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osservare come tale empasse tra le due superpotenze veniva superata con l‟approvvigionamento di
armi, denaro e consulenti di varia natura (politica, militare, economica) alle parti colà in conflitto.
Ovviamente se il diritto internazionale trova naturale applicazione nei rapporti esistenti tra gli Stati,
il diritto internazionale umanitario viene ad applicarsi in un contesto belligerante dove il fine ultimo
è garantire la tutela del combattente, laddove questo cessi la sua funzione istituzionale, nonché della
popolazione civile e del patrimonio culturale della regione interessata dagli scontri. Un maggiore
interessamento verso queste tematiche si è avuto all‟indomani del secondo conflitto mondiale
continuando tutt‟oggi con l‟entrata delle 4 convezioni di Ginevra del ‟49 nel novero del diritto
abitudinario, quindi con la ratifica di trattati ad hoc concernenti l‟utilizzo/dismissione di particolari
tipologie di armi, del sistema di protezione a favore dei beni culturali con la convenzione dell‟Aja
del „54. A questo punto risulta inevitabile sottolineare il legame che unisce lo sviluppo delle
relazioni tra gli Stati con l‟evoluzione del diritto umanitario con uno sguardo verso il “nuovo corso”
statunitense guidato da Barack Obama, primo Presidente afroamericano, recentemente investito
dell‟ambito, e discusso, premio Nobel per la pace.
‟50, ma questo è un evento più noto al grande pubblico a cui spesso viene associato il conflitto vietnamita -dove la
partecipazione diretta, negli anni ‟60, dell‟America è riccamente documentata- sia per l‟area geografica che per la
consecutio tempore ed il motivo di fondo: il tentativo di isolare i paesi satelliti dell‟URSS cercando di anteporgli degli
stati cuscinetto con simpatie filoamericane.
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Capitolo 1. Origine del Diritto Internazionale Umanitario.
1.1 Regolamentazioni dell’uso della forza nella conduzioni dei conflitti e conseguenze.
L‟origine del Diritto Internazionale Umanitario, e della Croce Rossa Internazionale, massimo
esponente nella divulgazione, aggiornamento e tutela dello stesso, si riconduce alla battaglia di
Solferino, combattuta durante la seconda guerra d‟indipendenza Italiana del 1859. Gli schieramenti
vedevano contrapporsi il Regno Sabaudo all‟impero Austro-Ungarico ed in particolare, grazie
all‟abile azione diplomatica del Cavour a Plombières, i Piemontesi vengono supportati dalla Francia
di Napoleone III, il quale nutriva ambizioni espansionistiche sull‟italica “espressione geografica”
(come da definizione tanto amata dal Metternich). La battaglia in questione colpì l‟opinione
pubblica del tempo sia per i motivi politici che ne seguirono (annessione della Lombardia al
Piemonte, cessione del Nizzardo alla Francia, irredentismo nell‟Emilia) sia per le ferocia con la
quale venne combattuta a fronte di scarse cure mediche sul campo e/o nelle retrovie. Il tutto viene
riportato da Henry Dunant ne “Un souvenir da Solferino”. Dunant nell‟occasione si prodigò -
unitamente alla popolazione civile locale- a prestare le prime cure ai feriti senza considerarne
l‟appartenenza ideologica/militare, ciò, parimenti alla fondazione della Croce Rossa, gli permetterà
il conferimento del primo premio Nobel per la Pace nel 1901. Tuttavia è il Congresso di Parigi,
convocato dal 25 febbraio al 16 aprile del 1856 all‟indomani della guerra di Crimea, a rappresentare
il consesso internazionale dove verranno stabilite le prime regole permanenti per la conduzione
della guerra, nella fattispecie venne sancita la definitiva abolizione della “guerra di corsa4”. Viene
così istituito un primo quadro di certezza giuridica, una sorta di diritto sovranazionale cui tutte le
potenze devono sottostare, riconoscendo il diritto alla neutralità dei paesi non belligeranti.
L‟esigenza d‟individuare categorie di comportamenti illeciti nella conduzione della guerra e di
punire i fatti più gravi sarà riaffermata appena un decennio più tardi, nel 1864, in occasione della
stesura della prima Convenzione di Ginevra alla quale seguono i trattati di pace dell‟Aja del 18995 e
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L'emissione di lettere di corsa a privati fu vietata dapprima con il trattato di Utrecht del 1713 e fu poi definitivamente
bandita per i firmatari della Dichiarazione di Parigi del 1856, gli Stati Uniti d‟America non furono tra questi e durante la
guerra di secessione - 12.04.1861/26.05.1865 - gli stati confederati emisero tali garanzie.
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Vi parteciparono 26 stati che sottoscrissero tre convenzioni e tre dichiarazioni che riprendevano lo spirito di quella di
Pietroburgo del 1868: ribadivano l'intento dei firmatari di rinunciare all'uso dei proiettili esplosivi e aggiungevano la
proibizione di lanciare bombe dai palloni aerostatici e di usare gas asfissianti; veniva istituita la Corte Permanente
d‟Arbitrato a l‟Aja con lo scopo di promuovere l'uso di metodi pacifici per la risoluzione di controversie su base
consensuale. Fondamentale è la “clausola Martens” sul principio del rispetto delle leggi dell'umanità e dalle esigenze
della pubblica coscienza. Interessante è anche il codice Lieber, 150 articoli di norme consuetudinarie che gli stati
maggiori degli eserciti adottavano durante la conduzione dei conflitti, edito negli USA in quegli anni, sarà adottato
come base per i “moderni” codici penali militari
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del 19076 con le seguenti finalità: il mantenimento della pace, la riduzione degli armamenti e la
regolamentazione della guerra. La comunità internazionale, a cavallo tra l‟800 e il 900, affronta il
passaggio dallo “Jus ad bellum” allo “Jus in bello” passando quindi dalla regolamentazione del
diritto alla guerra, fondamentalmente senza limiti fino all‟istituzione della Società delle Nazioni del
1919, alla regolamentazione dell‟uso della forza durante i conflitti7, ciò è reso possibile grazie alla
progressiva formazione di una coscienza giuridica che ha portato alla consapevolezza di dover
considerare alcuni atti vietati anche in condizioni di ostilità, sanzionando determinati
comportamenti che avevano per loro natura caratteri “internazionali”. L‟accrescimento di tale
convinzione aveva alla base un pragmatismo proprio, connesso agli eventi geopolitici postumi della
Grande Guerra, dove il numero di morti è stato calcolato in oltre quindici milioni tanti quanti le
vittime per carestia e malattie. L'ultimo conflitto del passato (di trincea e lento) ma anche il primo
in cui si usarono mezzi moderni: aerei da caccia, carri armati, sommergibili e le armi chimiche.
All‟indomani della Grande Guerra seguono due eventi importantissimi per la comunità
internazionale: la nascita della Società delle Nazioni e l‟istituzione di un tribunale per i crimini
compiuti durante i combattimenti dalle forze armate tedesche8.
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Convenzione Drago-Porter, votata durante la seconda conferenza internazionale della pace, consisteva in una
limitazione all‟uso della forza bellica da parte di uno Stato creditore verso uno debitore, specie se quest‟ultimo avesse
accettato mezzi differenti per arrivare ad una risoluzione della questione sollevata. Per Luigi M. Drago, giurista
argentino, la sospensione di pagamenti verso il creditore non giustifica la risposta armata di quest‟ultimo, esempio
negativo in tal senso era stata l‟Italia Giolittiana del 1902 che, unitamente alla Germania ed alla Gran Bretagna, attuò
dapprima un blocco navale verso il Venezuela poi un cannoneggiamento di forte San Carlo a La Guaira, il dissenso fu
espresso dallo stesso Drago al Presidente statunitense ed ai viciniori paesi del sud America. Drago è tornato più volte
sull‟argoemnto nei suoi testi: Cobro coercitivo de deudas públicas (1906); Les emprunts d'État et leurs rapports avec la
politique internationale (1907); Un triunfo del arbitraje (1911).
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Nell‟Ordinance for the Government of the Army, pubblicata nel 1385, Riccardo II d‟Inghilterra proibiva la pena la
morte ed il compiere atti di violenza su uomini disarmati, donne e preti, di incendiare case o di violare luoghi sacri,
regole similari furono contemplate nei codici emanati in epoca successiva da Ferdinando d‟Ungheria nel 1526,
dall‟Imperatore Massimiliano II nel 1570 e dal re Gustavo II Adolfo di Svezia nel 1621. Alcuni punti di riferimento
sono chiari alla fine del XVIII secolo: in occasione della battaglia di Fontenoy nel 1747, il re di Francia Luigi XV
ordina di trattare feriti e nemici “esattamente come i nostri poiché essi essendo feriti, non sono più nostri nemici”.
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Risale al quindicesimo secolo quello che è comunemente indicato come il primo processo per crimini di guerra: si
tratta del procedimento contro il Peter von Hagenbach: l'accusa contestava omicidio, stupro, spergiuro e altre
'malefacta', tra cui l'aver ordinato ai propri mercenari di uccidere gli uomini all'interno delle case per infierire
liberamente su donne e bambini, sostenendo che l'imputato aveva "calpestato le leggi di Dio e dell'uomo". La questione
della punibilità era incentrata sul dovere di obbedienza all'ordine superiore e i suoi limiti, lo stesso von Hagenbach era
alle dipendenze del duca Carlo di Borgongna, detto il temerario, il quale ponendolo come governatore di Breisach
ordinava la sottomissione totale di quell‟abitato. Al termine del processo, davanti ad un tribunale istituito ad hoc
composto di giudici di varia provenienza, l‟imputato fu condannato a morte contestualmente alla privazione del rango di
cavaliere (rif. http://www.studiperlapace.it/view_news_html?news_id=20060106082425).
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1.2 Trattato di Versailles del 1919.
Nel tempo si è osservato come la coscienza collettiva abbia sempre suggerito che anche la guerra
si dovesse ispirare ad una serie di regole di condotta finalizzate ad evitare/limitare quanto più
possibile la barbarie gratuita, in linea generale, si riteneva opportuno, una volta terminato un
conflitto, per cercare di stabilizzare la situazione di pace cui si era appena giunti, pervenire ad una
sorta di amnistia generalizzata. Gli orrori compiuti durante i combattimenti erano così cancellati con
un colpo di spugna e gli autori delle peggiori atrocità restavano impuniti e qualora appartenenti alla
parte vincitrice, erano spesso celebrati come eroi. Si osserverà come il post conflitto della prima
guerra mondiale non è esentato da questo tragico e beffardo rituale, anche se vi saranno delle
interessanti innovazioni giuridiche, almeno nella prassi.
Prima del trattato di Versailles era pressoché inconcepibile poter ipotizzare un'imputazione dei
criminali di guerra fondata sulla loro responsabilità individuale; eppure, in quella sede, si cercò di
contestare ciò al Kaiser Guglielmo II Hohenzollern di Prussia per aver iniziato una guerra di
aggressione e per le violazioni del diritto bellico nella condotta delle ostilità. Si consideri che alla
base di queste accuse vi erano le dichiarazioni espresse in tal senso dall‟allora primo ministro
britannico, Lloyd George, che incentrava il tutto sulle conclusioni di un‟apposita commissione di
giuristi incaricati di esaminare tale possibilità, e dal Presidente del Consiglio francese,
Clemenceau9, che a tal fine avrebbe caldeggiato l‟istituzione di un tribunale speciale. L‟Italia si
dichiarò contraria. Il Ministro degli Esteri, Sonnino, sottolineava l'inopportunità politica e le
difficoltà d'attuazione di tale proposta ed il Presidente del Consiglio, Orlando, rilevava, come il
processo al Kaiser fosse improponibile per l'inesistenza di norme internazionali che stabilissero la
punibilità dei fatti e la pena applicabile. In tal caso, l'organo giudicante sarebbe stato istituito dagli
stessi accusatori dopo la commissione dei crimini. La posizione italiana non fu seguita e il
Consiglio Supremo delle forze vincitrici decise, il 23 gennaio 1919, d‟istituire una commissione
incaricata di redigere una relazione sui seguenti quattro punti:
1. la responsabilità degli autori dei reati di guerra;
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George Clemenceau, politico e giornalista, rimane coinvolto negli anni immediatamente precedenti il grande conflitto
nell‟affaire Dreyfus, dal nome dell‟ufficiale dell‟esercito francese coinvolto in una spy story ante litteram -si consideri
come qualche anno dopo la Francia seguirà interessata il procedimento contro Margareta Gertrude Zelle, meglio
conosciuta con lo pseudonimo di Mata Hari- a favore dell‟avversario tedesco. Clemenceau è infatti il direttore de
l‟Aurore, giornale dove Emile Zola scriverà il celebre J’accuse all‟indirizzo del Presidente della Repubblica, Felix,
dove sottolinea l‟atteggiamento ottusamente partigiano ed antisemita assunto dalla commissione d‟inchiesta.
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2. i fatti relativi alle violazioni di leggi ed usi di guerra commessi dalle forze dell‟Impero
tedesco e dai loro alleati, su terra, mare e aria;
3. il grado di responsabilità dei crimini in capo ai singoli membri delle forze armate;
4. costituzione di un procedimento giurisdizionale sulle tematiche in parola.
Malgrado gli auspici iniziali, il Kaiser Guglielmo II fu accusato di aver provocato il conflitto
“con supremo oltraggio all’etica internazionale e alla santità dei trattati” e, pertanto, contro tutte le
norme del diritto internazionale del tempo, fu richiesta per lo stesso l‟estradizione all‟Olanda, mai
concessa, dove egli viveva in esilio - per evitare le conseguenze dei procedimenti aperti contro di
lui - e dove morirà nel 1941. Di fatto, le disposizioni del Trattato di Versailles non creavano in tal
senso alcun obbligo all‟Olanda, in quanto Stato neutrale ed estraneo al Trattato stesso, e le proprie
leggi, le uniche applicabili al caso, non consentivano l'estradizione dell'oramai ex imperatore. Data
la posizione assunta dal Governo dei Paesi Bassi, gli Alleati abbandonarono il proposito di ottenere
l'estradizione di Guglielmo II inoltre, nel febbraio 1920, riuniti nella Conferenza di Londra, ed in
considerazione degli inconvenienti di natura politica che avrebbe comportato l'esecuzione delle
disposizioni del Trattato, relativamente alla consegna dei criminali di guerra, accoglievano la
richiesta formulata dal governo tedesco di rimettere i vari processi ai tribunali nazionali. La
Germania aveva istituito un tribunale speciale a Lipsia che avrebbe dovuto stabilire il risarcimento
dei danni provocati durante il conflitto e giudicare per metodi di guerra illeciti, maltrattamenti ai
prigionieri di guerra, vessazioni alle popolazioni civili dei Paesi occupati, i fedelrmarescialli Paul
von Hindemburg ed Erich Ludendorff, nonché l‟ammiraglio Alfred von Tirpitz, quest‟ultimo
relativamente alla guerra sottomarina, unitamente ad altri elementi delle forze armate. Le pene
furono irrisorie, parecchie furono le assoluzioni e relativamente agli alti ufficiali precedentemente
citati si aprirono le carriere politiche: il primo diverrà Presidente della Repubblica di Weimar, il
secondo si lascerà coinvolgere, nell‟immediato dopo guerra, dalle agitazioni nazionalsocialiste
figurando nel putsch di Monaco al fianco di Hitler, nel 1923, mentre l‟ultimo sedette al Reichstag
dal 1924 al 1928 quale parlamentare.