15
di Lisbona. L’obiettivo è quello di fare dell’Europa l’economia più competitiva,
dinamica e sviluppata al mondo entro il 2010; il punto di partenza per raggiungere
tale obiettivo sono appunto i servizi, nel senso che lo sviluppo del mercato interno
dei servizi è fondamentale per raggiungere l’obiettivo appena descritto5. Infatti,
secondo alcuni, la realizzazione del mercato interno dei servizi e l’eliminazione di
certe regolamentazioni, grazie alla direttiva servizi, potrebbero aprire alla
concorrenza dei mercati settori ancora molto chiusi; potrebbero dare dinamismo agli
scambi intra-europei oggi relativamente poco evoluti6.
Successivamente, nel dicembre del 2000, la Commissione ha presentato una
comunicazione nella quale venivano sottolineate le restrizioni più ricorrenti che
riguardavano le sei fasi7 economiche dell’attività dei servizi, ovvero:
ξ stabilimento di un operatore;
ξ uso di imputs;
ξ promozione del servizio;
ξ distribuzione del servizio;
ξ vendita del servizio;
ξ servizio dopo vendita.
Per raggiungere gli obiettivi fissati nel 2000 è stato stabilito un elenco di obiettivi quantificati. Poiché
le politiche in questione rientrano quasi esclusivamente nelle competenze attribuite agli Stati membri,
è stato messo in atto un metodo di coordinamento aperto che comprende l’elaborazione di piani
d’azione nazionali. Al di là degli indirizzi di massima per le politiche economiche, la strategia di
Lisbona prevede l’adattamento e il rafforzamento dei processi di coordinamento esistenti: il processo
di Lussemburgo per l’occupazione, il processo di Cardiff per il funzionamento dei mercati (beni,
servizi e capitali) e il processo di Colonia in merito al dialogo macroeconomico.
5
Infatti i servizi costituiscono i 2/3 del PIL, più dei 2/3 dei posti di lavoro e la quasi totalità dei nuovi
posti di lavoro, basta dire che il 96% dei nuovi posti di lavoro, creati tra il 1997 e il 2002 sono
ascrivibili ai servizi; ma, purtroppo, a causa degli ostacoli ancora presenti, che ne impediscono la
diffusione a livello transfrontaliero, essi rappresentano solo il 20% degli scambi intracomunitari.
6
Per un approfondimento circa gli effetti economici della liberalizzazione dei servizi, si veda A.
BÉNASSY-QUÉRÉ, C. SCHWELLNUS, D. UNAL-KESENCI, Echanges internationaux: services
compris, in La letter du C.E.PAGG.I.I., 2006, n. 255, avril, pagg. 1-4.
7
S. D’ACUNTO, La proposition de directive sur les services dans le marché intérieur, in Revue du
droit de l‟Union euroéenne, 2004, n.2, pagg. 201-248.
16
La Commissione, nella comunicazione ha altresì sottolineato il fatto che la
frammentazione del mercato interno dei servizi può:
ξ provocare distorsioni;
ξ favorire, anche indirettamente, lo spostamento di posti di lavoro fuori
dal territorio comunitario;
ξ favorire lo sviluppo di lavoro irregolare all’interno della comunità.
La Commissione ha indicato, allora, una linea di condotta indicata come una
strategia per il mercato interno dei servizi, che ebbe il sostegno degli allora 15 Stati
membri, del Parlamento europeo, del Comitato economico e sociale e del Comitato
delle Regioni8. I documenti ufficiali dicevano che grazie a tale strategia, i servizi si
sarebbero potuti prestare all’interno dell’Unione con la stessa facilità con cui essi
venivano prestati all’interno di ogni singolo Paese membro; inoltre, sempre secondo
gli stessi documenti, si trattava di una strategia che avrebbe attraversato tutti i settori
dell’economia legati ai servizi. La Commissione ha così sviluppato un piano di
lavoro composto da due tappe.
Per quanto riguarda la prima tappa, la fase più importante è stata la
consultazione che si è svolta attraverso i seguenti strumenti: sondaggi alle imprese;
incontri con gli operatori, ai quali erano sottoposti dei questionari; interrogazioni e
petizioni del Parlamento europeo; seminari, statistiche, studi ad hoc, ecc.9; scopo di
ciò è stato creare una lista delle difficoltà che impedivano il regolare funzionamento
del mercato interno dei servizi per arrivare in un secondo momento all’elaborazione
di soluzioni attraverso uno strumento legislativo trasversale.
In seguito, a completamento della prima tappa, nel luglio del 2002, è stata
presentata una relazione dettagliata sullo stato del mercato interno dei servizi che,
considerando gli ostacoli ancora esistenti alla libera prestazione dei servizi, afferma
che il raggiungimento dell’obiettivo di Lisbona avrebbe richiesto, oltre che un
8
G. CAZZOLA, La Bolkestein prima e dopo la cura, in Il mulino 2006, anno 55, n.424, 2/2006, marzo-
aprile, pagg. 346-355.
9
Per un approfondimento circa tale consultazione si veda S. D’ACUNTO, La proposition de directive
sur les services dans le marché intérieur, in Revue du droit de l‟Union euroéenne, 2004, n.2, pagg.
201-248.
17
notevole sforzo politico da parte sia degli Stati membri, sia delle istituzioni
europee10, forti cambiamenti imminenti nel mercato interno dei servizi.
Nel febbraio del 2003, il Parlamento europeo accetta la relazione della
Commissione che riguarda l’identificazione di “uno strumento orizzontale che
garantisca la libera circolazione dei servizi sotto forma di riconoscimento reciproco
- promuovendo, se possibile, l‟attuazione del riconoscimento automatico - ,
cooperazione amministrativa e, laddove strettamente necessario, armonizzazione”.
Per quanto riguarda la seconda tappa, essa si è conclusa nel gennaio del 2004
con la presentazione della proposta di direttiva servizi, arricchita da un documento
della Commissione che mette in luce le conseguenze negative della frammentazione
del mercato interno dei servizi. L’iniziativa di direttiva si propone di allargare il
mercato interno al settore dei servizi, in quanto una maggiore competitività del
settore manifatturiero dipende da una fornitura di servizi moderni e flessibili11.
Ecco perché spesso si dice che la direttiva servizi è figlia della strategia di
Lisbona, “… anzi, di questa strategia, la proposta di direttiva ha rappresentato lo
strumento principale …”12.
10
Sforzo politico che doveva tradursi nell’impegno a sopprimere le frontiere e gli ostacoli esistenti e
ad evitarne di nuovi.
11
G. CAZZOLA, La Bolkestein prima e dopo la cura, in Il mulino 2006, anno 55, n.424, 2/2006, marzo-
aprile, pagg. 346-355.
12
S. D’ACUNTO, Direttiva Servizi (2006/123/CE): genesi, obiettivi e contenuto, prefazione di Frits
Bolkestein, Giuffrè, Milano, 2009, pag. 5.
18
CAPITOLO II
ITER LEGISLATIVO
All’interno dell’Unione le decisioni vengono prese con estrema cautela,
tenendo conto sia del bilanciamento dei poteri istituzionali tra i vari organi, sia dei
rapporti politici tra i vari Stati13.
L’iter legislativo della direttiva in esame, durato 36 mesi, dal 13 gennaio
2004 al 27 dicembre 2006, molto travagliato, non è stato, comunque,
straordinariamente lungo considerando la portata ed il contenuto della direttiva14.
Come anticipato, la proposta di direttiva da parte della Commissione, che ha
fatto propria la proposta del Commissario Bolkestein15, risale al 13 gennaio 2004, per
arrivare alla prima lettura da parte del Parlamento europeo solo il 16 febbraio 2006.
L’obiettivo della proposta è quello di creare un quadro giuridico volto sia ad
eliminare gli ostacoli alla libertà di stabilimento dei prestatori di servizi e alla libera
circolazione dei servizi, sia a garantire ai prestatori e ai destinatari dei servizi la
certezza giuridica necessaria all‟effettivo esercizio di queste due libertà
fondamentali del Trattato16.
13
G. CAZZOLA, La Bolkestein prima e dopo la cura, in Il mulino 2006, anno 55, n.424, 2/2006,
marzo-aprile, pagg. 346-355.
14
Bisogna considerare anche il particolare periodo storico: in primo luogo, a parte le tensioni e le
agitazioni che si sono verificate in seguito alla proposta di direttiva dato che si tratta di una materia
delicata che tocca gli interessi di interi settori produttivi, c’è da considerare che l’Unione europea
usciva da una fase di allargamento senza precedenti, quello del primo maggio 2004; inoltre, bisogna
ricordare anche i referendum di rigetto della Costituzione europea da parte di Francia (29 maggio
2005) e Olanda (1° giugno 2005); infine non è da sottovalutare il contestuale periodo di crisi che
attraversava l’economia europea. Per un approfondimento sullo stato di mobilitazione dei movimenti
sociali si veda O. DERRUINE, De la proposition Bolkestein à la directive service, in Courrier
hebdomadaire du CRISP, 2007, n.1962-1963, pagg. 36 e ss.
15
Allora responsabile per il mercato interno in seno alla Commissione Prodi (1999-2004).
16
La libertà di stabilimento e la libera circolazione dei prestatori di servizi sono importanti diritti e
libertà dei cittadini europei presenti già nel Trattato di Roma del 1957.
19
Le disposizioni della proposta di direttiva riguardanti la libertà di stabilimento
si sarebbero dovute applicare e si applicano, per quanto riguarda quelle del testo
definitivo, solamente nella misura in cui le attività in causa sono aperte alla
concorrenza e, dunque, non obbligano gli Stati membri ad abolire i monopoli che
esistono o a privatizzare certi settori17.
Al fine di eliminare gli ostacoli suddetti, la proposta di direttiva prevedeva:
ξ il principio del Paese d’origine, secondo il quale il prestatore deve essere
sottoposto soltanto alla legislazione del proprio paese; è però da sottolineare
il fatto che tale principio era accompagnato da una serie di deroghe per certi
settori e soprattutto per i servizi di interesse generale18;
ξ il diritto dei destinatari di poter utilizzare i servizi forniti da operatori di altri
Stati membri, senza essere ostacolati da misure restrittive da parte delle
autorità pubbliche o da operatori privati; tale diritto era accompagnato da
forme di assistenza specifica per i destinatari che utilizzavano servizi di
operatori stranieri;
ξ la normativa riguardante il distacco dei lavoratori nell’ambito della
prestazione dei servizi oltre che la ripartizione dei compiti tra Stato membro
di origine e di destinazione con le relative procedure di controllo.
In seguito alla presentazione del Rapporto del gruppo di alto livello
presieduto da Wim Kok, circa una valutazione di metà percorso del raggiungimento
degli obiettivi di Lisbona19, si acuisce la distinzione tra servizi d‟interesse generale e
servizi d‟interesse economico generale. I primi sono quei servizi sottoposti agli
obblighi del servizio pubblico in quanto ritenuti espressione di un interesse generale
a prescindere dal fatto che siano destinati alla vendita o meno; i secondi sono quei
servizi volti a soddisfare i bisogni generali dei cittadini e la cui fornitura è affidata a
17
A.M. COMPARINI, PAGG. PELLEGRINO, R. RÉMI, Proposition de directive services: contribution au
débat, in La gazette du palais. Recueil bimestriel 2008, v. 125, n. 3, pagg. 1567-1588.
18
O. DERRUINE, De la proposition Bolkestein à la directive service, in Courrier hebdomadaire du
CRISP, 2007, n.1962-1963.
19
Per un approfondimento si veda G. CAZZOLA, La Bolkestein prima e dopo la cura, in Il mulino
2006, anno 55, n.424, 2/2006, marzo-aprile, pagg. 346-355.
20
determinati operatori20. Così diventa sempre più chiara la volontà di escludere
dall’ambito di applicazione della direttiva i servizi d’interesse generale quali, ad
esempio, i servizi sociali21. In questo modo si viene a determinare, all’interno
dell’Unione, una frattura22, sostanzialmente politica, non solo tra i vari partiti
presenti al Parlamento europeo, ma anche tra i vari Stati membri23. Da un lato, i
20
G. CAZZOLA, La Bolkestein prima e dopo la cura, in Il mulino 2006, anno 55, n.424, 2/2006, marzo-
aprile, pagg. 346-355.
21
La Commissione, a questo proposito, perseguiva tre obiettivi fondamentali: assicurare un
funzionamento efficiente dei servizi di interesse economico generale; garantire che non venissero
qualificati come tali quei servizi che collocandosi nella sfera concorrenziale non perseguono un
obiettivo d’interesse generale; assicurare che non si verifichino interferenze negative sui mercati aperti
alla concorrenza fuori dalla sfera del servizio pubblico. Per un approfondimento si veda G. CAZZOLA,
La Bolkestein prima e dopo la cura, in Il mulino 2006, anno 55, n.424, 2/2006, marzo-aprile, pagg.
346-355.
22
Per un approfondimento circa le argomentazioni a favore e contro la direttiva servizi si vedano
A.M. COMPARINI, PAGG. PELLEGRINO, R. RÉMI, Proposition de directive services: contribution au
débat, in La gazette du palais. Recueil bimestriel 2008, v. 125, n. 3, pagg. 1567-1588; e M. FALLON,
A.C. SIMON, La directive “services”: quelle contributions au marchè interieur?, in Journal des
tribunaux. Droit européen, 2007, v.15, n.136, février, pagg. 33-43.
23
Tra i contrari: il Presidente francese Jacques Chirac, anche se, dopo la vittoria per l’apertura a
possibili modifiche della Bolkestein si è dichiarato soddisfatto ed ha iniziato la sua campagna per il
―si‖ francese alla Costituzione europea; la Germania di Gerhard Schröder; il Belgio di Guy
Verhofstadt; la Svezia di Goran Persson, che ha chiesto ufficialmente il ritiro della Bolkestein e ha
proposto di ricominciare. Contrari erano anche i socialdemocratici, secondo i quali la direttiva avrebbe
messo in pericolo la natura dei servizi d’interesse economico generale, infatti, il gruppo socialista
europeo ha espresso un netto ―no‖ all’inclusione dei servizi d’interesse economico generale nella
direttiva Bolkestein, chiedendo l’esclusione dei servizi sanitari e sociali. Le stesse richieste sono state
avanzate dalla rappresentanza italiana del partito socialista europeo. Il segretario generale della
Confederazione europea dei sindacati, John Monks, ha dichiarato di non volere la direttiva. La
Confederazione Europea dei Sindacati, pur riconoscendo l’importanza della liberalizzazione dei
servizi nel mercato interno, ha sottolineato l’importanza del pieno controllo delle autorità pubbliche
sui servizi economici di interesse generale e, ne ha chiesto dunque l’esclusione dall’ambito di
applicazione della direttiva.
Tra i favorevoli: oltre al Gruppo del Partito Popolare europeo (PPE) anche il premier slovacco
Mikulas Dzurinda, secondo il quale la liberalizzazione dei servizi era inevitabile ed era solo una
questione di tempo. Nello stesso modo la pensavano anche tutti i paesi dell’’Est; il primo ministro
ungherese Ferenc Gyurcsany era del parere secondo cui l’arresto della liberalizzazione dei servizi
21
sostenitori della direttiva fanno valere la tesi secondo la quale i servizi costituiscono
il 70% del PIL e degli impieghi dell’Unione e che estendendo la liberalizzazione a
questo settore sarebbero aumentati crescita e occupazione; dall’altro lato, gli avversi
alla direttiva portano avanti la tesi secondo la quale questa liberalizzazione, subito
dopo l’allargamento ad est, avrebbe penalizzato l’ovest, l’occupazione e gli stipendi
nelle attività di servizi24.
In seguito all’allargamento ad est dell’Unione, nel maggio del 2004, le
tensioni in merito alla direttiva si acuiscono: l’elemento di preoccupazione è ora il
principio del Paese d’origine e il rischio di dumping sociale che esso comporta25-26.
L’ampio dibattito che ha accompagnato l’elaborazione della direttiva e l’asprezza
della discussione, che ha visto impegnate in prima fila le organizzazioni sindacali, è
dipesa, infatti, dal timore che i contenuti della proposta originaria di direttiva
potessero produrre effetti di destabilizzazione nei singoli mercati nazionali del
lavoro. La preoccupazione, in particolare, è legata all’eventualità che, attraverso
un’applicazione estesa del principio del Paese d’origine, si consentisse ai prestatori
di servizi di operare in altri Paesi della Comunità e che questi continuassero ad
applicare le regole più flessibili (ivi comprese quelle in materia di rapporti di lavoro)
del Paese di provenienza27-28. In realtà, riguardo a ciò, la proposta di direttiva fa
avrebbe costituito un passo indietro clamoroso per l’Unione europea e la Romania era in linea con i
nuovi Stati Membri. . Favorevoli alla Bolkestein erano anche Gran Bretagna ed Irlanda.
24
Per un approfondimento circa l’argomento si veda C. SCHWELLNUS, La directive services: une
analyse économique, in La lettre du C.E.PAGG.I.I., 2006, n. 252, janvier, pagg. 1-4.
25
Per un approfondimento sulle principali posizioni e osservazioni degli Stati Membri in seguito alla
proposta di modifica, ma prima dell’accordo politico si veda la tabella n. 5 in O. DERRUINE, De la
proposition Bolkestein à la directive service, in Courrier hebdomadaire du CRISP, 2007, n.1962-
1963, pagg. 28 e 29.
26
Per un approfondimento sull’argomento si veda M. COLUCCI, L‟Unione europea in un delicato
equilibrio fra libertà economiche e diritti sindacali nei casi Laval e Viking: quando il fine non
giustifica i mezzi, in Diritto delle Relazioni Industriai», numero 1/XVIII – 2008, Milano, Giuffrè
Editore, pagg. 239-246;
27
Infatti, la paura più grande era quella che un’impresa straniera, ed in particolare quelle provenienti
dai nuovi Paesi membri, potesse sottrarsi alle pratiche, alle autorizzazioni o ai requisiti più severi del
Paese di destinazione del servizio rispetto a quelli applicati nel proprio Paese, generando cosi, ad
22
riferimento ad una direttiva del 1996, la 96/71/CE, secondo la quale ai lavoratori
temporaneamente distaccati in un altro Stato membro, sarebbero state applicate le
condizioni lavorative del Paese in cui la prestazione era stata fornita; tali condizioni
riguardano l’applicazione del salario minimo, gli orari di lavoro, le condizioni di
sicurezza e salute e alcune norme antidiscriminatorie.
Tra la proposta e la prima lettura, il Comitato delle Regioni e il Comitato
economico e sociale hanno dato i loro pareri: il primo propenso all’esclusione dei
servizi di interesse economico generale dall’ambito di applicazione della direttiva,
ma favorevole al principio del Paese d’origine; il secondo contrario al principio del
Paese d’origine, ha richiesto anche alcune esclusioni dall’ambito di applicazione
della direttiva come, ad esempio, i servizi audiovisivi o i servizi d’interesse
economico generale. Secondo il Comitato economico e sociale, la direttiva rischia di
causare un indebolimento delle norme di protezione sociale, salariali e di sicurezza
sul lavoro: infatti ha richiesto un periodo di transizione prima dell’applicazione,
considerata prematura del principio del Paese d’origine.
Il voto in prima lettura da parte del Parlamento europeo29, pur sbloccando la
situazione, ha fortemente ridotto l’ambito di applicazione della direttiva lasciando
fuori molti servizi, sostituendo il principio del Paese d’origine con la libera
prestazione dei servizi30 ed eliminando, infine, le disposizioni relative al distacco dei
lavoratori nell’ambito della prestazione dei servizi. Dunque, è stato il voto in prima
lettura del Parlamento europeo ad apportare il maggior numero di modifiche alla
direttiva.
esempio, un degrado delle condizioni di lavoro ad esempio. Da qui lo spauracchio dell‟idraulico
polacco.
28
M.ROCCELLA, T.TREU, Diritto del lavoro della Comunità europea, quarta edizione, 2007, casa
editrice Dott. Antonio Milani, CEDAM, pagg. 149-151.
29
Per un approfondimento circa la ripartizione dei voti in Parlamento nella prima lettura dela proposta
di direttiva si veda la tabella n. 3 in O. DERRUINE, De la proposition Bolkestein à la directive service,
in Courrier hebdomadaire du CRISP, 2007, n.1962-1963, pag. 20.
30
Parleremo della sostituzione del principio del Paese d’origine con la libera prestazione dei servizi
successivamente, in ogni caso per un approfondimento si veda O. DERRUINE, De la proposition
Bolkestein à la directive service, in Courrier hebdomadaire du CRISP, 2007, n.1962-1963.
23
In un secondo tempo la Commissione ha deciso per la non esclusione dei
servizi di interesse economico generale e dei servizi giuridici e l’esclusione parziale
dei servizi sociali ma, nel complesso, ha accettato le modifiche apportate dal
Parlamento europeo, limitandosi a fare soltanto qualche precisazione.
Successivamente, il Consiglio ha introdotto un meccanismo di valutazione
reciproca riguardante gli obblighi che gli Stati membri possono imporre ai prestatori
di altri Stati membri all’interno del loro territorio.
Il Parlamento europeo, infine, volendo rafforzare il proprio ruolo in materia di
esercizio dei poteri di esecuzione da parte della Commissione, nella seconda lettura
ha sostituito la procedura di regolamentazione con la procedura di regolamentazione
con controllo. Tale procedura, che consente al Parlamento europeo non solo di
essere informato, ma anche di opporsi al progetto della Commissione, verrà applicata
ai provvedimenti di esecuzione della direttiva (art.36) che la commissione dovrà
adottare con l‟assistenza del comitato (art. 40), segnatamente in materia di
assicurazioni e di garanzie professionali (art. 23, comma 4)31.
Si è cercato di dare delle spiegazioni alla natura controversa dell‟iter
legislativo della direttiva Bolkestein, ad esempio, secondo Alain Lamassoure
sono stati commessi tre errori di fondo:
ξ il primo errore concerne l‟analisi economica: come molti
economisti, gli esperti di Bruxelles hanno considerato e trattato i
servizi come un insieme relativamente omogeneo. A partire da
questa analisi globale, ne hanno dedotto calcoli teorici
sull‟argomentazione del PIL e degli impieghi che permetterebbe
la trasformazione di 25 mercati nazionali in un grande mercato
fluido di taglia continentale;
ξ il secondo errore riguarda la diagnosi sulla vera natura ed il
vero obiettivo delle principali barriere che ostacolano la libera
circolazione dei servizi. Molto spesso, lo scopo delle
regolamentazioni e di alcune procedure "ostacolanti" non è di
proteggere i professionisti nazionali contro l‟insediamento degli
31
S. D’ACUNTO, Direttiva Servizi (2006/123/CE): genesi, obiettivi e contenuto, prefazione di Frits
Bolkestein, Giuffrè, Milano, 2009, pag. 14.
24
stranieri, quanto di proteggerli nei confronti di altri
connazionali. Infatti, per alcuni tipi di attività, il problema di
fondo non è il protezionismo, bensì il corporativismo; ciò che è
temuta non è la concorrenza straniera, ma la concorrenza
semplicemente;
ξ Il terzo errore, è rappresentato da ciò che ha sperato Frits
Bolkestein; errore condiviso con tutta la Commissione Prodi, la
quale aveva dato sostegno unanime. L‟errore sarebbe stato
quello di credere di aver trovato la soluzione a tutti i problemi,
sottoponendo tutte le categorie dei servizi alle stesse regole
comuni, secondo il principio del Paese di origine. Ciò avrebbe
portato il procedimento legislativo ad un bivio: o limitarsi ad
alcuni principi vaghi, privi di contenuto giuridico; o a
moltiplicare le eccezioni per tenere conto dell‟eterogeneità del
settore; o, in fine, ad abolire migliaia di legislazioni e pratiche
nazionali.32
La direttiva è stata definitivamente approvata da Parlamento e Consiglio, il 12
dicembre 2006, divenendo la direttiva 2006/123/CE del 12 dicembre 2006. È stata
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea (L 376) il 27 dicembre
2006.
In definitiva si tratta di una combinazione equilibrata che riguarda: misure di
armonizzazione strettamente mirate, cooperazione amministrativa, semplificazione
normativa, consolidamento di principi giurisprudenziali, libertà di stabilimento e
libera prestazione dei servizi; ma ciò che conta principalmente è il fatto che il suo
ambito di applicazione, rispetto a quello della proposta originale del 2004, anche se
profondamente mutato è ancora molto ampio.
È importante sottolineare che, quale che fosse la fondatezza di simili
preoccupazioni rispetto al testo originario della proposta di direttiva, bisogna adesso
prendere atto che la direttiva è stata elaborata in termini tali da evitare
sovrapposizioni con le regole comunitarie preesistenti in tema di circolazione dei
32
A. LAMASSOIRE, Après la directive Bolkestein: l‟Europe progresse, in Commentaire, 2006, v. 29, n.
115, automne, pagg. 661-667.
25
lavoratori nell’ambito di una prestazione di servizi. Ciò si desume chiaramente, come
vedremo successivamente, dalla disposizione di principio contenuta nel suo articolo
3, dalla quale risulta chiarito che se disposizioni della presente direttiva confliggono
con disposizioni di altri atti comunitari che disciplinano aspetti specifici dell‟accesso
ad un‟attività di servizi o del suo esercizio in settori specifici o per professioni
specifiche, le disposizioni di questi altri atti comunitari prevalgono e si applicano a
tali settori o professioni specifiche, con la precisazione che tra tali atti comunitari
rientra la direttiva 96/71/CE33-34.
La particolarità di questo discusso iter legislativo risiede nel fatto che ci sono
voluti ben 25 mesi per arrivare alla prima lettura da parte del Parlamento europeo
(dal 13 gennaio 2004 al 16 febbraio 2006), e solo 10 mesi per arrivare dalla prima
lettura alla pubblicazione della direttiva nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea
(dal 16 febbraio 2006 al 27 dicembre 2006)35.
Riassumendo, le tappe fondamentali dell’iter legislativo della direttiva servizi
sono 8:
ξ 23 e 24 marzo 2000: il Consiglio europeo di Lisbona, sottolinea
l’importanza dei servizi come mezzo per raggiungere gli obiettivi di
Lisbona;
ξ 30 luglio 2002: Comunicazione della Commissione al Parlamento
europeo e al Consiglio, su Lo Stato del mercato interno dei servizi, nella
quale la Commissione mette in evidenza gli ostacoli, alla libera
prestazione dei servizi all’interno del territorio comunitario, affermando
che c’è un grosso divario tra la visione di un‟Europa economica
33
Direttiva 96/71/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 16 dicembre 1996 relativa al
distacco dei lavoratori nell’ambito di una prestazione di servizi, Gazzetta ufficiale n. L 018 del
21/01/1997 pagg. 0001 – 0006, in http://eur-
lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=CELEX:31996L0071:IT:HTML.
34
M.ROCCELLA, T.TREU, Diritto del lavoro della Comunità europea, quarta edizione, 2007, casa
editrice Dott. Antonio Milani, CEDAM, pagg. 149-151.
35
Per consultare una tabella specifica circa l’iter legislativo della direttiva servizi, si veda la tabella
Chronologie, in O. DERRUINE, De la proposition Bolkestein à la directive service, in Courrier
hebdomadaire du CRISP, 2007, n.1962-1963, pagg. 57 e ss.
26
integrata e la realtà vissuta dai cittadini europei e dagli operatori di
servizi;
ξ 25 febbraio 2004: la Commissione presenta la proposta di direttiva
relativa ai servizi nel mercato interno;
ξ 16 febbraio 2006: il Parlamento europeo, sostituendo al principio del
Paese d’origine la libera prestazione dei servizi , adotta in prima lettura la
propria relazione;
ξ 24 aprile 2006: la Commissione riprende la proposta modificata dal
Parlamento apportando solo piccole modifiche;
ξ 24 luglio 2006: il Consiglio adotta la posizione comune (6/2006);
ξ 12 dicembre 2006: il Parlamento europeo ed il Consiglio approvano la
direttiva 2006/123/CE relativa ai servizi nel mercato interno, pubblicata
nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea (GUCE L 376 del
27/12/2006);
ξ 28 dicembre 2009: scade il termine di tre anni atto al recepimento della
direttiva servizi da parte degli Stati membri36.
36
PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, DIPARTIMENTO POLITICHE COMUNITARIE, Guida per il
monitoraggio relativa alla direttiva servizi, Roma, ottobre 2007.
27
CAPITOLO III
LIBERTÀ FONDAMENTALI
Sommario: 3.1 – Libera prestazione dei servizi; 3.2 – Fonti normative; 3.3 –
Le forme di restrizione vietate dall’art. 49 TCE.
Il diritto di un cittadino comunitario di lasciare il proprio Paese di origine per
recarsi in un altro Stato membro per esercitare un’attività economica alle stesse
condizioni stabilite per i cittadini nazionali costituisce il denominatore comune di tre
libertà fondamentali: la libera circolazione dei lavoratori, il diritto di stabilimento e la
libera prestazione dei servizi. Gli articoli da 39 a 55 TCE, assieme ad una vasta
produzione normativa, regolano la libera circolazione delle persone che esercitano
un’attività economica all’interno della Comunità. La differenza sta nella natura e nel
carattere dell’attività svolta: infatti, la libera circolazione delle persone è soggetta ai
tre fenomeni giuridici distinti appena citati:
ξ La libera circolazione dei lavoratori (artt. da 39 a 42). Si tratta di una
libertà che riguarda i lavoratori subordinati che spostandosi dal Paese
membro di origine, vanno ad esercitare nel Paese membro di accoglienza
un’attività economica reale e remunerata al servizio di un datore di lavoro. È
un insieme di regole e principi che garantiscono a tutti i lavoratori subordinati
della Comunità il diritto di esercitare una qualsiasi attività economica sul
territorio di uno Stato membro beneficiando, insieme ai membri della
famiglia, delle stesse condizioni di vita e di lavoro e delle stesse prerogative
sociali e fiscali di cui godono i lavoratori subordinati nazionali37;
ξ Il diritto di stabilimento (artt. da 43 a 48). È un insieme di regole che
organizzano la libertà di stabilirsi in un altro Stato membro a titolo
37A. MATTERA, Dispensa: Il diritto dell‟Unione europea. Raccolta di saggi,di estratti di opere e di
elaborati, Insegnamento Diritto dell‟Unione europea, LUISS Guido Carli, anno accademico 2007-
2008.
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principale38 o secondario39, di svolgervi un’attività economica indipendente
mediante un insediamento in pianta stabile e per una durata indeterminata, di
beneficiare nello Stato ospite dei medesimi diritti e vantaggi riconosciuti ai
cittadini nazionali. Infatti, ogni cittadino della Comunità ha diritto di stabilirsi
sul territorio di un altro Stato membro per accedere ad un’attività non
subordinata ed esercitarla mediante il trasferimento integrale della propria
attività, oppure con l’apertura di un’agenzia, di una filiale, o di una succursale
alle stesse condizioni previste per i cittadini nazionali. L’art. 43 è
l’applicazione particolare del principio di pari trattamento sancito dall’art. 12
del Trattato, che la Corte considera una delle disposizioni giuridiche
fondamentali della comunità40;
ξ La libera prestazione di servizi (artt. da 49 a 55). Tale libertà non è definita
dal Trattato; essa si evince, comunque con chiarezza, dall’interpretazione
degli articoli 4941 e 5042 TCE. Si tratta del diritto conferito ai cittadini
comunitari di compiere, a titolo occasionale, delle prestazioni di attività
economiche attraverso le frontiere interne della comunità. Se per la libera
circolazione dei lavoratori e per il diritto di stabilimento è implicita
un’integrazione del lavoratore salariato o del professionista indipendente nel
38
Trasferendo l’intera attività o costituendo o gestendo un’impresa ed in particolare una società ai
sensi dell’art. 48 TCE. La costituzione o gestione di un’impresa o società implicano la possibilità per
un cittadino di uno Stato membro di acquistare la proprietà totale o parziale o di assumere il controllo
di un’impresa o società già esistenti in un altro Stato membro, ad esempio mediante offerte pubbliche
di acquisto (OPA).
39
Consiste nell’apertura di agenzie, succursali o filiali da parte di cittadini di uno Stato membro in un
altro Stato membro. Le agenzie, le succursali o le filiali create nel Paese ospite devono dipendere da
una società madre stabilita in uno Stato membro.
40
A. MATTERA, Dispensa: Il diritto dell‟Unione europea. Raccolta di saggi,di estratti di opere e di
elaborati, Insegnamento Diritto dell‟Unione europea, LUISS Guido Carli, anno accademico 2007-
2008.
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L’art. 49 vieta ogni restrizione alla libera circolazione dei servizi all’interno del territorio
comunitario nei confronti dei cittadini comunitari stabiliti in un Paese diverso da quello del
destinatario della prestazione.
42
L’art. 50 definisce i servizi come prestazioni fornite dietro retribuzione nella misura in cui non
siano disciplinate dalle disposizioni relative alle altre libertà.