sacerdotali), era in sostanza il principale luogo di culto e a un tempo il centro del
potere della casa indo-europea. Era garante e immagine stessa della durata del nucleo
familiare e della comunità. […] Il fuoco del camino, in quanto manifestazione stessa
della famiglia e a un tempo garante del suo benessere, doveva essere curato e
rispettato. (Buttita 2002: 76)
Il presente studio intende ribaltare il luogo comune: si sostiene
infatti, che il passaggio da fuoco domestico a fuoco comunitario
abbia seguito una direzione inversa, ovvero che il fuoco del
gruppo sociale si sia frammentato nei fuochi delle famiglie. Va da
sé che da un unico addetto dell'accensione del fuoco, si è passati
a più responsabili.
Le tracce di fuochi comunitari testimoniano sia una necessità
pragmatica che una simbolica: nel primo caso il si tratta di una
garanzia perenne di fiamma, nel secondo caso del simbolo della
coesione sociale del gruppo civile. Una comunità umana che
condivida le proprie energie impegnandosi a mantenere accesa la
fiamma, agisce in modo solidale e coordinato. Volendo tradurre il
ragionamento in un'equazione matematica:
Fuoco di cucina : Fuoco pubblico = Individuo : Collettività
Fuoco di cucina → Individuo = Fuoco pubblico → Collettività
Ovvero: il fuoco di cucina sta a quello pubblico, quanto il
singolo individuo sta alla collettività. Così facendo, si inaugura
un'analogia. Le relazioni dell'individuo col fuoco domestico sono
poste in paragone con quelle del gruppo civile col fuoco pubblico.
Nei processi di diffusione delle idee, si insiste spesso sull'importanza del focolare:
polo delle attività all'interno dell'abitazione, esso rappresenta quasi simbolicamente il
luogo di riunione e di scambi, favorendo così l'elaborazione di un linguaggio nonché
la strutturazione del gruppo. (Perlès 1983: 202)
Ampliando il ragionamento di Perlès, se il fuoco favorisce la
strutturazione del gruppo, significa che veicola anche la
3
“strutturazione di un senso culturale”. Il gruppo umano acquisisce
una identità grazie alla propria interazione col fuoco.
Il fuoco si presta a svariate applicazioni, sia pratiche che
astratte.
Bruciando i campi al termine del raccolto, tra agosto e settembre, si rigenera il suolo.
Se praticamente le ceneri rilasciano sostanze proficue alla crescita delle messi, a
livello simbolico il fuoco “riscalda” il terreno, brucia gli elementi nocivi e stimola le
forze sopite, le energie latenti della natura. […] La stessa pratica agricola rende
manifeste le proprietà fecondatrici del fuoco e dei suoi esiti. […] Molto prima di aver
chimicamente provato che le ceneri contenevano potassio, si è dunque attribuito un
potere fertilizzante alle paglie combuste sparse nei campi, connettendo rigenerazione
della natura e rifondazione del tempo. (Buttita 2002: 52)
E' un oggetto dalla forma variabile ed evanescente, perciò ben si
presta all'assunzione di svariati significati simbolici.
Manca ancora una precisa indagine tipologica che tenga conto della relazione tra
fuoco, singole occasioni rituali, diverse funzioni svolte, insieme alle pratiche
cerimoniali. Non si può escludere aprioristicamente che ogni falò rituale sia anche
connesso con il corso solare o con il bisogno di purificazione. Va sottolineato però che
le diverse forme assunte dal fuoco nei singoli contesti festivi, rivestono spesso altri,
più rilevanti significati, rappresentano qualcosa di più che il sole o una generica forza
purificatrice. Da qui l'utilità di assumere ai fini interpretativi altri modelli teorico-
metodologico più adeguati o quantomeno complementari. (Buttita 2002:
137)
Nell'analisi che segue, il primo capitolo indaga la natura
multiforme e plurisimbolica del fuoco. Si esplorano i significati
d'uso ed i significati astratti attribuiti alla fiamma, a secondo
delle circostanze. In questo modo è possibile verificare quanto il
fuoco si presti ad essere strumento di indagine della civiltà.
Lo studio del fuoco introduce inesorabilmente allo studio del
falò, che di fuoco è costituito. Il falò rappresenta l'apologia
del fuoco messo in opera dall'uomo. Il falò è un fuoco utile a far
4
fuoco: esprime la tautologia. Pur essendo di natura inconsistente
la sua pratica perdura nei secoli.
Una fra le simbologie più antiche e longeve del falò, è quella che
lo ricollega misticamente al sole.
La attenzione rivolta al sole e agli astri è evidentemente fondata sulla constatazione
che il loro corso esercita un'azione determinante sull'intera natura e influenza ogni
possibilità di vita. Nel corso degli astri, che esita in una costante vicenda di comparsa e
ricomparsa, così come nella ciclica morte e rinascita della vegetazione, l'uomo vede
una testimonianza di vita dopo la morte. Istituendo un'intima analogia, tra sole e fuoco,
nella fiamma si traduce il portato simbolico dell'astro e il fuoco si qualifica come
simbolo della vita e garanzia di rinascita. (Buttita 2002: 43-44)
Strettamente connesso al ciclo delle stagioni ed al movimento
degli astri, in questo studio il falò è utilizzato come “macchina
del tempo”. Il falò è uno strumento di indagine che consente di
intessere delle relazioni dirette fra diverse epoche storiche.
Nel secondo capitolo la proprietà atemporale del fuoco viene
applicata all'analisi di un contesto geografico ben determinato,
sito in Lombardia. La Valle Camonica vanta una storia (intesa come
storia umana, non come testimonianza scritta della storia) lunga
10.000 anni. Si cerca di dimostrare come all'interno del continuum
storico esistano delle “spie”, ovvero delle testimonianze
culturali su cui non grava il peso dei secoli. La percezione
psicofisica del falò sembra essere rimasta immutata dai primordi
della civiltà, sino ai tempi più recenti.
Erano tutti contenti, felici, perché avveniva una cosa storica, tramandata non so da chi.
Io non so chi l'ha inventato, però era una cosa bella per tutti, e si stava lì e si gioiva
[…] (Appendice n.2)
Ovviamente la “spia” cardine del discorso è quella rappresentata
dal falò, inteso nella propria espressione spettacolare. Il falò è
spesso protagonista delle sagre paesane. Lo spettacolo veicola
l'autocelebrazione del gruppo umano.
5
All'interno della tradizionale “festa del paese”, l'analisi
condotta rileva un cambiamento. La variazione si dimostra di
natura formale: il senso della celebrazione non muta. Esistono e
si producono sempre meno falò. In loro sostituzione, dopo un
periodo di sovrapposizione, si aprono la strada i giochi
pirotecnici. Nonostante ciò il gruppo umano non abbandona i
festeggiamenti, persiste nel gioire di sé, il culmine della
celebrazione non si esprime più tramite la fiamma libera del
fuoco, bensì tramite il botto luminescente. Il dato riportato
consente di asserire che non esiste cesura culturale e che la
tecnologia moderna ha semplicemente tradotto il falò, non l'ha
soppiantato, non l'ha eliminato.
6
Identificazione dell'oggetto di studio.
1a. Definizione di falò.
Una ricerca superficiale sull'oggetto falò non produce molti
risultati, almeno non in tempi immediati, anche le tanto decantate
enciclopedie multimediali offrono notizie alquanto limitate
sull'argomento. Si propone un esempio dal dizionario di lingua
italiana Fernando Palazzi:
Falò: sm. [forse dal gr. φανός, fiaccola] gran fiammata, fatta per lo più per allegrezza o
anche per distruggere: di certi libri che escono bisognerebbe fare un bel falò || N. rogo,
pira. (Palazzi 1957: 445)
La voce, ricalcata dall'edizione del 1957, è assolutamente poco
aggiornata; cercando un riferimento più recente, dal Sabatini-
Coletti online:
Falò: [fa-lò] s.m. Inv. • Fuoco acceso all'aperto per segnalazione, come
manifestazione festosa o per bruciare cose inutili o invise. SIN rogo; anche in senso
fig.: ha fatto un f. di tutte le sue promesse • sec. XIII (Sabatini-Coletti 2009
in http://dizionari.corriere.it)
In Wikipedia la voce falò non è ancora stata introdotta.
Evidente è che per riuscire a recuperare informazioni occorre
ricorrere ad un'indagine più approfondita, ma soprattutto è
necessario operare una traslazione prospettica. Inutile o quasi
ricercare una letteratura scientifica sul falò, perché qualsiasi
pubblicazione che se ne occupi non ne tratta in modo specifico.
Molto più proficuo utilizzare come chiave d'indagine la parola
fuoco. E' indubbio che un falò sia un fuoco e per di più di
dimensioni consistenti; un così lieve cambiamento di prospettiva,
amplia in modo considerevole il bacino bibliografico a cui
attingere.
I Vigili del Fuoco detengono il primato di pubblicazione
sull'argomento; seguono le edizioni scientifiche in cui si
associano fuoco e produzione di energia. I libri per l'infanzia
7
sono i principali promotori di un'educazione al fuoco, nonché
offrono una discreta panoramica fra miti, leggende e fiabe. Le
scienze umane variano il loro interessamento dall'appassionato al
superficiale:
Nel XIX secolo, tuttavia, la nozione di fuoco nelle scienze fisiche fu sostituita da altri
concetti quali calore ed energia, e perse il suo posto di primo piano all'interno della
teoria scientifica.
Nello stesso tempo, il fuoco continuò a tener desta l'attenzione degli studiosi
dell'evoluzione della cultura umana. […] Nel XX secolo, tuttavia, gli scienziati sociali
hanno avuto la tendenza a seguire l'esempio dei loro colleghi di scienze naturali e
hanno eliminato il fuoco dai loro interessi. (Goudsblom 1996: VIII)
Si vogliano mettere a confronto le definizioni precedentemente
esposte in una tabella che ne faciliti la comparazione.
Definizione Fine d'uso Esemplificazione Sinonimi
Gran fiammata, fatta... allegrezza
distruggere
di certi libri che escono
bisognerebbe fare un bel falò
rogo
pira.
Fuoco acceso all'aperto segnalazione
manifestazione
festosa
bruciare cose inutili
o invise
ha fatto un f. di tutte le sue
promesse
Rogo, sec.
XIII
Una distanza di cinquantadue anni divide un enunciato dall'altro:
• Nella prima definizione non esiste un soggetto determinato e
il verbo “fare” accentua la vaghezza della frase; la seconda
definizione, pur mantenendo l'a-personalità del soggetto, lo
richiama tramite il verbo “accendere”. Solo un uomo può agire
accendendo.
• I fini d'uso indicati nel primo caso mantengono un carattere
indefinito; non si specifica a chi si procuri l'allegrezza,
anche se è supponibile che si tratti di persone; in oltre il
8
verbo “distruggere” lasciato all'infinito, lascia pensare che
la distruzione avvenga per cause non dipendenti dalla volontà
di alcuno. Si può infatti intendere che sia la natura stessa
ad agire attraverso eruzioni vulcaniche, terremoti,
cataclismi. I fini d'uso indicati nel secondo caso,
descrivono delle situazioni inscindibili dalla presenza
umana, anche perché nessuno in natura, tranne l'uomo,
categorizza la realtà come utile o inutile. Un atto
distruttivo è classificato smaltimento solo all'interno di un
contesto culturale. La natura biologica non produce rifiuti,
perché si fonda su di una continua trasformazione chimica.
Tutto ciò che apparentemente è di scarto all'interno di un
microcosmo naturale, in realtà, ne nutre un altro. Ad
esempio, la corteccia putrescente di un albero nutre funghi,
muffe, muschi, etc; quest'ultimi, a loro volta, sono il
sostentamento per altre specie animali o vegetali e così via.
• Le esemplificazioni si esprimono nel primo caso in modo
generico (bisognerebbe), nel secondo caso in riferimento ad
un soggetto agente, una terza persona singolare (ha fatto;
sue).
• Nella colonna dei sinonimi incuriosisce che il secondo
enunciato sia corredato di un riferimento temporale (XIII
secolo). Ciò trova spiegazione nel fatto che ogni epoca
storica e ogni cultura associano all'idea di falò immagini
diverse. Quindi per l'Italia del XIII sec. d.C. la “grande
fiammata” richiama immediatamente alla mente dell'uomo comune
un “rogo”, probabilmente di streghe; mentre una generale idea
di “pira” forse, riconduce alla memoria l'incenerimento dei
defunti praticato in Asia.
Quello che nel 1957 lascia ampi margini di generalizzazione, nel
2009 è racchiuso all'interno di una situazione ben determinata, in
cui l'uomo è il soggetto agente e il fuoco è lo strumento tramite
cui agisce. Dal 1957 ad oggi è avvenuto uno scarto concettuale,
che prevede falò e uomo non più come elementi indipendenti, bensì
9
inscindibili. Il falò è sì un fuoco, ma non spontaneo; le sue
fattezze e funzioni sono stabilite necessariamente dall'essere
umano. La precedente analisi suggerisce anche che il falò è un
oggetto connotato di senso, che non rappresenta solo una catasta
di legna in fiamme. Riassumendo:
• il falò è un particolare tipo di fuoco
• il falò è inscindibile dalla presenza umana
• il falò si veste di simbologie diverse a seconda dell'epoca
storica e del luogo in cui viene realizzato o pensato.
Il falò è un fuoco di considerevoli dimensioni, prodotto
dall'uomo, che può significare qualcosa.
1b. Costituzione del falò.
Tecnicamente un falò è prodotto grazie all'ausilio del fuoco.
Si tratta di un incendio che può innescarsi su di una base di
combustibile assai variabile. Catherine Perlès archeologa e
principale esperta degli studi sul fuoco in era paleolitica,
dimostra come già durante l'epoca preistorica non esistesse un
modo univoco di produrre e alimentare la fiamma:
Praticamente tutti i metodi per ottenere il fuoco presuppongono l'utilizzazione di
sostanze facilmente infiammabili, in grado di raccogliere le particelle incandescenti
che si staccano dalla selce, dalla pirite o dal legno. Fra tali sostanze si possono citare
l'esca, la stoppa, il midollo di sambuco, le foglie secche, il muschio, il lichene, la
scorza d'albero (in particolare di betulla), i trucioli di legno. […] Quando questi primi
materiali, facilmente infiammabili, incominciano ad ardere, il fuoco viene
progressivamente trasferito ad altre sostanze a più durevole combustione. Il tiraggio
necessario è prodotto verosimilmente dal soffio umano, ma esistono esempi ove la
morfologia stessa del focolare provoca un risucchio d'aria verso il catino principale.
(Perlès 1983: 54) Durante il Paleolitico, il legno è stato ampiamente
utilizzato come combustibile, forse anche più di qualsiasi altro, benché risulti
impossibile determinare sia pure approssimativamente in quale proporzione.
(Perlès 1983: 55) L'osso è stato senza dubbio, durante il Paleolitico, il
10
secondo combustibile in ordine di importanza. Si è voluto talvolta negare l'esistenza
di questa funzione dell'osso, da un lato a causa delle relative difficoltà che si
incontrano nell'accenderlo, dall'altro a causa del particolare odore che esso emana
durante la combustione. Gli esperimenti che dimostrano la possibilità di utilizzare
l'osso come combustibile non presentano difficoltà di realizzazione (osso secco
oppure con midollo e grasso). Spesso l'inizio della combustione avviene lentamente,
poiché la temperatura che la combustione dell'osso richiede è più alta di quella
necessaria a un combustibile vegetale. All'aria aperta, un focolare alimentato da ossa è
meno sensibile all'umidità di uno in cui si sia fatto bruciare del legno. (Perlès
1983: 59)
Quando si parla di falò però, l'immaginario collettivo prevede che
avvampi dal legno, al più dalla paglia. Il falò non è solo
qualcosa che arde quindi, ma è legno in fiamme. Le fattezze sono
importanti per la discriminazione di cosa sia un falò: occorre
specificare che si tratta di legno, accatastato con particolari
precauzioni, ma soprattutto, incendiato per un particolare scopo.
Un falò è diverso da caso a caso:
luogo – periodo - circostanza
sono gli elementi variabili che ne determinano carattere e forma;
tutte e tre le discriminanti variano in funzione dell'uomo, ovvero
di colui che accende il fuoco. Si intende per uomo, non
l'individuo, bensì l'insieme culturale che si riunisce attorno al
falò. Per ogni situazione culturale che preveda l'accensione di un
falò cambiano:
• qualità del combustibile
• metodo di accatastamento del combustibile
• motivo per cui si arde
Semplificando: il gruppo umano procura ciò che si deve ardere, lo
raggruppa secondo una composizione, la quale a sua volta, esprime
il motivo per cui si sta svolgendo il tutto.
Questa descrizione chiarisce che il falò non è riconducibile
11