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finalità di questi (economici, sociali, lavorativi) e così
l’immenso scenario di sistemi di relazioni che si creano.
L’agricoltura quindi come dicevamo, è un elemento
fondamentale del sistema rurale e all’interno di esso il suo ruolo
è stato fino ad oggi visto come una semplice attività
commerciale al pari della produzione industriale, tanto è che
essa è stata organizzata in tal senso ma a discapito della qualità
alimentare della sicurezza e soprattutto non tenendo conto della
particolarità di ciò che l’agricoltura produce e tramite cui lo fa.
Gli alberi, gli animali sono oggetti del lavoro tramite cui
l’agricoltore esplica il suo lavoro, essi essendo vivi cambiano
alcune dinamiche del lavoro nell’agricoltura differenziandola da
altri tipi di produzione.
Si è ricorso all’uso di termini come Scala e Intensità per
differenziare alcune modalità di produzione agricola cercando
con essi di individuare e accorpare la figura dell’agricoltore;
infatti in una ottica temporale si è visto quest’ultimo cambiare in
figura professionale dotata di elevate competenze e capacità
oltre che professionali, personali.
Nel secondo capitolo si è cercato di chiarire quale fosse il ruolo
istituzionale e le sue scelte operative, nella formazione e
creazione di determinati organismi, tra essi è risultata anche
l’Unione Europea come un sistema costituito da nazioni, la
regione costituita da province, territori, ecc.
L’attenzione della discussione si è focalizzata sulla natura delle
autorità locali, sulla sua capacità e necessità di concorrere ai
processi decisionali di cui è protagonista e proprio a loro sono
indirizzati alcuni strumenti finanziari comunitari che hanno lo
scopo di equilibrare situazioni di svantaggio che una regione o
una provincia può presentare rispetto ad altre.
Sono stati analizzati i principali strumenti comunitari cioè il
PSR, il POR FESR e il POR FSE, rintracciando e delineando le
finalità per cui essi sono nati e le potenzialità di alcune azioni
strategiche che devono essere sinergiche alle reali risorse di un
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territorio, che siano esse legate all’agricoltura, all’industria, ai
servizi o al turismo ma con un principio base che tiene sempre
conto delle logiche di sostenibilità ambientale e valorizzazione
territoriale implementate dalla Comunità Europea.
Nel terzo capitolo si è proceduto ad analizzare il contesto
regionale come ambiente di riferimento per un eventuale
progettazione di un sistema locale fondato sul agricoltura, sul
turismo, ecc.
La regione nella sua complessità è stata esaminata da un punto
di vista sociale, demografico ed economico, accentuando le
enormi potenzialità del comparto agricolo e degli investimenti
istituzionali fatti.
Si è accentrato l’attenzione sulle economie agricole e sulla sua
composizione percentuale, dimostrando come sia a livello
nazionale che regionale, nonostante alcuni tipici problemi legati
alla rilevabilità statica, il settore agricolo viene individuato
come uno dei più redditizi, specie nelle attività che vengono
connesse ad esso.
Le attività economiche agricole più diffuse sono risultate quelle
connesse alla produzione di olive ed olio oltre che alla
produzione agrumicola individuando delle aree di notevole
interesse economico e strategiche per eventuali sviluppi
regionali.
La dinamicità e vivacità più accentuata è stata svelata
dall’industria dell’enogastronomia che carpendo le
incentivazioni europee e certificando i prodotti con i marchi
tradizionali o tipici come DOP, DOC, IGP, IGT, ecc hanno
avuto un notevole progresso sia in termini economici e sia come
impatto sull’occupazione generata, riversando la propria
dinamicità e la propria attrattività su settori come appunto
l’agricoltura e il turismo.
Proprio sul turismo si è indirizzata l’analisi finale del terzo
capitolo individuando le principali forme di turismo regionale e
raffrontandole le une alle altre si è evidenziato la grande
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stagionalità che presenta il turismo in Calabria e soprattutto una
predisposizione naturale della regione a più forme di turismo tra
cui la più importante risulta quella balneare ma dove si
affacciano anche nuove forme di turismo come quello rurale.
Proprio sul turismo rurale la progettazione del quarto capitolo ha
esaminato un ambiente micro-economico composto da 5 comuni
dove rispecchiando la situazione regionale, l’agricoltura assume
un ruolo decisivo alla contribuzione del reddito e
dell’occupazione.
Si è ipotizzato così un progetto locale dove le caratteristiche
demografiche, fisiche ed economiche del territorio vengono
messe a sistema con le risorse territoriali.
La comunanza economica e storica del territorio ha facilitato
notevolmente il lavoro di progettazione che tramite una indagine
diretta e un’analisi SWOT hanno evidenziato alcune carenze su
cui intervenire potenziando ulteriormente le risorse disponibili.
La vision secondo cui il progetto è stato creato ha tenuto conto
delle caratteristiche dell’area che sono l’agricoltura e il
comparto enogastronomico su cui sono state ipotizzate una
strategia comune per il raggiungimento di un obiettivo primario
e delle relative azioni atte a soddisfare obiettivi secondari.
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Capitolo I : RURALITÀ
1.1 La concezione di ruralità
La concezione di ruralità è un aspetto che numerosi studiosi
hanno affrontato e a cui hanno cercato di dare una spiegazione
o meglio una definizione.
Nella prima parte cercheremo di introdurre le diverse posizioni
che gli studiosi hanno elaborato nel loro lavoro di ricerca sul
concetto di ruralità. In questo confluiscono numerose attività e
elementi con cui facciamo i conti tutti i giorni, anche
indirettamente come l’ambiente, l’alimentazione, la qualità della
vita e molte altre cose che determinano una nostra condizione
d’essere.
Autori e studiosi da ogni parte del mondo, quotidianamente
affrontano elementi che caratterizzano la ruralità e tramite i
quali cercano di definire cosa essa sia. Però, tali elementi nella
loro semplicità danno vita a dei rapporti che sono indefinibili e
innumerevoli.
Tramite essi la ruralità prende consistenza, come qualcosa di
astratto che sappiamo esistere ma che non riusciamo a misurare.
Oggigiorno, numerosi fenomeni sono costantemente monitorati
e come in una funzione matematica, al variare di una
determinata condizione, varia tutto il processo rurale preso in
esame.
Gli studiosi in questa ottica hanno cercato di documentare e dare
una spiegazione alle dinamiche di sviluppo rurale, da ciò si è
evidenziato che negli anni le politiche nazionali seguivano delle
logiche imposte dall’alto, in cui le differenze locali venivano
viste come una situazione da eliminare e la omogeneizzazione
come il prodotto più evidente della modernizzazione (Tab.1).
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Solo oggi viene rivalutata la logica dal basso cioè quella in cui
le caratteristiche endogene di determinate aree vengono
considerate dei valori aggiunti, e non qualcosa da eliminare.
Tab.1 Principali differenze fra lo sviluppo dal basso e dall’alto
INEA: ANIMAZIONE SOCIALE E CULTURA LOCALE Ruolo, metodologie e strumenti per lo sviluppo rurale.
Quaderno informativo n.7
Tra gli autori che si sono occupati dell’evoluzione della ruralità
ricordiamo Sotte che nelle sue indagini rintraccia 3 modelli di
ruralità che si sono alternati dal secondo dopo guerra ad oggi;
questi sono costruiti sulla base di indicatori che hanno una
stretta relazione con l’individuo all’interno del suo habitat.
L’alto numero di occupati nel settore agricolo, caratterizza
secondo l’autore il modello rurale (Fig.1) che ha prevalso fino
agli anni 60 in cui la ruralità, legata al concetto di lavoro
dell’individuo per la propria sopravvivenza, delinea un
bipolarismo che mette in contrapposizione la ruralità con
l’urbanizzazione.
Fig.1 Paesaggio prettamente Agro-Rurale
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Nel secondo modello (fig.2) dagli anni 60 agli anni 90 lo
scenario diventa più industriale, si parla infatti di Ruralità
Industriale. Essa considera fattori ben diversi dal modello
precedente, come per esempio: la bassa densità demografica, lo
sviluppo industriale e dei servizi nelle zone periferiche con
l’inevitabile creazione di infrastrutture o una produzione
agricola in cui si ricorre molto agli investimenti di capitali al
fine di sostituire la manodopera o il capitale umano con largo
impiego di input meccanici.
Fig.2 Paesaggio Rurale-Urbano
Nella terza e ultima fase (fig.3) Sotte sottolinea l’importanza
della multifunzionalità fra settori come l’agricoltura, l’industria
e i servizi. Sostenendo con ciò, che oggi un territorio cosiddetto
rurale, non è sinonimo di bassa densità demografica o di un
elevato numero di agricoltori o peggio ancora di una bassa
percentuale di persone con licenza media (Barberis, Dell’Angelo
1988). Questa fase definita post-industriale è il risultato di un
mutamento socio territoriale che si auto-impone sulla
dimensione settoriale, facendone derivare un’integrazione a
livello locale e una diversificazione a livello nazionale o
internazionale come carattere distintivo del territorio.
Proprio quest’ultimo diventa protagonista nella sua complessità,
un sistema di relazioni multi-laterali, in cui un elemento fa parte
di una struttura che per sopravvivere ha assunto degli
orientamenti strategici o settoriali che hanno fatto emergere nel
corso degli anni, alcuni caratteri piuttosto che altri. Queste
differenziazioni solo oggi sono viste in maniera integrata, dove
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la visione industriale di un territorio non prevale sull’ambiente
oppure l’aspetto economico-finanziario su quello socio-
culturale.
Fig.3 Relazione Multi-laterale
La classificazione fatta da Sotte e da altri autori implicano la
scelta dei criteri di misurazione che spesso non sono condivisi
da tutti, ma l’accordo sostanziale resta sul fatto che il concetto di
Ruralità è andato evolvendosi nel corso degli anni, e tutt’oggi
non è ancora definito.
Anche in ambito Istituzionale, le classificazioni di diversi enti
come l’Eurostat, l’Istat, l’OCSE o la Commissione Europea,
assumono come parametri numerosi indicatori dove la sola
costante risulta essere la densità demografica.
La Direzione Generale dell’Agricoltura della Commissione
Europea specifica chiaramente che non si può dire cosa sia la
ruralità, ma definisce quello che è l’Europa rurale “as it is
generally understood, extends across regions, landscapes of
natural countryside, farmland forest, villages, small towns,
pockets of industrialisation and regional centres. It
encompasses a diverse and complex economic and social fabric:
farms, small shops and business, commerce and service, small
and medium-sized industries. Home to a great wealth of natural
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resources, habitat and cultural traditions, it is assuming an
increasingly important role for relaxation and leisure
actitivities”.
In questa definizione della Comunità Europea si nota
immediatamente come il riferimento alla ruralità sia strettamente
connesso alla condizione geo-fisica di un contesto; questo
elemento è stato inserito anche da altri Istituti come l’INSOR,
che ha proposto fra i criteri di valutazione del rurale quello della
superficie a verde rispetto a quella edificata.
Vediamo quindi che la ruralità è un qualcosa di indefinito ma
allo stesso tempo richiama alla mente concetti semplici e
immediati, questo è determinato dai numerosi elementi che
caratterizzano la ruralità.
Questi elementi che costituiscono il rurale possono essere
suddivisi in due categorie, nella prima rientrano:
• 1 FATTORI SOCIALI : che hanno a che fare con l’uomo, le
sue necessità e i suoi bisogni.
• 2 FATTORI DI PRODUZIONE : in cui interviene la
matrice lavoro.
• 3 FATTORI ECONOMICI : aspetto economico della realtà
in cui si vive.
Nella seconda invece, vengono considerati i rapporti che
intercorrono in un definito spazio fra elementi primari o questi
con fattori esterni al contesto preso in esame; per esempio la
necessità dell’uomo di lavorare (2) per poter badare al proprio
sostentamento (1) e appagare quelle necessità che sono frutto
dell’economia come l’auto o l’elettrodomestico (3).
I fattori primari generalmente seguono delle logiche strettamente
connesse al variare delle condizioni socio-economiche
dell’uomo quindi difficilmente possono essere direttamente
variabili, infatti si è cercato di analizzarle per poi indirizzarle
verso una parte piuttosto che un’altra, senza però ottenere il
risultato sperato come per le politiche di sviluppo rurale.
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Quelli secondari a differenza dei precedenti, nascono solo per
soddisfare particolari esigenze o bisogni reali quindi sono
direttamente modificabili.
Così, come qualsiasi processo produttivo necessita della
combinazione di elementi quali forza, strumenti e oggetti del
lavoro (Van Der Ploeg-2005), la ruralità per essere come oggi la
intendiamo necessita dei rapporti fra vari fattori primari.
Tali rapporti nascono appunto per soddisfare determinate
condizioni in base a parametri che potrebbero cambiare del tutto
fra qualche tempo, per esempio l’uomo fra qualche anno,
essendo mutata la situazione socio-economica non sarà più
soddisfatto del proprio lavoro.
L’Agricoltura è l’esempio calzante di uno dei cosiddetti rapporti
della ruralità. Essa è un prodotto tra risorse naturali e fattore
umano, anche se negli ultimi decenni, intervengono fattori
esterni, che come accennato cercano di indirizzare l’agricoltura
verso modelli che spesso non tengono in considerazione le
caratteristiche o le peculiarità di una specifica realtà o modalità
produttiva.
1.2 Rapporto ruralità / agricoltura
Il rapporto fra l’agricoltura e la ruralità è biunivoco, l’uno non
può esistere senza l’altro.
L’agricoltura ha visto in questi ultimi decenni numerosi
cambiamenti: dallo stile aziendale di tipo industriale al modo di
produrre biologico, dall’indispensabilità del suo ruolo come
fonte di reddito e alimentazione, alla scarsa attrattività
dell’opinione pubblica e del mondo politico nei sui riguardi
(Ventura-Milone 2005).
Infatti il settore agricolo ha subito notevoli mutamenti che
hanno riguardato in particolare il modo di fare agricoltura.