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IL NEOCLASSICISMO E L’OTTETTO PER STRUMENTI A FIATO
• La vita e l’ambiente composizionale di Stravinsky nel periodo dell’ottetto
La fine della Grande Guerra aveva lasciato l’Europa profondamente mutata, con la
necessità di instaurare rapporti sociali più giusti. Molti intelettuali e artisti cercarono di contribuire
con lo sviluppo di attività per le masse lavorative. Un esempio di questa tendenza fu il “Bauhaus”,
una scuola d’arte fondata a Weimar dall’architetto Walter Gropius nel 1919. La costruzione di
prodotti artistici di utilità concreta (oggetti d’uso, abitazioni e urbanistici) sostentava il concetto di
sostanziale identità fra arte e artigianato. Questa iniziativa si estende anche al mezzo musicale,
dove compositori passano a dedicarsi alla produzione di una musica d’uso (Gebrauchsmusik).
Questa musica con funzione didattica era destinata ai cori di lavoratori o agli studenti per
contrastare la musica “leggera”, mercificata. In questo movimento, detto “Neue Sachlichkeit”
(Nuova Oggettività, come un rifiuto del soggettivismo romantico), si distacca il compositore
tedesco Paul Hindemith (1895‐1963), componendo molta musica a scopo didattico. La sua
Kammermusicke, (Musiche da camera, dal 1924 al 1927; per orchestra da camera e uno strumento
concertante, costruite sulla falsariga dei bachiani Concerti Brandeburghesi) e la sua Suite “1922”,
che fa uso di musica da ballo americana e usa il pianoforte come uno strumento a percussione,
sono elaborate su di una singolarissima commistione tra un contrappunto di ispirazione bachiana,
fornendo una solidità costruttiva stile “Bauhaus” e un linguaggio musicale moderno, duro e
dissonante.
Anche in campo teatrale si manifesta la “nuova tendenza” con Bertolt Brecht (1898‐1956),
ad inserire nello spettacolo elementi con funzione didattica e di denuncia sociale. Cercava di
stimolare lo spettatore ad un atteggiamento critico, facendogli prendere coscienza di quanto
l’ingiustizia sociale fosse determinante nelle vicende umane. L’attore doveva straniarsi dal suo
personaggio, guardandolo agire come dal di fuori (effetto di straniamento). Per tornare più
comprensibile al pubblico, si utilizza della “Singspiel”, antica tipologia dove il testo si presenta in
un linguaggio semplice alternato a inserti musicali costituiti da canzoni di carattere popolare. Per
realizzare questo, conta con la collaborazione di Kurt Weill (1900‐1950), che introduce un
atteggiamento straniante, anche nella musica: materiale dall jazz, dalle danze moderne, dalla
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musica del circo, dalle musiche di livello basso, esagerando nella volgarità proprio a scopo
provocativo.
Sotto l’atmosfera della musica d’avanguardia parigina degli anni 20, viene inaugurato il
movimento detto “Neoclassicismo”, segnato da uno scritto del grande poeta Jean Cocteau, dal
titolo Le coq et l’Arlequin (Il gallo e l’Arlecchino,1918). Cocteau trova nella musica di Erik Satie
(1866‐1925), musicista considerato un po’ troppo eccentrico, quasi un dilettante, l’antidoto alla
visceralità e alla pesantezza della musica di stampo germanico. Avevano colaborato l’anno
precedente per un balletto che aveva causato un grande scandalo, Parade (Parata) di 1917,
rappresentato a Parigi dai celebri Balletti Russi di Sergej Diaghilev, che rittraeva il mondo
rumoroso e colorato della fiera e del circo.
Satie diventa, per merito del sostegno di Cocteau, guida spirituale dei giovani compositori
che volevano allontanarsi da ogni suggestione germanica, costruendo una musica francese di
umoristica razionalità. Questi musicisti, attorno a Satie fino alla metà degli anni 20, definiti “I Sei”
erano: Francis Poulenc, Darius Milhaud, Arthur Honegger, Louis Durey, Germaine Tailleferre e
Georges Auric. Nonostante l’influenza estetica, “I Sei” non afferrarono completamente
l’atteggiamento provocatorio di Satie, nè dal punto di vista concettuale, nè da quello tecnico‐
musicale. Si accontentarono di usare una tonalità “sporcata” da numerose note dissonanti e di
contaminarla con elementi musicali provenienti dal jazz, dai ritmi sudamericani, dalle danze
moderne e dal mondo del circo.
Parigi ospitava intanto il russo Igor Stravinsky (1882‐1971). Dopo aver studiato a
Pietroburgo con Rimskij‐Korsakov, è notato da Diaghilev che aveva ascoltato il suo Feu d’artifice
(1918) per orchestra. Inizia così il chiamato “periodo russo” di Stravinsky”, dove l’autore ripensa in
modo personale la musica del folklore russo. Questa denominazione deriva anche dal fatto che in
questo periodo della sua vita si dedica principalmente alla produzione destinata ai Balletti russi
che Diaghilev allestiva a Parigi. Con L’ucello di fuoco (1910), Petrouschka (1911) e La sagra della
primavera (1913), Stravinsky crea un linguaggio sonoro totalmente inedito, basato su scale modali
(anche dal folklore russo), vivacità ritmica con la dissociazione degli accenti dalla scansione
metrica e dalle durate, e costruito su una struttura a blocchi contrapposti senza lasciare spazio
all’elaborazione tematica o ad uno sviluppo tradizionale.
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In mezzo a una atmosfera generale molto particolare, si carica di un’energia primordiale
stimolato dell’amore tutto parigino per il mondo del circo e della musica jazz.
Durante la guerra passa a vivere nella neutrale Svizzera. Lì compone alcuni lavori di teatro
musicale da camera: Renard e L’histoire du soldat (1918): in Renard, in scena stanno solo attori,
danzatori e acrobati, mentre i cantanti sono in orchestra; la voce del cantante non sempre
corrisponde alla voce dello stesso personaggio. Ne L’histoire du soldat gli otto strumentisti stanno
invece sul palcoscenico, totalmente visibili al pubblico, accanto al narratore. Qui il capovolgimento
di prospettiva è ancora più totale. Questa separazione dei parametri genera un totale
“straniamento” nella percezione dell’ascoltatore, costretto a rinunciare ad ogni pretesa di
immedesimazione nella vicenda, e a guardala invece da vari punti di vista contemporaneamente.
Per questo, il periodo “svizzero” di Stravinsky è stato chiamato anche “Periodo cubista”.
• Il Neoclassicismo
La fase seguente dello stile compositivo di Stravinsky, il chiamato periodo “Neoclassico”, è
inaugurata da due lavori: Pulcinella (1919), su musiche di Giovanni Battista Pergolesi e l’Ottetto
per strumenti a fiato. Seguono la prima anche altre composizioni ancora ricche di atmosfera russa
come le Sinfonie per strumenti a fiato (1920), scritte in onore di Debussy, Mavra, opera buffa in un
atto del 1923, Les noces, balletto per quattro pianoforti e percussioni con coro misto e quattro
voci soliste.
Risale all’Ottetto di fiati il primo impiego dello stile “Neoclassico” in una opera non teatrale
e libera da vincoli parodistici.
La sua fase “neoclassica” o meglio, “formalista”, termine preferito dal compositore,
comportò l’abbandono delle grandi orchestre impiegate per i balletti. In questo periodo, tra il
1920 e il 1951, Stravinsky opta per organici variamente ridotti, conferendo a ciascuna
composizione una “tinta” caratteristica e unica.
Questa asciutezza dell’organico strumentale è una caratteristica che aveva già marcato la
produzione di Stravinsky durante la guerra, quando passa a vivere in Svizzera.
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Questo periodo, la fine del 1917, è stato uno dei più duri della vita di Stravinsky, quando si
trovava in una situazione economica delle più difficili. Cercando una via d’uscita da quelle
sfortunate condizioni, ha pensato, insieme a suo amico Ramuz, di creare, con la minor spesa
possibile, una sorta di piccolo teatro ambulante, facilmente trasportabile da una località all’altra, e
che si potesse montare anche nei più piccoli paesi.
Contuttoché questo potesse essere uno dei motivi che abbia portato Stravinsky ad
adottare questo atteggiamento rispetto alla scelta della strumentazione di sue opere in questo
periodo, l’idea di organico ridotto gli aveva già svegliato anteriormente un certo interesse.
Durante l’inverno 1912‐1913, a Berlino, Stravinsky ha avuto l’opportunità di ascoltare, per la prima
volta, la musica di Schönberg, il “Pierrot Lunaire”. Non era stato entusiasta dell’estetismo di
quell’opera, però la soluzione strumentale di quella partitura gli aveva sembrato invece,
“incontestabile”.
Ci sono delle caratteristiche fondamentali che portano a considerare l’Ottetto di fiati la
prima composizione strumentale neoclassica di Stravinsky: l’impiego di un tematismo di
ascendenza barocca, di strutture formali e di elementi linguistici armonico‐contrappuntistici
riconducibili alla tradizione. Nonostante la presenza di questi importanti riferimenti musicali,
Stravinsky, in suo articolo del 1924 esplicativo delle sue intenzioni creative, descrive che invece di
una semplice utilizzazione di questi elementi, è in verità un gioco di “movimenti e volumi sonori”.
Secondo lui, l’ottetto risponde ad una strutturazione a brevi sezioni giustapposte all’interno di
articolazioni formali più vaste, in reciproco rapporto di tempo musicale concepito come realtà
oggetiva e strutturante e non come realtà soggettiva e psicologica.
Tutta la produzione strumentale di questo periodo, iniziata con l’ottetto di fiati, ha come
base la fusione e la dialettica fra i caratteri linguistici e strutturali specifici dello stile e dell’arte
Stravinskyniana, e la tradizione del passato.
Questo “Neoclassicismo”, nella dimensione creativa di Stravinsky, in verità fissa suo
sguardo al passato per attingere modelli e nel presente per rivitalizzare suo proprio stile e ricrearlo
con la “coscienza della distanza storica”:
<< Pulcinella fu la mia scoperta del passato, l’epifania attraverso la quale tutto il mio lavoro
ulteriore divenne possibile. Fu uno sguardo all’indietro naturalmente – la prima di molte avventure
in quella direzione – ma fu anche uno sguardo allo spechio >>.
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Nei lavori che seguono l’Ottetto fino al Concerto in Re per Archi, Stravinsky passa ad
alternare la composizione di lavori teatrali a quella di musica “pura”. La mancanza di funzioni
scenico‐teatrali e di rapporti con un testo di queste opere, permette di focalizzare particolarmente
l’attenzione sulle caratteristiche formali, strutturali e linguistiche del nuovo stile, di coglierlo nella
sua dimensione musicale più “pura”.
Il Concerto per pianoforte e fiati (1923‐24), introdotto da un preludio cerimoniale dei fiati
in ritmo puntato, l’elaborazione motivica nei due movimenti estremi non deriva da un autentico
sviluppo, bensì da continue e ostinate ripetizioni variate delle stesse cellule ritmico‐intervallari.
Con Oedipus rex (1926‐27) Stravinsky scrive per la prima volta un’opera neoclassica nel
senso più pieno e totale del termine, ricreando da un testo chiave della classicità greca. È una
specie di opera‐oratorio su elementi musicali caratteristici: ritmo ricalcato su certe strutture dei
metri tragici, prevalenza del modo minore e il suo avvicendamento con quello maggiore, l’impiego
di certi poli tonali e del tempo musicale in relazione al dualismo “umano‐divino” della vicenda.
Apollon musagète (1927‐28) porta la compostezza e la leggerezza della danza classica e del
<<ballet blanc>> del Seicento francese. Si utilizza in questa opera dell’impiego della monocromia
sonora dell’organico di soli archi da cui ricava una grande varietà di intrecci polifonici, di un
diatonismo accentuato e una efusione melodica mai prima d’ora manifestata in modo così
evidente.
Nel Capriccio per pianoforte e orchestra (1928‐29), come nel Concerto in Re per violino e
orchestra (1931), Stravinsky si serve di una varietà che “maschera” strutture intervallari molto
simili.
Nel Concerto per due pianoforti (1931‐35), si può anche notare spinta questa coerenza e
unità, dove Stravinsky dichiarava di essersi <<immerso nelle variazioni di Beethoven e di
Brahms>>.
Jeu de cartes (1936) è una specie di pot‐pourri parodistico composta di autocitazioni e
referenze stilistiche e tematiche di Rossini (Sinfonia del Barbiere di Siviglia), Johann Strauss (Il
Pipistrello), Beethoven (Quinta Sinfonia), Ravel (La Valse), Tchaikowsky e altri.
Stravinsky dimostra in termini musicali che ciò che conta in questo genere è il procedimento e non
la sostanza tematica.
I riferimenti tematici più immediati, come quelli alle invenzioni bachiane nell’Otteto di fiati,
alla Sonata op.54 di Beethoven nel terzo movimento della Sonata per pianoforte del 1924 di
Stravinsky, alle composizione pianistiche di Weber nel Capriccio per pianoforte e orchestra, al
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tema iniziale del Terzo Concerto Brandeburghese nel Concerto in Mi bemolle per Orchestra da
camera (Dumbarton Oaks), del 1937‐38, o al tema iniziale della Quinta di Beethoven nel primo
movimento del Concerto in Do (1938‐40) sono solamente i tratti più esteriori di un processo di
rivitalizzazione della tradizione classica, che da essa Stravinsky si serve di certe elementi e tratti,
assorbendo totalmente in uno stile che conserva inalterate le sue proprie caratteristiche.
Nella produzione Stravinskyniana c’è anche un filone che possiamo definire jazzistico in
senso lato: dal Rag‐time per strumenti (1918), all Piano‐rag‐music (1919) e al tango (1940) per
pianoforte, alla Circus Polka per orchestra (1942), scritta per essere danzata da un giovane
elefante del circo Barnum), a composizioni che impiegano proprio una jazz band, come l’Ebony
Concerto (1945). In un colloquio con Robert Craft dell 1958, Stravinsky parla del suo
atteggiamento verso il jazz:
<<Il jazz è nell’insieme come una diversa confraternita, un modo di far musica completamente
diverso. Non ha nulla a che vedere con la musica composta e quando cerca di subire l’influenza della
musica contemporanea non è jazz ed è scadente...
...Se il jazz mi ha influenzato? I moduli del jazz e specialmente le combinazioni strumentali dell jazz
ebbero influenza su di me quaranta anni fa, senza dubbio, ma non l’idea del jazz. Come ho detto,
quello del jazz è un altro mondo. Non lo seguo ma lo rispetto. Può essere un’arte con una sua
dignità molto toccante, come accade nei funerali jazz di New Orleans. E, nella sua migliore
espressione – cosa rara – è certamente il miglior trattenimento musicale degli Stati Uniti>>.
Tenendo in considerazione questa vasta paletta di riferimenti musicali presenti nel
linguaggio del compositore, si può pensare che, prima di fare un rapporto semplicemente
temporale con la musica del passato, come una scelta manierista e arbitraria, Stravinsky, come ha
fatto prima con la musica di tradizione russa (e dopo con la dodecafonia), inizia a lavorare a partire
di questo periodo non solo con l’utilizzazione tematica di carattere popolare, ma principalmente
con gli elementi più ampi come forma, strumentazione e procedimenti composizionali particolari
che vengono a servire come una cava di materiali di cui servirsi senza soggezione, stabilendo
anche parametri formali in sua composizione.
Stravinsky dichiarava polemicamente (quasi un’eco di Hanslick) che la musica non devia e
non poteva esprimere nulla di esterno di sé, essendo un’organico autosufficiente. Secondo lui nel
comporre si serviva di forme e linguaggi musicali di altre epoche e costruiva sopra quella una
musica che definiva come “musica al quadrato, musica sulla musica”.
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Il neoclassicismo di Stravinsky si differenzia enormemente da quello dei suoi
contemporanei. Consideravano la grande musica del passato come garanzia di solidità, come
modello insuperabile da imitare. Per Stravinsky invece, il passato era “un modo per vivere il
presente”.