CAPITOLO 1
INTRODUZIONE
Introduzione
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1.1. Note introduttive
Il termine propoli deriva dal greco “pro” (“davanti”, “all' ingresso”) e “polis” (“città”,
“comunità”) e indica un composto prodotto dalle api a difesa e protezione dell'alveare
(Ghisalberti, 1979). La propoli è un materiale resinoso e ambrato, prodotto dalle api
operaie (Fig. 1.1), a partire dalle gemme di numerose specie di alberi, quali betulle,
pioppi, pini e altre conifere, ippocastani, ontani, salici e palme, in funzione della
ubicazione geografica di origine. Per produrre la propoli, le api (Apis mellifera L.)
impiegano anche del materiale resinoso secreto dalla corteccia delle piante o l’essudato
dalle ferite del tronco, contenente gomme, resine, lattice, mucillagini e altre sostanze
lipofiliche (Castaldo e Capasso, 2002).
Fig. 1.1. Esemplari di Apis mellifera L.
(immagini tratte da blogdelleapi.files.wordpress.com e ww.selese.org).
La fonte più comunemente impiegata deriva dalla resina di Populus balsamifera L. o da
altre specie di Populus (Burdock, 1998). Una volta raccolto, tale materiale resinoso viene
masticato e subisce l'azione delle secrezioni salivari ed enzimatiche fino ad assumere le
caratteristiche peculiari (Bankova et al., 2000). Tale materiale viene quindi impiegato
dalle api per ricoprire le celle dell'arnia, per riparare microfessurazioni, colmare piccoli
spazi vuoti o per imbalsamare piccoli insetti invasori uccisi (Marcucci, 1995). In Venezuela
e in altre regioni tropicali del Sud America, le api indigene raccolgono le sostanze resinose
dalle piante, le miscelano con cera e terriccio e formano la geo-propoli (Castaldo e
Capasso, 2002).
Introduzione
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La composizione della propoli grezza varia enormemente da regione a regione e
dall'origine di provenienza. Generalmente, è composta per il 50% da resine e balsami
vegetali, per il 30% da cere (che le api aggiungono alla propoli per renderla più
malleabile), per il 10% da olii essenziali ed aromatici, per il 5% da polline e per il restante
5% da altri residui organici (Cirasino et al., 1987; Monti et al., 1983). La cera e altri
materiali organici vengono rimossi dalle operazioni di raffinazione. La componente
vegetale è senza dubbio la più importante, essendo costituita da molecole cui è ascrivibile
la maggior parte delle attività biologiche osservate (De Vecchi e Drago, 2007).
Fig. 1.2. Esempi di propoli grezza e commerciale
(immagini tratte da www.bioapi.it e www.apicolturamiele.it).
1.2. La propoli nella storia
La tradizione dell'addomesticamento delle api ha portato, nei secoli, alla conoscenza e
allo sfruttamento completo da parte dell'uomo di tutti i prodotti dell'alveare (Burdock,
1998). Le proprietà terapeutiche della propoli, grezza e raffinata, l’hanno resa un
prodotto di interesse in numerose applicazioni (Bankova et al, 1998).
La propoli è un rimedio naturale largamente impiegato fin dall'antichità. Gli antichi Egizi
ne conoscevano molto bene le proprietà anti-putrefattive e la impiegarono ampiamente
nell’imbalsamazione dei corpi. Le proprietà farmacologiche e medicinali sono menzionate
negli scritti dei più famosi medici greci e romani (Castaldo e Capasso, 2002). Plinio,
nell’opera “Naturalis Historia”, cita le proprietà benefiche della propoli, che i soldati
dell’Impero Romano ricevevano in dotazione in piccole dosi per curare le ferite. Per secoli
Introduzione
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è stata impiegata dalla medicina popolare nella cura di svariati malanni, dalla tubercolosi
all'ulcera duodenale, dai disturbi gastrici alle dermatiti. Come farmaco, la propoli è stata
impiegata come disinfettante e cicatrizzante nel trattamento delle ferite e come
antisettico del cavo orale. Tali impieghi rimasero in uso fino al Medioevo e si diffusero
anche presso i medici arabi (De Vecchi e Drago, 2007).
L'uso della propoli, tuttavia, non è stato solo prerogativa delle civiltà del Vecchio Mondo:
alcuni ritrovamenti testimoniano l'impiego della propoli come agente antipiretico anche
presso la civiltà Inca (Castaldo e Capasso, 2002). In alcuni trattati russi del XII secolo la
propoli è stata menzionata quale rimedio di eccellenza per la cura del mal di gola, delle
piaghe e per facilitare il fenomeno di cicatrizzazione delle ferite; nello stesso secolo è
stata inclusa nella farmacopea ufficiale londinese (De Vecchi e Drago, 2007).
Tra il diciassettesimo e il ventesimo secolo, il farmaco divenne estremamente popolare,
grazie alla dimostrata attività antibatterica. Nonostante l’enorme popolarità, tuttavia,
l’utilizzo della propoli rimase confinato alla medicina popolare per la maggior parte del
secolo scorso. Solo a partire dal 1970 l’attenzione scientifica di numerosi ricercatori verso
questo prodotto ha portato alla pubblicazione di studi di rilievo su riviste internazionali
(De Vecchi e Drago, 2007).
Allo stato attuale la propoli trova numerose applicazioni, quale costituente principale di
prodotti sia dermocosmetici (creme, lozioni, shampoo e balsami, dentifrici) sia medicinali
(spray, colluttori, pastiglie, tinture madri). Per la formulazione di questi prodotti, la
propoli viene utilizzata prevalentemente come estratto idroalcolico (De Vecchi e Drago,
2007). Uno degli impieghi più popolari della propoli nella medicina tradizionale risiede
nella terapia delle infezioni del cavo orale e delle prime vie respiratorie (Azarpazhooh et
al., 2006).
La scienza erboristica moderna raccomanda l'uso della propoli per le sue dimostrate
attività antibatteriche, antifungine, antivirali, antiinfiammatorie, anestetiche ed
epatoprotettive, per la capacità di accrescere la resistenza naturale del corpo alle
infezioni e nella cura delle ulcere gastroduodenali. Con uso topico, può essere impiegata
nell'alleviare vari tipi di dermatiti causate da batteri e funghi, nella cura di ferite, per
favorire la rigenerazione dei tessuti danneggiati, nel trattamento di bruciature,
neurodermatiti, ulcerazioni degli arti, psoriasi ed herpes (Castaldo e Capasso, 2002).
Introduzione
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1.3. Origine ed estrazione della propoli
Numerosi studi hanno dimostrato che le componenti presenti nella propoli grezza
originano da tre fonti: dagli essudati delle piante raccolti dalle api, dalle sostanze secrete
dal metabolismo delle api, e dal materiale diverso che viene introdotto in una seconda
fase nel corso della lavorazione della propoli. Le api raccolgono tali sostanze con le
mandibole e le elaborano con le zampe fino a condurle nella borsa pollinica presente nei
pressi delle zampe posteriori (Marcucci 1995).
La proporzione di cera presente nella propoli sembra dipendere dalla disponibilità di
materie prime resinose, ma anche dall'impiego finale da parte delle api: è stato infatti
dimostrato che la propoli utilizzata per riparare le arnie viene arricchita di una grande
quantità di cera, mentre quella necessaria a costituire un sottile strato protettivo delle
cellette può non contenerne affatto (Castaldo e Capasso, 2002).
La raccolta della propoli può avvenire sostanzialmente mediante raschiatura delle celle
del favo, oppure per raccolta su superfici appositamente preparate. Nel primo caso, il
materiale recuperato contiene una quantità elevata di impurità e di materiale estraneo
(cera, schegge di legno, parti di api). Questa tecnica è oggi sostituita con l'immissione
all'interno dell'alveare di superfici forate (griglie e reti metalliche o di plastica), che le api
tendono naturalmente a ricoprire di propoli, e che vengono poi estratte dall’arnia e
raschiate (Thrusheva et al., 2007).
Il prodotto ottenuto (propoli grezza) viene inviato alle lavorazioni successive, stoccato in
botti o tank e refrigerato. Viene sempre effettuata una valutazione analitica della propoli
raccolta: se molto ricca di cere, subisce un lavaggio preliminare e la successiva
essicazione; altrimenti, viene direttamente posta a bagno in una soluzione contenente il
95% (v/v) di alcol etilico. L' ultimo step prevede la filtrazione del prodotto e la rimozione
delle impurità e della cera eventualmente presenti. Dalla lavorazione possono essere
ottenuti tre diversi prodotti: la tintura, il balsamo e l'estratto etanolico (Burdock, 1997).
Recentemente sono stati messi a punto nuovi e più efficienti sistemi di estrazione delle
componenti organiche da matrici solide, anche mediante l’impiego di tecniche ad
ultrasuoni (Thrusheva et al., 2007).
Introduzione
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1.4. Composizione della propoli
A partire dagli anni ’60 sono stati numerosi gli studi volti a chiarire la composizione
chimica della propoli. Non è possibile definire una composizione esatta e universalmente
valida della propoli, in quanto questa è soggetta a variazioni dovute all'origine geografica,
alla stagione di raccolta e alla provenienza botanica.
Nelle zone a clima temperato, la fonte di materiale resinoso più diffusa è rappresentata
da piante appartenenti alla specie Populus nigra, mentre nelle zone più fredde predomina
la betulla (Bankova et al., 2000). La propoli proveniente da queste regioni è caratterizzata
da una composizione chimica sovrapponibile, in cui prevalgono composti fenolici, quali
flavonoidi agliconi e flavononi, acidi aromatici e loro derivati esterificati, esteri dell’acido
caffeico con alcoli a lunga catena (Christov et al., 1998). Nelle regioni tropicali, dove sono
diverse le piante e i fiori di origine (Cistus spp in Tunisia, Clusia spp in Venezuela,
Xanthorrhoeae spp in Australia, Araucaria spp e Baccharis spp in Brasile), si ritrovano in
maggior concentrazione, rispetto alla propoli di origine europea, i derivati dell’acido p-
cumarico e dell’acetofenone, nonché diterpeni e lignani (Marcucci et al., 1998; Martos et
al., 1997).
Molti autori ritengono che ogni pubblicazione recente che tratti l’attività biologica della
propoli dovrebbe includere anche una caratterizzazione chimica del tipo di propoli
impiegata e l’origine botanica di provenienza (Bankova, 2005). Un metodo proposto da
tale autrice per caratterizzare il profilo chimico della propoli prende in considerazione tre
parametri: il contenuto totale di flavoni e flavonoli, il contenuto totale di flavononi e
diidroflavononi, e il contenuto totale di fenoli. Applicando questa procedura a 114
campioni di propoli provenienti da varie regioni dell’Europa Centro-Orientale è stato
possibile determinare la composizione media di flavoni/flavonoli (pari all’8±4%),
flavononi/diidroflavononi (6±2%), e di fenoli totali (28±9%) (Bankova, 2005).
La composizione complessa ne rende difficile il frazionamento nei singoli composti. La
tecnica più comunemente utilizzata prevede l'estrazione della frazione solubile in alcoli, in
particolare etanolo (EEP – ethanol extract of propolis), ma l'estrazione con altri solventi
ha portato all'identificazione di ben 200 composti (Marcucci, 1995). L’elevata variabilità
della composizione chimica si traduce in profonde differenze nelle caratteristiche fisiche
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della propoli, che può variare per colore, aroma o sapore, e, seppur in misura meno
marcata, per l’attività biologica esplicata.
Per quanto riguarda la frazione polifenolica, essa è composta principalmente da
flavonoidi, seguiti da acidi ed esteri fenolici, aldeidi fenoliche, chetoni, ecc. Altri composti
presenti sono gli oli volatili e gli acidi aromatici (5-10%), cere (30-40%), resine, balsami e
granelli di polline, che rappresentano una fonte importante di oligoelementi quali
magnesio, nichel, calcio, ferro e zinco (Dobrowolski et al., 1991). Nuovi composti sono
stati isolati dalla propoli brasiliana (acido 3,5-diprenil-4-idrossicinnamico) e dalla propoli
cinese (octacosanolo) (Park et al., 2002).
1.5. Proprietà farmacologiche e attività antimicrobica
I dati riportati in letteratura hanno finora evidenziato come le proprietà antimicrobiche
della propoli siano correlate principalmente ai flavonoidi pinocembrina, galangina e
pinobanksina (Fig. 1.3).
Fig. 1.3. Struttura molecolare dei flavonoidi galangina, pinocembrina e pinobanksina.
La pinocembrina ha dimostrato anche proprietà antifungine. Altri componenti attivi sono
gli esteri dell'acido cumarico e caffeico. Relativamente agli altri componenti, gli acidi p-
cumarico (Fig. 1.4) e diterpenico posseggono attività antibatterica e citotossica.
Fig. 1.4. Struttura molecolare dell’acido cumarico.
L'acido caffeico feniletilestere (CAPE) ha invece dimostrato attività citotossica nei
confronti di alcune cellule tumorali (Castaldo e Capasso, 2002) (Fig. 1.5).
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Fig. 1.5. Struttura molecolare dell’acido caffeico feniletilestere (CAPE).
Per quanto concerne l’attività antimicrobica, sebbene la mancanza di una
standardizzazione metodologica per esprimere l’attività della propoli renda difficoltosa
una comparazione tra i diversi studi, evidenze sperimentali ne hanno dimostrato l’ampio
spettro d’azione. La propoli risulta attiva nei confronti di diversi batteri sia Gram positivi
(Staphylococcus e Streptococcus spp) sia Gram negativi (E. coli, K. pneumoniae,
Pseudomonas vulgaris e Pseudomonas aeruginosa), Helicobacter pylori, funghi unicellulari
(Candida albicans), alcuni protozoi (T. cruzi) e vari virus (HIV, Herpes virus e Influenzae
virus) sebbene l’esatto meccanismo dell’attività antivirale della propoli non sia stato
ancora definito (Papeljnjak et al., 2004; Salomao et al., 2004; Huleilel et al., 2002; Santos
et al., 2002; Drago et al., 2000; Bosio et al., 2000; Park et al., 1998).
Stepanovid (2003), analizzando l’attività di 13 campioni di EEP raccolti in regioni diverse
della Serbia nei confronti di 39 microrganismi, ha riscontrato una significativa azione
antimicrobica solo verso i ceppi Gram positivi e verso i lieviti, mentre questa era molto
scarsa verso i ceppi Gram negativi. A basse concentrazioni, inoltre, la propoli è sembrata
esercitare un’azione batteriostatica più che battericida (Drago et al., 2000).
Uno studio condotto da Tosi et al. (1996) ha messo in luce come la scelta del solvente
impiegato per l'estrazione della propoli possa influenzare il grado di attività
antimicrobica. In particolare, le preparazioni oleose presentano un ampio spettro di
attività antimicrobiche; soluzioni a base di glicerolo mostrano scarso potere inibente nei
confronti di batteri Gram positivi; soluzioni a base di etanolo e propilene glicol
presentano invece una buona efficacia contro i lieviti.
Tra i batteri sensibili all’azione della propoli rientrano i principali agenti eziologici di
infezioni delle vie respiratorie e del cavo orale, quali streptococchi, H. influenzae, M.
catarrhalis, S. aureus sia meticillino-sensibili che meticillino-resistenti, Candida spp. e
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alcuni batteri anaerobi. L’attività verso questi microrganismi risulta batteriostatica a basse
concentrazioni, ma battericida a concentrazioni più elevate. Differenti livelli di attività
sono stati riportati per propoli di diversa origine geografica o prodotte da specie apiarie
diverse (Silici et al., 2005; Salomao et al., 2004; Papeljnjak e Kosalec, 2004).
Livelli diversi di attività antimicrobica tra estratti alcolici provenienti dalla Bulgaria e dal
Brasile sono stati osservati nei confronti di S. aureus, con concentrazioni minime inibenti
(MIC) rispettivamente di 102 e 1638 µg/ml; S. pneumonie (MIC rispettivamente di 26 e
819 µg/ml, Neisseria meningitidis (MIC rispettivamente di 13 µg/ml e 102 µg/ml)
(Salomao et al., 2004). Analogamente, livelli di MIC differenti sono stati riportati nei
confronti di S. aureus per estratti etanolici di propoli provenienti da zone continentali e
mediterranee della Croazia (MIC: 0,9 ± 0,7 e 5,7 ± 2 mg/ml, rispettivamente) (Papeljnjak e
Kosalec, 2004).
L’ampia diversità di attività antimicrobica viene generalmente ascritta alla diversa
composizione chimica delle propoli utilizzate nei diversi studi (De Vecchi e Drago, 2007).
Bankova, analizzando 114 campioni di propoli provenienti da varie regioni dell’Europa
Centro-Orientale, ha individuato valori medi di MIC per S. aureus, 211 ± 132 µg/ml e una
significativa correlazione inversa tra la concentrazione totale di fenoli nella propoli e la
MIC: maggiore è la concentrazione, minore è la concentrazione minima di inibizione
(Bankova 2005).
Alcuni studi hanno evidenziato un notevole effetto sinergico nell'azione antibatterica tra
la propoli e gli antibiotici streptomicina e cloxacillina e un lieve effetto sinergico nella
combinazione con gli antibiotici cloramfenicolo, cefradina e polimixina B, impiegando
come ceppo test Staphylococcus aureus (Krol et al., 1993). Recentemente, diversi autori
hanno messo in evidenza l’azione sinergica della propoli con diversi antibiotici nei
confronti di S. aureus, impiegando molecole in grado di interferire con la sintesi proteica,
quali clindamicina, tetraciclina e gentamicina (Fernandes et al., 2005). La sinergia tra
propoli e antibiotici è stata osservata anche nei confronti di Helicobacter pylori e
Salmonella typhi (Orsi et al., 2006; Nostro et al., 2006).
Prove condotte impiegando 15 ceppi batterici di rilevanza clinica in medicina dentistica
hanno dimostrato in vitro l’efficacia antibatterica dell'estratto di propoli e inibizione
dell'adesione cellulare (Koo et al., 2000). Inoltre l’ampio spettro d'azione ha suggerito
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l'impiego della propoli in formulazioni dedicate alla cura delle infiammazioni del cavo
orale, sinusiti, periodontiti, faringo-tracheiti, e nelle patologie delle vie respiratorie e nelle
ulcerazioni cutanee (Kosenko et al., 1990).
Oltre all’attività antimicrobica, alcuni studi hanno messo in luce l’azione
antiinfiammatoria della propoli, sebbene il meccanismo d’azione rimanga ancora
sconosciuto. Tra le componenti sottoposte a sperimentazione, solo CAPE (in misura più
consistente) e galangina hanno dimostrato la loro attività (Rossi et al., 2002).
La propoli ha inoltre mostrato effetti immunostimolatori e immunomodulatori in vitro sui
macrofagi (Claus et al., 2000), mentre in vivo è risultata aumentare il numero di linfociti
CD4 e CD8T nei topi (Kimoto et al., 1998).
Alcuni esperimenti hanno evidenziato gli effetti epatoprotettivi della propoli nelle
patologie epatiche acute e indotte nei ratti da tetracloruro di carbonio, e nei topi da
paracetamolo (Gonzalez et al., 1995) e alcol allilico (Remirez et al., 1997). Nel fegato, il
glutatione (GSH) epatico gioca un ruolo protettivo contro il danneggiamento cellulare
indotto da agenti chimici, essendo una delle più importanti molecole antiossidanti
presenti nel fegato che contribuisce, a concentrazioni fisiologiche, al mantenimento del
normale stato ossido-ridotto cellulare. La propoli è risultata in grado di rallentare la
degradazione del GSH indotta dal paracetamolo nei topi e prevenire la morte cellulare
(Castaldo e Capasso, 2002).
La propoli è risultata in grado di agire come scavenger verso le forme radicaliche
dell'ossigeno (Pascual et al., 1994). Studi più recenti hanno dimostrato che la propoli è in
grado di inibire la formazione dell'anione superossido, che viene prodotto durante l'auto-
ossidazione del b-mercaptoetanolo (Russo et al., 2001).
La propoli ha inoltre mostrato un effetto rigenerativo nei riguardi dei tessuti biologici
danneggiati (Stojko et al., 1978), attività anti-neoplastica verso numerose cellule tumorali
(Kimoto et al., 1998; Banskota et al., 1998; Lee et al., 2000) ed è risultata in grado di
inibire la divisione cellulare e la sintesi proteica (Takaisi-Kikuni e Schilcher, 1996).
Tra i composti presenti nella propoli, l’acido caffeico feniletilestere è stato identificato
come uno dei composti con più elevate proprietà chemoprotettive e anti-tumorali (Lee et
al., 2000). Frenkel et al. (1993) hanno dimostrato l'azione citotossica del CAPE verso le
cellule tumorali e virali, ma non verso le cellule sane. Il meccanismo esatto di azione della
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propoli e del composto attivo CAPE verso le cellule tumorali, tuttavia, non è stato ancora
compreso appieno e necessita di ulteriori studi sperimentali.
1.6. Meccanismo d’azione dell’attività antimicrobica
L’attività antimicrobica della propoli non è il risultato da una singola frazione, ma
piuttosto dell’azione sinergica di alcune delle sue componenti, in particolare fenoli e
flavonoidi, quali galangina, pinocembrina, pinobanksina (Sforcin et al., 2005) e quercetina
(Gatto et al., 2002) (Fig. 1.6).
Fig. 1.6. Struttura molecolare della quercetina.
L’azione della propoli sembra esplicarsi a diversi livelli e attraverso molteplici meccanismi
d’azione: inibizione della divisione cellulare, scompaginamento della membrana
citoplasmatica e della parete cellulare, inibizione della sintesi proteica e della RNA
polimerasi, e inibizione enzimatica (Takaisi-Kikuni e Schilcher, 1994; Cushnie et al., 2005).
L’attività antimicrobica della quercetina è risultata riconducibile ad un meccanismo di
inibizione della DNA girasi in Escherichia coli, mentre la galangina ha provocato perdite
massive di potassio nelle cellule di S. aureus, per un effetto diretto sulla membrana
citoplasmatica o indiretto, prodotto dall’indebolimento della parete cellulare batterica e
conseguente lisi osmotica (Cushnie e Lamb, 2005).
È stato dimostrato come la propoli possa limitare l’azione patogena di S. aureus
interferendo con alcuni fattori di virulenza, come l’attività coagulasica e lipasica o la
produzione di biofilm batterico (Scazzocchio et al., 2006).
Il meccanismo responsabile dell’attività antivirale della propoli, invece, non è stato ancora
ben definito: si ritiene che l’interazione della propoli con la membrana cellulare possa
bloccare la penetrazione delle particelle virali nella cellula ospite e/o indurre cambiamenti
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a livello intracellulare, che, a loro volta, alterano il ciclo di replicazione virale (HuleiHel et
al., 2002).
1.7. Tossicità
Generalmente alla propoli viene associato un basso livello di tossicità acuta: i valori
riportati di DL50 nell’animale risultano compresi tra 2050 e 7340 mg/kg. Il NOEL ("No
Observed Adverse Effect Level"- dose senza effetto avverso osservabile) nei topi è pari a
1400 mg/kg/die; applicando un fattore di sicurezza pari a 1000 (fattore di sicurezza che si
applica quando non si dispone di studi clinici di tossicità cronica a lungo termine
sull'uomo), si ottiene una dose sicura per l'uomo pari a 1.4 mg/kg peso corporeo/die,
corrispondente circa a 70 mg/die (Burdock, 1998).
L'opinione corrente ritiene l'uso di preparazioni standardizzate a base di propoli più sicuro
e molto meno tossico di molti medicinali di sintesi (Castaldo e Capasso, 2002). Tuttavia
poiché il metodo di estrazione e lavorazione della propoli rimane scarsamente
standardizzato, la variabilità nella risposta ai test di tossicità tra campioni può essere
notevole (Burdock, 1997).
La propoli è considerata sicura se assunta in dosi limitate, e gli effetti collaterali sono stati
evidenziati per dosi superiori ai 15 g/die. Gli effetti avversi più comunemente riscontrati
sono reazioni allergiche, come irritazioni alle mucose o alla pelle (Rudzki e Grzywa, 1985).
La reazione più frequente all’uso di propoli è rappresentato dall’insorgenza di dermatite,
ma negli ultimi anni, a causa dell’uso diffuso della propoli, si è assistito ad un incremento
dei casi di allergia, che sono stimati tra l’ 1,2 e il 6,6 % (Walgrave et al., 2005; Giusti et al.,
2004). Sebbene gli esteri dell’acido caffeico abbiano mostrato l’effetto allergizzante più
intenso (Hausen, 1987), altri costituenti della propoli (isoferulati, flavonoidi agliconi e
acidi aromatici liberi) possono occasionalmente avere un ruolo nel determinare i
fenomeni allergici (Hausen, 1998). Occorre osservare, tuttavia, che i flavonoidi, principali
costituenti della propoli dotati di attività biologica, sono caratterizzati da un basso livello
di tossicità (Havsteen et al., 1983).