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INTRODUZIONE
Ho maturato l‟idea di un lavoro sulla donazione e la raccolta delle cellule
staminali da cordone ombelicale, in base all‟importanza che credo abbia il dono.
Esso si manifesta come il fondo più vero delle relazioni etiche, nelle sue
caratteristiche di genuinità e gratuità.
E‟ importante donare qualche cosa che ci appartiene, attraverso un atto
accomunante. Si dona il proprio tempo, o un qualche simbolo della propria
identità.
Il donante si dona, regalando sé nel dono, o una qualche parte di sé, o
un dono del proprio corpo di pregnante simbolicità, come ad esempio gli organi
o il sangue cordonale.
Ulteriore motivazione a questa mia tesi nasce dall‟esperienza di tirocinio.
Infatti mi sono trovato più volte a dover gettare, e a non poter raccogliere, il
sangue del cordone ombelicale, che potenzialmente sarebbe potuto essere
fonte di speranza per i bambini malati di leucemia.
Sono convinto che chiunque sarebbe disposto a compiere un così facile
gesto, anche perché spesso donare qualche cosa comporta sempre un po‟ di
sacrificio, mentre la donazione del sangue cordonale é indolore sia per la
mamma che per il neonato, e necessita solo di una breve attesa fino a quando
é stata riempita la sacca. Agli operatori invece, che sono impegnati nella
raccolta del sangue, viene richiesta una nuova prestazione, che, rispetto alle
normali procedure, richiede un ulteriore impegno di tempo. Quale miglior tempo
speso per un atto di così tale generosità.
Nella tesi dunque ho sviluppato inizialmente il tema delle cellule
staminali, partendo dalle origini fino ai giorni nostri, descrivendone le fonti e le
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caratteristiche. Sono passato poi alla descrizione di un progetto di raccolta di
sangue placentare, in cui ho posto l‟attenzione sulle motivazioni che spingono
alla raccolta, le procedure che seguono la donazione, chi sono i riceventi e quali
prospettive future, in base alle attuali conoscenze scientifiche, che avranno i
trapiantati.
Ho analizzato l‟organizzazione delle banche di sangue cordonale
ponendo l‟attenzione sulle metodiche di conservazione e sul controllo di qualità;
ho fatto in particolar modo riferimento ai protocolli GRACE, ai quali si attengono
le principali banche del sangue italiane.
Questi argomenti sono stati di premessa per presentare l‟ipotesi
applicativa di un centro di raccolta per la Provincia Autonoma di Bolzano.
Ho preso in esame la regolamentazione in materia di cellule staminali a
livello internazionale e ho concluso, infine, con un accenno alle banche del
sangue cordonale private, che attualmente non sono presenti in Italia, grazie
alle normative vigenti, che le vietano.
La parte più impegnativa della tesi è stata la ricerca bibliografica, che è
ricca di notizie sulle cellule staminali in generale, ma povera su quelle di origine
cordonale. Mi sono avvalso anche di fonti internet e di alcune interviste fatte
direttamente presso la Milan Cord Blood Bank.
Ringrazio il Dr. Messini per avermi accompagnato nella stesura di questa
tesi. Un grazie particolare va rivolto alla mia famiglia che mi ha sempre
sostenuto in questo percorso di studi, a Silvia e a tutti coloro che hanno creduto
in me.
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Capitolo primo
Le cellule staminali
1. Dalle origini ai giorni nostri
In passato, tra le varie scuole ematologiche, ci sono state parecchie
dispute per quanto concerne l‟origine degli elementi del sangue, dovuto alla
difficoltà di identificare morfologicamente i reali precursori delle cellule
ematiche. Nacquero così tre teorie: quella unitaria, quelle dualistiche e quella
pluralista.
Ferrara e Maxinow furono i sostenitori di quella unitaria o monofiletica,
secondo la quale tutti gli elementi sanguigni derivano da un‟unica cellula
capostipite, l‟emocitoblasto che a sua volta deriva dalla cellula mesenchimale
indifferenziata o emoistioblasto. Questo tipo di cellula viene classificata come
staminale totipotente.
Per quanto riguarda una delle due teorie dualistiche, la prima
presupponeva che ci fosse l‟esistenza di una cellula capostipite per la serie
rossa (eritrociti) e una per la serie bianca (granulociti, linfociti monoliti,
piastrine). Invece la seconda teoria dualista riconosce come cellula d‟origine dei
granulociti, monoliti ed eritrociti il mieloblasto, mentre quello progenitore dei
linfociti il linfoblasto. Infine la teoria pluralista o polifiletica identifica un
precursore per ciascuna cellula del sangue.
Le ricerche più moderne però hanno dimostrato che gli elementi ematici
derivano da un‟unica cellula, quella staminale. Nonostante tutto, restano
comunque delle incertezze sulla reale identità morfologica di questa cellula.1
1
ROSATI P. -Citologia Istologia- Edi Ermes, p.790-791, 1992.
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2. Le fonti di cellule staminali
Le cellule sono l‟unità funzionale del corpo umano e di tutti gli esseri
viventi. Gli organi sono composti da cellule e sostanze da esse prodotte; i
tessuti di un organismo adulto sono differenziati e questo significa che le cellule
che li compongono sono specializzate per compiere funzioni specifiche. Ad
esempio le cellule nervose sviluppano i prolungamenti che consentono di
condurre e trasmettere gli impulsi nervosi, inoltre producono alcune proteine ed
anche le sostanze necessarie per svolgere questa funzione. Nella cellula
restano attivi solo i geni necessari per darle la funzione specifica (per fabbricare
la proteina corrispondente), mentre gli altri geni vengono spenti; quindi una
cellula nervosa non sarà mai in grado di trasportare, come un globulo rosso,
ossigeno grazie all‟emoglobina, perché il gene corrispondente non viene letto.
Le cellule staminali invece non hanno le caratteristiche di una cellula
differenziata ma hanno due capacità che le contraddistinguono:
a) sono in grado di moltiplicarsi a volontà creando molteplici
coppie di sé stesse e
b) sono in grado di differenziarsi in cellule di più tipi diversi.
Se partecipassimo alla divisione di un gruppo di cellule staminali,
noteremo che alcune cellule figlie restano staminali proprio identiche alla
madre, mentre altre iniziano a subire dei cicli di trasformazione dando origine a
cellule differenziate in un determinato tessuto.
Guardando le cellule staminali al microscopio tra di loro sono molto simili
ma non uguali. Esse differiscono nella capacità di proliferare, di produrre un
certo tessuto rispetto ad un altro e di rispondere a determinati segnali che
permetterà loro di guidarle nello sviluppo. Queste differenze sono dovute al
corredo proteico che producono in un dato momento della loro vita, in modo tale
da poter cambiare il proprio andamento.
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Però una volta che le cellule sono differenziate perdono quasi totalmente
la capacità di differenziarsi. Se prendiamo come riferimento dei tessuti labili,
che sono soggetti ad un ricambio rapido, come ad esempio l‟epidermide o il
sangue, per permettere che avvenga anche nell‟adulto una continua
proliferazione è necessaria la presenza di una riserva di staminali, che avranno
come sede rispettivamente la base della pelle ed il midollo osseo. La
caratteristica di queste cellule è di essere in grado di proliferare una quantità
soddisfacente di figlie, però non di ottima qualità. Sono quindi in grado di
rigenerare tessuto cui appartengono, non molto vista la potenzialità di una
cellula staminale.
Ma quale è allora l‟organismo umano più versatile che è in grado di
formare molti tessuti diversi? L‟embrione.
Le possibilità più ampie le ha in assoluto lo zigote, la cellula che si forma
quando l‟ovocita viene fecondato dallo spermatozoo e dà origine ad un
organismo. Quindi lo zigote è totipotente. Si possono considerare totipotenti
anche le cellule dei primissimi stadi dello sviluppo embrionale; il fatto lo
dimostra quando le prime due cellule formate dalla divisione dello zigote si
separano l‟una dall‟altra dando origine a gemelli identici. Con lo sviluppo
dell‟embrione le cellule si specializzano e perdono parte della potenzialità che
avevano in origine. Quando l‟embrione umano è una blastocisti, una minuscola
massa di un centinaio di cellule, le cellule staminali sono pluripotenti ossia in
grado di generare ogni tipo di tessuto, ma non un organismo intero.
Proseguendo con la specializzazione, si giunge a quelle dell‟adulto che sono
staminali multipotenti, che sono oramai orientate verso una precisa via di
orientamento e capaci di dare una limitata gamma di tessuti. Infine ci sono le
cellule progenitrici o precursori che sono capaci di moltiplicarsi in abbondanza
però dando vita ad un solo tipo di cellula differenziata.2
2
SABATO G., L‟officina della vita, Garzanti 2002; 20
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2.1. Quelle embrionali
Le cellule staminali embrionali (ES) derivano dalla regione interna
dell'embrione (embrioblasto o inner cell mass) prima del suo impianto nella
parete dell'utero. Dotate di elevata capacità proliferativa, le cellule ES sono in
grado di dare origine a tutti i tipi cellulari presenti nell‟organismo e per questo
potenzialmente utili per la terapia delle patologie umane. Queste cellule
possono essere isolate da blastocisti e cresciute in vitro con particolari e
costose metodiche che ne mantengono inalterate le proprietà di plasticità e
totipotenza per periodi di alcuni anni.3.
Ciò consente, a partire da poche decine di cellule, di ottenerne centinaia
di milioni con le stesse caratteristiche e potenzialità iniziali. Quando aggregate
con un embrione precoce possono integrarsi nell‟embrione e successivamente
crescere e differenziarsi in tutti i tipi cellulari del nuovo organismo senza
causare nessun disturbo alla crescita e sviluppo di quest‟ultimo. In più, sono
stati messi a punto particolari metodiche “in vitro” che guidano il
differenziamento delle cellule ES in specifici tipi cellulari per generare, ad
esempio, una grande quantità di neuroni,4 cellule della glia,5 cardiomiciti e
progenitori ematopoietici.6
3
EVANS e KAUFMAN, Nature 292: 154-6, 1981
4
OKABE et al., Mech Dev 59:1 89-102, 1996
5
BRUSTLE et al., Science 285: 754-756, 1999
6
KELLER e SNODGRASS, Nat Med 2 151-2, 1999
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Figura 1. Cellule staminali pluripotenti ricavate dall’embrione o dagli
abbozzi delle gonadi del feto
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Recentemente, sono state isolate cellule staminali umane a partire da
precocissimi embrioni (non più necessari per gli scopi terapeutici prefissati)
ottenuti con tecniche di IVF e donati da individui informati e consenzienti.7 Dai
primi risultati pubblicati nella letteratura scientifica internazionale, queste cellule
embrionali staminali (ES) umane, possiedono una elevatissima plasticità e
flessibilità nel generare qualsiasi tipo di cellula matura.8
Le cellule staminali embrionali possono quindi essere prodotte con
questa finalità da embrioni congelati, prodotti in eccesso rispetto alle necessità
della fecondazione in vitro. In Gran Bretagna il loro numero è di varie decine di
migliaia. In Italia non esiste un registro di questi embrioni e di conseguenza se
ne ignora il numero esatto ma è plausibile che il numero sia comunque elevato.
In pratica esiste una enorme sproporzione tra l‟abbondanza di embrioni prodotti
e l‟assenza di soggetti interessati ad impiantarli nel proprio utero. Dobbiamo
però porci davanti ad un quesito biologico: quant‟è la durata biologica di questi
embrioni?. Nei roditori il congelamento di cellule e di embrioni ne riduce, col
tempo la vitalità. Il che significa che dopo un certo numero d‟anni, solo una
piccola percentuale di embrioni congelati riprende lo sviluppo embrionale con
un rischio elevato di aborti e malformazioni. Nell‟uomo queste informazioni
mancano ma è presumibile che il fenomeno sia generale per i mammiferi. In
ogni caso, cellule ES, così ottenibili in grande numero potrebbero essere
particolarmente utili per poter studiare i meccanismi che ne regolano
proliferazione e differenziamento in vari tessuti, permettendo quindi di ottenere
una conoscenza preziosa. Infine, va considerato un loro diretto impiego
terapeutico in quelle forme di terapia in utero o peri-natale dove il sistema
immunitario del paziente “imparerebbe” a riconoscere come proprie le cellule
trapiantate.
7
THOMSON et al., Science 282 1145-7, 1998
8
SCHULDINER et al., Pnas 97, 11307-11312, 2000
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Non sempre però vengono utilizzati gli embrioni sovrannumerari, ed
allora esiste la possibilità eventuale di isolare cellule embrionali in modo da non
provocare la soppressione dell'embrione. Questo sarebbe ottenibile mediante
un prelievo selettivo di un numero limitato di cellule ES a stadi precoci di
sviluppo quali quello di morula e di blastocisti che, quindi, non implicherebbe la
distruzione dell‟embrione medesimo. Sebbene ciò sia tecnicamente fattibile,
grazie a metodiche di prelievo standardizzate, mutuate dalla diagnostica
preimpianto in tecniche IVF, alcune considerazioni di natura tecnica sono
d‟obbligo. Mentre non si può escludere che in un numero limitato di casi la
morula-blastocisti potrebbe non mantenere intatto il proprio potenziale di
sviluppo post-prelievo, il problema saliente é rappresentato dalla difficoltà di
espandere in coltura il numero limitato di cellule ottenibili dal prelievo, in modo
da ottenere la quantità di cellule necessaria per applicazioni terapeutiche.
Questa difficoltà sembrerebbe attualmente superata grazie ai risultati
ottenuti da Michael Amit e coll.9 che hanno recentemente dimostrato la stabilità
fenotipica e genotipica di cellule ES umane clonate in vitro per un periodo di
otto mesi di coltura. Non é certo che il prelievo permetta di isolare “vere” cellule
ES ad ogni tentativo. Infatti, l‟organismo nel suo complesso deriva da sole 3-4
delle circa 100 cellule che compongono la blastocisti10 e non é chiaro se questa
minoranza di cellule è pre-costituita o se tutte le cellule della blastocisti
posseggono un uguale potenziale.
9
Dev. Biol. 327; 271-278
10
MARKERT C.L e PETTERS R.M, Science, 1978, 202:56 e Clonal expression in allophenic
mice, Symp. Int. Soc. Cell Biol. 9:15, 1970