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INTRODUZIONE
Nel presente lavoro ci occuperemo principalmente di approfondire come, a partire
dalla preadolescenza, alcuni fattori di rischio interagiscano tra loro arrecando un
generale disagio psicologico al soggetto, sia nell'immediato che durante l'arco di
sviluppo. Inizialmente introdurremo al lettore le caratteristiche del periodo
preadolescenziale.
In maniera superficiale si può dire che la preadolescenza coincida con gli anni della
scuola media inferiore. E’ opportuno sottolineare, come afferma Poloni (2006; p.
21), un problema operativo, ovvero la difficoltà che può nascere nel tentativo di
definire l’inizio e la fine della preadolescenza stessa: fase importantissima del
periodo di crescita della persona, essa si colloca all’interno di un continuum (..) nel
quale è probabilmente impossibile stabilire con precisione quando finisca la fase
precedente, l’infanzia, e quando prenda il via quella successiva, l’adolescenza. E’
anche a causa di questa difficoltà che gli studi in passato si sono concentrati
principalmente su infanzia e adolescenza, nonostante la preadolescenza si riveli
un’età cruciale, in cui non mancano certo specifiche problematiche in molteplici
dimensioni (fisica, relazionale, affettiva, sessuale, cognitiva). Il soggetto si trova di
fronte a cambiamenti che causano un disordine psichico e deve far fronte al lungo
processo di ricostruzione della propria identità. Il preadolescente affronta uno
straordinario cambiamento fisico, soprattutto dovuto alla maturazione degli organi
riproduttivi e nei caratteri sessuali secondari. A questo mutamento corrisponde una
altrettanto straordinaria trasformazione psicologica, affettiva e cognitiva, che si
esprime in modo diverso nei maschi e nelle femmine (Maggiolini, A. 2005); lo
sviluppo fisico e puberale nelle femmine è più precoce rispetto ai maschi e spesso
questi ultimi sembrano più piccoli e immaturi alla vista.
In una prospettiva psicoanalitica si è spesso sottolineato che questa età rappresenta
un momento di disorganizzazione dell’equilibrio personale, raggiunto durante la
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precedente fase di latenza, che spesso può comportare il sorgere di comportamenti
regressivi, come un aumento del disordine, una maggiore irregolarità nel rapporto
con il cibo o il sonno, nella pulizia, o un incremento di comportamenti impulsivi,
sfidanti o provocatori (Blos, 1979). Le forme comportamentali così come le parti
del corpo assumono una connotazione transitoria. Questa disorganizzazione è
comunque un’importante occasione per ristrutturare quei comportamenti, quegli
atteggiamenti e soprattutto l’idea di sé del bambino. Questa ristrutturazione è
consentita dallo sviluppo di determinate capacità cognitive e logiche che si vengono
a strutturare proprio durante la preadolescenza. Queste nuove capacità cognitive,
affermano Coleman e Andry (1990), sostengono la revisione dell’idea di sé e la
costruzione di un punto di vista soggettivo più personale sul proprio mondo, le
proprie emozioni, desideri e capacità. Su questo aspetto dello sviluppo, Piaget,
insieme a Inhelder (1956), riconobbe la peculiarità degli aspetti cognitivi dai 9 ai 13
anni. Il passaggio dall’intelligenza percettivo motoria alla logica formale è
sottolineato dall’autore come un momento distintivo dello sviluppo: il preadolescente
inizia a utilizzare le immagini mentali e i simboli per esercitare la capacità
rappresentativa di operare sui contenuti formali mettendoli in rapporto (D’Alessio,
Laghi, 2007). La capacità di darsi una rappresentazione degli eventi e di fatti
accaduti in passato realizza la prima autonomia intellettuale con conseguente
necessità di fare da sé, di esercitare le proprie capacità, di ricostruire le credenze e le
opinioni ricevute (ibidem). Nel Capitolo I approfondiremo le tematiche, appena
introdotte, riguardanti lo sviluppo negli anni della preadolescenza, per fornire il
contesto di sviluppo in cui i successivi fenomeni indagati vengono a porsi.
Nel Capitolo II analizzeremo il tema dei comportamenti a rischio assunti dai ragazzi,
dalla loro capacità di percepire il rischio e la relazione tra i principali fattori di
rischio e le possibili conseguenze negative nello sviluppo. Verrà posta particolare
attenzione ai fattori che svolgono un ruolo protettivo nei preadolescenti, iniziando
dalle caratteristiche interne (aspetti della personalità) all'esperienze esterne (relazioni
familiari e con i pari; contesto socio-culturale).
Nel Capitolo III introdurremo i due fattori di rischio che saranno nel Capitolo IV
oggetto della ricerca: l'ideazione suicidaria e l'abuso alcolico tra adolescenti e
preadolescenti. Per quanto riguarda l'ideazione sucididaria definiremo il costrutto
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teorico e l'epidemiologia; la relazione con i tentativi di suicidio e la depression; i
fattori che la ricerca internazionale ha mostrato correlati con l'ideazione suicididaria.
Anche l'abuso alcolico verrà approfondito seguendo una modalità di analisi simile.
Verrano osservati in particolare i più recenti stili di consumo individuati dalla ricerca
(Oei e Morawska, 2004; Baiocco, Laghi e D'Alessio, 2008); gli atteggiamenti e le
aspettative degli adolescenti verso l'alcol; i fattori che predispongono i ragazzi al
rischio dell'abuso alcolico.
In seguito passeremo in rassegna la letteratura scientifica che si è occupata della
relazione tra questi due comportamenti.
La ricerca che abbiamo svolto si è basata su un campione di giovani adulti, tra i 18 e
i 23 anni, con i quali è stato possibile misurare il livelli di ideazione suicidaira e la
relazione di questo fattore con altre variabili, tra cui il consumo alcolico. Le altre
variabili misurate, oltre a quelle anagrafiche, sono state l'attaccamento sia verso i
genitori e che al gruppo dei coetanei e il tratto di personalità definito sensation
seeking da Zuckerman (1979). Nella letteratura internazionale, il consumo alcolico
viene considerato un fattore di rischio e l'attaccamento, inteso come fiducia e buona
comunicazione con i genitori e i pari, un fattore di protezione. I risultati della nostra
ricerca confermano queste considerazioni. Le correlazioni osservate nel gruppo di
giovani adulti confermano come alcuni fattori di rischio (consumo e abuso alcolico),
se già presenti negli anni della preadolescenza, si confermano come predittori
significativi dell'ideazione suicidaria. Quest'ultima è molto spesso un sintomo di un
più ampio stato depressivo, di cui è ben nota la correlazione con l'abuso alcolico,
anche tra gli adolescenti (Brady, 2006).
La prevenzione del consumo di alcolici, tra i giovani e ancora di più tra i
preadolescenti, assume ulteriore valore se posta in relazione alla possibilità di
diminuire il rischio di comportamenti suicidari.
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CAPITOLO 1
Sviluppo psicologico, cognitivo e fisico in preadolescenza
1.1 Sviluppo fisico e cognitivo del preadolescente
Durante il periodo preadolescenziale lo sviluppo fisico registra un’accelerazione
nuova rispetto al ritmo di crescita tipico degli anni della fanciullezza. Il corpo si
trasforma in maniera rapida interrompendo l’equilibrio degli anni precedenti e questo
cambiamento rende l’idea che l’individuo aveva del proprio corpo non più
appropriata. Le abilità motorie ed espressive su cui il bambino aveva contato ad un
tratto tendono a risultare insufficienti a causa di un corpo cresciuto molto
rapidamente. Il controllo muscolare che negli anni si era affinato viene meno e verrà
ripristinato soltanto gradualmente.
Il modo di camminare cessa di essere armonioso e diviene goffo, grossolano; i gesti e
gli atteggiamenti rivelano una carenza di coordinazione; alla vivacità motoria si
sostituisce una certa indolenza; persino la voce non sembra più ubbidire come prima
alla volontà e può cambiare di tono in modo inatteso. (Petter, 1990).
A questa repentina crescita fisica non corrisponde un’immediata maturazione
psichica e più questa esperienza è precoce più le possibilità che questo evento
costituisca fonte di disagio aumentano.
Inoltre la famiglia accoglie spesso con difficoltà questo sviluppo fisico, a volte
mostrandosi tollerante verso colui che viene ancora vissuto come un bambino e a
volte sentendosi irritata dai gesti improvvisamente goffi e poco armonici del
preadolescente.
A questo dobbiamo aggiungere il confronto costante tra coetanei a cui il
preadolescente si sottopone e sottopone gli altri: si tratta di un altro aspetto che
genera tensione.
Lo sviluppo corporeo non è lineare in questi anni e presenta delle differenze tra
individuo e individuo e lo sviluppo può essere tanto precoce quanto tardivo
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specialmente negli anni della preadolescenza. Va evidenziato inoltre come lo
sviluppo maschile e femminile seguano tappe diverse.
Escludendo il tessuto nervoso ed il tessuto linfatico, i quali giungono già totalmente
sviluppati a questa età, gli altri tessuti subiscono una notevole accelerazione dello
sviluppo tra gli 11 e 18 anni. Sia l’apparato scheletrico che quello muscolare, sia le
viscere che l’apparato respiratorio si sviluppano velocemente.
Discorso differente per quel che riguarda i tessuti genitali i quali conoscono più che
altro un risveglio dopo un lungo periodo di “latenza”.
Le ricerche che hanno osservato una variabile come l’altezza, la quale è uno dei
parametri tra cui è più immediato il confronto tra i ragazzi, hanno dimostrato come
proprio negli anni della preadolescenza (tra 11-12 e 14-15) si trovano le differenze
maggiori tra individui con uno sviluppo precoce o viceversa tardivo. Questa distanza
tende a diminuire verso il termine dell’adolescenza. Un ragazzo con uno sviluppo
tardivo però non sa che questa condizione è solo temporanea e facilmente è portato a
ipotizzare che questa distanza con i ragazzi più alti sarà per definitiva. Questo vissuto
va a scontrarsi col desiderio del ragazzo di essere come gli altri generando
preoccupazione e ansia, le quali possono legarsi a lungo alla percezione del sé
dell’individuo e andare
del torace. E così anche alcune parti del viso si sviluppano in tempi diversi.
D’altra parte alcuni difetti fisici a carattere permanente come una brutta pelle, una
dentatura irregolare o una mia miopia e quindi l’utilizzo degli occhiali sono tutte
particolarità che vengono vissute con un fastidio esagerato.
Questa risonanza interiore sproporzionata è in parte conseguenza del fatto che spesso
chi ritiene di avere un difetto cerca di farlo passare inosservato, e comunque di non
parlarne con gli altri. La col tempo a costituire un senso d’inferiorità, magari in età
adulta quando le cause fisiche di questa percezione sono scomparse.
Per quanto riguarda lo sviluppo cognitivo, i cambiamenti che avvengono durante
questi anni sono notevoli; la portata dello sconvolgimento delle strutture cognitive è
almeno pari a quella delle trasformazioni puberali. La prospettiva specifica più nota è
quella offerta da Piaget e Inhelder (1956), che colloca proprio a partire da questa età
(12-14 anni) la conquista dello stadio formale, o pensiero ipotetico-deduttivo. Tale
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stadio sarebbe raggiunto attraverso due sottostadi (A e B) nei quali la comprensione
dei problemi da limitata diventa più estesa. Dopo lo stadio operativo concreto
l’accesso allo stadio operativo formale si caratterizza per la capacità del
preadolescente di ragionare per ipotesi, di esaminare l’insieme dei casi possibili e di
considerare il reale come un semplice caso particolare (Marcelli, Braconnier, 2006).
Si tratta di un passaggio fondamentale per il raggiungimento della maturità (Marocco
Mutini, 2007). Questa capacità di rappresentarsi situazioni ipotetiche e realtà
possibili è già presenta da anni nella mente dell’individuo. Per esempio quando il
bambino rappresenta nella propria mente la fiaba che gli viene raccontata alla sera
oppure quando lo stesso desidera qualcosa e lo immagina usando la fantasia. Ma in
questi ultimi casi non viene utilizzato il pensiero ipotetico-deduttivo; si tratta più
semplicemente della capacità di utilizzo e completamento dei ricordi, ben differente
dal processo deduttivo nel quale si riesce a scoprire qualcosa di nuovo partendo dal
rapporto tra due proposizioni note. Petter (1992) chiarisce bene questo concetto di
vera deduzione: perché vi sia (come evento psicologico) vera deduzione, bisogna
tuttavia che il valore di verità della seconda proposizione venga tratto da quello della
prima solo grazie alla forza del rapporto formale tra esse esistente, e non già al
semplice completarsi del ricordo di un esperienza complessa e ben nota, di cui la
prima la prima proposizione ha descritto una parte. Si passa da un’intelligenza
percettivo-motoria a una logica formale che permette l’utilizzo di immagini mentali e
di simboli con i quali allenare la capacità rappresentativa mettendo in rapporto i
contenuti formali. Come affermano D’Alessio e Laghi (2007), il pensiero dei ragazzi
dopo i 10 anni si libera dai limiti dei dati percettivi per avviare la rete del
ragionamento deduttivo, formale ed ipotetico. La capacità di darsi una
rappresentazione degli eventi e di fatti accaduti in passato realizza la prima
autonomia intellettuale con conseguente necessità di fare da sé, di esercitare le
proprie capacità, di ricostruire le credenze e le opinioni ricevute. Per fare alcuni
esempi pratici delle messa in opera del pensiero ipotetico-deduttivo si possono citare
alcune operazioni formali di trasformazione come l’identità, la negazione, la
reciprocità e la negazione della reciprocità. Con questo tipo di operazioni cambia il
rapporto dell’individuo con il mondo esterno; l’intelligenza accede a un livello tale
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da riuscire a comprendere il piano del possibile e il piano del reale, in cui il secondo
è subordinato al primo.
Dolle (1991), studioso che approfondì le intuizioni di Piaget, individua tre altre
caratteristiche del pensiero formale:
- il pensiero formale si basa su enunciati verbali;
- questa sostituzione degli oggetti con enunciati verbali corrisponde all’intervento di
una logica nuova o logica delle proposizioni. Questa logica delle proposizioni
permette di accedere a un numero infinitamente più grande di operazioni e di
combinazioni di queste operazioni;
- esso costituisce un sistema di operazioni di seconda potenza, perché le operazioni
precedenti si basavano direttamente sugli oggetti mentre le operazioni formali si
basano su delle proposizioni o degli enunciati che sono già delle operazioni, ma di
primo grado.
L’acquisizione del pensiero formale precede quello della pubertà o ne accompagna i
primi stadi, aprendo così la via al pensiero riflessivo. Tale anticipazione di alcuni
mesi permetterebbe il delinearsi di nuovi modelli di comprensione di sé e degli altri,
prima che sopraggiunga la sessualizzazione del pensiero (Catheline, 2001).
Tuttavia, questa capacità è disturbata dall’egocentrismo emotivo infantile ancora
presente, dall’eccessiva fiducia del ragazzo verso le nuove abilità cognitive acquisite
e dalla limitatezza della sua esperienza (Silvaggi et al., 2005). Tutti questi fattori
conducono il ragazzo ad essere disattento verso la realtà esterna e lo portano spesso a
illudersi di poter controllare e controllarsi in qualsiasi situazione, sottovalutando
rischi e pericoli.
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1.2 Disarmonie di sviluppo, deficit fisici e psichici: lo stress nel
vedersi diversi
C’è un aspetto che crea molte frustrazione durante la preadolescenza e specialmente
al genere femminile: i difetti fisici o a disarmonie più o meno evidenti.
Partendo dalle seconde, come lo sviluppo non è uguale tra persona e persona, spesso
lo sviluppo è diverso anche tra parti del corpo di un singolo individuo: per esempio
uno sviluppo intenso degli arti inferiori a cui non si accompagna uno sviluppo del
tronco può portare il soggetto a considerare questo difetto come causa (o una delle
cause) di certi insuccessi nel campo sociale o in quello affettivo (per esempio come
una causa della scarsa considerazione di cui si gode da parte dei coetanei dell’altro
sesso). (Petter, 1990)
Come detto in precedenza durante la preadolescenza c’è un aumento del ritmo di
crescita e parallelamente si accentua l’attenzione del soggetto e dell’ambiente verso
il proprio corpo. Con la fine della fanciullezza, determinati difetti motori e sensoriali
e deficit cognitivi, diventano più marcati e vengono vissuti in maniera più sofferta
dal soggetto, man mano che lo svantaggio rispetto agli altri si fa evidente.
Il vissuto dei deficit fisici da parte del preadolescente può diventare la base di
sviluppi psicopatologici importanti (…), egli ha bisogno di trovare appoggio e
valorizzazioni compensatorie realistiche per fondare i propri investimenti narcisistici
su un sano ideale dell’Io (Marocco Mutini, 2007). Spesso deficit intellettivi meno
gravi, non considerati negli anni della fanciullezza, hanno modo con l’inizio della
pubertà di emergere nel confronto col gruppo dei pari e di suscitare nel soggetto un
notevole stress. L’ambiente scolastico nel passaggio da scuole elementari a scuole
medie diventa meno protettivo verso soggetti con deficit fisici e cognitivi e questi
ultimi rischiano di ottenere degli insuccessi, sia scolastici che tra il gruppo dei pari
(un contesto che come vedremo più avanti assume grande importanza nello sviluppo
della personalità).
Il vissuto della diversità nei soggetti può non essere dovuto esclusivamente a deficit
fisico-motori o cognitvo-affettivi, ma anche ad aspetti non patologici come ad
esempio l’essere grasse per quanto riguarda le ragazze o non aver sviluppato
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un’adeguata struttura muscolare tra i ragazzi. Oppure differenze non legate al corpo
come quelle etniche: è il caso degli adottati all’estero o degli stranieri immigrati, che
alla diversità somatica uniscono il sentimento dello svantaggio culturale e socio
economico (ibidem).
Come approfondiremo più avanti, il compito principale dell’adolescente è la ricerca
di un’identità che passa principalmente attraverso una stabilità della sua immagine
corporea. Il disagio dovuto al proprio fisico porta ad un’immagine corporea
insoddisfacente (body image dissatisfaction) che viene spesso avvertita già durante la
fanciullezza: la preoccupazione che mostrano molti bambini per la propria capacità
di apparire abbastanza belli agli occhi dei compagni, afferma Smolak (2004),
l’imbarazzo e la tristezza che mostrano per il proprio aspetto, le precoci diete e gli
esercizi per cambiare il proprio corpo, risultano a volte tentativi che metteno in
pericolo la loro salute. Un esempio di questa pericolosità riguarda la cattiva
immagine di sé che possiedono bambine sovrappeso, condizione che può aprire la
strada a disordini alimentari come anoressia e bulimia nervosa. Dunque
l’insoddisfazione del proprio aspetto può costituire un fattore di rischio in
preadolescenza.
Una ricerca svolta da Rierdan e Koff (1997) su un campione di 175 ragazze
americane di prima media (età media 11.5 anni) ha dimostrato una bassa correlazione
tra il peso reale e sintomi depressivi, mentre ha mostrato alta correlazione tra i livelli
di soddisfazione e preoccupazione per il proprio peso e sintomi depressivi. Un altro
studio prodotto da Stice e Bearman (2001) ha osservato come bassi punteggi di
immagine di sé (body image dissatisfaction) a cui si legano aspetti che influenzano
lo stile alimentare (pressioni ambientali ad apparire magra, internalizzazione
dell‟ideale di magrezza, il perseguimento di una dieta) sia valori altamente correlati
sia con sintomi di bulimia nervosa che depressivi.