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1. LA SEMIOTICA TRA PUBBLICITA‟ E COMUNICAZIONE
Non ci si può addentrare fin da subito nei meccanismi pratici dell‟analisi semiotica se
prima non si fa un po‟ di luce sull‟argomento principe, sulla base di questo lavoro, che è
la pubblicità. Infatti, è bene possedere una conoscenza basilare di tale settore al fine di
poter meglio comprendere il campo generico su cui si andrà a operare e soprattutto per
rendere chiare le caratteristiche e le peculiarità della pubblicità attraverso un taglio
semiotico. Si comincerà quindi a definire la nozione di pubblicità, ad illustrarne i
caratteri generali e a relazionarla prima al sistema di comunicazione e poi più
specificamente alla semiotica.
1.1 Pubblicità e comunicazione
Al giorno d‟oggi, particolarmente nelle società capitalistiche come quella in cui
viviamo, la pubblicità è senz‟altro uno dei principali motori dell‟economia, nonché lo
strumento più ricco e potente in grado di condizionare qualsiasi mezzo di
comunicazione di massa, in quanto può imporre al mondo, con la forza delle sue idee e
con la sua onnipresenza, immagini, parole e pensieri ( ovviamente sotto forma di merce
e prodotti). Per questi aspetti, ci appare chiara e coerente la definizione di pubblicità
come strumento estetico e ideologico di massa, dal quale attingiamo più spesso di
quanto si pensi i modi di guardare le cose, i modelli desiderabili di riferimento e le
opinioni generali intorno alle quali pensare. A conferma di quanto detto sopra, sta il
carattere mobile della pubblicità e la sua velocità e prontezza nel seguire le sfumature
sottili dell‟umore collettivo, nell‟adattarsi facilmente alle ondate di cambiamento
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continue che si verificano nelle società contemporanee. Il movimento, però, non è
immotivato e non resta senza conseguenze sul destinatario, soprattutto per quel che
riguarda la dimensione estetica, che ha non poca influenza su di noi e sulla nostra vita
sociale, tanto che quest‟ultima sembra spesso ruotare intorno a ciò che la pubblicità ci
propone avere l‟etichetta di “desiderabilità”. Per fare un esempio banale, la campagna
pubblicitaria sui prodotti “Mulino Bianco” non ci colpisce di certo per ciò che offre a
noi in quanto consumatori, cioè i prodotti veri e propri come biscotti o merendine, ma ci
presenta invece in sottofondo tutta una serie di valori connotati positivamente, come la
famiglia perfetta e la serenità domestica, che noi considereremo desiderabili per la
nostra vita sociale e a cui cercheremo di tendere, o perlomeno a cui percepiamo che
sarebbe opportuno auspicare, nella misura in cui ci identifichiamo con il target che il
testo pubblicitario ci propone ( in questo caso l‟obbiettivo da colpire è la donna, moglie
e/o madre).
Continuando, vedremo che la caratteristica importante che differenzia la pubblicità da
tutti gli altri mezzi di comunicazione di massa e che la rende così desiderabile agli occhi
della disciplina semiotica è la sua natura testuale, il suo produrre continuamente testi.
Possiamo quindi inferire che essendo la pubblicità intrinsecamente testo, nella sua
particolare comunicazione predomina la mediazione: essa non costruisce una relazione
diretta ed immediata col cliente, ma si realizza in un tempo e in uno spazio che
possiamo definire “terzi” in quanto non appartengono né alla dimensione della merce né
a quella del consumatore; insomma, agendo indirettamente attraverso il senso, si
configura come un qualcosa di diverso dal suo oggetto.
Il testo pubblicitario crea uno spazio e un tempo artificiali e narrativi in cui cerca di
proporsi come immagine immediata della realtà ma nello stesso tempo può anche farsi
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dispositivo fabulatorio basandosi sull‟immaginario collettivo, in modo tale che
chiunque si trovi davanti al testo abbia la consapevolezza che esso sia qualcosa di
costruito e artificiale il quale fine è “vendere” dei prodotti concreti e dei valori esistenti
nella società.
Così, si deduce che l‟attività pubblicitaria ha bisogno sia di una produzione industriale
di massa che dia senso economico ad uno strumento così indiretto, lontano dallo
scambio vero e proprio, sia di un sistema di comunicazione di massa maturo che le
garantisca l‟accesso ad un numero considerevole di consumatori. Ecco quindi che
emerge la precondizione comunicativa indispensabile alla nascita e allo sviluppo della
pubblicità: lo spazio pubblico della comunicazione di massa. Esso si configura come il
luogo in cui poter interagire velocemente e cambiare frequentemente le proprie
affermazioni rendendole convincenti (al di là delle contrapposizioni come informazione
ed esagerazione, verità e finzione); è un ambiente dinamico in cui convivono diversi
livelli di realtà e affidabilità, e nel quale si può giustificare il carattere trasversale della
pubblicità rispetto ai mezzi di comunicazione su cui si appoggia e con i quali intrattiene
rapporti complessi.
Quest‟ultimo concetto prende il nome di ubiquità: di questo aspetto accennerò solo
brevemente che le caratteristiche del messaggio pubblicitario dipendono molto dal
mezzo che lo supporta; per esempio, la pubblicità stampa è prevalentemente iconica,
veicola un messaggio pratico, mira ad un target preciso e si presta ad una lettura veloce.
Ovviamente tutto ciò dipende dalle condizioni di lettura del testo: spesso è piccolo e
non ha modo di imporsi stabilmente all‟attenzione di chi sfoglia un giornale ma
comunque prevede la possibilità di un ritorno per approfondire, privilegio della carta
stampata. Lo spot televisivo, invece è più intrusivo in quanto inevitabile, ha dei tempi di
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lettura fissi e veicola messaggi narrativi e spesso finzionali (non importa quanto
immaginari o verisimili al nostro mondo): la fruizione avviene in ambiente domestico
ed è distratta in quanto inserita nell‟ambito di altre trasmissioni.
Se ne deduce che ogni testo pubblicitario che appare su qualche supporto deve
rispettarne la grammatica (ad esempio, una pubblicità stampa organizza la sua grafica
sulla base dell‟ impaginazione della rivista, adottando modelli tipografici stabiliti), ma
allo stesso tempo emerge il carattere trasversale e la concorrenzialità fra i messaggi che
rendono lecito il rompersi degli schemi e delle regole e il prodursi di “sgrammaticature”
volute, in quanto giustificano una continua ricerca del nuovo e dell‟originale.
Eccoci dunque arrivati ad un ulteriore arricchimento della nostra conoscenza nei
confronti della pubblicità: il suo carattere parassitario. Essa non è mai un genere di
comunicazione autonomo, ha continuamente bisogno di appoggiarsi su qualche altro
testo: non a caso infatti i contenuti dei mezzi di comunicazione sono progettati per
soddisfare bisogni in prevalenza estetici, informativi e di intrattenimento. Quindi, la
pubblicità è un testo che fallisce se apprezzato per sé stesso poiché ha una finalità
esterna: portare il destinatario fuori dal testo, verso azioni concrete nel mondo reale.
Questo atteggiamento si può definire funzione strategica (in campo di marketing) ma si
preferirà qui chiamarla funzione conativa4 (nei termini di R. Jackobson) e indica quella
funzione della comunicazione linguistica per la quale il messaggio rappresenta un
comando rivolto direttamente al destinatario al fine di renderlo attivo e di coinvolgerlo
in una situazione di complicità: si deduce quindi che la pubblicità chiede sempre
qualcosa al lettore, presentandogli un costo d‟azione verso l‟entità o il comportamento
pubblicizzati che si traduce poi in uno sforzo semiotico necessario al fine di
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R. jackobson, Essais de linguistique générale, 1963
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comprendere il senso del messaggio, completarlo con un a personale interpretazione e
tradurre eventuali metafore o elementi funzionali nel giusto contesto.
1.2 Pubblicità e semiotica
Si sono elencate fino a qui le peculiarità che caratterizzano il campo pubblicitario,
soprattutto in rapporto al sistema di comunicazione e alla società. Si adotterà ora una
prospettiva più specificamente semiotica al fine di capire come il testo pubblicitario
possa farsi oggetto di questa disciplina.
Da questo punto di vista, la pubblicità è un oggetto complesso e problematico, che
difficilmente si presta a un‟analisi uniforme: se è facile intuire che i testi pubblicitari
esercitano una funzione persuasiva, è altrettanto difficile scovare in superficie i
meccanismi che la determinano; è comunque evidente che la pubblicità ha bisogno di
farsi riconoscere come tale, più che altro per vedersi assegnare una certa legittimità alle
trasgressioni linguistiche. L‟analisi semiotica dunque non può essere meramente
classificatoria, né può basarsi sull‟identificazione di tecniche linguistiche precise,
essendo l‟ oggetto in questione trasversale, come detto prima.
Si può iniziare chiarendo che la pubblicità è solo una parte di tutte le attività di
comunicazione che aziende, enti o persone producono per presentare sé stessi o i loro
prodotti/servizi; diciamo pure che è quella forma di comunicazione che comporta l‟uso
predominante di testi: importante è ricordare e tenere a mente lungo tutta la lettura di
questo scritto, che essa agisce sempre attraversi testi, ottiene risultati per mezzo
dell‟influenza realizzata con la produzione e la distribuzione di testi ben concepiti e
preparati che da questo momento in poi definiremo sincretici ( cioè non solo composti
dalla componente verbale, ma anche da quella iconica, da quella musicale, ed
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eventualmente da quella audiovisiva e multimediale; in pratica l‟espressione di diverse
funzioni in un‟unica forma).
Soffermiamoci brevemente sulle caratteristiche di un testo: esso è composto da un inizio
e da una fine stabiliti in precedenza da un autore; si avvale poi di un determinato
linguaggio, per cui richiede delle competenze minime per poter essere decifrato e
compreso; infine, è una realtà composita formata da elementi non sempre omogenei tra
loro. Il testo è quindi “un campo di tensioni” e allo stesso tempo una “macchina pigra”
che fornisce al lettore solo una parte delle informazioni, affidandosi per il resto alla
competenza, o enciclopedia, di quest‟ ultimo per completare il lavoro. Questa idea di
testo sottende una grande complessità, sia per l‟ eterogeneità degli oggetti considerati,
sia perché per dar ragione al suo funzionamento bisogna supporre l‟ esistenza di una
“struttura profonda” che li determina, oltre che a una superficie manifesta: normalmente
questa “struttura” non è considerata consapevolmente dal lettore, anche se essa agisce
su questo suscitando le reazioni volte all‟interpretazione più corretta. Dunque proprio
questo aspetto testuale dell’attività pubblicitaria autorizza l’ intervento della semiotica,
in quanto tale disciplina non cerca di dare conto a realtà matematiche, fisiche o ideali
ma le uniche realtà di cui si occupa sono gli “oggetti di senso”(testi, ma anche qualsiasi
altra manifestazione significante che sottenda un senso concreto). Per fare rientrare però
la pubblicità nel campo d‟indagine della semiotica in modo pienamente legittimo, oltre
che testo, la si può considerare un discorso, cioè una delle varie forme di produzione di
testi nella vita sociale. Il discorso pubblicitario si distingue dagli altri (politico, artistico,
scientifico) per il suo carattere strategico nella comunicazione; semplificando, per il
suo essere finalizzata ad altro nell‟uso di particolari risorse. Ciò significa che
quest‟attività non funziona per sé stessa ma contribuisce ad altro, anche attraverso l‟ uso