento, la rugosità
superficiale, le condizioni di lubrificazione ecc.. Sono proprio questi i
principali fattori che influenzano il funzionamento del sistema.
In dipendenza dello spessore del film lubrificante, del grado di finitura
superficiale e della configurazione geometrica delle superfici (organi a
INTRODUZIONE
3
debole o elevata curvatura relativa), si possono distinguere differenti
meccanismi di lubrificazione normalmente indicati come regime limite,
misto ed idrodinamico.
Queste differenti tipologie di lubrificazione si susseguono senza una
reale demarcazione tra loro, in dipendenza della variazione di velocità,
di carichi e di viscosità in quella che è nota come curva di Stribeck; ad
ogni regime corrisponde una determinata zona di tale curva in cui rientra
un range di valori del coefficiente di attrito; il quale rappresenta un
parametro di estremo interesse tribologico per ricavare informazioni
sulle performance del funzionamento dell‟accoppiamento. Conoscere,
infatti, il valore e la variazione dell‟attrito nei componenti meccanici
diventa un obiettivo importante per il raggiungimento di obiettivi quali la
riduzione dell‟usura e una minore perdita di energia meccanica.
Specialmente in casi di lubrificazione limite e mista, quando il principale
obiettivo è la riduzione dell‟attrito, l‟azione degli additivi diventa di
cruciale importanza.
L‟uso di additivi come miglioratori o modificatori delle proprietà di un
olio lubrificante è scaturito dalla necessità di produrre lubrificanti capaci
di soddisfare le crescenti esigenze delle macchine moderne. La storia
moderna degli additivi per lubrificanti ha inizio nei primi anni 20 del
secolo scorso, con l'uso di zolfo in oli minerali per migliorare la
lubrificazione in presenza di carichi elevati. L'impiego di additivi
divenne comune solo dopo il 1930 spinto dal veloce sviluppo della
motoristica e da necessità belliche. I primi ad essere utilizzati, in quegli
anni, furono gli additivi detergenti e disperdenti il cui scopo era quello di
pulire o neutralizzare i residui che si formavano a causa della
combustione dell‟olio e soprattutto gli additivi cosiddetti friction
INTRODUZIONE
4
modifiers, come il bisolfuro di tungsteno e di molibdeno, utilizzati per
ridurre l‟attrito tra organi in moto relativo. Successivamente a questi
molti altri sono stati sintetizzati con diversi fini quali antiossidanti,
antiusura, miglioratori dell‟oleosità, anticorrosione, antischiuma, per
estreme pressioni e molti altri.
Nell‟ultimo decennio è emerso che additivi costituiti da nanoparticelle
solide possono conferire, in particolari condizioni di esercizio, maggiori
capacità antiusura ed antiattrito al fluido lubrificante [2, 3].
Le nanoscienze e le nanotecnologie trattano in primo luogo la sintesi, la
caratterizzazione, l‟impiego e l‟applicazione dei materiali nanostrutturati.
Questi materiali sono caratterizzati da una dimensione dell‟ordine del
nanometro (1 nm = 10−9 m). Le nanostrutture comprendono i nano-
agglomerati (nanocluster), nanocristalli, nanofili, nanotubi e strutture di
tipo fullerenico. Le proprietà fisiche e chimiche dei nanomateriali
possono essere molto differenti da quelli del composto precursore di
partenza.
I temi di fondo delle nanoscienze e delle nanotecnologie sono due: uno è
l'approccio bottom-up, che è, la miniaturizzazione dei componenti, e
l'altro è l'approccio di assemblaggio di componenti molecolari, dove ogni
componente nanostrutturato entra a far parte di una sovrastruttura.
Le ricerche in ambito di nanoscienze e nanotecnologie sono cresciute
negli ultimi dieci anni, grazie all‟aumentata disponibilità di metodi di
sintesi di nanomateriali nonché degli strumenti di caratterizzazione e
manipolazione sono ora disponibili diversi metodi innovativi di
sintetizzare nanoparticelle e nanotubi e loro agglomerati [4, 5]. Numerosi
INTRODUZIONE
5
prodotti riconducibili all‟utilizzo delle nanotecnologie sono già
disponibili sul mercato od in procinto di esserlo. Il loro numero cresce
costantemente. Tra essi si possono citare, ad esempio, nanoparticelle per
cosmetici, vernici, articoli sportivi, ma anche nanocompositi, “hard
disks” con superfici nanostrutturate per registrazione dati ad altissima
densità, “chips” di memoria con dimensioni inferiori a 100 nm,
dispositivi fotonici, superfici autopulenti, sistemi per diagnostica medica
basati, per esempio, sul principio “lab-on-chip”2. Con un orizzonte
temporale un pò più lungo, probabilmente entro i prossimi 3-5 anni, sono
attesi, tra gli altri, sistemi avanzati per la somministrazione mirata di
farmaci, protesi mediche più resistenti e con migliorata biocompatibilità,
materiali avanzati innovativi per i sistemi di trasporto, nuovi e migliori
sistemi di produzione e stoccaggio dell‟energia. Le applicazioni
potenziali sono letteralmente infinite. Secondo uno studio di Lux
Research del 2004, quelli per i quali si prevede il maggior volume di
mercato da qui al 2015 sono, nell‟ordine:
ξ Materiali
ξ Elettronica
ξ Farmaceutica
ξ Cura della salute
ξ Utensili
Dal punto di vista strettamente economico, il settore dell‟elettronica ha
attualmente la parte del leone e, insieme ai materiali, rimarrà al top anche
in futuro. L‟impatto delle nanotecnologie nel campo della farmaceutica
2
Woodrow Wilson Nanotech Inventory
INTRODUZIONE
6
e, più in generale, della cura della salute oltre che dal punto di vista
economico sarà rilevante anche dal punto di vista dell‟impatto sociale.
La “nanomedicina” promette infatti di rivoluzionare letteralmente la
pratica medica mettendo a disposizione nuovi e più efficaci strumenti
diagnostici e sistemi di cura innovativi, che possono favorire
l‟introduzione di terapie personalizzate3. Altrettanto importanti possono
essere le ricadute positive delle nanotecnologie per l‟ambiente. Il loro
apporto può essere infatti determinante per lo sviluppo di processi
produttivi più efficienti, meno inquinanti, con minor consumo di materie
prime, per la realizzazione di nuovi sistemi energetici, o di
disinquinamento, in una parola, le nanotecnologie possono contribuire in
maniera decisiva alla promozione di uno sviluppo sostenibile.
Uno tra i settori che ha maggiormente contribuito allo sviluppo delle
nanotecnologie è certamente quello tribologico, in particolar modo
riguardo allo sviluppo di nanoadditivi per oli lubrificanti. Gran parte dei
lavori scientifici riporta, infatti, risultati positivi per differenti tipi di
materiali costituenti le particelle solide utilizzate come additivi dispersi
nel lubrificante. Appare chiaro, tuttavia, che questo campo di ricerca è
ancora molto attivo soprattutto in relazione all‟identificazione di
materiali che possano sostituire i tradizionali additivi all‟origine di
problemi di tossicità ed inquinamento. L‟efficacia di detti materiali può
essere più o meno marcata secondo la qualità e quantità degli stessi, delle
condizioni di lubrificazione ed infine dei materiali costituenti la coppia
cinematica oggetto di studio. In particolare, dai lavori di Tenne et al. [7-
3
European Commission, European Technology Platform on NanoMedicine,
Nanotechnology for Health – Strategic Research Agenda, Novembre 2006
INTRODUZIONE
7
10] emerge che i materiali più promettenti come additivi in campo
tribologico, in sostituzione degli additivi convenzionali, sono il bisolfuro
di molibdeno ed il bisolfuro di tungsteno in formato fullerenico, già
impiegati da tempo su scala “micro”, in seguito, spesso ricorrerà il
termine IF, inorganic fullerene-like, per definire le particelle inorganiche
in formato fullerenico4.
La struttura fullerenica del carbonio C60 è quella di un icosaedro
troncato, cioè quella di un icosaedro cui sono stati troncati i 12 vertici.
Ogni vertice è quindi sostituito da un pentagono. Il fullerene C60 è
costituito da 12 pentagoni e 20 esagoni, con ciascun pentagono
circondato da cinque esagoni. Questa rappresenta la molecole più
simmetrica possibile nello spazio euclideo tridimensionale. La gabbia
del fullerene ha un diametro tra i 7 ed i 15 angstroms. Il C60 ha un
diametro di circa 7 angstroms, cioè 10 volte più grande di un atomo.
Nella struttura del C60 ogni vertice dell‟icosaedro troncato è
occupato da un atomo di carbonio ed ogni atomo di carbonio è
legato con tre altri atomi da un doppio legame covalente e due
legami singoli. Gli atomi di carbonio che formano questo tipo di
legami, s‟indicano di solito con “carbonio sp2”, quando il carbonio
è ibridato sp2, utilizza orbitali originati dall‟ibridazione di un
orbitale s con due orbitali p.
Nel bisolfuro di molibdeno in forma lamellare 2H-MoS2 (H sta ad
intendere la forma esagonale delle piastrine), gli strati molecolari sono
tenuti insieme da deboli forze di natura fisica. Essi possono quindi
4
Tenne R., Remskar M., Enyashin A., Seifert G., Inorganic Nanotubes and
Fullerene-Like Structures (IF), 1992
INTRODUZIONE
8
facilmente scivolare uno rispetto ad un altro e rispetto le superfici dei
due metalli dell‟accoppiamento tribologico.
Allo stesso tempo, le piastrine servono come distanziatori, eliminando il
contatto diretto tra le due superfici di metallo e minimizzando l'usura del
metallo. Pertanto, la polvere di MoS2 è utilizzata come lubrificante
solido in vari sistemi, in particolare in presenza di carichi pesanti, in cui i
lubrificanti fluidi sono spinti fuori della zona di contatto tra la due
superfici metalliche. Purtroppo, le piastrine MoS2tendono ad aderire alle
superfici metalliche attraverso i loro bordi prismatici, e la loro efficacia
come lubrificanti solidi è cosi ostacolata. In contrasto con ciò, la forma
sferica delle IF-nanoparticelle di MS2(M indica un qualsiasi metallo
calcogeno, ad esempio tungsteno o molibdeno) fa si che queste si
comportino come nano-cuscinetti a sfera, e sotto le sollecitazioni
meccaniche a cui sono sottoposte esse iniziano ad esfoliarsi o a
deformarsi meccanicamente senza perdere le loro prestazioni fino a
quando non si distruggono totalmente o si ossidano. L'effetto benefico
delle IF nanoparticelle come additivo solido è stato confermato
attraverso una lunga serie di esperimenti [6, 11]. Il limite del MoS2
lamellare, come evidenziato dal lavoro di Rapoport et al. [12], risiede in
una forte sensibilità rispetto all‟ambiente, in particolar modo legato
all‟umidità; inoltre, le prestazioni in termini di riduzione di attrito
dipendono dalla elevata reattività chimica. Tali svantaggi non si
ritrovano, invece, nel caso di MoS2in formato fullerenico.
A differenza delle strutture lamellari, le strutture in formato fullerenico
non aderiscono alle superfici ed inoltre la loro forma cava e multistrato
ne accresce l‟elasticità. Gli studi condotti sulle proprietà tribologiche
INTRODUZIONE
9
dell‟IF-WS2 prima e dell‟IF-MoS2 poi hanno dimostrato che questo
materiale, aggiunto in oli lubrificanti, in grassi e in matrici porose,
presenta migliori proprietà anti attrito ed antiusura rispetto alla
corrispondente struttura lamellare.
Questo lavoro di tesi mira ad illustrare i risultati ottenuti in misure
sperimentali di attrito sia per oli lubrificanti convenzionali sia per oli
lubrificanti additivati con nanoparticelle, in condizione di carico,
velocità e temperatura variabili.
Il primo capitolo delinea i principali aspetti dell‟attrito ed una breve
descrizione dei meccanismi di lubrificazione esistenti tra coppie
cinematiche in moto relativo.
Nel secondo capitolo sono illustrate la caratteristiche delle
nanoparticelle, in particolare fullereni e nanotubi, ed sono, infine,
descritte alcune metodologie di sintesi, le proprietà fisiche e soprattutto
quelle tribologiche.
Il terzo capitolo descrive l‟apparato sperimentale e i materiali utilizzati,
oltre a delineare la tipologia e la struttura degli esperimenti condotti.
Il quarto capitolo è dedicato alla discussione e all‟analisi delle prove
condotte, al variare di alcuni parametri di maggiore interesse,
mostrandone gli effetti sulle perdite d‟attrito e sui regimi di
lubrificazione.
Il quinto capitolo, infine, riporta le conclusioni ed i punti di forza di
possibili sviluppi di ricerca in questo settore.
1.ATTRITO E REGIMI DI LUBRIFICAZIONE
10
CAPITOLO 1
ATTRITO E REGIMI DI LUBRIFICAZIONE
1.1 LA FORZA D’ATTRITO
L'attrito è un‟azione dissipativa che si manifesta mediante un campo di
forza all‟interfaccia tra le due superfici di contatto ed in moto relativo.
Quando la forza di attrito contrasta lo scivolamento di una superficie
sull‟altra (il che, come risulterà chiaro, può verificarsi anche quando uno
dei due corpi rotola sull’altro) si parla di «attrito radente»: attrito
radente statico (Fs) se le due superfici a contatto sono immobili l‟una
rispetto all‟altra, attrito radente dinamico (o «cinetico») (Fk) se il moto
di scivolamento è già in atto. Quando invece la forza d‟attrito si oppone
ad un moto di rotolamento si parla di attrito volvente. L'attrito radente si
può, quindi, definire come una forza resistente che si oppone al moto dei
corpi stesso.
Questa forza è diretta in verso contrario al risultante di forze che tende a
produrre o produce il moto relativo ed agisce in direzione parallela alla
superficie di contatto o nel piano tangente alle superfici stesse per
accoppiamenti a forte curvatura relativa [13].