INTRODUZIONE
La tematica oggetto del presente lavoro
riguarda le sanzioni penali in ambito tributario, le
quali saranno analizzate tenendo conto anche del
loro rapporto con le sanzioni amministrative
tributarie e dell’evoluzione che la relativa
disciplina ha subito negli anni a seguito di
numerosi interventi del legislatore.
Quest’ultimo ha apportato una serie di
modifiche alla regolamentazione originaria, non
solo ai fini di un maggior adeguamento della
stessa con le esigenze che man mano si
manifestavano nel tempo, ma anche per poter
porre fine alle critiche sollevate da
giurisprudenza e dottrina in relazione ad alcuni
punti della disciplina che generavano non
irrilevanti dubbi di legittimità costituzionale.
Volendo sintetizzare in questa introduzione i
punti trattati nelle singole parti di questa tesi,
indicherò brevemente l’argomento meglio
approfondito in ciascuna di esse.
V
Nella prima parte vi è l’esposizione di alcuni
concetti basilari; come quello di illecito e
sanzione, esposizione accompagnata dal vaglio
delle diverse classificazioni che di questi concetti
sono state elaborate le quali, classificazioni,
saranno poi collocate in rapporto alle varie teorie
costruite intorno alle stesse.
Dall’analisi in oggetto emerge subito un dato
chiaro e incontestabile, ovvero, che già in epoche
molto antiche, risalendo all’epoca romana per
esempio, di fronte ad alcuni comportamenti
considerati “non leciti” nasce l’esigenza di punire
colui che ne è l’autore.
In sostanza, le considerazioni intorno a ciò che
“non è lecito”, pur essendo state formulate
milioni di anni fa, sono ancora decisamente
attuali e valide, così come testimoniano le opere
di Marco Tullio Cicerone.
Ulteriore testimonianza di questo comune
sentimento di riluttanza e non tolleranza nei
confronti di quei comportamenti che si pongono
in un’ottica antigiuridica è il codice di
Hammurabi, collocato tra gli anni che vanno dal
1764 al 1755 a.C., considerato il primo codice
VI
penale della storia, conteneva in esso una serie di
norme e precetti i quali assumevano la funzione
di sanzioni da infliggere a coloro che
trasgredivano un divieto imposto dalla legge del
tempo.
La risposta sanzionatoria contenuta in questo
primo codice, inoltre, era rivolta ad evitare che
ogni singolo individuo provvedesse esso stesso
alla punizione di colui che gli avesse cagionato un
danno o fatto un torto, si trattava, in sostanza, di
sottrarre e abolire il potere di autotutela
affidando tale compito ad un organo centrale che
si sostituisse ai privati nell’inflizione delle pene.
Sempre nella prima parte, dopo aver
accennato alla distinzione tra illeciti tributari
amministrativi e penali, saranno analizzate in
maniera più specifica le singole categorie e le
relative caratteristiche, focalizzando
maggiormente l’attenzione, dato l’indirizzo
penale della presente tesi, sugli illeciti penali.
Saranno analizzati tutti i principi di natura
costituzionale e non che operano in materia e le
leggi che si sono susseguite nel tempo.
VII
Nella seconda parte, invece, l’analisi si
concentrerà maggiormente sulle sanzioni penali,
cominciando col fornire una definizione di cosa si
intenda per sanzione penale in ambito generale,
comprendendone la relativa funzione, per poi
arrivare alle sanzioni tipiche del sistema
tributario.
Anche qui, così come nella prima parte, un
paragrafo sarà dedicato all’evoluzione storica del
sistema sanzionatorio prendendo in
considerazione la legge del 1929 la n.4, la quale
quest’ultima ha completamente rivoluzionato il
sistema sanzionatorio tributario introducendo
una disciplina al quanto omogenea e concentrata
in un unico testo normativo, a fronte della
situazione precedente che vedeva la stessa
sparpagliata in vari testi normativi non sempre di
facile individuazione e di uniforme applicazione,
comportando il tutto un’inevitabile violazione di
uno dei principi fondamentali del nostro
ordinamento, ossia quello relativo alla “certezza
del diritto”.
La suddetta legge subirà delle modifiche a
seguito di una serie di interventi sia di natura
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giurisprudenziale che di natura legislativa,
interventi con i quali si cercherà di colmare delle
lacune ovvero migliorare degli aspetti che non
risultarono soddisfacenti in sede di applicazione.
Una breve trattazione sarà dedicata anche alle
sanzioni amministrative tributarie, le quali sono
inevitabilmente connesse con il tema centrale
della tesi, rappresentando l’altra faccia della
medaglia del sistema sanzionatorio tributario.
Si farà, dunque, riferimento alle due tipologie
di sanzioni amministrative tributarie, ovvero la
pena pecuniaria e la soprattassa.
Nella terza parte, del presente lavoro, il
discorso sarà concentrato sul tema principale; le
sanzioni tributarie penali.
Saranno, poi, saggiate le varie scelte di politica
criminale fatte dal legislatore in materia in
concomitanza con la legislazione adottata sin dal
1982, legge n. 516, fino alla riforma del 2000,
D.Lgs. n. 74.
Verranno analizzate le caratteristiche delle
rispettive leggi, muovendo da una comparazione
delle stesse per comprenderne meglio le
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differenze ma soprattutto le novità che sono
state introdotte grazie alla seconda delle due.
Con quest’ultima, infatti, il legislatore ha
cercato in qualche modo di placare quel
malcontento generale manifestatosi intorno alla
c.d. legge “manette agli evasori” la quale, pur
avendo avuto il merito di abolire l’odioso istituto
della “pregiudiziale amministrativa”, si
presentava fortemente in contraddizione con
principi di natura costituzionale, il che risultava
assolutamente inaccettabile.
È per questo che nel tempo si susseguirono
vari progetti di riforma, tra i quali la legge delega
n. 205/99 trasformata poi in legge con il D.Lgs.
74/2000.
Quest’ultimo decreto sarà oggetto d’esame
anche nella parte successiva (parte quarta), in
quanto la stessa è dedicata alle pena accessorie,
alla loro funzione e alle varie tipologie in cui esse
vengono suddivise nel decreto in questione.
La tematica delle pene accessorie presenta,
così come per le stesse sanzioni, molte analogie
con l’analoga disciplina contenuta nel codice
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penale, è per questo che in modo riassuntivo sarà
analizzato l’art. 19 del c.p., contenente l’elenco
delle diverse pene accessorie divise a seconda
che i reati ai quali le stesse si applicano ricadono
nella categoria dei delitti o delle contravvenzioni.
Le conseguenze applicative di ciascuna pena
accessoria varia a seconda della tipologia di pena
applicata e a seconda della tipologia di reato
commesso al quale la pena viene riconnessa.
Infine dopo l’analisi delle sanzioni e delle pene
accessoria, nell’ultima parte della tesi saranno
analizzate le fattispecie criminose il cui verificarsi
nella realtà rappresenta la condizione necessaria
per l’ applicazione degli interventi punitivi
stabiliti in materia.
Mi riferisco ai reati in materia d’imposte
dirette, in materia di contrabbando e di oli
minerali.
Tra le tre tipologie di reato quella più
ampliamente disciplinata dal nostro ordinamento
è decisamente la prima, non può dirsi lo stesso
per le altre due, tant’è vero che per i reati in
materia di contrabbando sarà necessario
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richiamare un D.P.R., che pur essendo molto
analitico è alquanto datato risalente al 1973, il n.
431.
È probabile che la ragione di questa netta
differenza di disciplina, da un punto di vista
quantitativo, tra le tre tipologie di fattispecie
criminose più che rinvenirla in una mancanza di
interesse del legislatore per le ultime due, sia
invece da ricercare nella semplice evidenza che le
imposte dirette rappresentano una delle
maggiori entrate per le casse dell’Erario.
Sarà, forse, quest’ultimo motivo che ha indotto
il legislatore a porre maggior attenzione alla
disciplina delle stesse sotto ogni aspetto, anche
quello sanzionatorio, in quanto è proprio
un’adeguata risposta sanzionatoria, come ben
sappiamo, che consente di consolidare
l’osservanza dei dettati legislativi spingendo i
contribuenti ad adempiere spontaneamente ai
loro doveri fiscali, anche se in realtà si tratta di
una spontaneità fittizia data l’incombente
minaccia di una sanzione.
XII
PARTE PRIMA
IL CONCETTO D’ILLECITO E LE DIVERSE
FORME DEL SUO MANIFESTARSI
SOMMARIO: 1. L’illecito: definizioni e tipologie – 2. L’evoluzione
storica – 3. L’illecito tributario – 4. L’illecito amministrativo tributario
– 5. L’illecito penale tributario – 5.1. Gli elementi oggettivi e
soggettivi nell’illecito penale tributario – 5.2. Il bene giuridico nei
reati tributari .
1. L’ILLECITO: DEFINIZIONE E TIPOLOGIE
Nel diritto con il termine illecito s'intende un
comportamento umano contrario
all'ordinamento giuridico, in quanto costituisce
violazione di un dovere o di un obbligo posto da
una norma giuridica (detta primaria), al quale
un'altra norma (detta secondaria) ricollega una
sanzione.
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Pertanto, seguendo tale ricostruzione, non
esisterebbe un concetto assoluto di illecito
giuridico, in quanto quest’ultimo sarebbe
soggetto alla diversità dei vari ordinamenti
giuridici, pur potendosi ragionevolmente
ipotizzare un’omogenea qualificazione di certi
comportamenti alla stregua di illeciti, per lo
meno in relazione ad ordinamenti dotati del
medesimo livello culturale.
Il contrasto tra il comportamento e la norma
primaria prende il nome di antigiuridicità.
Peraltro, in dottrina vi è che ha criticato la
coincidenza tra illecito e antigiuridicità, in
particolare adottando una nozione più ristretta di
illecito giuridico, coincidente con il compimento
di atti che sollecitano dall’ordinamento
l’applicazione di una sanzione, non già una
1
qualche reazione.
1
A tal proposito, risulta interessante la tesi di KELSEN, Teoria generale del diritto e dello Stato,
cit., 53, secondo la quale, il concetto di illecito delineato come semplice violazione del diritto, è un
concetto metagiuridico, non giuridico. In sostanza, secondo quanto sostiene KELSEN l’illecito
giuridico non è una violazione del diritto ma, bensì, una condizione determinata dal diritto per
l’applicazione della sanzione, giungendo, in questo modo, a sovvertire il rapporto tra norma
primaria e secondaria, laddove la prima viene ad essere identificata nella norma sanzionatoria,
mentre la seconda nella norma che descrive il comportamento da non assumere per evitare che si
applichi la sanzione.
~ 2 ~
Tale concezione, non del tutto priva di
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anomalie, ci permette comunque di mettere in
risalto l’imprescindibile nesso tra illecito e
sanzione punitiva, nonché l’eventualità di
considerare l’illecito giuridico non come qualsiasi
comportamento contrario al diritto, bensì alla
stregua dei soli comportamenti cui consegua una
sanzione.
Se così fosse, allora la distinzione tra le varie
tipologie di illecito discenderebbe
sostanzialmente e direttamente dalla distinzione
delle sanzioni.
Il comportamento che costituisce l'illecito può
assumere forme diverse; può essere commissivo
(ossia un'azione), quando viola un obbligo o
dovere negativo (di non fare), oppure omissivo
(ossia un'omissione), quando invece viola un
obbligo o dovere positivo (di fare o di dare).
L'illecito è un fatto giuridico in quanto una
norma giuridica ricollega ad esso, quale
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ALBANESE, Illecito (storia), cit., 51, il quale evidenzia come attribuendo alla qualifica di
illiceità un ambito così ristretto, diverso anche dal valore tradizionale di illecito civile, si finirebbe
per eliminare quasi del tutto la nozione di illecito dal diritto privato, degradando quest’ultimo ad
ordinamento affievolito. Inoltre seguendo questa via oltre a scontrarsi con la difficoltà di rinvenire
un valido criterio distintivo tra fenomeni illeciti ed atti i quali, pur essendo antigiuridici non
rientrerebbero nella categoria dell’illecito, si verificherebbe la paradossale conseguenza di dover
ammettere un settore di “non lecito” diverso dall’illecito.
~ 3 ~
conseguenza, il sorgere di una situazione
giuridica soggettiva, la responsabilità, ossia il
dovere di sottostare alla sanzione prevista; si
può, quindi, parlare di fatto illecito.
Negli ordinamenti attuali, di solito, affinché
sorga la responsabilità è necessario che il
comportamento sia volontario, sicché l'illecito
viene a configurarsi più precisamente come atto
giuridico (e, in particolare, mero atto); si può,
quindi, parlare di atto illecito. Tuttavia non
mancano anche negli ordinamenti attuali casi di
responsabilità oggettiva, in cui, cioè, le
conseguenze si verificano a prescindere dalla
volontarietà del comportamento; in questi casi
l'illecito non si configura come atto giuridico ma
come mero fatto.
Gli ordinamenti giuridici possono avere varie
categorie d'illecito, in relazione alla norma
violata, al tipo di sanzione che ne consegue o alle
modalità per la sua irrogazione.
Una prima distinzione tra illeciti può essere
operata tra illecito privato o civile ed illecito
pubblico, conseguenti, rispettivamente, alla
lesione di situazioni giuridiche soggettive
~ 4 ~
individuali rilevanti nella vita di relazione ed alla
violazione di interessi inerenti alla generalità dei
consociati ed allo stesso ordinamento costituito.
Nell’ambito della categoria dell’illecito
pubblico, sussiste l’ulteriore distinzione tra
illecito penale ed illecito amministrativo, in
merito alla quale si è sviluppato, un lungo e
ancora aperto dibattito dottrinale.
Possiamo, comunque, affermare che
l’orientamento maggiormente diffuso ritiene che
l’unico elemento veramente caratterizzante l’una
o l’altra categoria di illecito potrebbe ravvisarsi
nel fatto che, mentre con la repressione
dell’illecito penale si mira a tutelare l’interesse
generale al mantenimento dell’ordine sociale, la
repressione di quello amministrativo è finalizzata
a realizzare gli specifici e contingenti interessi
pubblici di volta in volta affidati alla cura della
Pubblica Amministrazione.
Tuttavia, anche questa conclusione si scontra
con alcuni fenomeni presenti nell’ordinamento
giuridico, come ad esempio quello della
depenalizzazione che ha interessato alcuni reati
puniti con la sola pena pecuniaria, nel quale uno
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stesso fatto è stato prima considerato rilevante ai
fini della tutela dell’ordine sociale e
successivamente è stato riservato nella sfera
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della tutela amministrativa.
Dalle osservazioni appena svolte, potremmo
concludere che l’unico concreto parametro di
riferimento utile al fine di distinguere l’illecito
penale da quello amministrativo sia di natura
nominalistica, non essendo possibile, a tal scopo,
prescindere dal tipo di misure repressive che
l’ordinamento riconnette alla commissione
dell’illecito, con particolare riguardo,
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naturalmente, a quelle sanzionatorie.
Accettando tale criterio di distinzione si dovrà
pervenire al risultato di dover qualificare come
penale l’illecito punito con una sanzione penale e
amministrativa quello punito con una sanzione
amministrativa.
3
M. A. SANDULLI, Sanzioni IV) Sanzioni amministrative, in Enc.giu. Roma,1992. L’Autore
sottolinea come, non di rado, un medesimo comportamento lesivo di norme di un settore governato
dalla Pubblica Amministrazione sia reputato, in diverse epoche storiche, ora come mero illecito
amministrativo, ora anche come illecito penale.
Sandulli evidenzia, inoltre, come negli ultimi anni si sia assistito al fenomeno inverso, ossia alla
qualificazione come meri illeciti amministrativi della quasi totalità degli illeciti penali punibili con
la sola pena pecuniaria.
4
ZANOBINI, Le sanzioni amministrative, Torino, 1924.
~ 6 ~
A tal punto è evidente l’esistenza di un legame
imprescindibile tra illecito e sanzione, nel senso
che non è attraverso la qualificazione dell’illecito
che si può individuare la natura della sanzione,
ma, al contrario, è piuttosto attraverso
quest’ultima che può delinearsi la valutazione
che l’ordinamento compie in relazione all’illecito.
Riguardati, dunque, da questo ultimo punto di
vista possiamo dire che: l'illecito civile, quale
violazione di una norma posta a tutela di un
interesse privato è seguito dall’applicazione di
una sanzione di tipo risarcitorio finalizzata, cioè, a
reintegrare il danno subito dal soggetto portatore
dell'interesse tutelato, sanzione che viene
irrogata dal giudice nell'ambito della giurisdizione
civile; contrariamente invece, l’illecito penale o
reato consistendo, come poc’anzi detto nella
violazione di una norma posta a tutela
dell'interesse pubblico, ossia dell'ordine etico-
politico-sociale dello Stato, è seguito da una
sanzione di tipo punitivo, la quale viene irrogata
dal giudice nell'ambito della giurisdizione penale;
ed infine, gli illeciti amministrativi prevedono
l’applicazione di sanzioni amministrative
pecuniarie, ovvero pene pecuniarie, soprattasse
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