2
Storicamente
4
la “franchigia” compare per la prima volta nel Medio
Evo per indicare il privilegio con cui si concedevano autonomie sia
agli Stati, sia ai cittadini. La città franca era caratterizzata, nel
feudalesimo, dall’aver acquistato dal Re o dal Signore una dispensa
permanente sul tributo e, dal disporre di un diritto di libera
circolazione delle persone e delle cose
5
. Con il Concilio di Trento del
1562 questa nozione di franchigia scompare in seguito all’adozione di
nuovi mezzi di imposizione dei tributi.
Nel 1800 si diffonde nel nord Europa e negli USA il c.d. contratto di
birra. Si tratta di un accordo qualificabile come un contratto di
somministrazione esclusiva attraverso una rete di distributori locali
con l’uso della denominazione e delle insegne del produttore stesso
6
.
E’ certo il primo antenato del franchising moderno, ma si tratta solo di
un esempio isolato, la genesi di questo istituto va ricercata negli Stati
Uniti nella seconda metà del 1800. Il periodo storico di riferimento è
4
Sulle origini e diffusione del franchising v. Fauceglia G. Il Franchising. Profili
sistematici e contrattuali, Milano, 1989; Frignani A. Il franchising, Torino, 1990;
Marasco, Il franchising, Milano, 1988; Fossati G. , Franchising: sviluppo e prospettive in
Italia, in Amministrazione e finanza, 1987, pag. 591 e ss.; Galimberti, Il franchising,
Milano, 1991.
5
Amoroso M., Bonani G., Grassi P., Manuale del franchising. Per valutare, organizzare
e scegliere un’attività in franchising. Maggioli Editore, Rimini, 1996, pag. 19 e ss.
6
Bassani M., Cendon P., op. cit., pag. 401; Santini, Il commercio. Saggio di economia
del diritto., Bologna, 1979, pag. 146- 147 sub note 159 e ss.
3
quello della c.d. “ricostruzione”, seguito cioè alla guerra civile
7
del
1861-65 causata della secessione sudista. Per le industrie e gli
operatori commerciali, i diversi stati neo-confederati rappresentavano
un vero territorio di conquista, un mercato nuovo di dimensioni
continentali e potenzialmente molto fecondo. La mancanza di capitali
indusse gli operatori economici a percorrere la strada della
distribuzione commerciale attraverso agenti viaggiatori, affaristi
itineranti, intermediari locali, soggetti disposti a scommettere sul
successo di nuovi prodotti o sull’affermazione di nomi, marchi e
formule che, poi, hanno caratterizzato il passaggio dalla grande
epopea della frontiera alla struttura della contemporanea civiltà
industriale dei consumi
8
.
In questo periodo storico ai singoli partecipanti di questa corsa
economica erano attribuiti frazioni di privilegi (licenze, concessioni e
franchisee appunto) di cui gli stessi soggetti andavano fieri in quanto
“rappresentavano una sorta di titolo, di riconoscimento agli occhi dei
consumatori, il tutto in un’ottica di forte individualismo e
competizione, nonché di ferma fiducia nel sistema”
9
. Le prime società
7
AA. VV., Manuale di storia. L’età contemporanea,. Editori Laterza, Roma, 1988, pag.
248 e ss.
8
Zanelli E., op. cit., pag. 256.
9
Zanelli E., op. cit., pagg. 257-8.
4
americane ad avvalersi di questa formula furono la General Motor e la
Singer. Tale modello non tardò a diffondersi progressivamente ad altre
società grazie soprattutto alle sue caratteristiche di agilità e di
flessibilità, e prevalse, tra le due guerre mondiali, sul modello
alternativo
10
di distribuzione per succursali
11
. In conclusione la
creazione di sistemi di franchising si configurò come uno strumento
ideale, nel continente americano, negli anni che seguirono la guerra
civile, proprio per aggirare le difficoltà ed i pericoli che ogni
produttore avrebbe incontrato nella distribuzione diretta dei suoi
prodotti. Dopo il secondo conflitto bellico lo sviluppo divenne ancor
più diversificato, anche grazie alle nuove applicazioni, soprattutto nel
campo dei servizi, come ad esempio, la ristorazione rapida. La
diffusione e la vocazione internazionale del franchising hanno fatto
parlare di un vero e proprio “franchise boom”: esplosione dovuta
anche alla carenza di mezzi finanziari, che costituisce normalmente un
impedimento alla espansione commerciale delle piccole e medie
10
Zanelli E., op. cit., pagg. 262-287 riportato da Bassani M., Cendon P., op. cit.,
Giuffrè, Milano, 1989, pag. 400.
11
Si tratta di una formula che vede il produttore nella veste di proprietario dei singoli
punti-vendita, alla cui gestione è chiamato un soggetto non imprenditore con un ruolo di
semplice lavoratore subordinato.
5
imprese. Stime recenti
12
individuano il valore delle vendite annuali
dei franchisee americani nella cifra di 232 miliardi di dollari per un
numero dei punti vendita che supera le 408.000 unità
13
. Dati alla
mano il franchising americano è quindi risalente nel tempo, diffuso sul
territorio e soprattutto è stato oggetto di particolare attenzione da parte
del legislatore nazionale e da parte dei giudici, che hanno creato un
imponente corpus normativo, definendo l’istituto in ogni suo aspetto.
La penetrazione del franchising in Europa è iniziata negli anni ‘70 ed
è avvenuta in modi e tempi diversi da Stato a Stato, il che rende arduo
ricostruire il fenomeno in modo unitario
14
. Le ragioni di tale
diffusione disomogenea sono legate alle diverse condizioni
economico-politico-commerciali proprie della realtà europea. Tali
condizioni hanno influito anche sulla ricezione del modello
americano, che ha subito adattamenti e modificazioni necessarie per
adeguare la figura contrattuale ai singoli mercati nazionali, alle
esigenze dei consumatori locali e alle disposizioni normative dei
12
Si tratta di un’indagine condotta dalla International Franchise Association di
Washington riferita al 1991, citata in Amoroso M., Bonani G., Grassi P., op. cit., pag. 22.
13
Per approfondimenti sulla realtà americana si rimanda a Baruffi S., Bonani G., Il
franchising negli Stati Uniti, Milano, 1988.
14
Circa i dati statistici in Europa v. Annuario Franchising, SISIM s.r.l., Brescia, 1995,
pag. 33.
6
singoli ordinamenti giuridici
15
. Sommarimente la fortuna del
franchising nel vecchio continente ha registrato due fasi, nella prima
fase si è assistito ad una forma di sfruttamento del mercato europeo da
parte dei forti franchisor americani
16
, nella seconda fase si è avuta una
sorta di “emancipazione” dagli USA concretizzatasi in una diffusione
del modello tra contraenti esclusivamente europei
17
.
Da un’analisi comunque sommaria e generale tra i sistemi statunitensi
ed europei, emergono due differenze sostanziali: in primo luogo, se il
franchisee americano è portato a prendere decisioni in modo
estremamente rapido, non esitando ad impegnare rapidamente anche
cifre rilevanti, non si può dire altrettanto dei casi europei, nei quali gli
operatori sono molto più cauti, e maggiormente ponderati nella
valutazione preventiva dei costi. Inoltre, nel franchising americano
l’operatore è sollecitato dalla prospettiva di poter assurgere al ruolo di
imprenditore autonomo, mentre in Europa l'attivazione del contratto di
affiliazione commerciale è sollecitata, in particolare, dalla esigenza di
limitare il rischio insito nell’impresa. Il secondo profilo che distingue
le due esperienze si individua nella forte riluttanza da parte del
franchisee europeo (e non di quello statunitense) a pagare un rilevante
15
Fossati G., op. cit., pag. 14.
16
Ad esempio Coca-Cola, Hertz, Avis, Hilton, Holiday Inn.
7
diritto di entrata (front money o entry fee) preferendo, al massimo, il
versamento di una royalty più alta, nell’intento, da una parte, di
evitare l’assunzione di un rischio eccessivo e, dall’altra, di avere nel
franchisor un partner effettivo, in modo da poterne condizionare
l’assistenza e la consulenza durante il rapporto di franchising. Per
concludere possiamo dire che negli Stati Uniti l’affiliazione viene
considerata come una vera e propria alternativa
18
ed al tempo stesso
una difesa rispetto alla grande distribuzione, mentre in Europa
19
sono
più spesso le grosse catene di distribuzione ad avvalersi del
franchising per la loro espansione e penetrazione all’interno dei
mercati nei quali sarebbe molto difficoltoso entrare direttamente
20
.
17
Ad esempio Prisunic, Prenatal, Pronuptia, Standa, Gamma d.i.
18
Bernini G., Introduzione allo studio del franchise nel diritto statunitense, in Diritto
commerciale, Milano , 1983, pag. 124.
19
Fauceglia G., Il franchising: profili sistematici e contrattuali , Giuffrè, Milano, 1988,
pag. 6 e ss.
20
Per un esame approfondito del confronto Usa/ Europa si veda Joerges C., Franchising
and the law: theorical and comparative approaches in Europe and the USA, London,
1991.
8
2. Le esperienze europee più significative: Francia
e Spagna.
Nel panorama europeo risultano meritevoli di attenzione l’esperienza
inglese
21
, francese e spagnola. In Francia e Spagna l’elemento
caratterizzante è rappresentato dalla presenza, unica nel panorama
comunitario, di una disciplina normativa. Si tenga presente che a
differenza degli Stati Uniti, dove il franchising è stato da tempo
oggetto di regolamentazione dal legislatore
22
, l’esperienza europea si
è caratterizzata per la totale mancanza di una qualche attenzione del
legislatore nazionale al fenomeno. Tranne che in Francia e in parte in
Spagna, gli operatori europei hanno dovuto attribuire una veste
giuridica ai propri accordi, non sulla base di schemi contrattuali
strettamente incardinati nella legislazione civilistica del proprio
ordinamento, ma in forza di negozi giuridici fondati sul principio
generale della libertà contrattuale.
Tale vuoto normativo ha avuto una conseguenza positiva, cioè ha
consentito al franchising di espandersi come tecnica operativa in quasi
tutti i Paesi europei grazie proprio alla maggiore duttilità negoziale
21
Si rinvia infra (Capitolo Terzo) per una trattazione più completa.
9
derivante dalla inesistenza di schemi di contratto rigidamente
predeterminati da legislazioni positive nazionali. Il rovescio della
medaglia è rappresentato dai più elevati margini di incertezza delle
singole formazioni negoziali, con i conseguenti problemi di maggiore
conflittualità tra le parti nonché di difficoltà di ricostruzione della
stessa nozione di franchising
23
. In Francia
24
la disciplina normativa è
data della legge 31 dicembre 1989 n. 89-1008
25
, “Relative au
devéloppement des entreprieses commerciales et artisanales ed à
l’amélioration de leur environnement économique juridique et social”
detta anche “Loi Doubin” dal nome del proponente, integrata dal
decreto 14 aprile 1991. L’ambito di applicazione si riferisce a tutti i
contratti in cui un soggetto metta “a disposizione di un altro soggetto,
una denominazione sociale, un marchio o un’insegna pretendendo da
esso un obbligo di esclusiva o di semi-esclusiva per l’esercizio della
sua attività” . In tali casi è previsto l’obbligo giuridico per l’affiliante
di trasmettere all’affiliato, almeno venti giorni prima dalla firma del
contratto di franchising, un documento contenente un insieme di
22
Jeorges C., op. cit., pag. 34.
23
Sulla problematica della nozione di franchising in Italia vedi infra (Capitolo Primo,
5.1., 5.2, 5.3.).
24
Albanese S., Il franchising. Aspetti giuridici e fiscali. in Fisco, 1996, pag. 4015.
25
Amoroso M., Bonani G., Grassi P., op. cit., pag. 221.
10
informazioni
26
giuridiche ed economiche idonee a fornire all’affiliato
un quadro sufficientemente chiaro delle garanzie, dei rischi
economici e delle prospettive di guadagno per determinare
coscientemente i propri interessi. La disciplina si espone a due ordini
di considerazioni; a livello comparatistico il principio di trasparenza
così delineato appare come una diretta evoluzione del c.d. disclosure
document
27
di origine statunitense e, a livello di strategia
imprenditoriale l’affiliante, data la delicatezza delle informazioni ( ad
es. i rapporti con le banche nonché le prospettive di espansione),
dovrà muoversi con cautela nell’opera di proselitismo commerciale
saggiando preventivamente l’attitudine e la serietà della potenziale
controparte
28
.
In Spagna la disciplina è data dall’art. 62 della legge 15 gennaio 1996
n. 7, destinata peraltro ad essere integrata da una regolamento di
attuazione (non ancora emanato) riguardante in particolare la
26
Si tratta del profilo dell’impresa promotrice della rete, l’esistenza di marchi, i rapporti
con gli enti creditizi, il dettaglio dell’attività del proponente affiliante, le possibili
evoluzioni della rete di franchising ed il contenuto del contratto proposto con particolare
attenzione alla natura e l’ampiezza degli investimenti richiesti all’affiliato, le clausole di
esclusiva, le cause di risoluzione e le condizioni di cessione o di rinnovo.
27
Negli Stati Uniti i franchisor sono tenuti per legge a presentare agli aspiranti franchisee,
già al primo incontro , un prospetto (disclosure document) indicante tutte le informazioni
sul promotore del sistema.
11
disciplina del contratto. La legge in questione si occupa di
regolamentare il commercio in generale, fornendo una particolare
tutela alle piccole imprese commerciali che rappresentano circa il 90%
degli operatori commerciali spagnoli e forniscono occupazione a oltre
2 milioni di persone
29
. L’art. 62 oltre a fornire una definizione del
franchising (il contratto attraverso cui una impresa denominata
franchisor cede ad un’altra impresa franchisee il diritto di sfruttare un
sistema di commercializzazione di prodotti e servizi), prevede una
forma di controllo amministrativo e un obbligo giuridico di disclusure
simile a quello previsto dalla Loi Doubin.
Il primo aspetto consiste nell’obbligo per i franchisor spagnoli di
iscriversi in un apposito Registro degli operatori in franchising su cui
vigila un’apposita Autorità Garante. L’istituto in questione presenta il
grande vantaggio di innalzare, attraverso controlli preventivi e
successivi all’iscrizione, le garanzie per gli operatori, scremando le
iniziative inconsistenti o truffaldine.
Si rileva però che la burocratizzazione del sistema potrebbe da un lato
ostacolare la diffusione del franchising, dall’altro creare doppi
28
Per un ulteriore approfondimento vedi Amoroso M., Bonani G., Grassi P., op. cit.,
pagg. 221-226.
29
Per un ulteriore approfondimento vedi Amoroso M., Bonani G., Grassi P., op. cit., pag.
227.
12
contenziosi di fronte alle Autorità giudiziarie ordinarie e
amministrative.
L’obbligo di disclosure invece si concretizza nella necessità di
predisposizione e di consegna da parte del franchisor al franchisee,
prima della firma del contratto, di un documento contenente tutte le
informazioni necessarie ad una scelta consapevole per quest’ultimo.
3. La fortuna del franchising in Italia.
In Italia il franchising si è affermato rispettando le due fasi già
descritte supra
30
: in una prima fase il franchisor era un produttore
statunitense e il franchisee era un distributore italiano (ad es. Hertz,
Lavamatic, Avis, Norge, Holiday Inn), in una seconda fase entrambi i
contraenti erano italiani.
31
Ad un’esame più attento
32
, in Italia si è
pervenuti a gestire reti di vendita in franchising in maniera quasi
inconscia, sviluppando ed esasperando il sistema della concessione
esclusiva di vendita già adottato con successo da molte aziende
italiane per la distribuzione di beni e servizi.
30
Vedi Capitolo Primo 1.
31
Fossati G., op. cit., pag 14.
32
Assofranchising Italiano, Guida pratica al franchising, Milano, 1990.
13
La Luigi Buffetti S.p.A., nata nel 1852, iniziò la distribuzione dei
propri prodotti (articoli ed attrazzature per uffici) attraverso punti
vendita sia diretti che in regime di concessione
33
. Dopo questa fase
iniziale, negli anni ‘20 e ‘30 , la Buffetti, trasferendo il proprio know-
how ed i propri metodi operativi in esclusiva, trasformò i negozianti
che operavano sotto il nome Buffetti in veri e propri affiliati. Oggi la
Buffetti ha in Italia più di 1.000 punti vendita di cui il 90% appartiene
a imprenditori collegati con la Buffetti attraverso un contratto di
franchising
34
.
La data di nascita del franchising in Italia è considerata
35
quella del 18
settembre 1970 quando venne inaugurato a Fiorenzuola d’Arda, in
provincia di Piacenza, il primo affiliato Gamma d.i.
36
Questa azienda,
poi assorbita dalla Standa, aveva oltre 55 punti vendita ed una decina
di franchisee. La Gamma offriva, ad un commerciante che disponeva
di una superficie di vendita di almeno 350 mq, di una licenza di
magazzino a prezzo unico e di un capitale di 25/30 milioni, i seguenti
servizi: sopralluogo da parte di funzionari qualificati della Gamma;
33
Si rinvia infra (Capitolo Secondo, 2.) per il confronto tra franchising e concessione.
34
Assofranchising Italiano, Guida pratica al franchising, Milano, 1990.
35
Fossati G. Il franchising. Aspetti giuridici, finanziari e fiscali. Prospettive di sviluppo
in Italia. Pirola Editore, Milano, 1995, pagg. 101-102.
36
Amoroso M., Bonani G., Grassi P., Manuale del franchising, Maggioli Editore, Rimini
1996, pag. 22.
14
progettazione ed assistenza tecnica per l’allestimento del magazzino;
istruzioni per il personale supervisore e per quello di vendita;
allestimento commerciale dell'unità di vendita; assistenza per il lancio
di apertura e per l’inaugurazione dell’unità. Per questi servizi la
Gamma richiedeva al commerciante una cifra a fondo perduto ed il
pagamento, a consuntivo, delle spese per l’assistenza data dal
personale della società. La Gamma inoltre offriva la propria
consulenza continuativa che si concretizzava in visite periodiche di
ispettori alle vendite ed un invio di comunicazioni commerciali
37
. A
partire dal 1971, anno di lancio del primo e più importante programma
di franchising, è stato un continuo fiorire di iniziative. Le statistiche
che periodicamente vengono elaborate dall’Associazione Italiana del
Franchising dimostrano che in Italia il fenomeno, sebbene sia ancora
poco consistente in termini assoluti, presenta un trend in continuo
aumento
38
. Ai fini di una valutazione della diffusione del fenomeno in
37
Amoroso M., Bonani G., Colombo F., Frignani A. Il franchising. Buffetti Editore, III
edizione, Roma, 1989, pag. 28 e ss.
38
In proposito basti considerare che nel 1993 erano operanti, in Italia e/o sui mercati
esteri, 336 imprese franchisor in grado di muovere un totale di 12.500 miliardi. Inoltre si
consideri che i sistemi di franchising erano 47 nel 1980, 218 nel 1990, 266 nel 1991 e 336
nel 1993, mentre i franchisee erano 3.000 nel 1980 e oltre 10.000 nel 1993. Secondo i dati
statistici riportati dall’annuario Assofranchising 1999, gli operatori effettivi in Italia con il
sistema del franchising, sono stimabili in 500. I punti vendita in franchising, sono stati,
durante il 1998, in Italia, 12.522, di cui 11.007 di franchisor italiani e 1.515 di franchisor
15
Italia può essere utile richiamarsi ai dati del CESDIT (Centro per gli
studi sui sistemi distributivi ed il turismo)
39
.
I dati più recenti dimostrano che la prevalenza dei punti vendita in
franchising riguarda la distribuzione ed i servizi, mentre il settore
industria è a livelli minimi. L’abbigliamento rappresenta il segmento
più significativo, come anche rilevante è il commercio specializzato
non-food (profumerie, gioiellerie, mercerie, negozi di articoli
sportivi).
Alla base del successo incontrato da questo nuovo modello
contrattuale in Europa e in Italia, si pongono gli innumerevoli
vantaggi economici ottenuti sia dall’impresa produttrice, che può
attuare un decentramento della propria attività imprenditoriale,
conseguendo così la possibilità di potenziare la propria capacità di
penetrazione del mercato, sia dal distributore, che gode del privilegio
di commercializzare determinati prodotti o servizi dell’impresa
stranieri. Degli oltre 12.000 franchisee, il 2,5% operano nel settore del commercio
alimentare specializzato; il 7,9% in quello del commercio non specializzato; il 13,6% nel
settore degli articoli per la persona; il 3,2% nel settore degli articoli per la casa; il 6,9% in
altri settori del commercio specializzato; il 61,6% nel settore dei servizi; il 4% nel settore
alberghiero e della ristorazione; lo 0,3% nel settore industriale.
Per ulteriori dati statistici ed elaborazioni grafiche significative dell’evoluzione del
franchising in Italia vedi Fossati G. Il franchising. Aspetti giuridici, finanziari e fiscali.
Prospettive di sviluppo in Italia. Pirola Editore, Milano, 1995, pagg. 103 e ss.
39
Ad esempio CESDIT, Il franchising: realtà e prospettive, Milano, 1985.
16
principale, giovandosi dell’affidamento acquisito da quest’ultima
presso i consumatori, come del suo patrimonio di cognizioni e di
tecniche.
Attraverso tale nuova forma di assetto organizzativo decentrato, la
quale costituisce indubbia espressione della sempre più crescente
multiformità dei rapporti economici, diviene infatti realizzabile una
più stretta e proficua collaborazione tra imprenditori operanti a
diverso livello di mercato, che si traduce nel godimento, da parte dei
medesimi, dei più sostanziali benefici economici legati ad una
migliore diffusione dei prodotti
40
.
Ricorrendo al franchising, il produttore può realizzare una vendita con
propri segni distintivi mediante il complesso delle imprese dei
franchisee, sui quali gravano tutti gli oneri relativi alla installazione e
gestione dell’ azienda; oneri che trovano una contropartita
nell’attribuzione al singolo franchisee della possibilità di entrare a far
parte di una rete distributiva ormai collaudata, eliminando così i rischi
normalmente insiti nell’avviamento di un’impresa autonoma.
40
Fra i tanti Fossati G., op. cit., pag. 19 e ss.; Baldassarri A., I contratti di ditribuzione,
agenzia, mediazione, concessione di vendita, franchising, in I contratti del commercio,
dell’industria e del mercato finanziario, diretto da Galgano F., Utet, 1995, pag. 2157 e
ss.; Pini L., Aspetti giuridici ed economici del franchising, in Economia e diritto del
terziario,, n. 1, 1994, pag. 493 e ss.