11
il primo torneo ufficiale, la FA Cup, la quale esiste tutt‟ora ed è considerato
l‟evento di maggior prestigio del calcio inglese.
In questo periodo il calcio cominciò a diffondersi a macchia d‟olio in tutta
l‟Europa, ed ovviamente anche in Italia, dove nel 1893 venne fondata la prima
società il Genoa Cricket and Athletic Club, che mutò nome nel 1899 diventando
Genoa Cricket and Football Club. A questo club ne seguirono molti altri, tra le
quali sono tuttora esistenti, la Società Sportiva Udinese nel 1896, lo Sport Club
Juventus nel 1897, il Milan Cricket and Football Club nel 1899 e la Società
Sportiva Lazio nel 1900.
Nel 1898 fu fondata anche la Federazione Italiana del Football, la quale nello
stesso anno organizzò il primo campionato di calcio italiano, disputato a Torino in
una sola giornata e vinto dal Genoa2.
2
Notizie storiche tratte dal sito http://it.wikipedia.org/wiki/Calcio_(sport)
12
I.2 L’evoluzione societaria delle squadre: da associazioni a s.p.a.
In origine le società calcistiche si costituirono in associazioni per consentire la
pratica atletico-agonistica dei propri tesserati. Funzionalmente dato lo scopo
ricreativo che animava questi sodalizi, le prime società calcistiche potevano essere
assimilate a delle associazioni mutualistiche, in quanto le esigenze economiche si
limitavano alla copertura degli esigui costi di gestione, la quale avveniva
attraverso il versamento di contributi da parte dei volontari, dei soci e di
sostenitori esterni, visto che il budget necessario era assai esiguo e largamente
preventivabile, a causa delle ridotte dimensioni economiche del settore.
Con il passare degli anni e la diffusione del fenomeno calcio, lo scenario cominciò
a mutare, l‟interesse verso questo settore divenne sempre più crescente e con esso
anche le spese necessarie alla gestione delle squadre, alle quali le associazioni
sportive erano impossibilitate a far fronte solo attraverso il semplice contributo
dei volontari e quindi era necessario rivolgersi al mercato, trasformandosi in vere
organizzazioni d‟impresa con i necessari mutamenti della struttura organizzativa,
diventata sempre più complessa.
Si assistette quindi alla scomparsa della figura del praticante-associato, che venne
sostituita dall‟atleta professionista, che diventava soggetto autonomo rispetto
all‟associazione e legato da un contratto con il quale assicurava ad essa le proprie
prestazioni sportive contro il pagamento di un consenso.
Fu negli anni ‟20 che si cominciò a porre il problema del professionismo per gli
atleti ed in Italia fu con la Carta di Viareggio del 1926, che per la prima volta si
ufficializzò la distinzione tra calciatori dilettanti e non dilettanti.
Era inoltre palese che la natura giuridica dell‟associazione fosse incompatibile con
gli aspetti di natura economica-patrimoniale delle società calcistiche, ma in Italia
fu solo agli inizi degli anni Sessanta che le istituzioni sportive nazionali si
trovarono di fronte all‟esigenza di affrontare un cambiamento giuridico,
ridefinendo il ruolo delle società sportive, ormai non più solo associazioni di
volontari ma vere e proprie aziende che esercitavano un‟attività in rapida
espansione, sia in termini economici che di seguito da parte del pubblico.
In Inghilterra già all‟inizio della Prima Guerra Mondiale quasi tutte le società
professionistiche erano già diventate società a responsabilità limitata, e man mano
13
che i consigli di amministrazione venivano occupati da dirigenti più capaci negli
affari, venivano anche stabiliti metodi precisi per rendere più efficiente la gestione
della società.
In Italia fu solo nel 1966 che la F.I.G.C decise l‟adozione di una struttura
giuridica più adatta al mutato contesto socio–economico in cui le società italiane
operavano, deliberando che per l‟iscrizione al campionato successivo fosse
necessario adottare la forma giuridica della società per azioni. Malgrado ciò fu
solo con la legge n° 91 del 19813 che venne data una organica regolamentazione
al settore, dopo anni di tentativi vani e svariate proposte di legge. Purtroppo
questa legge limita le possibilità di manovra per le società italiane, in quanto non
era previsto che essere potessero agire per scopo di lucro, quindi esse pur potendo
agire ora come società e non più solo come associazioni, si vedevano limitate e
impossibilitate a puntare a dei ricavi importanti per sviluppare la loro capacità
economica.
Questo grave handicap fu eliminato solo con la legge n° 586 del 18/11/19964, la
quale finalmente introdusse lo scopo di lucro per le società sportive, sancendo
definitivamente il passaggio del mondo del calcio professionistico ad un sistema
business oriented.
E‟ facile capire come questo ritardo di mutamento culturale nella gestione delle
società italiane, abbia generato un gap con le concorrenti, soprattutto inglesi, le
quali cominciarono a vedere molto prima la gestione delle società di calcio in
ottica imprenditoriale, quindi orientate alla generazione dei ricavi oltre che al
mero risultato sportivo.
3
“Norme in materia di rapporti tra società e sportivi professionisti”, pubblicata nella Gazzetta
Ufficiale del 27 marzo 1981, n. 86.
4
Pubblicata su G.U. n.272 20/11/1996 avente ad oggetto “Conversione in Legge del D.L.
20/09/1996, n. 485, recante disposizioni per le società sportive professionistiche”.
14
I.3 Lo Scenario attuale: da società calcistiche ad operatori
economici.
L‟introduzione dello scopo di lucro per le società italiane, avvenuto, come detto,
nel 1996, era un passo ormai necessario, visto il radicale cambiamento avvenuto
nella gestione societaria negli altri Paesi e visto ormai il crescente interesse,
soprattutto dal lato economico, intorno al mondo del calcio.
L‟origine del calcio business può essere fatta risalire al 1974, quando Joao
Havelange fu eletto Presidente della Fifa, attraverso i voti ottenuti attraverso i
progetti di rendere il calcio una vera e propria industria aperta a tutti coloro i quali
volessero investire capitali e guadagnarne molti di più. Cosi nel giro di pochi anni
i ricavi aumentarono a dismisura, soprattutto grazie alle tv.
Oltre ai cambiamenti regolamentari riguardante la natura giuridica delle società e i
cambiamenti nelle guide degli organismi istituzionali, vi sono stati anche altri
mutamenti legati più strettamente allo sport, che ne hanno fortemente
rivoluzionato la struttura, facendolo diventare un fenomeno sempre più
commerciale e sempre meno sportivo.
Senza alcun dubbio la sentenza “sportiva” che più ha modificato in tal senso tutto
il mondo calcistico è stata la celeberrima sentenza Bosman, del 1995.
La cosiddetta sentenza Bosman è una decisione presa nel 1995 dalla Corte di
Giustizia delle Comunità Europee che consente ai calciatori professionisti aventi
cittadinanza dell'Unione Europea di trasferirsi gratuitamente a un altro club alla
scadenza del contratto con l'attuale squadra.
Bosman giocava nella Jupiler League, la massima serie belga e il suo contratto era
scaduto nel 1990. Il calciatore intendeva cambiare squadra e trasferirsi
al Dunkerque, una squadra francese. Il Dunkerque non offrì al club del RFC
Liège una contropartita in denaro sufficiente, e la squadra belga rifiutò il
trasferimento.
Inoltre, nel frattempo, l'ingaggio di Bosman venne ridotto e si ritrovò fuori dalla
prima squadra.
Il calciatore, a quel punto, portò il caso davanti alla Corte di Giustizia delle
Comunità Europee in Lussemburgo e denunciando il comportamento della propria
società di appartenenza come una restrizione al commercio.
15
Dopo una dura battaglia legale vinse il processo e il 15 dicembre 1995 la corte
stabilì che il sistema fino ad allora in piedi costituiva una restrizione alla libera
circolazione dei lavoratori e ciò era proibito dall'articolo 39 del Trattato di Roma.
A Bosman e a tutti i calciatori dell'Unione Europea fu permesso di trasferirsi
gratuitamente alla fine del loro contratto, nel caso di un trasferimento da un club
appartenente a una federazione calcistica dell'Unione Europea a un club
appartenente ad un'altra federazione calcistica, sempre dell'Unione Europea.
Inoltre, un calciatore può firmare un pre-contratto con un altro club, sempre a
titolo gratuito, se il contratto attuale ha una durata residua inferiore o uguale ai sei
mesi.
La sentenza Bosman ha anche proibito alle leghe calcistiche nazionali degli stati
UE, e anche alla UEFA, di porre un tetto al numero di calciatori stranieri qualora
ciò discriminasse cittadini dell'Unione Europea.
Prima della sentenza Bosman, i calciatori erano quindi vincolati alle rispettive
società di appartenenza il vincolo stabiliva che un qualsiasi giocatore appartenente
a una società non poteva in alcun modo trasferirsi senza l‟assenso della società di
appartenenza.
Lo spartiacque tra quello che possiamo considerare il vecchio calcio e il nuovo
calcio, inteso come nuovo sistema di regole che trasformarono il profilo del
settore calcistico è quindi l‟anno 1996, nel quale la sentenza Bosman cominciò a
produrre i suoi effetti.
La prima conseguenza fu l‟eliminazione dell‟obbligo di versare l‟indennità di
preparazione e promozione per il trasferimento di atleti professionisti, salvo che
nel caso di primo contratto da professionista.
Queste modifiche introdotte in Italia con la legge n°586 del 1996, eliminarono
anche la preclusione per le società sportive professionistiche della distribuzione ai
soci dell‟utile di esercizio realizzato, per il “perseguimento esclusivo dell‟attività
sportiva”, rendendole così società a scopo di lucro e permettendo, indirettamente,
l‟ampliamento delle attività commerciali consentite, seppur limitate ad attività
strumentali all‟attività sportiva.
Il decreto 20 settembre 1996, n° 485 ha inoltre introdotto anche una novità finora
poco sfruttata in Italia, ma che potrebbe costituire in futuro una ottima
16
opportunità, così come già avviene in Spagna, con il caso eclatante del Barcellona
che sarà approfondito in seguito, si tratta della possibilità, per le società, di
ricorrere all‟azionariato popolare, in quanto da questo momento, “non costituisce
sollecitazione del pubblico risparmio il collocamento di azioni e di altri valori
mobiliari effettuato dalle società sportive professionistiche tra persone fisiche o
giuridiche per importi unitari non superiori a dieci milioni di lire”.
Questo nuovo quadro normativo giuridico determinato dalle trasformazioni
indotte dalla sentenza Bosman delinea un nuovo modello di business del calcio
professionistico che si afferma a livello internazionale, comportando profonde
trasformazioni nei comportamenti non solo dei dirigenti ma dei tifosi, degli
sponsor, dei media e degli investitori.
I principali cambiamenti nelle regole del gioco e nel funzionamento del settore del
calcio che desideriamo elencare e commentare sono i seguenti:
- la definitiva caduta delle barriere geografiche sui mercati;
- l’aumento del potere contrattuale dei giocatori nei confronti delle società;
- la ricerca di nuove fonti di ricavo da parte dei club;
- la crisi dei settori giovanili dei club maggiori.
La più evidente delle trasformazioni indotte della sentenza Bosman è l‟aumento
dei trasferimenti dei calciatori a livello internazionale. La sentenza Bosman ha, di
fatto, liberalizzato il mercato del lavoro per i calciatori rendendoli liberi di fornire
i loro servizi al miglior offerente.
Nel 1995-96 gli stranieri presenti nel campionato di serie A erano 61, l‟anno
successivo 93 e nel campionato 2001-2002 248; un aumento, in soli 6 anni, del
306.6%.
È da questo momento che, all‟interno degli organismi politici di FIFA e UEFA, si
cominciano ad affrontare problemi di importanza vitale per il movimento, quali la
disciplina dei rapporti tra giocatori e Federazioni nazionali, le regolamentazioni
delle sponsorizzazioni commerciali del calcio e della trasmissione televisiva delle
partite.
17
Infatti è proprio in quegli anni che viene consentita la trasmissione televisiva delle
partite in diretta criptata (pay-per-view e pay-tv) di tutti gli incontri di Serie A e
Serie B, il che comporta l‟arrivo di una nuova ed estremamente rilevante fonte di
entrata per i club, i quali a partire da questo momento diventeranno praticamente
dipendenti dai ricavi derivanti dai diritti televisivi, poiché essi diventato, sempre
più, la maggiore voce di entrata nel bilancio di tutte le società europee.
Altre rilevanti trasformazioni hanno poi luogo negli anni successivi, tra il 1998 e
il 1999 vengono liberalizzate le scommesse sportive, come già avvenuto in altri
Paesi e, cosa più importante, vengono riformati i calendari delle competizioni
internazionali, all‟interno dei quali vengono introdotte nuove manifestazioni, con
inevitabili ripercussioni sia sugli interessi economici, ma anche sulla gestione
sportiva delle società.
Infatti se da una parte un arricchimento dei calendari porta maggiori entrate
attraverso i diritti televisivi, maggiore vendita di biglietti dello stadio, superiori
sponsorizzazioni, soprattutto per le squadre di vertice, d‟altro canto l‟esponenziale
aumento del numero di partite costringe le società, soprattutto quelle che vogliono
imporsi ai vertici, ad allargare progressivamente la rosa dei giocatori, fino ad
arrivare mediamente a 25-30 tesserati, con conseguente aggravio di costi per il
conto economico, non solo per i costi dei trasferimenti, ma soprattutto per il
rilevante aumento della voce stipendi nel bilancio.
Questa negli anni successivi diventerà la voce che maggiormente peserà sui
bilanci delle società calcistiche, ancor di più per quelle di vertice. Infatti poiché lo
spettacolo è offerto dai giocatori che scendono in campo, i club, al fine di offrire
uno spettacolo più attraente per il pubblico, quindi per strappare contratti più
lucrosi alle pay-tv e agli sponsor, devono cercare di assicurarsi i calciatori
migliori, questo anche per puntare alle vittorie che oltre a dare prestigio alla
squadra, generano ricavi sia direttamente dai maggiori incassi dalle competizioni,
sia dai maggiori sponsor che per forza di cose investono di più in una società di
prestigio.
18
Circolo virtuoso tra risultati sportivi ed economici (grandi Club)
Circolo virtuoso tra risultati sportivi ed economici (piccoli Club)
Figura 1: Grafici dei circoli virtuosi dei ricavi dei grandi e piccoli club
19
Quindi nel calcio moderno si genera un ciclo che si autoalimenta, cosi come
abbiamo potuto notare nella figura..
Da questo momento in poi l‟obiettivo delle società non è solo l‟ottenimento del
miglior risultato sportivo possibile, ma il focus si sposta verso la gestione
economica, in quanto ottenere risultati positivi in ambito finanziario diviene
importante quasi quanto il successo sportivo.
20
I.4 Il business, i profitti e la prestazione: trade-off tra successo
sportivo e successo economico
Una società di calcio deve seguire delle regole che richiedono che essa si occupi
di gestire il club, di selezionare i giocatori, i tecnici, di vendere i biglietti e
remunerare economicamente coloro i quali fanno parte del club. Che tutto questo
venga fatto per ottenere un profitto non è un fatto che rientra nelle peculiarità
classiche delle società calcistiche. Ciò almeno fino a che il calcio è stato per lo più
un “gioco”, ma le modifiche intervenute a partire dalla seconda metà degli anni
‟90, hanno spostato in primo piano il ruolo economico delle società, accrescendo
l‟importanza della capacità di generare i ricavi, infatti come un‟impresa deve
trovare un equilibrio economico tra successo competitivo e successo reddituale,
così la questione più importante per una società di calcio diventa creare un
equilibrio tra ricerca del profitto e ricerca del successo sportivo.
Nel caso di molte società calcistiche, spesso gli azionisti principali sono i dirigenti
stessi della società, soprattutto in Italia, dove fino alla seconda metà degli anni ‟90
si è rimasti all‟idea delle società di calcio legate storicamente alla proprietà di una
determinata famiglia, basti pensare al più eclatante caso, quello della Juventus che
praticamente fin dalla sua fondazione è stata legata indissolubilmente con la
famiglia Agnelli; questo senza dubbio è stato impedito dalla mancanza di una
regolamentazione tempestiva del settore calcistico italiano, essendo mancata la
capacità dei legislatori di seguire di pari passo lo sviluppo delle società,
soprattutto dal punto di vista economico, attraverso l‟implementazione di leggi
che consentissero lo sviluppo delle stesse come avveniva già da tempo nelle altre
nazioni.
Un altro caso eclatante, di quanto detto, può essere dimostrato attraverso la
quotazione delle società in Borsa, infatti mentre le società italiane erano
“imprigionate” ad essere possedute da singoli soggetti privati, in Inghilterra
abbiamo la prima quotazione in Borsa da parte del Tottenham già nel 1983,
mentre il primo caso italiano è recentissimo, essendo avvenuto solo nel 1998 con
la quotazione della S.S. Lazio. Ciò ovviamente non è dipeso solo dalla mancanza
21
di una legiferazione ma anche dalla cultura italiana storicamente riluttante a
rivolgersi al mercato, in quanto le società italiane sono sempre state considerate
patrimonio di famiglie e quindi difficilmente si accettava di buon grado di
“dividerle” con altri soggetti.
Questi aspetti hanno impedito al calcio italiano di sviluppare un vero e proprio
ruolo imprenditoriale delle società di calcio, rimanendo legati a doppio nodo al
patrimonio del socio di maggioranza, il quale doveva provvedere a reintegrare il
capitale societario, eroso costantemente dai debiti generati dalla società, incapace
di provvedere attraverso una gestione imprenditoriale ai propri fabbisogni
finanziari.
Tuttavia l‟accresciuto volume finanziario del settore calcistico, a partire dagli anni
‟90, ha destato l‟interesse di un sempre maggior numero di investitori, che
cominciarono a credere che le società calcistiche italiane potessero rappresentare
investimenti redditizi.
Questo accresciuto interesse da parte di un notevole gruppo di stakeholder, ha
fatto si che nelle società assumesse sempre maggior rilievo l‟aspetto economico, e
il trade-off tra successo sportivo e finanziario sempre più importante. Correlando i
dati contabili e le statistiche sportive è possibile esaminare il rapporto storico tra
profitto e prestazioni di una squadra. Un modo semplice per rilevare il rapporto tra
profitti e performance sportiva consiste nel valutare il rapporto tra cambiamenti
nei profitti e cambiamenti in classifica nel campionato. Da una indagine condotta
per circa cinquanta club rappresentativi dell‟intero sistema calcistico inglese, il
coefficiente che mette in relazione i cambiamenti nella classifica e quelli dei
profitti delle società calcistiche è risultato vicino allo zero.
L‟assenza di un rapporto significativo tra cambiamenti di posizione e
cambiamenti nei profitti è una delle regole più importanti nel settore calcistico.
Essa implica la mancanza di una formula semplice che possa correlare il successo
sportivo e il successo finanziario. Malgrado ciò, negli ultimi anni i dirigenti sono
giustamente diventati sempre più attenti alla possibilità di ottenere profitti, ciò
poiché la competizione internazionale spinge sempre più in alto i bilanci delle
maggiori società europee, e malgrado le ricerche dicano che non vi è correlazione
diretta tra performance economica e sportiva, basta dare uno sguardo veloce ai
22
bilanci delle società vincitrici delle maggiori competizioni internazionali e quelle
delle squadre meno quotate, per stabilire che in realtà le squadre che producono
più profitti sono quelle che riescono meglio a competere. Basti pensare al caso del
Chelsea, che prima dell‟avvento del magnate russo Abramovic5 era una squadra di
medio livello che aveva conquistato un solo titolo di Campione d‟Inghilterra nella
sua storia, circa 50 anni prima, e dopo l‟avvento del miliardario russo è diventata
una delle squadre di maggior spessore a livello europeo, riuscendo a trionfare per
ben due volte nel proprio campionato nazionale e raggiungendo traguardi
importanti anche nelle competizioni internazionali.
5
Roman Arkad'evič Abramovič è un imprenditore russo. Nel marzo 2008 viene indicato dalla
rivista Forbes come uno dei più ricchi della Russia e la quindicesima persona più abbiente nel
mondo con un capitale di 23,5 miliardi di dollari.
Fonte http://it.wikipedia.org/wiki/Roman_Arkad'evič_Abramovič
23
CAPITOLO II
LE PERFORMANCE DI SETTORE
II.1 Analisi di Settore: Le 5 forze competitive di Porter nel settore
Calcio6
Il calcio, in Europa, dispone di un mercato molto vasto. E‟ lo sport più seguito in
tutto il continente, in grado di coinvolgere più di 190 milioni di appassionati.
In questo scenario l‟Italia si distingue per l‟altissimo numero di tifosi in rapporto
all‟intera popolazione nazionale. Sono, infatti, circa 37 milioni gli italiani
interessati al calcio: più di metà della popolazione nazionale e circa il 24%
dell‟intero corpus dei tifosi in Europa.
A fronte di una situazione estremamente solida dal punto di vista dei tifosi, il
business del calcio si confronta con una maggiore fluidità su molti altri versanti.
Il settore finanziario, per esempio, ha visto in pochi anni una repentina espansione
del giro di affari delle società calcistiche. Nella stagione 2006-2007 il mercato
europeo del calcio è cresciuto del 9%, raggiungendo i 13,6 miliardi di euro.
Secondo lo studio Deloitte i ricavi delle cinque maggiori Federazioni di calcio
europee (Inghilterra, Italia, Spagna, Francia e Germania) è cresciuto di oltre 400
milioni di euro (+ 6%), superando per la prima volta i 7 miliardi di euro,
corrispondenti a più della metà (52%) del mercato europeo.
Le squadre della Premier League inglese hanno prodotto il ricavo totale più alto
rispetto a tutte e tre le categorie analizzate (partite, trasmissioni e pubblicità), per
la prima volta dal 2001-2002, registrando ricavi totali pari a 2,3 miliardi durante
l‟ultima stagione analizzata. Il divario tra i ricavi della Premier League e la
Bundesliga tedesca, la quale ha totalizzato ricavi pari a 1,4 miliardi di euro, si è
ampliato fino a raggiungere i 900 milioni di euro, malgrado vi sia stata una
crescita di quest‟ultima, in termini di ricavi, di circa il 15%, cosi come la Liga
spagnola, superando così la Serie A italiana.
6
Tutti i dati inseriti in questo paragrafo sono stati ricavati dallo studi Deloitte “Annual Review of
Football Finance 2008”
24
In Italia c‟è stata una riduzione dei ricavi, che passano da 1,399 miliardi di euro,
fino a 1,140, con un calo di 259 milioni, ciò a causa della retrocessione in serie B
di una importante società come la Juventus, ma anche a causa dell‟aggravarsi di
un fenomeno che ha colpito negli ultimi anni il calcio italiano, il calo degli
spettatori allo stadio, solo 19.000 di media a partita, la più bassa media europea di
presenze allo stadio, mentre nelle altre nazioni si hanno numeri ben più
importanti. Questo è uno dei dati che evidenzia la crisi sviluppatasi nel calcio
italiano negli ultimi anni, basti pensare che nella stagione 1995/96 le squadre della
Serie A e quelle della Premier League erano simili per redditività, (circa 450-500
milioni di euro), e presenze medie (circa 30.000 a partita).
Malgrado questa crisi, il settore del calcio professionistico italiano rappresenta
una importante fetta del settore economico italiano, tanto che nel 2004 la Camera
dei Deputati ha condotto una indagine conoscitiva sul Calcio professionistico,
determinando come lo stesso fosse il tredicesimo gruppo industriale del nostro
Paese grazie ad un giro d‟affari che si aggira intorno ai 6 miliardi di euro.
Guardando questi aspetti una società di calcio può essere assimilata in tutto e per
tutto ad una comune impresa, in quanto ha:
- una ben definita e regolata forma giuridica;
- natura economica del loro operare (fine di lucro e distribuzione degli utili
ai soci);
- svolgimento di un‟attività produttiva diretta a soddisfare una domanda
diffusa;
- sottoposizione ad una attività di controllo interno ed esterno (Co.Vi.Soc.)
L‟inquadramento delle società sportive nell‟ambito delle normali imprese
industriali è altresì testimoniato dall‟importanza delle cifre che, come abbiamo
visto, vengono generate dal mercato del calcio. Cifre di queste dimensioni non
possono far altro che dar luogo ad un vero e proprio mercato concorrenziale nel
quale le squadre di calcio agiscono da competitors e devono puntare a soddisfare
degli obiettivi sia proprio che dei propri stakeholder. La gestione che viene fatta
può essere inquadrata in quattro modelli di business: