Libertà personale e Habeas Corpus: evoluzione storica
1.1 Concezione della libertà personale nell’ordinamento inglese
La libertà personale, diritto universale ed assoluto, costituisce elemento
essenziale ed indispensabile in tutti gli ordinamenti democratici moderni.
Diversi sono i modi di tutelare la sua inviolabilità ma, comunque, non sempre la
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formulazione di un principio in una norma generale è il mezzo più efficace per la
tutela di un diritto.
Infatti, in ordinamenti quale quello inglese, dove lo spirito di concretezza e di
aderenza alla realtà storica ha portato a preoccuparsi più dei mezzi che
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garantiscono i diritti soggettivi che della formulazione di tali diritti, la libertà
personale risulta maggiormente tutelata. E questo, paradossalmente, benchè le
possibilità di interferire nella sfera della fisica disponibilità della persona siano
maggiori ( basti pensare che anche il privato è investito di un vero e proprio
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“obbligo” di arresto nell’ipotesi di flagranza di delitti di particolare gravità! ).
Nell’ordinamento inglese, non esistendo la concezione dello stato come persona
giuridica, si ha l’imputazione diretta degli atti statali alle persone fisiche che li
pongono in essere: tutta l’attività esecutivo – amministrativa è stata sempre
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guardata strutturalmente come attività di diritto privato. Ciò ha contribuito ad
affinare il senso di responsabilità e la capacità di percepire i limiti dei propri poteri
del pubblico funzionario, in particolare di quello di polizia: si tratta di soggetti che
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Art 13 cost. ”La libertà personale è inviolabile … Non è ammessa alcuna forma di detenzione … In casi
eccezionali di necessità ed urgenza … E’ punita ogni forma di violenza … La legge stabilisce …”.
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Galeotti S., La libertà personale. Studio del diritto costituzionale e comparato, Milano, 1953, p.53.
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Diversamente nel nostro ordinamento art 383 cpp “Nei casi previsti dall’art 380 ogni persona è
autorizzata a procedere all’arresto in flagranza, quando si tratta di delitti perseguibili d’ ufficio.
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Galeotti S., op. cit. (), p 58.
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non si trovano ad operare in una posizione di superiorità, “filtrati” dal cd. Droit
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administratif (in quanto agenti come organi delle amministrazioni), bensì di
persone che agiscono in posizione paritaria rispetto al soggetto del quale limitano
la libertà.
Significativo, in proposito, è studiare le caratteristiche del sistema di polizia
inglese ( dai constable - ufficio obbligatoriamente e gratuitamente svolto da
privati cittadini scelti - al decentramento autarchico e all’autonomia funzionale,
che ne fanno oggi un servizio pubblico offerto dal local government ) in relazione
ai rimedi consentiti contro le violazioni della libertà personale. Innanzitutto il
diritto di resistenza, anche attiva, che pone la persona vittima di un arresto
illegittimo nella stessa situazione in cui si troverebbe se resistesse ad un qualsiasi
altro soggetto privato; l’ azione penale, che nell’ordinamento inglese, il più delle
volte, si presenta come azione ad iniziativa privata, pur essendo comunque
presente un interesse pubblico (il privato è “prosecutor in the name of the
Crown”) e dove il reato commesso dal pubblico ufficiale non configura una
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fattispecie delittuosa specifica, bensì la stessa in cui incorrerebbe un privato
cittadino; infine l’azione civile per il risarcimento dei danni, che vede coinvolti
tutti e ciascuno dei soggetti che hanno partecipato alla commissione del reato,
senza possibili esimenti perché il fatto è stato compiuto in esecuzione di ordini
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superiori.
Comunque la superiorità del sistema inglese nel campo della tutela della libertà
personale è rappresentata, soprattutto, dall’istituto dell’ habeas corpus, che non
ha equivalenti negli ordinamenti continentali dove, a parità di principi vigenti,
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Dicey A. V., An introduction to the study of the law of the constitution, London, 1959.
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Art 605 cp II comma “ la pena (per il sequestro di persona) è della reclusione da uno a dieci anni se il
fatto è stato commesso dal pubblico ufficiale con abuso dei poteri ineranti alle sue funzioni ”.
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Art 51 cp II e III comma “ Se un fatto costituente reato è stato commesso per ordine dell’Autorità, del
reato risponde sempre il pubblico ufficiale che ha dato l’ordine. Risponde altresì chi ha eseguito l’ordina,
salvo che, per errore di fatto, abbia ritenuto di obbedire a un ordine legittimo “.
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diverse sono le procedure scelte per la loro tutela. Solo studiando l’origine e lo
sviluppo storico del suddetto istituto è possibile comprenderne l’effettiva portata.
8
Denning A., Freedom under the Law, London, 1949, p 9.
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1.2 Magna Charta Libertatum e prima comparsa dell’ habeas corpus
La comparsa dell’habeas corpus non è da far risalire, come molti credono,
all’ Habeas Corpus Act del 1679 (atto legislativo emanato da Carlo II Stuart, in cui
l’istituto trova la prima compiuta affermazione), bensì a molto prima.
Furono i Normanni, con la loro conquista dell’Inghilterra nel 1066, ad introdurre
l’istituto del writ, inteso come “scritto di particolare natura, atto d’imperio
emanato da un’autorità in nome del sovrano affinchè una persona tenga il
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comportamento ivi previsto o faccia ciò che è scritto”.
Inizialmente l’ habeas corpus si presentava come un istituto diretto a garantire la
prerogativa regia dell’amministrazione della giustizia: ciò in quanto il sovrano,
facendone uso, poteva controllare l’attività giurisdizionale svolta dalle corti dei
vari signori feudali o da altri corpi o enti; solo successivamente l’emanazione del
predetto “ordine” è stata delegata dal re ai giudici (i quali lo emettevano in suo
nome), per poi entrare nella esclusiva titolarità di questi ultimi, contestualmente
allo sviluppo del principio della divisione dei poteri e dell’indipendenza dei giudici
come ordine a se stante.
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Il writ, del quale esistono diverse tipologie, derivava il suo nome da un’antica
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formula latina che, inizialmente, serviva ad assicurare la presenza di un soggetto
innanzi alla corte in un giorno prestabilito: un mezzo istruttorio - interlocutorio
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De Cesaris A. M., voce “ Habeas Corpus “ in Enciclopedia Giuridica, Milano, 1960, p. 1
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A parte l’ habeas corpus ad subjiciendum, di cui ci occuperemo nel corso della trattazione, esistono:
l’ habeas corpus ad deliberandum et recipias, per ordinare il trasferimento di un detenuto da un
luogo ad un altro in considerazione del processo;
l’ habeas corpus ad testificandum, per permettere ad un soggetto che si trova in stato di
detenzione di presenziare ad un’ udienza per rendere testimonianza;
l’ habeas corpus ad respondendum, per recare al cospetto della Corte un detenuto dandogli
modo di presenziare alla celebrazione del processo e per essere sotto esame.
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“Praecipimus tibi quod corpus X, in custodia vestra detentum, ut dicitur, una cum causa captionis et
detentionis suae, quocumque nomine idem X censeatur in eadem, habeas coram nobis, apud
Westminster, ad subjiciendum et trecidiendum ea quae curia nostra de eo ad tunc et ibidem ordinari
continget in hac parte”.
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che non aveva ancora alcuna relazione con la causa della detenzione e l’idea di
libertà, nonostante che la lettera della Magna Charta già contenesse, in potenza,
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il fondamento di alcuni moderni principi costituzionali.
Vi erano piuttosto altri writs maggiormente associati all’idea di libertà personale,
come il de homine replegiando (per assicurare il rilascio su cauzione, rimanendo
nella custodia di chi ha pagato), il manprize (per ottenere il rilascio durante il
processo, senza però rimanere nella custodia di chi ha pagato) e il de odio et atia
(esperibile solo in determinate circostanze, per assicurare il rilascio di un
imputato di omicidio prima del processo): ma non si trattava di rimedi ad
applicazione generale, bensì di procedure speciali per particolari situazioni, che
garantivano solo una liberazione temporanea.
Possiamo quindi affermare che l’ habeas corpus, tra il XIV ed il XVII secolo, più che
uno strumento a tutela della libertà personale è stato uno strumento nelle mani
delle corti di Inghilterra per facilitare manovre dirette ad incrementare o a
salvaguardare l’ambito delle rispettive giurisdizioni.
Fondamentale è stato il suo utilizzo da parte sia delle corti di common law che di
chancery per centralizzare l’amministrazione della giustizia.
Spesso, infatti, una corte centrale ne faceva uso per trasferire presso di sé il
processo, con la motivazione che la corte locale non fosse competente: ma, così
facendo, è stata aperta la strada all’idea di associare l’ habeas corpus con la
possibilità di testare la “legalità” della causa, in relazione alla capacità del
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tribunale che aveva ordinato la detenzione.
Allo stesso modo l’ istituto fu spesso usato come arma nella lotta tra chancery e
common law.
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Art 29 Magna Charta : “Nessun uomo libero sarà arrestato, imprigionato, spossessato della sua
dipendenza, della sua libertà o libere usanze, messo fuori della legge, esiliato, molestato in nessuna
maniera, e noi non metteremo né faremo mettere la mano su lui, se non in virtù di un giudizio legale dei
suoi pari e secondo la legge del paese”.
13
Sharpe R. J., The law of habeas corpus, Oxford, 1989, p 5.
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Per quanto sopra esposto, alcuni autori sono persino arrivati a sostenere,
studiando i records di questo periodo (sia delle corti centrali che di quelle locali),
che in realtà l’ habeas corpus, più che nell’ ambito di azioni penali, sia stato usato
come un administrative writ.
Come è evidente, l’ habeas corpus ha proseguito, senza soluzione di continuità,
nel suo processo evolutivo - da mero procedimento interlocutorio ad istituto
volto principalmente alla tutela della libertà personale - tramite la sua
applicazione, di volta in volta, a fattispecie diverse ( quali, ad esempio e come si
vedrà nel paragrafo successivo, quella relativa agli ordini di arresto emessi dal
potere esecutivo).
14
Kaplan, Mcrae, Law, Policy and International justice. Essays in honour of Maxwell Cohen,
Montreal&Kingston-London- Buffalo, 1993, p 378.
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1.3 Darnel’ s Case e Habeas Corpus Act del 1640
Fin dal tempo della regina Elisabetta I divenne chiaro, infatti, che le motivazioni di
un arresto dettato da ragioni di stato potevano essere testate con la procedura di
habeas corpus (anche se, in concreto, i giudici apparvero sempre restii ad
intervenire nelle scelte dell’esecutivo in materie di competenza di quest’ ultimo).
Una conferma di questo orientamento si ebbe nel 1627 quando cinque cavalieri,
tra cui Sir Thomas Darnel, si rifiutarono di ottemperare ad un prestito forzoso
imposto arbitrariamente dal re per far fronte ad un bisogno impellente di denaro.
I cinque cavalieri vennero conseguentemente arrestati, senza specificazione della
causa, ma Sir Darnel chiese ed ottenne dai giudici del King’s Bench un writ contro
il custode della prigione: quest’ ultimo, chiamato in causa, dichiarò che il
detenuto era stato arrestato per ordine speciale del re e su mandato del consiglio
privato ( Privy Council ).
Da una parte, in favore dei cavalieri, fu sostenuto che tale motivazione era
formalmente e sostanzialmente insufficiente a giustificare l’arresto, in quanto
mera espressione dell’arbitrio regio: gli arrestati avrebbero potuto esperire una
azione per false imprisonment nonché, ovviamente, essere rimessi
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immediatamente in libertà.La stessa Magna Charta del resto, come già
ricordato, diceva che “nullus liber homo capiatur vel imprisonatur … nisi … per
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legem terrae”; tuttavia non era chiaro cosa si intendesse per “legem terrae”, né
se la Carta potesse in effetti contrastare le prerogative del re. A favore della
Corona esisteva, inoltre, una risoluzione del 1592 in cui si diceva, praticamente,
che l’ habeas corpus non era applicabile se un soggetto era stato arrestato per
ordine del re, in quanto il re, secondo una massima legale del tempo, “non può
15
Church W., A treatise of the writ of habeas corpus, Union, 2002, p 6.
16
Art 29 magna Charta.
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sbagliare”: di conseguenza, un motivo per l’arresto doveva essere presunto
esistente e non serviva che esso venisse esplicitato nel warrant, poiché il fatto
rilevante del caso non era cosa concretamente l’arrestato avesse fatto per
ritrovarsi tale, bensì il comando speciale del re (espressione di alti principi e
prerogative che sembrano dire ai giudici “obbedite” piuttosto che “determinate
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se esiste una causa che legittima l’arresto”).
La decisione conclusiva della Star Chamber ( Corte Suprema) fu quindi in favore
della Corona e fece sì che i giudici, palesemente sottomessi al potere regio,
ordinassero di nuovo l’arresto degli imputati (già temporaneamente rimessi in
libertà in seguito all’accoglimento del writ da parte del King’s Bench).
Tuttavia lo scalpore suscitato da un fatto così grave non poteva passare
inosservato: infatti indusse i Lords e i rappresentanti dei Comuni, riuniti in
Parlamento, a votare la Petition of Rights del 1628, in cui chiaramente veniva
stabilito che “lo speciale mandato regio, senza indicazione dei motivi, non
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costituisce una causa legittima di arresto”. Da subito, però, sorsero dubbi sia
sulla effettiva portata innovatrice di tale atto (essendo per molti semplicemente
una riaffermazione di antiche libertà e diritti soggettivi), sia sulla sua natura
giuridica: una petition non è una legge, dipende dall’onore e dalla dignità di un re
mantenervi fede e non si può ampliarne il contenuto oltre le parole risultanti dal
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testo e le intenzioni del re.
Continuarono così gli abusi da parte del sovrano, il quale non aveva la minima
intenzione di lasciare che la Petition limitasse il suo potere: abusi che si
perpetrarono soprattutto nei confronti di singoli membri del Parlamento
1714
Church W., op. cit. (),p 10.
1813
Sharpe R. J., op. cit. (),p 8.
1913
Sharpe R. J., op. cit. (),p 13.
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(arrestati per le opinioni espresse e le condotte tenute nelle rispettive camere),
nonché nella mancata ulteriore convocazione del Parlamento stesso.
Solo quando il predetto organo riuscì a riunirsi di nuovo (Long Parliament 1640-
1653) nel 1640 venne adottato il primo Habeas Corpus Act con cui: si aboliva la
corte di giustizia della Star Chamber (organo attraverso cui si era esplicato
maggiormente l’assolutismo regio), si regolava il Privy Council, si stabiliva che ogni
persona arrestata per ordine del re o del consiglio privato avesse diritto alla
protezione offerta dall’ habeas corpus e ad una tempestiva decisione da parte del
giudice, il quale rischiava altrimenti di incorrere in sanzioni.
2014
Church W., op. cit. (),p 10.
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