2
propria terra da parte dei Sardi, in un percorso finalizzato alla conquista
dell’indipendenza5.
La notizia trovò spazio sui maggiori media nazionali6, sebbene venne
affrontata, soprattutto dalla carta stampata, con una punta di ironia. Su
«L’Occidentale»7, ad esempio, l’occupazione suscitò quasi ilarità8, su «La
Repubblica.it»9 l’impresa fu definita il frutto dell’«ingenuo indipendentismo di
Salvatore Meloni»10.
L’episodio, conclusosi a gennaio del 2009 grazie all’intervento della Guardia
Forestale e della Capitaneria di porto11, ha avuto il merito far conoscere al grande
pubblico l’esistenza, in Sardegna, di un sentimento indipendentista. Sebbene
ancora limitati in termini elettorale, i movimenti politici che si prefiggono tale
obbiettivo sono in forte crescita. Una presenza testimoniata anche dalle molteplici
scritte e murales visibili nelle città della Sardegna: slogan, rigidamente in lingua
sarda, inneggianti l’indipendenza e rimarcanti la diversità dell’isola rispetto al
“continente”12. In particolare Orgosolo, cittadina della Barbagia, è divenuta
famosa, oltre che per le tristi notizie di cronaca, anche per gli oltre 150 murales a
sfondo politico presenti sui muri delle strade. Tra questi, uno dei più famosi è
quello raffigurante il patriota Giovanni Maria Angioy, la bandiera dei quattro mori
5
«”Mal di Ventre rappresenta un simbolo di riappropriazione dei territori dei sardi, che ci sono
stati arbitrariamente sottratti”, ha spiegato il legale di Salvatore Meloni, comunicando un
messaggio del suo assistito», R. Petretto, Mal di Ventre Stato autonomo, in «La Nuova Sardegna»,
26 agosto 2008.
6
Il servizio trasmesso dal telegiornale Studio Aperto è visibile all’indirizzo
http://www.youtube.com/watch?v=wfNH9wv9UVs
7
http://www.loccidentale.it/articolo/indipendentisti+sardi+occupano+isola+mal+di+ventre.0056624
8
Il giornalista, dopo aver sollevato dubbi sul fatto che gli occupanti si interessassero realmente
alla pulizia e alla salvaguardia ambientale dell’isola, terminava il pezzo con la seguente
espressione: «Quando si dice ridere per non piangere», ibidem.
9
http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2008/08/27/mercoledi.html
10
Ibidem.
11
«Dopo cinque mesi la "repubblica di Malu Entu" è caduta. Gli uomini della Guardia forestale e
della Capitaneria di porto sono sbarcati sull'isola di Mal di Ventre, al largo di Oristano, mettendo
fine all'autoproclamato stato indipendente, guidato da Salvatore Meloni. Sgomberate le tende e le
attrezzature da campeggio (…). Meloni e altre cinque attivisti del Partidu Indipendentista Sardu
sono stati accusati di aver trasformato in area abitativa una zona sulla quale ci sono stretti vincoli
ambientali. (…) Subito dopo l'intervento dei militari, Meloni è tornata sull'isola per rioccuparla
simbolicamente. Mentre uno dei suoi fedelissimi si è incatenato davanti al tribunale di Oristano.
Meloni, infatti, rivendica la proprietà per usucapione»,
http://www.repubblica.it/2009/02/sezioni/cronaca/malu-entu/malu-entu/malu-entu.html
12
Le scritte più ricorrenti sono: “Indipendentzia” e “Sardigna no est Italia”.
3
e un verso tratto dall’inno “Su patriotu sardu a sos feudatàrios” composto da
Francesco Ignazio Mannu nel 179413.
13
Il verso riportato recita: “Custa pobulos es s’ora/d’estirpare sos abusos/a terra sos malos usos/a
terra su dispotismu” (questo o popolo sardo/è l’ora di estirpare gli abusi/abbasso le
ingiustizie/contro ogni dispotismo).
1. La questione sarda: premesse storiche
Il 30 giugno 1409 l'esercito siculo-catalano-aragonese, guidato da Martino il
giovane, Re di Sicilia e Infante di Aragona sconfisse l'esercito sardo giudicale, al
comando del francese Guglielmo III visconte di Narbona, ultimo giudice del
Giudicato d'Arborea nella battaglia di Sanluri1 (sa battalla de Seddori). L’isola
passava così sotto il dominio aragonese: finiva l’indipendenza del popolo Sardo2.
Nel 1713, in seguito alla pace di Utrecht, che pose fine alla guerra di
successione spagnola, la Sardegna passò sotto il regno dell’imperatore austriaco
Carlo VI3. Tuttavia il governo di Vienna non aveva un reale interesse verso
l’isola4, tanto da considerandola solo come una pedina di scambio al tavolo delle
trattative diplomatiche5. Filippo V di Spagna nel 1717 rioccupò la Sardegna, ma
con il Trattato di Londra del 1718 la Quadruplice Alleanza (Inghilterra, Austria,
Francia e Olanda) la assegnò a Vittorio Amedeo II duca di Savoia. Il 2 settembre
1720 il primo viceré sabaudo, Filippo Guglielmo Pallavicino, barone di Saint
Rémy, giurò solennemente, in nome dei Savoia, che avrebbe rispettato i privilegi
e le costituzioni del Regnum Sardiniae6. Il rinnovamento nella società sarda,
innescato dall’azione politica del ministro conte di Bogino, portò alla nascita di
1
Sanluri è un paese di circa 9 mila abitanti situato tra Cagliari e Oristano. Vista la sua posizione
geograficamente strategica è stato scelto, insieme a Villacidro, come capoluogo della provincia del
Medio Campidano.
2
«dopo la breve parentesi giudicale, durante la quale la Sardegna conobbe una sorta di
indipendenza particolare», A. S. Mossa, Le ragioni dell’indipendentismo, (a cura di G. Marras),
Quartu S. Elena, Alfa Editrice, 2008, p. 47.
3
M. Guidetti (a cura di), Storia dei Sardi e della Sardegna vol. IV. L’età contemporanea. Dal
governo piemontese agli anni Sessanta del nostro secolo, Milano, Editoriale Jaca Book, 1990, p. 6.
4
«Per un singolare paradosso la Sardegna è unita ad uno stato che non la desidera», ivi, p. 9.
5
M. Brigaglia (a cura di), Storia della Sardegna, Villanova Monteleone, Soter Editrice, 1995, pp.
185-186.
6
Ivi, p. 186.
5
nuovi gruppi dirigenti, desiderosi di vedersi riconosciuto un maggiore
coinvolgimento nella questioni riguardanti l’isola e un riequilibrio dei rapporti tra
il Regno di Sardegna e Torino7. Le tensioni accumulate sfociarono negli anni
1793 – 17968, il “triennio rivoluzionario sardo”9, in una serie di conflitti sociali e
politici che misero in difficoltà la monarchia sabauda. In quegli anni infatti
«prende corpo un forte movimento contadino che reclama il riscatto dei feudi»10.
«La prima fase della “Sarda Rivoluzione” maturò nel clima di un’accesa
propaganda antirivoluzionaria e di una generale mobilitazione contro l’armata
“liberatrice” della giovane repubblica francese»11. Il tentativo di invasione, tentato
dalla Francia, fallì, tra il gennaio e il marzo del 1793, per l’opposizione della
popolazione, soprattutto delle truppe miliziane, dei ceti professionali e
artigianali12. Forti di questo successo gli Stamenti13 rivolsero al sovrano Vittorio
Amedeo II una serie di rivendicazioni (“le cinque domande”). Esse riguardavano
il riequilibrio del rapporto tra l’isola e la terraferma e una maggiore partecipazione
dei sardi al governo14. Il rifiuto del Re a soddisfare le richieste «divenne ben
presto agli occhi dei sardi la prova evidente della proterva volontà della corte
sabauda di mantenere il Regno in una condizione di subalternità»15. Il 28 aprile
1794 (sa die de sa Sardigna), nella capitale del Regno, Cagliari, la situazione
precipitò. L’arresto di due patrioti, accusati di complotto contro il sovrano,
provocò una spontanea sollevazione popolare. Il viceré venne espulso e il potere
assunto provvisoriamente dal supremo magistrato della Reale Udienza con il
7
Ivi, pp. 210-211.
8
Ivi, p. 211.
9
«Il triennio rivoluzionario 1793-96 merita un’attenzione particolare non solo perché rappresenta
un momento di accelerazione della crisi dall’antico regime nell’isola, ma anche (e soprattutto)
perché attraverso lo scontro tra il Regno e la monarchia assoluta venne alla ribalta, con il tema
dell’identità patria, quel complesso di nodi politici, sociali e culturali che costituiscono il nucleo
originario della “questione sarda”», ivi, p. 222.
10
Ibidem.
11
Ibidem.
12
Ivi, pp. 222-223.
13
Il Parlamento sardo, istituito a Cagliari da Pietro IV il Cerimonioso nel 1355 era formato da tre
bracci o stamenti: quello ecclesiastico (clero), quello militare (feudatari e nobili di rango minore) e
quello reale (rappresentanti del re e nobili di alto rango). Il Parlamento veniva convocato ogni
dieci anni e aveva il compito di rappresentare ogni classe sociale della popolazione, anche se in
realtà rappresentava solo i ceti più alti. Sotto i Savoia non venne mai convocato fino al 1793, ivi, p.
157 e per un quadro completo F. Sulis, Degli stamenti sardi, Sassari, Tipografia Azara, 1854.
14
M. Brigaglia (a cura di), Storia della Sardegna, op. cit., p. 223.
15
Ivi, p. 224.
6
sostegno dei tre Stamenti16. Nel clima di disordine, anche al nord scoppiarono le
rivolte. I feudatari e la nobiltà logudorese chiedevano la facoltà di staccarsi dal
governo del viceré e dipendere direttamente dalla Corona. Il 28 dicembre 1795
Sassari veniva conquistata dagli antifeudali capeggiati da Francesco Cilocco e
Gioachino Mundula. Alla rivolta parteciparono tutte le classi sociali: borghesia,
nobiltà e popolo, uniti nel rivendicare l’autonomia del Regno17. Il largo seguito
che i moti sassaresi conquistarono preoccupò il governo di Cagliari che decise di
inviare Giovanni Maria Angioy18, magistrato della Reale Udienza, affidandogli il
compito di riportare sotto controllo la situazione19. Egli venne investito dei poteri
di Alternos vice regio, ovvero la capacità di esercitare il potere vicereale nella
zona settentrionale dell’isola. Angioy giunse a Sassari il 28 febbraio 1796, dopo
un lungo viaggio attraverso l’isola20, accolto da una folla festante. Si andava
affermando sempre più un movimento contadino che chiedeva l’abolizione del
sistema feudale e guardava con avversione al governo di Cagliari21. Angioy si
rifiutò si eseguire i compiti che aveva ricevuto, ristabilire l’ordine e riscuotere i
tributi22, schierandosi apertamente dalla parte degli oppressi e contro il sistema
feudale. Divenne così un punto di riferimento del movimento antifeudale e
contadino23. Presto però gli venne a mancare l’appoggio di molti sostenitori,
16
Ibidem.
17
Ivi, p. 226.
18
Sulla figura di Giovanni Maria Angioy si veda L. Carta, La sarda rivoluzione. Studi e ricerche
sulla crisi politica in Sardegna tra Settecento e Ottocento, Cagliari, Condaghes, 2001; A. Lo Faso
di Serradifalco (a cura di), Parabola di una rivoluzione. Giovanni Maria Angioy tra Sardegna e
Piemonte, Cagliari, Aisara, 2008, e L. Del Piano, Osservazioni e note sulla storiografia angioiana,
Sassari, Gallizzi, 1961.
19
«il suo compito tuttavia non era facile: pur sapendo che il governo non intendeva risolvere il
problema feudale, egli doveva ricondurre alla calma i vassalli (…) ed al tempo stesso guardarsi
dagli attacchi degli agenti baronali, che con sottile opera di sobillazione cercavano di mettergli
contro gli abitanti delle campagne», L. Del Piano, Osservazioni e note sulla storiografia
angioiana, op. cit., p. 13.
20
«La sua missione si era trasformata in una marcia trionfale, mentre il fuoco della ribellione
antifeudale divampava nelle campagne del Logudoro alimentato dai patrioti sassaresi», M.
Brigaglia (a cura di), Storia della Sardegna, op. cit., p. 226.
21
Ibidem.
22
«L’Angioi però, come non aveva inteso, secondo un’attribuzione attribuitagli, piegarsi a fare
l’esattore baronale, non accettò l’invito a dimettersi», L. Del Piano, Osservazioni e note sulla
storiografia angioiana, op. cit., p. 14.
23
«Gio. Maria Angioj aveva per primo, con estrema chiarezza – e ciò gli derivava dalla sua grande
cultura storica ed economica – definito in alcune sue memorie la reale sostanza della NAZIONE
SARDA, cioè di quella che oggi chiamiamo “comunità etnica”, suggerendo, con precisione e
larghezza di vedute, un piano di sviluppo, inserendo la Sardegna nel filone aperto dalla
Rivoluzione Francese. L’operato di Angioj, che fu sfortunato militarmente a causa del mancato