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Il modello percettivo si diversifica perché riesce a cogliere
informazioni avanzate (invarianti) che specificano eventi significativi
ed utili che, in questo modo, non richiedono necessariamente ulteriori
elaborazioni.
La base teorica del progetto è il KSD-principle (Kinematic
Specification of Dynamics) che asserisce che i patterns cinematici di
eventi inanimati ed animati forniscono l'informazione sui fattori
dinamici coinvolti ("i movimenti specificano le loro cause"). In questo
modo la percezione di proprietà dinamiche (causali, nascoste) diventa
potenzialmente possibile.
La nozione di smart perceptual mechanims è citata per dimostrare la
possibilità di rilevare direttamente gli invarianti (proprietà avanzate
informative).
Gli studi attuali su certi tipi di compiti utilizzano il giudizio
discriminativo o quantitativo dei soggetti sperimentali che osservano
relative mass di oggetti che collidono e scatole o secchi sollevati da un
attore di cui si vedono solo i patches-light.
Le collisioni sono simulate e presentate con una tecnica analogica
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computerizzata.
Gli eventi di azione umana sono video-registrati con la patch-light
technique per mostrare solo i pattern cinematici delle principali
giunture, visibili grazie al brillare dei patches catarifrangenti su uno
sfondo scuro. Le caratteristiche delle performance sono utilizzate per
determinare se i giudizi sono basati su informazioni avanzate o su
semplici stimoli (cues).
I giudizi di fiducia (confidence) e i rapporti dei modelli introspettivi
(Calibration) forniscono delle prove indipendenti sul compito, per
vedere se viene svolto in maniera percettiva o inferenziale. Può così
essere studiata la correlazione fra i due approcci e i potenziali evocati
(EEG/ERP)
Viene dato risalto all'apprendimento percettivo e all'acquisizione di
abilità e, inoltre, vengono valutate le differenze individuali.
Studi recenti su compiti di discriminazione di masse mostrano che i
novizi partono utilizzando vari stimoli poco informativi in maniera
indiretta, cioè cue-heuristic. Ma si vede che, con l'esperienza, la
competenza emerge con un passaggio a un modello di percezione
diretta utilizzando informazioni avanzate (invarianti).
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84
1.
Nel secolo XVII e XVIII Locke e Berkley consideravano la
percezione come un processo semplice di sintesi additiva attraverso
cui le sensazioni singole, elementari, venivano sommate una ad una.
Oggi la percezione non viene più considerata in ottica atomistica ma
in quell'olistica come un processo attivo e creativo e non passivo che è
un qualcosa di più delle semplici informazioni colte sulla retina.
Questo nuovo modo di intendere il processo percettivo nasce dai
fondatori della Gestalt theory, all’inizio del secolo, psicologi tedeschi
come Wertheimer, Koffka e Könle.
La gestalt è la configurazione dell’immagine. L’idea base di questa
nuova teoria è che l’atto percettivo crea una gestalt, la quale non è una
proprietà dell’oggetto osservata, ma è data dall’elaborazione delle
sensazioni alla vista dell’oggetto rilevate ed organizzate a livello
cerebrale.
Il sistema nervoso, utilizzando alcuni sistemi di informazione dati
dalla forma, colore, distanza e movimento degli oggetti che si
presentano nel campo visivo di chi osserva, crea esperienze
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tridimensionali a partire da immagini a due dimensioni, in modo da
organizzare le sensazioni in forme stabili o percezioni costanti.
Le assunzioni delle strutture cerebrali nei confronti degli oggetti del
mondo esterno derivano, sia dall’esperienza di ogni persona, sia dai
circuiti che caratterizzano il nostro sistema visivo.
Come percepiamo, quali trasformazioni nervose attivano la comparsa
delle nostre percezioni?
La percezione è una costruzione immaginaria, questo viene dimostrato
dalle illusioni percepite come reali, basata sulle nostre congetture
interne che dipendono da assunzioni che il cervello fa per cercare di
dare un nome e un significato alle immagini visive che bombardano i
nostri centri cerebrali ogni giorno.
1.1 La rappresentazione corticale dell’immagine visiva
Il nostro cervello osserva il mondo esterno utilizzando conoscenze
sulle proprietà degli oggetti e delle superfici che sono permanenti e
invarianti.
Il cervello percepisce le immagini nella sua integrità e con le loro
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proprietà, nonostante i continui mutamenti che si possono osservare
nel binomio osservatore oggetto e nonostante sulla retina vi siano
continue incessanti trasformazioni ottiche.
La percezione visiva, probabilmente, è data da un unico sistema di
cellule che analizzano gli input dalla retina alla corteccia striata
arrivando alla corteccia visiva superiore, queste cellule sono
probabilmente gerarchicamente organizzate.
La strategia che il cervello usa per percepire separatamente le
proprietà invarianti degli oggetti come forma, colore, organizzazione
spaziale e movimento è chiamata specialità funzionale; quest’ultima
consente l’integrazione di un’immagine unitaria dello stimolo.
La specialità funzionale del sistema visivo comporta l’intervento di tre
vie in parallelo (una via magnocellulare, e due vie parvocellulari) che
permettono l’elaborazione dell’informazione in maniera separata e
indipendente, trasmettendola alla corteccia visiva primaria e,
successivamente, alle aree visive extra-striate deputate
all’integrazione delle informazioni visive.
L’illuminazione ambientale e il movimento creano diverse situazioni
percettive: al cambiare di queste variabili cambiano le dimensioni, la
forma e la luminosità delle immagini che vengono proiettate sulla
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retina dagli oggetti. Nonostante questi cambiamenti la nostra
percezione degli oggetti non cambia.
Il sistema magnocellulare è specializzato nell’analisi del movimento,
contribuisce alla percezione in profondità degli oggetti ma non di
quelli statici.
Importante per l’analisi delle relazioni spaziali fra oggetti,
contribuisce anche alla visione stereoscopica. È cieco per i colori e
pare deputato alla localizzazione degli oggetti piuttosto che all'analisi
di cosa rappresentino.
Il sistema parvocellulare sembra specifico per l’analisi delle forme e
dei colori, ed è deputato a riconoscere cos'è un oggetto piuttosto che a
localizzarlo nello spazio.
A livello retinico le cellule P, piccole cellule gangliari, distinguono i
segnali provenienti dai diversi tipi di coni e trasmettono informazioni
relative al colore e al significato dell’immagine agli strati
parvocellulari del corpo genicolato laterale; e le cellule M,
relativamente grandi, responsabili dei contrasti di luminosità variabili
nel tempo trasmettono i segnali nervosi agli strati magnocellulari del
nucleo talamico.
Il nostro sistema visivo per “staccare” le figure dallo sfondo su cui
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sono depositate dovrebbe organizzare lo scenario in gruppi coerenti di
figure, e in gruppi di grandezze riguardanti la luminosità, la distanza e
la sagoma.
Il sistema deputato a distinguere un oggetto rispetto al suo sfondo ed
in grado di collegare le diverse parti di una scena, pare sia quello
magnocellulare insieme all’inter-blob (aggregati di cellule di forma
cilindrica).
I “blob” sono innervati dagli assoni degli strati parvocellulari.
La corteccia visiva primaria, possedendo un’organizzazione
colonnare, fa si che i diversi tipi di cellule possano formare i circuiti
neuronali necessari per l’elaborazione dell’informazione visiva.
Le ipercolonne, strutture costituite:
• da un gruppo di colonne di orientamento che coprono l’intero arco
di 360 gradi,
• da gruppi di cellule sensibili ai colori,
• da un gruppo di colonne di dominanza,
che sono localizzate nella corteccia visiva primaria e, che sono
disposte in maniera alternata, raccolgono le informazioni visive
provenienti dai due occhi e sembrano costituire le prime unità di
analisi della visione di profondità.
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Ogni ipercolonna è costituita da circuiti neuronali che servono ad
analizzare le diverse caratteristiche delle immagini visive provenienti
da specifiche parti del campo visivo.
L’informazione si propaga verticalmente da strato a strato all’interno
della colonna e, orizzontalmente da gruppi di cellule dello stesso
strato che rispondono a caratteristiche diverse dello stimolo.
La corteccia visiva primaria è organizzata in modo modulare poiché
ogni unita’ colonnare funziona come un modulo elementare di analisi,
ricevente efferenze diverse, che poi trasforma scomponendole e
inviandole attraverso efferenze specifiche; è come una stazione di
relais delle tre vie nervose visive che proiettano ad aree visive distinte
e, specializzate dal punto di vista funzionale.
1.2 La percezione del movimento
La percezione del movimento sembra una percezione visiva speciale,
distinta e separata dalle percezioni della forma e del colore.
Se una figura è in movimento avrà anche vari elementi riguardanti in
quale direzione si muove e a quale velocità si sta muovendo.
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I nostri occhi e la nostra testa non stanno mai completamente fermi, e
il nostro sistema percettivo ci permette di essere in movimento. Il
sistema visivo riconosce il movimento attraverso il moto dato dalle
immagini e dall’asse occhi-testa.
Per gli animali riconoscere le immagini in movimento è molto
importante per l’adattamento della specie. Il sistema visivo solo
nell’uomo e nei primati superiori è in grado di rispondere ad oggetti
statici.
Il movimento di un oggetto sul campo visivo è dato dalla posizione
occupata sulla retina in sequenza.
Speciali meccanismi sono deputati all’analisi del movimento, questi
sono stati scoperti grazie alle osservazioni psicofisiche sul moto
apparente. Un es. classico è quello di una stanza buia, in cui si
accendono e spengono a tempi alterni e in successione due sorgenti di
luce poste ad una certa distanza. Gli osservatori di fronte a questo
fenomeno, sono certi che la luce sia una sola e in movimento, perciò
la percezione del movimento di oggetti in realtà statici porta a pensare
che posizione e movimento siano segnalati da due vie differenti.
91
1.2.1 La via visiva del movimento
Le vie deputate alle immagini del movimento, originano da cellule
gangliari retiniche di tipo M, i segnali che queste cellule ricevono
vengono trasmessi mediante la vie magnocellulari del corpo
genicolato laterale.
L’analisi visiva lavora attraverso l’utilizzo di vie in parallelo piuttosto
che in successione di stazioni in serie.
L’area V5, localizzata vicino alla giunzione di lobi occipitale,
parietale e temporale, è deputata soprattutto alla rilevazione della
velocità, della direzione del movimento ed alla percezione della
profondità.
L’area V5 proietta all’area MST (mediotemporale superiore) e ad altre
aree della corteccia parietale deputate all’analisi dei rapporti visuo-
spaziali fra gli oggetti.
A livello cerebrale siamo in grado di riconoscere molte immagini
indipendentemente dalla posizione che occupano sulla retina, la
corteccia inferotemporale pare deputata a riconoscere le forme mentre
una lesione in una parte specifica della corteccia extra-striata sembra
provocare l’impossibilità di riconoscere gli oggetti in movimento.
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Le diverse aree visive extra-striate sono funzionalmente specializzate
per lo svolgimento di compiti diversi.
La visione del movimento è una funzione visiva distinta che dipende
da meccanismi neuronali che si trovano al di fuori della corteccia
visiva primaria.
A livello di retina e del corpo genicolato laterale le cellule rispondono
soltanto ai contrasti di luminosità degli stimoli variabili nel tempo. A
livello della corteccia striata le cellule segnalano la direzione della
componente del movimento che è perpendicolare all’asse di
orientamento per il quale esse sono selettive. Queste segnalano solo la
direzione del movimento di singole parti di un oggetto avente
dimensione tale da non rientrare nel campo recettivo neurale.
I campi recettivi delle cellule V1 sono molto piccoli e questo fa si che
non siano in grado di segnalare la direzione globale del movimento di
oggetti aventi grande superficie: i neuroni visivi primari sono soggetti
al “problema dell’apertura”, cioè mentre un oggetto di grande
superficie si muove verso destra le diverse componenti dell’oggetto si
muovono in direzioni diverse se viste attraverso piccole fessure che
corrispondono ai campi recettivi delle cellule dell’area VI.
Per superare questo problema il sistema nervoso converge le
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informazioni ricevute da questi neuroni di ordine inferiore verso
cellule visive extra-striate, come l’area V5, che sono capaci di
integrare le diverse componenti del movimento in modo da arrivare a
codificare il movimento globale dell’oggetto.
Movshon (1985) e Ullman (1986) dimostrarono che le informazioni
sul movimento delle immagini che compaiono nel campo visivo
vengono elaborate in due livelli distinti:
1. un basso livello di elaborazione dove vengono analizzati il
movimento di oggetti ad una dimensione e quello di singole
componenti di oggetti bi- o tridimensionali.
2. Un alto livello di elaborazione dove viene analizzato il movimento
globale di oggetti complessi (mediante neuroni di ordine superiore
che permettono l'integrazione di informazioni che riguardano le
singole componenti del movimento analizzate nello stadio
precedente).