INTRODUZIONE
“A parte quattro pezzi molto brevi, non riuscii a scrivere nulla
per cinque anni-e vorrei che fossero stati dieci.
Comunque, se avessi aspettato abbastanza,
probabilmente non avrei mai scritto nulla, perché c’è la tendenza,
quando s’incomincia a imparare relativamente qualcosa,
a non volerne scrivere ma piuttosto a continuare a studiarla…
e non accade mai che siete in grado di dire:
adesso so tutto su questa cosa e voglio scriverne…
e allora tanto vale che scriva adesso quello che so già.”
(Hemingway, 1966, p.10)
Questo lavoro nasce dell‟esperienza di tirocinio che ho svolto presso
la Cooperativa Sociale “L‟Altra Idea” di Torino, nella quale sono stata a
contatto con soggetti autistici. Per tale ragione è cresciuto in me l‟interesse
nell‟approfondire i meccanismi e le tematiche che legano l‟autismo e la
terapia mezzo cavallo (T.M.C.).
L‟autismo è una patologia che rientra nel quadro dei disturbi
generalizzati dello sviluppo. Colpisce il normale sviluppo delle abilità sociali,
comunicative e cognitive degli individui; comincia a manifestarsi prima dei tre
anni di età, ma non è solamente un disturbo dell‟infanzia, infatti, proprio
perché interessa il normale sviluppo delle abilità sopra citate, l‟autismo non è
una condizione statica e i suoi sintomi possono cambiare con l‟avanzare
dell‟età (Surian, 2005).
Sono stati effettuati molti studi (Bettheleim, 1967; Lelord e Sauvage,
1990; Zappella, 1996; Baron-Cohen, 1997) sulle cause che provocano il
disturbo autistico ma, ancora oggi, non sono state individuate le motivazioni
precise che lo determinano. È necessario quindi che la ricerca continui al fine
di arrivare a individuare le cause e allo stesso tempo a scoprire delle cure
per poter affrontare ed eventualmente limitare i danni dovuti all‟autismo.
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L‟ippoterapia è un mezzo di cui ci si può servire per intervenire dal
punto di vista terapeutico su questo particolare disturbo, può essere utile
anche ai fini della ricerca, per far luce sulle cause che permettono
l‟instaurarsi di questa condizione (Lucioni, 1996).
Con il presente studio si è effettuato un esame delle principali
caratteristiche dell‟autismo e della letteratura psicodinamica fino ad oggi
disponibile. Successivamente si é analizzato il forte impatto emotivo che
l‟autismo ha sulla famiglia e soprattutto sulla madre che, nella maggior parte
dei casi, è colei che dedica gran parte del suo tempo alla cura del figlio.
Viene trattato anche il ruolo paterno e il rapporto del bambino autistico coi
fratelli.
Sono state, infine, approfondite le metodologie d‟intervento e di
riabilitazione della Pet Therapy e, in particolare, dell‟ippoterapia o terapia
mezzo cavallo (T.M.C.), relazionando sulla mia esperienza pratica maturata
nel corso del tirocinio.
Il lavoro di dissertazione finale si articola in quattro capitoli.
Nel primo capitolo viene data una definizione generale di autismo, una
descrizione dei sintomi nell‟interazione sociale, nella comunicazione e nel
repertorio d‟interessi ed attività ludiche, seguendo i criteri del manuale
diagnostico DSM–IV. Si indicano le principali caratteristiche cliniche e
comportamentali dei soggetti affetti da disturbi di autismo infantile e, dopo un
excursus storico sulla sindrome, vengono in sintesi riportati i diversi
orientamenti che studiano questa patologia, quindi vengono presentati
l‟approccio psicodinamico, l‟approccio neuropsicologico (Ozonoff, 1995;
Lelord e Sauvage, 1990; Barthelemy, Hameury e Lelord, 1995; Williams,
1996; Grandin, 1995; Klin, Jones, Schultz e Volkmar, 2003; Green, Fein, Join
e Waterhouse, 1995), l‟approccio sistemico-relazionale (Hobson, 1990;
Zappella, 1996; Greenspan, 1998) e l‟approccio cognitivo-comportamentale
(Baron-Cohen, Leslie e Frith, 1985).
Nel secondo capitolo viene rivolta maggiore attenzione all‟approccio
psicodinamico riguardo la tematica autistica. Gli studi psicodinamici
individuano l‟origine dell‟autismo infantile nell‟alterazione della relazione
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madre-bambino in fasi precoci dello sviluppo. L‟analisi parte da Bettehleim
(1967) che pone a confronto i soggetti autistici e i deportati dei campi di
concentramento e centra il suo lavoro sul ritiro del bambino. Lo studio
continua con la Mahler (1968), descrivendo la “nascita psicologica” e la fase
autistica normale; prosegue con Winnicott (1965), con i concetti di “fase
transizionale” e “preoccupazione materna primaria”; continua con Meltzer
(1975), con il suo studio sui bambini autistici mai contenuti dalla madre. Si
passa attraverso Tustin (1972) che individua una rottura precoce e
traumatica del legame madre-bambino e più propriamente una separazione
bocca-seno, vissuta dal bambino come una rottura della continuità corporea,
si procede con Bick (1968), con la descrizione del concetto di “seconda pelle”
e si conclude con Resnik (1986), il quale paragona il ritiro del bambino
autistico nel suo guscio, all‟ameba.
Nel terzo capitolo viene messo in evidenza il tema della famiglia di
fronte alla disabilità del figlio, la relazione col figlio autistico e i vissuti emotivi
che si attivano nei genitori. Inoltre, viene considerato il ruolo, non secondario,
del padre e il modo in cui egli fronteggia l‟autismo. In ultimo viene affrontato il
tema fraterno: in che modo i fratelli dei bambini autistici reagiscono alla
patologia e quali comportamenti mettono in atto (Valtolina, 2005)).
Nell‟ultimo capitolo, viene esposta una delle terapie riabilitative: la Pet
Therapy; ovvero un intervento che prevede l‟interazione fra bambino e
animale. Dopo una breve storia della terapia con gli animali, vengono
individuati i principali animali co-terapeuti. Un‟attenzione particolare è
riservata al cavallo e quindi all‟ippoterapia, cioè la terapia mezzo cavallo
(T.M.C.). Viene esaminato come questo aiuto terapeutico porta grandi
benefici a coloro che sono affetti dal disturbo autistico. Infine viene illustrata
l‟esperienza personale maturata nell‟arco dei tre mesi come tirocinante
presso la Cooperativa Sociale “L‟Altra Idea” di Torino; riassumendo quelle
che sono state le impressioni avute in qualità di osservatore partecipante alle
terapie di riabilitazione equestre con i bambini autistici.
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CAPITOLO 1
L’AUTISMO
“[…] ho sperimentato il mio autismo come un cesto,
con molti puzzles diversi,
tutti mescolati fra loro e a ciascuno manca qualche pezzo,
ma c’è qualche pezzo in più
che non appartiene a nessuno di quei puzzles.”
(Williams, 1996)
(cit. in Cottini, 2003, p. 112)
1.1 DEFINIZIONE DI AUTISMO
L‟autismo rientra tra i Disturbi Generalizzati dello Sviluppo (D.G.S.) e
compare nel bambino nei primi tre anni di vita (Arduino, 2001a). Ciò che
contraddistingue i disturbi generalizzati dello sviluppo è la complessità ad
acquisire determinate abilità sociali, linguistiche, cognitive e motorie. Il
termine “generalizzato” si riferisce alla persona che racchiude in sé disturbi
riguardanti l‟intero suo essere.
L‟autismo fa riferimento a un comportamento “gravemente disturbato”
(Pani, 2004), le cui manifestazioni non sono omogenee per tutti i soggetti, ma
possono variare in base all‟età e alle particolarità delle persone. È una
patologia che oggi coinvolge sempre più studiosi e che sempre più si
diffonde nei bambini con un‟incidenza maggiore nei maschi, piuttosto che
nelle femmine (Lord, Schopler, Revicki, 1982). Ad oggi la causa è ancora
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sconosciuta, a questo proposito vi sono numerose ricerche il cui obiettivo è
quello di individuare cause diagnostiche e/o psicologiche.
L‟autismo è caratterizzato dalla presenza di alcuni deficit
nell‟interazione sociale, come l‟isolamento o l‟incapacità a entrare in
relazione con gli altri; nella comunicazione, che va dalla completa mancanza
di produzione di parole e frasi, a un linguaggio oscuro e incomprensibile, fino
a parole e frasi articolate in seconda o terza persona in maniera ecolalica.
Nel repertorio di interessi e di attività con una povertà di fantasia e di
attenzioni ma allo stesso tempo anche con un‟eccessiva insistenza a fare le
stesse cose (Foglio Bonda, 1987).
Attualmente la comunità scientifica si basa su questa triade di deficit
per effettuare delle classificazioni. Le principali classificazioni diagnostiche
internazionali sono il DSM-IV (Diagnostic and Statistical Manual of Mental
Disorders, quarta edizione, 1994), dell‟American Psychiatric Association
(APA), che esamina sia i disturbi mentali dell‟adulto, sia quelli che insorgono
nell‟infanzia e nell‟adolescenza; e l‟ICD-10 (International Classification of
Diseases, decima edizione, 1992) dell‟Organizzazione Mondiale della Sanità
(OMS).
Attraverso queste classificazioni, che non mettono in luce alcuna
causa, gli specialisti trovano un valido aiuto per poter compiere una diagnosi
di autismo.
Nella categoria dei disturbi generalizzati dello sviluppo, il DSM-IV
include le seguenti suddivisioni:
Disturbo Autistico
Disturbo di Asperger
Disturbo di Rett
Disturbo Disintegrativo della Fanciullezza
Disturbo Generalizzato dello Sviluppo Non Altrimenti
Specificato
Secondo il DSM-IV, i criteri diagnostici per poter considerare un
soggetto affetto dal Disturbo Autistico, sono i seguenti:
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