3
PREMESSA
Gli ultimi decenni sono stati caratterizzati da un’ampia diffusione delle
tecnologie dell’informazione e della comunicazione, che hanno avuto un
fortissimo impatto in tutti gli ambiti della vita associata. In tali contesti le
amministrazioni pubbliche, nazionali e comunitarie, si sono inserite come
protagoniste, nonché promotrici di quella che è stata definita società
dell’informazione.
Il settore doganale ha visto numerosi interventi della Comunità europea
volti a promuovere lo sviluppo di un sistema moderno di scambi di merci e di
servizi veloci e sicuri che permetta all’Unione europea di diventare l’economia più
dinamica e più competitiva del mondo entro il 2010, anche in ossequio alle
strategie di Lisbona.
Si è passati quindi da un’Amministrazione nazionale fortemente
burocratizzata e lenta a un’Amministrazione comunitaria che non elimina le
prerogative dei singoli stati ma che vigila affinché il mercato unico possa essere
realmente tale senza barriere interne, grazie all’utilizzo delle tecnologie della
comunicazione e dell’informatica, con particolare riguardo alla protezione e alla
sicurezza dei dati.
La missione è trovare il punto di equilibrio tra controlli efficaci e velocità
degli scambi. Il progetto e-customs, volto a creare processi di sdoganamento
telematico, e la modernizzazione del codice doganale comunitario a partire dal
2009 sono sfide cruciali per il futuro economico dell’Europa. Il fine ultimo di
questi progetti sarà la definitiva informatizzazione del sistema doganale, prevista
per il 2012 e – negli ambiziosi programmi dell’Unione Europea – in grado di
configurare definitivamente la nuova veste dell’autorità doganale, ancella del
commercio e nel contempo guardiana della liceità e della sicurezza dei traffici
commerciali.
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Capitolo Primo:
Origine ed evoluzione della nozione di Dogana
1.1 Le dogane fino al Medio Evo
La storia doganale dello Stato italiano ha inizio con la proclamazione del
Regno d’Italia (1861) o meglio ancora, sotto l’aspetto doganale, nel 1862, anno
in cui veniva adottata ufficialmente, sull’intero territorio del nuovo stato, la
tariffa1 doganale dell’ex Regno di Sardegna e veniva promulgato un Regolamento
Doganale che sostituiva quelli in vigore negli Stati pre-unitari.
L’istituzione doganale è, però, qualcosa di universale, nel tempo e nello
spazio, in quanto collegata al commercio, manifestazione umana di carattere
ecumenico, ed espressione rappresentativa dell’autorità di uno stato organizzato
su di un determinato territorio a qualsiasi livello di civiltà. Questi due elementi
(espressione dell’autorità statale e connessione con l’attività commerciale)
rappresentano le due anime dell’istituzione doganale e ne informano l’azione,
vicendevolmente influenzandosi.
In questa simbiosi riposa la “funzione” delle dogane, che “è sempre
presente nei grandi mutamenti politici ed economici di ogni tempo e di ogni
paese”. Emerge dalla storia stessa che “la ragione economica, nei rapporti fra
Stati sovrani, non è che politica doganale ed ha determinato tutte le guerre, la
distruzione di popoli, delle loro civiltà e delle loro ricchezze”.2
Da questa intima connessione tra politica doganale e storia dei popoli deriva
che un’esaustiva storia doganale italiana, pur essendo naturalmente incentrata
sull’Amministrazione doganale dello Stato formatosi con l’unità d’Italia, per la
quale sono disponibili opere di riferimento e organiche raccolte di leggi (Bollettini
Ufficiali delle Dogane), non trascura, sia pure a grandi linee, le istituzioni
1
Il termine tariffa indica l’insieme dei dazi applicabili, elencati per ogni tipo di merce.
2 DE LORENZO M., La dogana, questa sconosciuta – Tradizione ed evoluzione delle Dogane, in
Rassegna di diritto e tecnica doganale e delle imposte di fabbricazione, 1997, pag. 4.
5
doganali delle precedenti formazioni statali che si sono susseguite nella penisola:
da quella degli antichi romani agli Stati pre-unitari, senza omettere il periodo in
cui gran parte dell’Italia era annessa alla Francia napoleonica o costituiva Stati
satelliti della stessa.3
Con l’espansione territoriale di Roma, e la conseguente maggior ampiezza
dei rapporti commerciali, si manifestò l’esigenza di creare adeguati servizi
doganali. Il preposto agli uffici aveva ai suoi ordini numerosi schiavi, ai quali
erano affidate mansioni diverse, e numerose guardie armate, che formavano una
milizia con l’incarico di proteggere gli uffici contro i briganti e di vigilare contro i
contrabbandieri. Alle frontiere dell’impero, dove il contrabbando avveniva a mano
armata, vennero aggiunti distaccamenti militari.
Le leggi fondamentali che regolavano la materia doganale sono rintracciabili
nel Digesto romano. Tali norme costituiscono gli elementi basilari della
legislazione doganale e contengono i principi del daziamento ad valorem4, le
norme sulle responsabilità dei pubblicani, i privilegi del fisco.
A tali norme vanno aggiunte una serie di leggi di politica doganale, emanate
sia in epoca repubblicana che imperiale, con le quali vennero istituiti, modificati,
soppressi, i diritti doganali nelle varie città e province, senza però avere un
sistema doganale uniforme.
Il Medio Evo fu caratterizzato da un notevole frazionamento del territorio
politico della penisola e da una notevole caduta dell’autorità statale in genere,
per cui, con la nascita di stati e staterelli, si ebbe la costituzione di un numero
spropositato di barriere e diritti doganali che posero gravosi condizionamenti
all’esplicarsi del commercio.
Le imposte esistenti nell’Alto Medio Evo si possono raggruppare in due
categorie: imposte sugli scambi e imposte di transito.
3
Cfr. NICALI A., FAVALE G., La dogana nella storia. Profili storici di politica doganale e commerciale
in Europa e nel mondo, De Luca Editori d’arte, Roma, 2004, pag. 3.
4
Commisurato al valore delle merci. Attualmente quasi tutti i dazi sono ad valorem.
6
Dall’indagine doganale detta di Raffestetten risulta che sul Danubio, intorno
al 1200, nel solo tratto tra Linz e Vienna, i battelli erano sottoposti a 77 controlli
e tassazioni doganali.
Va però evidenziato che il gravame fiscale fu mitigato dalle numerose “fiere
franche’’, durante le quali, per incentivare il commercio, fu concessa la franchigia
doganale per tutte le merci ivi trasportate e commerciate, nonché dalle
numerose “zone franche’’, costituite da ampi e numerosi territori di proprietà di
conventi ed abbazie e dalle città governate dai vescovi, autentici paradisi
doganali, definiti “territori delle immunità’’.
Fu nel Medio Evo che attraverso i contatti commerciali si acquisirono al
lessico doganale italiano alcune parole di origine araba quali dogana (da diwani5)
e tariffa (da tarifa). Si andò anche arricchendo e perfezionando la tecnica
doganale e commerciale, attraverso particolari istituti quali il manifesto di bordo,
le franchigie ed i depositi doganali.
Del primo vi è traccia già negli statuti delle Repubbliche marinare, mentre,
per quanto attiene alle franchigie, oltre a quanto già accennato per le fiere e
zone franche, va evidenziato come tale concetto acquisì sempre maggiore
importanza nei trattati di commercio bilaterali fra gli Stati.6
1.2 Le dogane dopo la scoperta dell’America
Il periodo denominato come Evo moderno è caratterizzato da una grande
espansione dei traffici, in conseguenza dello sfruttamento commerciale delle
scoperte geografiche, e dalla nascita e consolidamento di grandi aggregazioni
territoriali diretti a formare gli Stati nazionali.
È il periodo dello sviluppo e delle rivalità delle grandi potenze marinare:
Portogallo, Spagna, Inghilterra, Olanda e Francia, e della nascita delle grandi
5
Diwani da cui anche divano, sui quali il Signore accoglieva e “metteva a loro agio” coloro che
andavano a pagare i tributi. Anche ufficio dove si tenevano i libri contabili.
6
Cfr. NICALI A., FAVALE G., cit., pagg. 5-6.
7
Compagnie patentate che, supportate dai governi, ebbero il compito di sfruttare
commercialmente e di colonizzare le terre da poco pervenute nell’orbita
dell’Europa.
La situazione politica italiana impedì il raggiungimento dell’unità, o quanto
meno il formarsi di aggregazioni statali di una certa entità, e nella penisola
continuò la confusa e rissosa frammentazione di staterelli regionali, tutti più o
meno costituenti protettorati di Stati stranieri. L’Italia rimase tagliata fuori dallo
sviluppo politico ed economico che si registrò nel resto d’Europa e anche le sue
componenti di maggior capacità e prestigio commerciale, le Repubbliche di
Venezia e Genova, pur mantenendo capacità imprenditoriale e sagacia politico-
amministrativa, iniziarono un lungo periodo di irreversibile declino economico in
quanto perdettero il monopolio dei traffici con l’Oriente, risultando ormai
periferiche nei confronti delle rotte marittime atlantiche praticate dopo le grandi
scoperte geografiche.7
Sotto l’aspetto doganale, in linea generale, tale periodo si caratterizzò per lo
sviluppo dei porti franchi nelle città di mare: Genova, Livorno, Venezia. Tali
istituzioni ebbero lo scopo di favorire il deposito e il transito delle merci senza
che le stesse fossero sottoposte a diritti doganali.
Col diffondersi del dominio francese in Italia, vennero estesi alla penisola i
principi organizzativi e legislativi francesi, che prevedevano la riscossione diretta
da parte dello Stato delle varie imposte e la soppressione delle società
appaltatrici e delle loro guardie gabellarie. Nelle province direttamente annesse
alla Francia venne estesa l’Amministrazione doganale francese, mentre nei due
stati satelliti vennero instaurate amministrazioni doganali autonome, organizzate
sul modello francese.
Come in Francia, così nel Regno Italico e nel Regno di Napoli
l’Amministrazione civile fu integrata da corpi armati che assunsero,
rispettivamente, la denominazione di Guardia di Finanza e Guardie dei Dazi
Indiretti.
7
Cfr. NICALI A., FAVALE G., cit., pag. 8.
8
Va rilevato che il modello francese lasciò ovunque una tale impronta di
serietà ed efficienza che anche con la restaurazione degli Stati pre-napoleonici la
struttura doganale venne lasciata pressoché immutata e continuarono ad esistere
i principi dell’Amministrazione doganale statale, dell’abolizione delle dogane fra
parti dello stesso Stato, dell’esistenza di un corpo militare di supporto al servizio
civile.8
1.3 Le dogane negli stati pre-unitari
Dopo la caduta di Napoleone vennero ricostruite le entità statali preesistenti
alla dominazione francese in Italia e vennero ripristinate le vecchie barriere e
strutture doganali. Queste ultime risentirono, però, dell’influenza
dell’Amministrazione doganale francese, in particolar modo quella del Regno di
Sardegna, e ciò testimonia la positività degli aspetti di modernizzazione nati dalla
Rivoluzione Francese. L’esempio delle dogane francesi costituì il definitivo
trapasso dalle dogane gestite da appaltatori privati a quelle direttamente gestite
dalla Pubblica Amministrazione.
Le prime disposizioni in materia doganale furono emanate in data 1° giugno
1814 dalla Regia Camera dei Conti; la prima Tariffa doganale completa fu
pubblicata, con Manifesto Camerale del 4 febbraio 1815, con la seguente
intestazione: Tariffa dei diritti di Dogana di entrata, uscita e transito negli antichi
Stati di Sua Maestà. Comprendeva tre distinte tariffe: una per i dazi d’entrata,
molto dettagliata e ad impronta fiscale; una per i dazi d’uscita, pure vasta, ma
più ridotta della prima; una terza con più lievi dazi di transito.9
Successivamente di grande rilevanza fu l’emanazione del nuovo
Regolamento Doganale, annesso al Regio Editto del 4 luglio 1816.
Nel 1818 vennero abolite le barriere doganali interne e venne emanata una
Tariffa doganale di impronta nettamente protettiva, che restò in vigore fino al
1835.
8
Cfr. NICALI A., FAVALE G., cit., pag. 11.
9
Cfr. NICALI A., FAVALE G., cit., pag. 16.
9
La promulgazione di provvedimenti in materia doganale e commerciale che
segnarono una svolta nella politica piemontese nel settore si ebbero con
l'avvento di Carlo Alberto. Tali provvedimenti furono presi sotto l’ispirazione delle
idee liberiste che vennero esportate in Europa dall’Inghilterra.
Fra il 1849 ed il 1851 vennero stipulati una serie di trattati commerciali con
Toscana, Francia, Portogallo, Belgio, Inghilterra, Svizzera, Zollverein10 e Paesi
Bassi, i quali comportarono la promulgazione di una nuova Tariffa doganale. Essa
subì alcune modifiche nel 1852 e nel 1858 per recepire i nuovi trattati sottoscritti
con Francia e Svezia.
Nel frattempo, a seguito del riordinamento amministrativo attuato dal Conte
di Cavour e varato con Legge 23 marzo 1853, l’Azienda delle Gabelle, che
nell’ambito del Ministero delle Finanze rappresentava una amministrazione
autonoma con propria politica gestionale, era entrata a far parte integrante della
struttura del Ministero delle Finanze, con la denominazione di Direzione Generale
delle Gabelle e delle Privative.
Infine il 9 luglio 1859 il Principe Eugenio di Savoia-Carignano, Luogotenente
generale di Sua Maestà Vittorio Emanuele II, impegnato nella guerra
d’Indipendenza nazionale, firmò il Decreto con il quale veniva emanata la nuova
Tariffa doganale. Questa era destinata a diventare la prima Tariffa doganale
italiana, man mano che veniva estesa nelle varie regioni d’Italia, già costituenti
Stati autonomi.
In quei giorni, però, l’aspetto saliente non era quello amministrativo bensì
quello militare, e in tale contesto è da rimarcare la partecipazione attiva di
reparti di Preposti doganali. I Preposti delle Brigate situate alla sinistra del Po
furono concentrati a Intra, Pallanza e Ivrea, quelli delle Brigate poste alla destra
del fiume vennero concentrati a Bobbio. Entrambi ebbero l’incarico di vigilare i
tratti di confine non presidiati dall’esercito e furono impegnati attivamente nella
difesa della sponda piemontese del Lago Maggiore, nella difesa del confine con il
Ducato di Parma, nell’offensiva condotta nella zona a nord del Lago Maggiore dai
10
Lo Zollverein o Unione doganale tedesca fu creato nel 1834 tra 38 stati della Confederazione
Tedesca durante la Rivoluzione industriale per creare un miglior flusso commerciale e per ridurre la
competizione interna.
10
Cacciatori delle Alpi di Garibaldi. Si distinsero nella difesa di Cannobbio, nella
presa di Sesto Calende, nelle battaglie di Varese, San Fermo, Castelletto.11
1.4 Le dogane dopo l'unità
In data 9 luglio 1859 il Principe Eugenio di Savoia-Carignano, Luogotenente
generale di Sua Maestà Vittorio Emanuele II, in quel momento impegnato nella
guerra di Indipendenza nazionale, firmò il Decreto con il quale venne emanata la
nuova Tariffa doganale del Regno di Sardegna, Tariffa valevole anche per la
Lombardia, che era annessa di fatto per effetto della guerra.
La Tariffa del Regno di Sardegna venne estesa alle province italiane via via
annesse fra il 1859 ed il 1860 e divenne, con la proclamazione del Regno d’Italia,
la prima Tariffa doganale italiana.
Con il conseguimento dell’unità politica si realizzò, dunque, l’unità doganale,
attuando un processo di unificazione inverso a quanto successo in Germania
durante lo stesso periodo storico, dove l’unione doganale (Zollverein) aveva
preceduto l’unità politica di quella nazione, per la cui realizzazione lo Zollverein
era stato lo strumento economico.
Essendo l’unificazione politica italiana avvenuta intorno a un nucleo centrale
predominante (Regno di Sardegna), ne derivò che, almeno all’inizio, la politica
commerciale e doganale italiana seguì quella in atto nella componente
politicamente più importante, vale a dire in Piemonte che, secondo gli indirizzi
dell’epoca, aderiva a un moderato liberalismo di stampo inglese, con la
particolarità locale di una stretta unione di scambi con la vicina Francia. Del resto
Francia e Inghilterra erano referenti internazionali dell’indipendenza italiana e il
liberalismo economico aveva anche lo scopo di ingraziarsi la simpatia di quelle
due grandi nazioni.
L’estensione della liberista Tariffa piemontese a tutte le province, che erano
confluite nel Regno d’Italia e che fino ad allora, tranne la Toscana, erano state
11
Cfr. NICALI A., FAVALE G., cit., pag. 19.
11
sottoposte a un regime di notevole protezionismo, provocò in molte zone d’Italia
un brusco contraccolpo. Tale fenomeno espose, infatti, alla concorrenza estera
economie in alcuni casi molto arretrate, che avrebbero avuto bisogno di un
graduale progressivo adeguamento per inserirsi nell’ambito nazionale. Inoltre
vennero ritenuti abrogati tutti i trattati commerciali stipulati dai singoli Stati
annessi e vennero estesi ad essi i numerosissimi accordi esistenti fra Regno di
Sardegna e gli altri paesi europei ed extra europei.
Si riteneva che l’arretratezza economica di alcune zone d’Italia fosse
esclusivamente dovuta alla divisione politica e al protezionismo doganale e che
sarebbe bastata l’applicazione del libero scambio per provocare un rapido
sviluppo economico, così come era successo in Piemonte dopo le riforme doganali
attuate fra il 1851 ed il 1859. Venne ignorato che il Piemonte era passato al
libero scambio solamente quando fu ritenuto abbastanza forte per sostenerlo e
dopo che ne erano state studiate le conseguenze. Un effetto positivo
dell’unificazione fu l’eliminazione delle barriere doganali interne, con il loro
insopportabile carico di limitazioni al commercio e di costi indotti.12
Il Regolamento doganale del 1862 sostituì un analogo strumento emanato
solamente un anno prima ma che per il suo contenuto troppo blando (zona di
vigilanza limitata, penalità ridotte) si era rivelato inefficace a tutelare gli interessi
dell’Erario.
La politica tariffaria italiana si trovò ben presto ad un bivio. La necessità di
integrare l’economia italiana in un contesto internazionale, dove era prevalente il
sistema liberista, spingeva da un lato a mantenere la impostazione libero-
scambista della Tariffa doganale, mentre le necessità di bilancio e le esigenze di
protezione di un’industria ancora agli albori spingevano in senso opposto. I
Ministri delle Finanze del primo periodo post-unitario dovettero barcamenarsi fra
queste opposte esigenze e tentare di conciliarle. Il contrarsi del gettito dei dazi
doganali (da 77 milioni nel 1858 a 61 nel 1861), nonostante il rapido aumento
delle importazioni e l’altrettanto rapido aumento del disavanzo commerciale,
avvenuto in un momento di rilevanti difficoltà finanziarie, provocò una parziale
modifica del regime doganale vigente.
12
Cfr. NICALI A., FAVALE G., cit., pag. 33.
12
Furono ridotti i dazi di importazione13 sui tessuti di lana, seta, cotone;
venne revocato il diritto d’esportazione14 dalle regioni meridionali di cereali,
agrumi, legumi. Più radicali furono gli interventi successivi: nel 1862 furono
abrogate le franchigie fiscali di cui godevano le città e i porti franchi nei
precedenti ordinamenti e, al fine di accrescere le entrate, furono innalzati i dazi
sui generi coloniali15 e fu istituito un diritto di bilancia sulle granaglie.
Nel frattempo vennero contrattati e firmati una serie di accordi commerciali
con gli Stati sovrani del tempo, i primi Trattati del genere firmati dall’Italia
unificata. Il Trattato con la Francia del 1863 fu il più importante fra quelli
stipulati, sia per l’ammontare dell’interscambio fra i due Paesi che per
l’estensione delle riduzioni, che abbracciavano le intere Tariffe doganali dei due
contraenti. Come tutti gli accordi, aveva aspetti sia positivi che negativi, ma
nell’insieme venne considerato un accordo equo e politicamente utile anche se
economicamente prematuro. La riduzione, e in alcuni casi l’abolizione, dei dazi
francesi favorì l’esportazione dei prodotti agricoli italiani (olio, riso, agrumi, frutta
secca, canapa, seta greggia), con effetti tonificanti sull’agricoltura nazionale, ma,
di contro, aprì il mercato italiano ai prodotti industriali francesi, deprimendo
ulteriormente la debole nascente industria, che già scontava una serie di
congiunture sfavorevoli nel settore serico e cotoniero.
Un fattore nuovo venne altresì ad influire nei rapporti fra Dogana e
contribuenti e provocò un effetto negativo nel gettito dei diritti doganali: nel
Trattato di commercio italo-francese vennero istituiti molti dazi ad valorem e ciò
incoraggiò gli importatori a dichiarare le merci a un valore inferiore di quello
effettivo e provocò una lunga serie di contesti fra l’Amministrazione e gli
operatori. Contesti che, come ebbe a dire il Ministro delle Finanze, Sella, nella
“Relazione sul servizio delle Gabelle” per l’anno 1872, vedevano il fisco quasi
sempre soccombente per la prevalenza del ceto commerciale nell’ambito dei
tribunali di commercio.
13
Regio Decreto 18.8.1860.
14
Regio Decreto 28.8.1961.
15
Legge 24.11.1864, n. 2006.