ABSTRACT
L’INEFFICACIA DELLE CLAUSOLE VESSATORIE
(Tesi: anno 2001)
Si inizia la trattazione dell’argomento in esame attraverso una riflessione condotta sulla base di
alcuni punti fondamentali, prodromici al tema trattato.
Si parte da una rapida disamina degli aspetti socio-economici, in generale europei ed in
particolare italiani (senza peraltro dimenticare le vicende economiche nordamericane che, in
qualche modo, hanno preceduto ed alle quali si è ispirato, il mercato europeo), per comprendere
come tali fattori culturali, giuridici e microeconomici abbiano concorso nella definizione teorica e
sistematica di concetti come quello di clausola “vessatoria” (abusiva), e di tutela del contraente
“debole” (consumatore). Ci si sofferma poi brevemente sulla analisi della Direttiva CEE n.93/13 del
Consiglio del 5 aprile 19931, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i
consumatori, per approdare successivamente ad un accenno sulla Legge 6 febbraio 1996 n.52
art.252, attuativa della Direttiva comunitaria citata.
Soltanto dopo queste premesse si rende quindi possibile l’approfondimento delle conclusioni
tratte sopra, richiamando in particolare l’attenzione alle caratteristiche proprie della novella ex
art.1469-quinquies c.c. in materia di inefficacia delle clausole vessatorie. Sarà in questa sede che
si saggeranno ed evidenzieranno tutti gli aspetti che sono propri della disciplina in questione e che
la contraddistinguono nella sua portata innovativa per quanto concerne l’ordinamento italiano.
Questo ci porta ad illustrare le ragioni che ci fanno propendere per la riconduzione del fenomeno,
definito dal legislatore in termini di “inefficacia”, nella categoria della nullità.
Infine si aggiungono spunti di riflessione circa le insufficienze della regolamentazione attuale
contenuta nel codice civile. Sulla norma positiva novellata, infatti, può innescarsi quell’opera di
riconduzione ad equità di una materia che va sempre tenuta sotto stretto controllo, sia
giurisprudenziale che normativo, e da qui emerge l’ulteriore evoluzione che scaturisce dal
particolare dinamismo proprio di questo settore del diritto civile, ovvero l’approdo alla Disciplina dei
diritti dei consumatori e degli utenti, nota come “legge scudo”3, con la quale, in tema di azione
giudiziaria e legittimazione processuale, vengono introdotte le nuove armi delle associazioni di
difesa.
1
Cfr. G.U.C.E., n. L 95 del 21 aprile 1993, pag. 29.
2
Viene così inserito nel codice civile italiano il Capo XIV-bis (“Dei contratti del consumatore”), nel titolo II del Libro
IV. Disposizioni per l’adempimento di obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia alle comunità europee - legge
comunitaria 1994, Supplemento ord. n.26 alla G.U. 10 febbraio 1996, n.34.
3
Cfr. L. 30 luglio 1998, n.281 pubblicata in G.U. 14 agosto 1998, n.189.
Premessa
Sembra opportuno iniziare la trattazione dell’argomento in esame attraverso una
riflessione condotta sulla base di alcuni punti fondamentali, i quali paiono essere
prodromici al nostro tema.
Partiremo da una rapida disamina degli aspetti socio-economici, in generale
europei ed in particolare italiani (senza peraltro dimenticare le vicende economiche
nordamericane che, in qualche modo, hanno preceduto ed alle quali si è ispirato, il
mercato europeo) per comprendere come tali fattori culturali, giuridici e
microeconomici abbiano concorso nella definizione teorica e sistematica di concetti
come quello di clausola “vessatoria” (abusiva), e di tutela del contraente “debole”
(consumatore). Ci soffermeremo poi brevemente sulla analisi della Direttiva CEE
n.93/13 del Consiglio del 5 aprile 19931, concernente le clausole abusive nei contratti
stipulati con i consumatori, per approdare successivamente ad un accenno sulla
Legge 6 febbraio 1996 n.52 art.252, attuativa della Direttiva comunitaria citata.
Soltanto dopo queste premesse ci sarà possibile approfondire le conclusioni tratte
fino a questo punto richiamando in particolare l’attenzione alle caratteristiche proprie
della novella ex art.1469-quinquies c.c. in materia di inefficacia delle clausole
vessatorie. Sarà in questa sede che si saggeranno ed evidenzieranno tutti gli aspetti
che sono propri della disciplina in questione e che la contraddistinguono nella sua
1
Cfr. G.U.C.E., n. L 95 del 21 aprile 1993, pag. 29.
2
Viene così inserito nel codice civile italiano il Capo XIV-bis (“Dei contratti del consumatore”), nel titolo II del Libro
IV. Disposizioni per l’adempimento di obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia alle comunità europee - legge
comunitaria 1994, Supplemento ord. n.26 alla G.U. 10 febbraio 1996, n.34.
portata innovativa per quanto concerne l’ordinamento italiano. Questo ci porterà ad
illustrare le ragioni che ci fanno propendere per la riconduzione del fenomeno,
definito dal legislatore in termini di “inefficacia”, nella categoria della nullità.
Infine l’oggetto del nostro studio non mancherà di offrirci considerevoli spunti di
riflessione circa le insufficienze della regolamentazione attuale contenuta nel codice
civile. Sulla norma positiva novellata, infatti, può innescarsi quell’opera di
riconduzione ad equità di una materia che va sempre tenuta sotto stretto controllo, sia
giurisprudenziale che normativo, e da qui emerge l’ulteriore evoluzione che
scaturisce dal particolare dinamismo proprio di questo settore del diritto civile,
ovvero l’approdo alla Disciplina dei diritti dei consumatori e degli utenti, nota come
“legge scudo”3, con la quale, in tema di azione giudiziaria e legittimazione
processuale, vengono introdotte le nuove armi delle associazioni di difesa.
3
Cfr. L. 30 luglio 1998, n.281 pubblicata in G.U. 14 agosto 1998, n.189.
I PARTE Aspetti introduttivi
I PARTE
Aspetti introduttivi.
CAPITOLO 1 Clausole vessatorie e razionalità del mercato.
1. Definizione di clausola vessatoria e rilievi consequenziali.
In via del tutto generica, con riferimento alla vessatorietà delle clausole inserite nei con-
tratti conclusi tra professionista e consumatore, che abbiano per oggetto la cessione di beni
o la prestazione di servizi, sono vessatorie quelle clausole che, non essendo state oggetto di
trattativa individuale, sono idonee a produrre in capo al consumatore “un significativo squi-
librio [che è tale quando è contrario a buona fede] dei diritti e degli obblighi derivanti dal
contratto”. Quindi si tratta di un tipo di clausole contrattuali che assicurano ad una parte una
posizione di una certa superiorità rispetto all‟altra; questo, anche se non necessariamente, è
dovuto in alcuni casi alla mancanza di alternative contrattuali offerte dal mercato a disposi-
zione della controparte. Inoltre il legislatore procede anche ad una elencazione tipologica,
non tassativa, di quelle clausole per le quali viene prevista una presunzione di vessatorietà
“fino a prova contraria”. Ci limiteremo per ora ad offrire una definizione quanto mai scarna
e niente affatto esaustiva a dar conto della disciplina civilistica presente oggi in Italia, rin-
viando ad una sede più opportuna la trattazione delle problematiche relative all‟argomento
in questione. Questo solo per inquadrare ciò che sarà, in via indiretta, l‟oggetto del nostro
interesse, ovvero il Capo XIV-bis c.c (“Dei contratti del consumatore”), al fine poi di addi-
venire ad un‟analisi, in via più propriamente diretta, del tema da trattare, ossia l‟art.1469-
quinquies (“Inefficacia”), c.c.
1
I PARTE Aspetti introduttivi
La normativa cui dovremo costantemente far riferimento per procedere all‟analisi del Ca-
po XIV-bis del codice civile italiano, nel precipuo interesse di valutare e ponderare gli a-
spetti che contraddistinguono la disciplina sub art.1469-quinquies c.c., è la Legge 6 febbraio
1996, n.52 che è stata adottata dall‟ordinamento italiano per ottemperare al dovere di dare
attuazione alla Direttiva n.93/13 CEE. Appare dunque necessario tentare di proporre
l‟analisi della ratio della disciplina italiana, innanzitutto per individuare la corretta chiave di
lettura della Direttiva citata. Sembra che, a questo riguardo, si addica una ricostruzione circa
le finalità della disciplina comunitaria, non tanto esclusivamente basata sullo scopo specifi-
co di difesa del “consumatore”, quanto mirata, secondo un disegno più articolato e comples-
so, alla creazione di un mercato moderno ispirato ai criteri di lealtà e razionalità. La Diretti-
va sulle clausole abusive appare allora, nel suo specifico settore di applicazione, come sin-
golo momento normativo inteso come parte di un disegno che, nel suo complesso, è suscet-
tibile ad essere ricondotto all‟obiettivo di fondo, quale quello di creare un mercato idoneo a
prevenire e, ove occorra, ad impedire, ogni condotta contraria alla lealtà e razionalità del
mercato. In altre parole, la tendenza di fondo (alla base peraltro di molte Direttive CEE1) è
diretta ad offrire una tutela del mercato sia in senso orizzontale, ovvero quella che concerne
la concorrenza leale tra imprenditori, ma anche in senso verticale, cioè quella che si estende
ai rapporti tra imprenditori e destinatari delle loro prestazioni. Come vedremo in maniera
più dettagliata in seguito, la disciplina codicistica italiana novellata in questione è caratte-
rizzata da una impostazione assai mutata rispetto al tenore dell‟art.1341 c.c. (che ha di mira
1
Si pensi alle innumerevoli Direttive CEE: sulla responsabilità del produttore per danno da prodotti difettosi n.85/374
(recepita in Italia con il d.P.R. n.224 del 1988) che “consacra il principio della responsabilità oggettiva del produttore,
fondato sul mero nesso di causalità tra messa in circolazione del prodotto e danno patito dal consumatore”, cfr.
C.M.VERARDI “I cinquant’anni del codice civile e la tutela del cittadino consumatore”, in Rass.dir.civ., 1993, II, pag.
844; in particolare si consideri la direttiva n.87/357 (la cui attuazione per l‟Italia è recata dal d.lgs. 25 gennaio 1992,
n.73) sulla sicurezza dei prodotti industriali che, avendo un aspetto diverso da quello che sono in realtà, compromettono
la salute dei consumatori; ancora, ricordiamo la direttiva n.84/450 (che ha visto attuazione in Italia con d.lgs. 25 genna-
io 1992, n.74) in materia di pubblicità ingannevole, la direttiva n.90/314 (v. la disciplina dei viaggi “tutto compreso”,
che è stata attuata dal legislatore italiano con d.lgs. 17 marzo 1995, n.111) per il settore dei contratti di turismo, la
n.87/102 e n.90/88 nel campo del credito al consumo, la n.85/577 in materia di contratti negoziati fuori dei locali com-
merciali, direttiva attuata in Italia con d.lgs. 15 gennaio 1992, n.50 che estende l‟applicazione della normativa anche al-
2
I PARTE Aspetti introduttivi
il meccanismo di formazione del consenso ed in particolare il problema della conoscibilità
delle clausole onerose da parte del contraente debole); infatti il legislatore del ‟96, sia con la
sanzione civilistica individuale dell‟inefficacia, sia con gli strumenti inibitori preventivi e
generali dell‟azione inibitoria, si è posto l‟obiettivo di impedire che l‟imprenditore tenga nei
confronti del consumatore una condotta non conforme alle moderne regole del mercato ispi-
rate al principio di correttezza.
2. Per un’analisi economica del diritto: la strutturazione dei mercati nei suoi
aspetti generali.
In base a quanto emerso dalle brevi considerazioni svolte intorno alle finalità su cui si
fonda la disciplina comunitaria e, con essa, la Novella del 1996, appare evidente come, a
fianco dell‟ineluttabile nascita di un nuovo diritto, si stia ormai assistendo alla creazione ed
all‟inarrestabile sviluppo di un nuovo mercato. Questo spiega l‟incessante proliferare di
nuove regole di contratto e di nuovi contratti, nonché il sorgere di nuovi diritti e addirittura
di nuovi beni. Si ha così una diversa prospettiva in base alla quale il “contratto non è più as-
sunto e valutato esclusivamente come strumento di circolazione di beni preesistenti, ma crea
esso stesso il bene in rapporto alle esigenze del mercato”2.
L‟esperienza del diritto comunitario ha determinato l‟introduzione del mercato comune e
del mercato unico europeo. Dall‟originaria finalità di dar vita ad un mercato comune euro-
peo, consacrata il 25 marzo 1957 nel Trattato di Roma3, si è in seguito passati al più ambi-
la vendita per mezzo di televisione e ad ogni tipo di vendita a distanza e che, nell‟attribuire il diritto a recedere entro 7
giorni, incide sulla disciplina del consenso.
2
<<Si pensi alla multiproprietà, modo di creazione convenzionale di un potere dominicale temporaneamente limitato,
ovvero al tema, oggi cruciale, della “proprietà” dell‟informazione, che si manifesta e si esprime con riferimento
all‟attività professionale di raccolta e diffusione delle notizie…Il contratto non può più essere letto in chiave di “opera-
zione economica”, come acquisizione o scambio di beni o servizi, né può essere ridotto a meccanismo di equilibramento
fra interessi individuati, ma diventa esso stesso fonte di valore economico ed oggetto, oltre che strumento, della circola-
zione del valore in funzione della garanzia complessiva dei soggetti operanti nel mercato o comunque interessati
dall‟incidenza di quel valore>>: cfr. N.LIPARI “Diritto privato europeo” (a cura di), I, Padova 1997, pagg. 12 e ss.
3
L‟art.100A del Trattato di Roma, istitutivo della CEE, “finalizza l‟intervento innanzitutto all‟obiettivo del riavvicina-
mento delle legislazioni dei singoli Stati membri in vista del mercato comune”: cfr. C.M.VERARDI “I cinquant’anni del
codice civile e la tutela del cittadino consumatore”, in Rass.dir.civ., art. cit., pag. 842. “Il testo del Trattato di Roma
3
I PARTE Aspetti introduttivi
zioso obiettivo di costruire l‟Unione europea, con programma enunciato nell‟Atto Unico eu-
ropeo del 3 febbraio 19864 e ribadito nel successivo Trattato di Maastricht del 7 febbraio
19925, poi modificato dal Trattato di Amsterdam del 19976. Soltanto per accennare ad alcuni
tra i molteplici aspetti storico-evolutivi che hanno contrassegnato lo sviluppo e la struttura-
zione del fenomeno in argomento, si ricordi come nella prima fase il punto strategico della
Comunità sia stato quello di facilitare gli scambi tra i Paesi “sovrani”. Attraverso la rimo-
zione delle barriere tecniche e giuridiche che ostacolavano, e talora impedivano, la circola-
zione fisica sia dei prodotti (beni, servizi, attività personali e capitali), che delle persone, si
non contemplava norme ad hoc sui diritti dei consumatori e sulla loro tutela. Le finalità del Trattato essendo circoscritte
alla instaurazione di uno spazio economico libero tra i paesi aderenti, gli interessi che ne risultavano tutelati erano quelli
squisitamente propri delle imprese, cioè delle controparti del pubblico dei consumatori”: cfr. G.ALPA “I diritti dei con-
sumatori in ambito europeo”, in Il diritto dei consumatori, Bari 1995, pag. 30.
4
“L‟Atto Unico europeo, con cui si è integrato e modificato il Trattato di Roma, entrato in vigore il 1°.7.1987 (l.
23.12.1986, n.909), ha…previsto, all‟art.100 A, che la Commissione nelle sue proposte in materia di sanità, sicurezza,
protezione dell‟ambiente e protezione dei consumatori si basa su un livello di protezione elevato”: cfr. ALPA G. “I diritti
dei consumatori in ambito europeo”, in Il diritto dei consumatori, op. cit., pag. 30.
5
L‟art.129A (si veda la nota n.62) del trattato di Maastricht “annovera per la prima volta esplicitamente tra gli obiettivi
della politica comunitaria la protezione del consumatore e distingue la politica dei consumatori della problematica lega-
ta al libero movimento di beni e servizi”: cfr. C.M.VERARDI “I cinquant’anni del codice civile e la tutela del cittadino
consumatore”, in Rass.dir.civ., art. cit., pag. 842. <<Il Trattato di Maastricht, che ha trasformato la Comunità economi-
ca nell‟Unione europea, firmato il 7.2.1992 (l. 3.11.1992, n.454) ed entrato in vigore il 1° novembre 1993, prevede ad-
dirittura un titolo apposito, l‟undicesimo, dedicato alla “protezione dei consumatori”>>. Con queste disposizioni
l‟Unione si è attribuita competenze specifiche in materia, in quanto “contribuisce al conseguimento di un livello elevato
di protezione dei consumatori” mediante misure adottate ai sensi dell‟art.100A nel quadro della realizzazione del mer-
cato interno, e promuove “azioni specifiche di sostegno e di integrazione della politica svolta dagli Stati membri al fine
di tutelare la salute, gli interessi economici dei consumatori e di garantire loro un‟informazione adeguata”: cfr. G.ALPA
“I diritti dei consumatori in ambito europeo”, in Il diritto dei consumatori, op. cit., pag. 30.
6
Il primo comma dell‟art.153 del Trattato di Amsterdam sostituisce all‟espressione “contribuisce al conseguimento di
un livello elevato di protezione dei consumatori” dell‟art.129A del trattato di Maastricht (si veda la nota n.62)
l‟esplicitazione dell‟impegno della Comunità a “promuovere gli interessi dei consumatori e ad assicurare un livello ele-
vato di protezione”. “L‟espressione promuovere lascia intendere che la Comunità non si accontenta di fissare le regole
di protezione, ma assume un comportamento propulsivo, per far sì che gli interessi dei consumatori siano effettivamente
protetti, e quindi siano rafforzati rispetto agli interessi che fanno capo agli operatori del mercato…La tutela riguarda il
diritto alla salute e alla sicurezza, nonché gli interessi economici. La promozione riguarda il diritto all‟informazione, il
diritto all‟educazione e il diritto all‟organizzazione per la salvaguardia degli interessi [dei consumatori]…sono diritti
fondamentali, in quanto riconosciuti e garantiti dalla legge di base dell‟Unione”: cfr. G.ALPA “I diritti dei consumatori
in ambito europeo e nel diritto interno”, in Il diritto dei consumatori, Bari 1999, pagg. 33 e ss. Il 2 ottobre 1997 il Trat-
tato è stato siglato ufficialmente ad Amsterdam, dopo che il 17 giugno 1997 i capi di Stato e di governo dell‟Unione Eu-
ropea avevano già raggiunto un accordo politico sul nuovo Trattato per l‟Europa: sull‟argomento cfr. AA.VV. “Trattato
di Amsterdam e dialogo sociale europeo. Conferenza internazionale del 16 ottobre 1997”, a cura di Daniele Del Ciotto,
Milano 1998, pagg. VII e ss.; per una lettura dell‟articolo153 (ex articolo 129A), contenuto nel Titolo XIV (ex Titolo
XI) rubricato “Protezione dei consumatori” cfr. pag. 435.
4
I PARTE Aspetti introduttivi
sono potute coordinare tra loro le regole dei diversi ordinamenti giuridici, col proposito di
combattere le intese anticoncorrenziali7. Tutto questo senza mettere in discussione le “so-
vranità” dei diversi Paesi aderenti. “Il concetto di mercato comune richiama…l‟idea della
comunicazione fra mercati che rimangono pur sempre diversi, pur condividendo un deter-
minato set di regole mirate alla rimozione delle barriere opposte alla comunicazione mede-
sima”8. Il mutamento dell‟obiettivo strategico cui mirare si è avuto a partire dall‟Atto Unico
Europeo9. La costituzione di un mercato unico ha infatti richiesto la sua progressiva sostitu-
7
“E‟ stata la Corte di giustizia l‟istituzione che si è fatta carico di perseguire gli obiettivi del Trattato”. A fronte delle
vischiosità dei processi decisionali diretti ad armonizzare la legislazione, lo “strumento giuridico che ha costituito
l‟arma vincente impugnata dalla Corte nel suo ruolo di supplenza è stato l‟art.30 del Trattato, vale a dire l‟articolo che
vieta agli stati di mantenere in vita o di adottare restrizioni quantitative alle importazioni, ossia limiti alla circolazione
intracomunitaria, ovvero misure equivalenti…La Corte ha ritenuto che la diversità di discipline tecniche tra i singoli pa-
esi in ordine ai prodotti (si pensi ad esempio alla pasta, alla birra, alle pubblicazioni “osè” etc.) non possa essere invoca-
ta per impedire od ostacolare la circolazione dei prodotti provenienti da altri paesi della Comunità purchè essi risultino
liberamente circolabili nei paesi d‟origine in quanto conformi alla normativa ivi operante. L‟unico legittimo impedi-
mento all‟ingresso ed alla libera circolazione dei prodotti provenienti da altri paesi della Comunità, sempre che le misu-
re restrittive siano adeguate e proporzionate, è costituito dalla sussistenza di una delle eccezioni di cui parla l‟art.36, va-
le a dire dalla presenza di “motivi di moralità pubblica, di ordine pubblico, di pubblica sicurezza, di tutela della salute e
della vita delle persone e degli animali o di preservazione dei vegetali, di protezione del patrimonio artistico, storico,
archeologico nazionale o di tutela della proprietà industriale o commerciale”: cfr. A.JANNARELLI “La disciplina
dell’atto e dell’attività: i contratti tra imprese e tra imprese e consumatori”, in Diritto privato europeo, op. cit., pagg.
489 e ss.
8
Cfr. N.SCANNICCHIO “Il diritto privato europeo nel sistema delle fonti”, in Diritto privato europeo, op. cit., pag. 26. In
questa fase dello sviluppo della Comunità, l‟obiettivo di non discriminazione nei rispettivi mercati nazionali per le mer-
ci, i capitali e i lavoratori provenienti dagli altri paesi della Comunità stessa appare l‟unico da perseguirsi. Nella com-
plessiva evoluzione della normativa e della politica del diritto comunitario, assistiamo ad un primo stadio rappresentato
emblematicamente dalla regola del c.d. mutuo riconoscimento. Come sottolinea l‟A., tale regola <<comporta ad es. che
le condizioni giuridiche della circolazione di un prodotto o di un servizio all‟interno del proprio mercato di origine ven-
gano riconosciute anche quando esso circola su un altro mercato nazionale, dotato di diverse regole. Il prodotto si muo-
ve dunque da un mercato all‟altro e il suo “statuto” nell‟ordinamento di origine viene riconosciuto in quello destinata-
rio, senza però che le relative condizioni giuridiche entrino a far parte di quest‟ultimo per regolare i prodotti originati in
esso>>. Alla libera circolazione fisica delle merci nella Comunità, quindi, si assiste ad una pluralità di discipline nazio-
nali destinate a regolare i rapporti contrattuali e i soggetti economici. Tranne che per la normativa anticoncorrenziale (si
vedano gli artt.85-86 e 91-93 del Trattato), ciascun mercato nazionale ha conservato gelosamente, in questa prima fase
del processo evolutivo che potremo definire del mutuo riconoscimento di regole di diversi ordinamenti, la propria “so-
vrana” specificità sia in ordine alla disciplina dell‟impresa, che alla disciplina del contratto in generale e dei singoli con-
tratti.
9
In questo senso cfr. N.SCANNICCHIO “Il diritto privato europeo nel sistema delle fonti”, in Diritto privato europeo, op.
cit., pag. 64. <<Mentre…originariamente le direttive in questione si proponevano quasi esclusivamente il compito di
rimuovere la barriera costituita dalla legislazione dello Stato destinatario, …esse oggi vengono contestualmente accom-
pagnate da misure di armonizzazione, almeno “minimale”, della materia regolata. Infatti l‟obiettivo attuale dell‟U.E.
non è più quello di rimuovere gli ostacoli alla circolazione “discriminatori” nei confronti degli stranieri. E‟ invece quel-
lo di rimuovere gli ostacoli alla circolazione tout court, sul mercato unico interno>>. Nello stesso senso A.JANNARELLI
“La disciplina dell’atto e dell’attività: i contratti tra imprese e tra imprese e consumatori”, in Diritto privato europeo,
5
I PARTE Aspetti introduttivi
zione ai vari mercati nazionali attraverso la graduale erosione delle differenze tra le discipli-
ne giuridiche presenti nelle singole esperienze giuridiche nazionali e la loro tendenziale so-
stituzione con nuove regole comuni. <<Non a caso l‟istituzione dell‟Unione Europea e del
“mercato unico” viene pressoché uniformemente accompagnata e qualificata
dall‟affermazione che con essi si è istituito uno “spazio senza frontiere” e che questo spazio
non è soltanto uno spazio commerciale, ma anche giuridico>>10. Questo impone allora
l‟esigenza di prescrivere misure di armonizzazione, vale a dire regole uniformi a cui ciascun
paese destinatario si deve adeguare; viene così ad intensificarsi quel processo legislativo che
è in funzione della costruzione di un mercato unico e che consegue all‟emanazione “di diret-
tive e regolamenti diretti a realizzare il riconoscimento reciproco nel mutato contesto del
mercato unico”11. L‟intensificazione del processo legislativo sopra menzionato, invece di
apparire paradossalmente limitativo dell‟autonomia contrattuale, andrebbe più propriamente
considerato come quel complesso di norme che rendono possibile la sussistenza stessa del
mercato unico. In particolare, la strutturazione del mercato che si intende attuare nell‟ambito
del territorio della Comunità deve passare attraverso la crisi delle tradizionali regole nazio-
nali di ordine giuridico su cui si basano le economie delle società post-industriali, quali
quelle dei Paesi dell‟intero territorio dell‟Unione. Tali regole, infatti, si rivelano inadeguate
a fronteggiare gli sviluppi propri di sistemi economici il cui motore è rappresentato, non più
dalla produzione, bensì dal consumo di beni e di servizi. Alla dissoluzione dei mercati na-
zionali segue l‟obiettivo di creare uno spazio economico senza frontiere, così, allo sgretolar-
si delle regole generali degli ordinamenti nazionali, dovrebbe seguire la nascita di uno spa-
zio giuridico altrettanto senza limitazioni. Ad oggi, le diversità tra gli ordinamenti nazionali
op. cit., pag. 493, afferma che <<nelle scelte codificate nell‟Atto Unico europeo, il principio del mutuo riconoscimento
è consapevolmente inserito all‟interno dello strumentario cui affidare il processo stesso di armonizzazione e di integra-
zione tra i vari paesi, quale alternativa concreta ed operativa ad una armonizzazione “guidata” dall‟alto, vale a dire a
quella conseguita mediante l‟introduzione a livello comunitario di pacchetti disciplinari destinati a superare le divergen-
ze tra le regole presenti nei vari paesi… In questa prospettiva, dunque, l‟area di operatività del principio coincide con
quella dell‟armonizzazione in vista dell‟attuazione di un effettivo mercato unico interno>>.
10
Cfr. N.SCANNICCHIO “Il diritto privato europeo nel sistema delle fonti”, in Diritto privato europeo, op. cit., pag. 26.
6
I PARTE Aspetti introduttivi
sono tali da impedire allo sforzo comunitario di spingersi oltre la materia economica (cioè
all‟interno della regolamentazione del mercato) e ciò potrebbe far ritenere che il complesso
normativo europeo non abbia ancora le prerogative per proporsi come un ordinamento giu-
ridico in senso proprio. Escludendo la materia della cittadinanza europea12, “la rilevanza
giuridica del soggetto nei rapporti di diritto privato si può comprendere soltanto dopo che il
legislatore ne abbia indicato la qualità economica specifica che lo contraddistingue e ne giu-
stifica una tutela…di favore rispetto a chi operi sul mercato senza rivestire tale qualità, cioè
senza esprimere tale personalità economica. La dialettica fra consumatore e professionista è
sufficientemente esemplificativa di questa tendenza”13. Un recente apporto dottrinale14 evi-
denzia la rilevanza attribuita dall‟ordinamento comunitario al soggetto in termini economici:
per questa via si sostituisce alla regola dell‟autonomia contrattuale, il diverso principio della
rilevanza della qualità economica del soggetto contraente.
11
Cfr. N.SCANNICCHIO “Il diritto privato europeo nel sistema delle fonti”, in Diritto privato europeo, op. cit., pag. 64.
12
La disciplina della cittadinanza dell‟Unione europea è contenuta nel Trattato di Maastricht. L‟art.G, lett. C del Tratta-
to di Maastricht ha inserito nel Trattato istitutivo della Comunità europea una parte seconda, comprendente gli artt.8, 8
A, B, C, D, E, intitolata “Cittadinanza dell‟Unione”. Secondo tali disposizioni è cittadino dell‟unione chiunque abbia la
cittadinanza di uno Stato membro. Il cittadino dell‟Unione europea gode dei diritti ed è soggetto ai doveri previsti dal
Trattato, come è espressamente affermato nell‟art.8 par.2. Per gli aspetti più propriamente privatistici, ai sensi dell‟art.8
A par.1 “ogni cittadino dell‟Unione ha il diritto di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati mem-
bri, fatte salve le limitazioni e le condizioni previste dal presente trattato e dalle disposizioni adottate in applicazione
dello stesso”.
13
Cfr. A.LIVI, F.MACARIO “Il diritto privato europeo nel sistema delle fonti”, in Diritto privato europeo, op. cit., pag.
136.
14
Si fa riferimento all‟esperienza condotta, già a partire dagli anni „70, da Nicolò Lipari con un‟équipe di studiosi sia
dell‟Università “La Sapienza” di Roma, sia dell‟Università di Bari, allo scopo di mettere in discussione e quindi rinno-
vare la struttura del tradizionale impianto della manualistica istituzionale presente nell‟Università italiana, per quanto
concerne il settore giuridico.
7
I PARTE Aspetti introduttivi
CAPITOLO 2 Qualche cenno di teoria economica del con-
tratto.
1. Alcuni riferimenti sull’approccio economico al diritto dei contratti.
Senza avere la pretesa di addentrarci nei dettagli di una materia, potremmo dire cultural-
mente estranea al diritto15, è necessario accennare all‟importanza delle ripercussioni che de-
rivano dalla teoria economica del contratto. In termini strettamente introduttivi occorre fare
qualche riflessione circa l‟apparente diversità del modo in cui la materia contrattuale venga
inquadrata dall‟economista e dal giurista: se il primo “guarda oltre il contratto, all‟efficienza
dello scambio individuale…, il secondo sembra preoccuparsi piuttosto dell‟ordinato svolgi-
mento delle relazioni negoziali…”16. Sembrerebbe incolmabile il divario delle due imposta-
zioni se ci fermassimo all‟idea di contratto, da un lato, come accordo delle parti produttivo
di obbligazioni in un rapporto giuridico patrimoniale e, dall‟altro, come scambio di promes-
se vincolanti orientate alla massimizzazione dell‟utilità degli individui razionali. Occorre al-
lora guardare nella prospettiva che ci conduce a considerare il contratto come uno strumento
giuridico di supporto allo scambio di beni economici. Il contratto viene adottato dagli opera-
tori per rendere vincolanti determinate scelte di comportamento derivanti dall‟operazione
economica posta in essere allo scopo di conseguire quei beni e servizi che maggiormente
producono la soddisfazione dei loro bisogni, senza pregiudicare la posizione di nessun altro
15
A tale riguardo cfr. D.MESSINETTI “Circolazione dei dati personali e dispositivi di regolazione dei poteri individua-
li”, in Riv.crit.dir.priv., 1998, III, pag. 344. <<L‟analisi economica del diritto presenta…tante variabili che, operata “ar-
tigianalmente” dall‟interprete, rischia continuamente l‟arbitrio e, comunque, finisce per toccare questioni di tanta porta-
ta che francamente non possono essere lasciate alle opinioni della giurisprudenza e della dottrina. L‟analisi economica
può giovare, e moltissimo, ma solo per comprendere meglio le ragioni del legislatore e dell‟ordinamento e per compa-
rarvi, magari più efficacemente del tradizionale metodo dogmatico, le nuove fenomenologie>>.
16
Cfr. R.PARDOLESI, A.PACCES “Clausole vessatorie e analisi economica del diritto: note in margine alle ragioni (ed
alle incongruenze) della nuova disciplina”, in Diritto privato 1996, Padova 1997, pag. 379. Gli AA. sostengono che le
impostazioni giuridica ed economica non collidono, né (e questo sarebbe ancora più grave) si ignorano.
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I PARTE Aspetti introduttivi
e addirittura incrementando il benessere complessivo della società17. Quindi il contratto pre-
siede allo scambio di utilità tra operatori economici e rappresenta lo strumento di autodisci-
plina delle parti all‟interno di un ideale mercato perfettamente concorrenziale18.Secondo una
definizione offerta da G.Alpa, <<dal punto di vista economico il contratto si considera come
una unica operazione economica (cui si riferisce una “veste giuridica”) in cui le parti opera-
no razionalmente, dispongono di tutte le informazioni necessarie, regolano tutti gli aspetti
rilevanti e tengono conto di tutte le evenienze successive; esse hanno egual potere contrattu-
ale e agiscono secondo la buona fede. In tal modo il contratto soddisfa l‟ottimo paretiano,
perché aumenta il benessere collettivo aumentando l‟utilità di ciascuna parte>>19. In base a
queste brevi considerazioni, la sostanziale neutralità della disciplina generale in materia di
contratto circa il valore economico del bene o del servizio (valore che sarà determinato dal
prezzo di mercato), “non significa però che l‟ordinamento giuridico lasci all‟autonomia pri-
17
Secondo il concetto introdotto da Adam Smith nel suo classico The Wealth of Nations (1776) ogni individuo,
“…agisce esclusivamente per la propria sicurezza e per il proprio tornaconto. E in questo è guidato da una mano invisi-
bile che lo porta a perseguire un fine estraneo alle proprie intenzioni. Nel fare i propri interessi spesso promuove anche
quelli della società…”.
18
Un mercato è un meccanismo che consente ad acquirenti e venditori di interagire per determinare i prezzi e le quantità
di un bene. Nell‟ambito della letteratura economica classica il termine mercato viene associato al modello ideale della
concorrenza perfetta e quindi si fa riferimento a mercati in cui non esistono imprese o consumatori abbastanza potenti,
da influenzare il prezzo di mercato. In altre parole si delinea un modello “in cui l‟equilibrio che si raggiunge nella con-
trattazione e che si oggettivizza nel prezzo dipende dall‟incontro della domanda e dell‟offerta... Infatti, quando si parla
di domanda e di offerta si presuppone innanzitutto: a) che vi siano più soggetti presenti nella veste di acquirenti e di
venditori; b) che l‟oggetto della contrattazione presenti caratteristiche omogenee nel senso che il bene offerto dal singo-
lo venditore abbia le medesime caratteristiche del bene offerto dagli altri”. Certo è che non basta la presenza di un nu-
mero molto grande di venditori ed acquirenti, nonché la indistinguibilità dei prodotti offerti dai venditori per la configu-
razione in concreto di un mercato perfettamente concorrenziale (ammesso che ciò possa realizzarsi nel mondo reale),
ma occorre la piena fruibilità, da parte di tutti i soggetti che operano nel mercato, delle adeguate informazioni “in ordine
alla compresenza della pluralità dei soggetti che ne sono protagonisti” e delle “diverse opportunità negoziali”. Infatti,
circa le citate “diverse opportunità negoziali”, occorre dire che, soltanto attraverso precise informazioni circa la qualità
dei beni oggetto delle contrattazioni e delle norme giuridiche che disciplinano la materia contrattuale (ed in particolare
delle fondamentali clausole contrattuali che non riguardano il prezzo), si rende possibile l‟esplicarsi dell‟autonomia
contrattuale, da un lato, e, dall‟altro, la determinazione del prezzo c.d. di equilibrio. Cfr. A.JANNARELLI “La disciplina
dell’atto e dell’attività: i contratti tra imprese e tra imprese e consumatori”, in Diritto privato europeo, op. cit., pag.
496 e ss.
19
Cfr. G.ALPA “Contratto e operazione economica”, in Istituzioni di diritto privato, Torino 1997, pag. 803. Ricordiamo
che lo scambio risulta Pareto-efficiente quando non si può migliorare la condizione di un individuo senza peggiorare
quella di un altro. Vilfredo Pareto è stato l‟economista italiano che alla fine del secolo XIX superò l‟approccio di Je-
remy Bentham il quale aveva posto il fondamento della moderna economia del benessere sul principio riassunto nella
formula: “la massima felicità del maggior numero possibile di persone”.
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