5
giuridica finalizzata non solo alla creazione di nuove figure
contrattuali, ma soprattutto all’individuazione di nuove e più
forti forme di tutela del cosiddetto contraente debole,
operando nel senso di fondare l’esecuzione e la conclusione
dell’operazione contrattuale su principi di trasparenza e
buona fede contrattuale al fine, in definitiva, di rispettare e
assicurare la libertà contrattuale dei singoli. Ne è scaturito
un “nuovo diritto” che ha trovato le sue fonti non solo nelle
disposizioni contenute nei Trattati e nella produzione
giurisprudenziale, ma in primo luogo nelle direttive
comunitarie1.
Tutto questo, naturalmente, non poteva non creare
delle pesanti ripercussioni all’interno del nostro sistema
giuridico, dal momento che i numerosi ed eterogenei
interventi legislativi che si sono succeduti nel corso
1
Il legislatore comunitario è intervenuto ripetutamente in tale direzione nel corso
dell’ultimo ventennio. Ricordiamo, tra le altre: la direttiva 1985/577/CEE relativa alla
tutela dei consumatori nei contratti negoziati fuori dei locali commerciali; la direttiva
1990/314/CEE relativa alla disciplina dei viaggi, vacanze e circuiti “tutto compreso”;
la direttiva 1993/13/CEE, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i
consumatori; la direttiva 1997/7/CE concernente la protezione dei consumatori nei
contratti a distanza; la direttiva 2000/31/CE, relativa a taluni aspetti giuridici dei
servizi della società dell’informazione (commercio elettronico).
6
dell’ultimo ventennio hanno comportato l’esigenza per il
legislatore e per l’interprete di realizzare una complessa
opera di integrazione e adattamento del vecchio e
tradizionale sistema normativo rispetto a principi nuovi non
sempre armonizzabili con la logica unitaria del codice civile
del 1942. In particolare quest’ultimo, nel suo impianto
originario, si caratterizza per una sostanziale indifferenza nei
confronti dello status soggettivo dei contraenti: alla base di
tale impostazione vi era il convincimento, che dominava
incontrastato fino a qualche tempo fa, secondo il quale
intervenire in modo incisivo sul contenuto contrattuale
avrebbe comportato la lesione delle libertà di iniziativa
economica, garantita dalla Costituzione, per cui l’unica forma
di intervento considerata possibile era quella volta a
disciplinare la concorrenza fra imprenditori2.
2
Sul punto v. CHINÈ, Il consumatore, in AA.VV., Trattato di diritto privato europeo, a cura
di LIPARI, II ed., I, Padova, 2003, p. 435 ss., i principi e le finalità del diritto europeo sui
contratti di consumatori sono, inoltre, ampiamente evidenziati nel saggio “Consensus
ad idem e responsabilità contrattuale” nel volume Il Contratto e le tutele. Prospettive di
diritto europeo, a cura di MAZZAMUTO, Torino, 2002, p. 117 ss., nonché negli altri
contributi ivi raccolti.
7
Negli ultimi anni, invece, si è assistito, all’interno del
sistema codicistico, ad una sorta di “giustizia contrattuale
settoriale” che ha rinnegato il tradizionale sistema fondato
sulla qualificazione economica delle parti del rapporto ed ha
determinato, contestualmente, una frammentazione e
diversificazione della disciplina applicabile ai contratti
conclusi tra consumatori e imprese. Tale inversione di
tendenza prende le mosse da un orientamento ben preciso:
oggi, ormai, si ritiene che il legislatore debba intervenire per
sanare tutti gli squilibri che si possono verificare nell’ambito
delle contrattazioni, anche perché la Costituzione non si
limita a tutelare la libertà di concorrenza, ma interviene per
vietare, anche in misura maggiore, le discriminazioni sociali3.
3
In merito all’esigenze inerenti alla protezione dei consumatori v. MANCALEONI, I
contratti con i consumatori tra diritto comunitario e diritto comune europeo, Napoli, 2005;
AA.VV., Il diritto privato dell’unione europea, a cura di TIZZINO, in Tratt. di dir. priv.,
diretto da BESSONE, XXVI, II, Torino, 2000.
8
2. La Direttiva 1999/44/CE
Nell’ambito delle misure dirette ad assicurare un
elevato livello di protezione per i consumatori scaturenti dal
ripetuto intervento del legislatore comunitario, si inquadra a
pieno titolo la direttiva “su taluni aspetti della vendita e delle
garanzie dei beni di consumo” 1999/44/CE, la quale prende
le mosse dalla fondamentale considerazione delle numerose
disparità esistenti nelle legislazioni degli Stati membri in
merito alla disciplina della vendita dei beni di consumo, in
particolare dell’operare di regole variegate e spesso fondate
su presupposti dogmatici diversi4.
Del resto, proprio muovendo dalla constatazione che
questa situazione potesse avere un effetto dissuasivo,
4
Sulla direttiva 1999/44/CE v. AA.VV., La vendita di beni di consumo, (a cura di)
ALESSI, Milano, 2005; IURILLI, Autonomia contrattuale e garanzie nella vendita di beni di
consumo, Milano, 2004; AA.VV., Commentario alla disciplina della vendita dei beni di
consumo, coordinato da GAROFALO, Padova, 2003; CORSO, La tutela del consumatore dopo
il decreto legislativo di attuazione della direttiva 99/44/CE, in Contratto e impresa, 2002, 3, p.
1317 ss.; DE NOVA, La ricezione della direttiva sulle garanzie nella vendita dei beni di
consumo: vincoli, ambito di applicazione, difetto di conformità, in Riv.dir.priv., 2001, p. 759
ss.; LUMINOSO, Riparazione o sostituzione della cosa e garanzie per vizi nella vendita. Dal
Codice Civile alla direttiva 1999/44/CE, in Riv.dir.civ., 2001, p. 837 ss..
9
inducendo i cittadini a limitare gli acquisti negli altri Stati
dell’Unione, con la conseguente emersione di ostacoli a
quello sviluppo degli scambi che rappresenta, invece,
l’elemento su cui si fonda l’Unione stessa, si è da tempo
avviato un processo di armonizzazione delle regole
giuridiche, al fine di favorire il superamento dei fattori di
rigidità del mercato5.
Più specificamente, ricalcata in parte sulla disciplina
prevista negli artt. 35 e ss. della Convenzione di Vienna del
1980 sulla vendita internazionale di beni mobili, recepita in
Italia con la Legge 11 dicembre 1985, n. 765, la Direttiva in
esame è stata oggetto di numerose attenzioni da parte della
dottrina, dal momento che si è prospettata per il nostro
legislatore, in occasione del recepimento della normativa
comunitaria, l’opportunità di rivedere la disciplina codicistica
in materia di vendita di cui agli artt. 1470 e ss., della quale
5
Non a caso, secondo MANNINO, in Commentario alla disciplina della vendita dei beni di
consumo, coordinato da GAROFALO, cit., p. 2, proprio in questo quadro vanno visti gli
interventi ripetuti del legislatore comunitario, per giungere in particolare nel settore
delle vendite e delle garanzie all’individuazione di un referente normativo minimo
comune, assicurando, contestualmente, un’adeguata protezione del consumatore.
10
non solo la dottrina, ma la stessa giurisprudenza, rilevavano
l’inadeguatezza per l’eccessiva compressione dei diritti dei
consumatori6.
Relativamente alla disciplina dei vizi nella vendita,
infatti, il codice civile, nel suo impianto originario prevede
espressamente la possibilità, per il compratore, di esperire
l’azione di risoluzione in alternativa a quella di riduzione di
prezzo, senza alcun riferimento alla possibilità di
esperimento dell’azione di esatto adempimento (se non
concessa ex contractu). In altre parole, all’acquirente, viene
preclusa la possibilità di pretendere l’eliminazione del vizio,
dal momento che, nell’ipotesi di vendita di cosa viziata e, più
in generale, di mancanza della qualità del bene, l’eventuale
pretesa riparatoria avanzata comporterebbe l’imposizione di
un’attività del tutto estranea all’oggetto dell’originario
6
Al riguardo, in dottrina, da più parti è stata auspicata l’integrale riformulazione
degli articoli del codice civile coinvolti, al fine di evitare un’eccessiva frammentazione
della normativa in materia di garanzie nei contratti conclusi con i consumatori che,
negli ultimi anni ha subito una progressiva accelerazione. Sul punto, per tutti v.
LUMINOSO, Proposta di modificazione del Codice civile per l’attuazione della Direttiva
1999/44/CE, in Contratto e impresa/ Europa, 2001, p. 132 ss.
11
impegno assunto dal venditore che consiste solo in un “dare”
e non anche di un “facere”7. È proprio su questi aspetti che
la nuova disciplina si presenta fortemente innovativa, anche
se il testo comunitario si conforma alla ormai diffusa prassi di
utilizzare lo stile delle definizioni e delle elencazioni,
attraverso una tecnica compilativa che molto spesso ha
costretto l’interprete a dover procedere ad una difficilissima
opera di interpretazione e di coordinamento.
In particolare, la direttiva in esame, conformemente a
quanto già avvenuto per alti testi normativi in materia di
tutela del consumatore, prevede una prima parte dedicata
all’ambito di applicazione ed alle definizioni ed una seconda
volta a disciplinare i diritti riconosciuti all’acquirente
consumatore8. Relativamente agli aspetti definitori le
principali novità introdotte riguardano innanzitutto il
termine “garanzia” che assume un significato diverso e più
7
Nell’interpretazione assolutamente dominante, infatti, la vendita è solo un contratto
traslativo. Per tutti v. LUMINOSO, Riparazione o sostituzione della cosa e garanzia per i vizi
nella vendita: dal codice civile alla direttiva 1999/44/CE, cit., p. 837 ss.
8
La struttura del testo della direttiva 1999/44/CE è ampiamente analizzata da IURILLI,
Autonomia contrattuale e garanzie nella vendita di beni di consumo, cit., p. 22 ss..
12
ristretto di quello attribuitogli dal nostro ordinamento
giuridico, essendo intesa come “qualsiasi impegno di un
venditore o di un produttore, assunto nei confronti del
consumatore, senza casi supplementari, di rimborsare il
prezzo pagato, sostituire, riparare o intervenire altrimenti sul
bene di consumo, qualora esso non corrisponda alle
condizioni enunciate nella dichiarazione di garanzia o nella
relativa pubblicità9”.
Altro aspetto saliente e particolarmente rilevante,
sempre sul piano definitorio, riguarda poi la determinazione
del concetto di non conformità al contratto. Al riguardo
occorre subito precisare che il legislatore comunitario non
utilizza i termini vizio o difetto, ma unifica, sotto il nomen
“difetto di conformità” tutte le ipotesi di “vizio” o “difetto”
del bene venduto compreso, persino, l’alid pro alio.
9
Sulla identificazione del termine “garanzia” contenuto nella direttiva e in ordine alla
scelta del nostro legislatore in sede di recepimento è sorto un ampio dibattito
dottrinale che sarà ampiamente trattato nel capitolo successivo.