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innovativo senza la prospettazione di un progetto pratico che permetta di
evidenziare i costi e i benefici derivanti dall’organizzazione in logica sistemica del
comparto museale.
Il presente lavoro fornisce, pertanto, una proposta di progetto di rete non soltanto
in termini di idea-progetto ma anche di fattibilità economico-finanziaria.
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1. Il comparto museale
1. L’oggetto di studio: il museo
Il museo, secondo la definizione accettata a livello internazionale, è un’istituzione
permanente, senza scopo di lucro, al servizio della società e del suo sviluppo. E’
aperto al pubblico e compie ricerche che riguardano le testimonianze materiali e
immateriali dell’umanità e del suo ambiente; le acquisisce, le conserva, le
comunica e soprattutto, le espone a fini di studio, educazione e diletto"
1
. Questa
definizione è il risultato di un percorso storico che parte dall’antica Grecia e
passando attraverso il Rinascimento giunge ai nostri giorni connotando un museo
dalle molteplici finalità, funzioni e risorse.
Il termine museo, infatti, deriva dal greco mouseion - che significa tempio delle
muse - utilizzato per la prima volta nel III secolo a.C., quando Tolomeo II fece
costruire ad Alessandria d’Egitto il più grande centro di ricerca, di studio e di
ritiro contemplativo di tutto il Mediterraneo. Inizialmente il museo era, dunque,
uno spazio fisico e intellettuale a cui solo una stretta cerchia di uomini eruditi
poteva avere accesso; accezione elitaria che lo ha contraddistinto per secoli.
L’apertura dei musei al pubblico è stata, infatti, un processo lento
2
e lungo che ha
trovato forte impulso negli ideali rinascimentali e illuministi, i quali riflettevano
rispettivamente, il bisogno dell’uomo di creare l’arte e di fruirla liberamente in
quanto espressione del patrimonio culturale di un paese. La funzione di pubblica
utilità conferita al museo dai principi della Rivoluzione francese ha influito
enormemente sul ruolo assunto dallo Stato, che è divenuto sempre più importante
nella definizione delle politiche di tutela e conservazione dei beni culturali.
Questo aspetto ha permesso di delineare un modello evolutivo dei musei europei:
molti musei europei, infatti, furono creati come strumento delle classi al potere e
dei governi per celebrare e glorificare la cultura nazionale e lo Stato.
Parallelamente, opposto è stato il modello di sviluppo dei paesi anglosassoni in
1
Definizione elaborata da ICOM, Intemational Council ofMuseums, Seou12004.
2
Nel XVII secolo per avere accesso al British Museum era necessario presentare una domanda
scritta che veniva valutata dal museo nelle settimane successive. In caso di risposta positiva, il
visitatore poteva visitare il museo per circa mezz"ora.
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cui la grande maggioranza dei musei fu creata da individui, famiglie e collettività
che desideravano celebrare e commemorare le tradizioni e gli usi locali e
regionali e istruire e intrattenere la popolazione delle comunità locali
3
. Questa
profonda differenza nella concezione della cultura ha determinato una differente
evoluzione di queste organizzazioni. Se le prime sono state per lungo tempo
distanti dai visitatori, prevalentemente orientate alla conservazione, le seconde
hanno assunto orientamenti più aperti al pubblico
4
, con conseguenze significative
sugli strumenti di gestione utilizzati, sempre più innovativi nel contesto
anglosassone.
Negli ultimi decenni, questo gap è andato riducendosi in virtù del dinamismo che
ha contraddistinto i rapporti internazionali e che può essere ricondotto al concetto
di globalizzazione. Tale processo ha messo, inevitabilmente, in competizione tutti
gli stati del mondo non più considerati nell’accezione più ampia di nazione ma
nella loro essenza territoriale. Le risorse endogene ed esogene assumono
importanza cruciale e la loro gestione diviene fondamentale ai fini dello sviluppo
locale. La globalizzazione, quindi, nata con fini prettamente economici ha finito
con il coinvolgere i più disparati ambiti tra cui quello culturale e in questo
contesto i musei, contenitori di beni culturali, diventano contemporaneamente
fautori e destinatari di politiche mirate alla conservazione e alla valorizzazione del
patrimonio culturale e paesaggistico di un territorio.
A partire dai primi anni Novanta lo Stato, supportato dagli Enti Locali, ha posto le
basi per il processo di ammodernamento del comparto museale attraverso le più
disparate iniziative sia a livello operativo (maggiori investimenti, restauro e
ampliamento di nuove sedi, nuove forme organizzative, nuovi servizi per il
pubblico, orari di apertura prolungati) che a livello legislativo
5
. Il fermento, che ha
connotato l’ultimo decennio del Novecento ha, pertanto, portato ad un notevole
sviluppo quantitativo e qualitativo dei musei con il miglioramento dell’offerta e
3
KOTLER N.,KOTLER P., Marketing dei Musei: obiettivi, traguardi, risorse, Edizioni comunità,
Torino 1999.
4
SINATRA A., BERNARDI c., GILODI G.,TOMBERG L., MORO D., Ricerca su modelli
innovativi di gestione del patrimonio museale in Lombardia, rapporto di ricerca IReR-200IC008,
2002.
5
A questo proposito due sono i riferimenti normativi di maggiore rilievo: la legge n. 4 del 1993
detta "legge Ronchey" che disciplina l"affidamento ai privati dei servizi accessori alle attività
museali; e il Decreto Legislativo numero 42 del 22 gennaio 2004 che istituisce il nuovo Codice dei
beni culturali e del paesaggio in vigore il dal I" maggio 2004.
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l’aumento dell’affluenza del pubblico; nei musei statali si è passati dai quasi 10
milioni di visitatori per 166 istituti visitabili nel 1996 a più di 14 milioni per 220
istituti nel 2001; mentre per i musei locali pur non esistendo statistiche
complessive, si possono considerare alcuni esempi significativi come quello dei
musei della città di Roma che, unitamente ai monumenti e alle aree archeologiche,
sono passati da 482.000 visitatori nel 1992 a 873.000 nel 2002
6
.
Sembrerebbe trattarsi di una vera e propria rinascita dei musei, ma in realtà questo
sviluppo e questo miglioramento si sono realizzati, per i musei locali e per i musei
in generale, a "macchia di leopardo" e di conseguenza accanto a esempi di
eccellenza permangono molte situazioni di ritardo e di inadeguatezza. In
particolare, anche nell’ambito museale, il divario tra Nord e Sud del Paese è netto
e a primeggiare è la regione Lombardia, dimostratasi, sinora la più dinamica nel
recepire gli impulsi innovatori derivanti dal contesto politico e culturale.
2. Criticità del comparto museale
Il panorama così delineato presenta elementi fortemente contraddittori e alle
vecchie criticità ne aggiunge delle nuove. Le carenze strutturali, infatti, restano
gravi e sono inerenti ai più svariati ambiti. Inadeguatezza logistica, organizzativa
e gestionale, carenze nella cura delle collezioni, limitate possibilità di svolgere
attività di ricerca, scarsità del personale e di risorse finanziarie e una significativa
accentuazione della burocrazia
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sono soltanto alcuni dei nodi critici che i musei
devono gestire.
In particolare, questi possono essere ricondotti a quattro macroclassi:
1. il quadro legislativo di riferimento per i musei degli enti locali;
2. l’assetto istituzionale;
3. la dotazione di risorse;
4. la gestione delle risorse umane.
6
Annuario statistico italiano 2002, ISTAT ASI pp 192;
7
VISSER TRA V AGLI A., presidente ANMLI, I musei locali fra centralismo e autonomia, in
Governare il museo:differenti soluzioni istituzionali e gestionali, a cura di SIBILIO P ARRI B. ,
FrancoAngeli, Milano, 2002; pp 34.
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2.1 Musei locali e panorama legislativo
Il quadro costituzionale, prima della riforma del Gennaio 2001
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prevedeva un
sistema di ripartizione di competenze tra Stato e regione meno restrittivo di quello
attuale. In primo luogo, l"art. 9 della Costituzione affidava, la promozione della
cultura e la tutela del patrimonio storico ed artistico alla "Repubblica" piuttosto
che allo "Stato", riconoscendo tali prerogative a tutti gli enti pubblici e privati che
compongono l"ordinamento repubblicano (Stato, Regioni, Province, Comuni) e
non solo all’amministrazione dello Stato. In secondo luogo il costituente inseriva
tra le competenze legislative delle Regioni la materia "musei e biblioteche degli
enti locali".
Il quadro è mutato a seguito della riforma operata con le leggi di revisione
costituzionale n. 1 del 1999 e n. 3 del 2001 con le quali è stato completamente
rivisto il titolo quinto della nostra Carta. Oltre a ridisegnare l’assetto istituzionale
dell’ordinamento, la novella ha in particolare riscritto l’articolo 117 Cost. il quale
conferisce alla legislazione esclusiva statale la tutela dei beni culturali, mentre
inserisce nelle materie regionali concorrenti la "valorizzazione dei beni culturali,
la promozione e organizzazione di attività culturali". Nonostante la chiarezza
espositiva della Carta Costituzionale nel delimitare gli ambiti di operatività di
Stato e Regioni, permane la problematica legata alle competenze in materia di
musei. L’opinione dei giuristi, infatti, è suddivisa tra chi riconduce la disciplina
delle attività legate ai musei alla valorizzazione e chi alla tutela.
Lo stesso dilemma si ripropone poi nella legge di riforma della pubblica
amministrazione L. 59/1997, nota come legge Bassanini, che ha separato
nettamente le funzioni e i compiti dello Stato da quelli conferiti alle regioni e agli
Enti Locali escludendo, da questi ultimi, la tutela dei beni culturali attribuita
interamente allo Stato.
Un tentativo di armonizzazione tra i poteri Statali e regionali lo si riscontra nel
decreto legislativo n. 112 del 1998 che nel trasferire molteplici funzioni
8
Tale riforma, realizzata attraverso le leggi costituzionali n.l del 1999 e n.3 del 2001 e successivo
referendum confermativo del 7 Ottobre 2001, ha delineato un nuovo rapporto tra Regioni, Stato e
Unione Europea conferendo dignità costituzionale al principio di sussidiarietà.